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Autore: macaofe    20/02/2017    0 recensioni
"Come cancellare un ricordo? Ve lo siete mai chiesto?
Beh, me lo domandavo tutte le mattine quando al mio risveglio il suo volto riecheggiava nella mia mente..." è l'incipit di una storia romantica... I protagonisti sono stati grandi amici, poi poco più che conoscenti...ma lui è nella mente di lei la notte e lontano di giorno fino a che qualcosa cambierà tutto...
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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~~CAPITOLO 5
Segreto


 Per la prima volta in tanti anni, non lo sognai, forse ero troppo stanca oppure rassegnata. Mi svegliai il pomeriggio successivo Jen non c’era più ed al suo posto c’era Michele. Era vestito con gli stessi abiti della serata, probabilmente era rimasto in casa mia tutto il tempo ed ora mi guardava, come per controllare che stessi bene e tenermi al sicuro. Ma penso che la sua maggiore preoccupazione era impedire a qualcun altro di sua conoscenza di venire a disturbarmi. Quando mi vide aprire gli occhi mi disse: “Buon giorno, dormigliona, sai che ore sono?” Io gli sorrisi ancora insonnolita, feci per alzarmi, ma lui mi disse: “Dove vuoi andare? Ti vado a prendere la colazione, o vogliamo chiamarla merenda? Sono le sei del pomeriggio…” e balzò in piedi in un attimo diretto verso la cucina. Sorrideva era felice di vedermi più in forma e serena ma io dentro mi sentivo morire, non mi aveva abbandonato l’angoscia e non mi avrebbe abbandonato forse mai. Con lui però ero tranquilla, evitavo di mostrargli il mio lato oscuro e in quei giorni di riposo fu per me una compagnia stupenda: mi faceva ridere, mi portava la pizza, i dolci, ogni mattina la colazione ed ogni sera un dolcetto ed un film nuovo. Stavo bene con lui non ci avrei rinunciato, ma certo avrei barattato la sua presenza con quella di Samuele. Avevo cercato più di una volta di parlargli, per spiegare com’era andata quella sera, ma lui non ne voleva sapere, ne parlare di Samuele e mi diceva che ora era per me il passato ed io dovevo farmi un nuovo futuro senza di lui. Mi feriva quando diceva questo, mi colpiva al cuore ma sapevo che aveva ragione e con il tempo, decisi di non provare più a intraprendere quel discorso con lui. Soltanto a Jen potevo raccontare le mie sciagure, senza aver paura di ferirla. Gli avevo raccontato nei minimi particolari tutto quello che era successo con Samuele e lei mi aveva dato la sua opinione: “E’ un incosciente, lo sa che non si va contro il proprio cuore? Ama te, diciamo che te l’ha “detto” e poi sta con quella vipera”. Mi aveva poi raccontato della sera del mio malore, di come lui l’aveva azzittita quando Crudelia voleva andar via lasciandomi lì. Della sua preoccupazione e del suo sconforto quando io lo avevo rifiutato fuori al Pronto Soccorso ed io le avevo chiesto: “Cosa dovevo fare? Mi sembrava che stessero per fare a botte, io voglio bene a Michele…e lui una scelta l’ha fatta io l’ho solo rispettata”. E lei: “Ma, hai fatto benissimo è quello che si meritava poteva stare con te se lo voleva veramente invece che con quella gattamorta”. Con il tempo, però, neanche Jennifer apprezzava più di sentir parlare di lui e sviava sempre i miei discorsi, così piano, piano Samuele si allontanò dalla mia vita, ma non dal mio cuore e di notte il suo ricordo ritornava sempre a farmi visita e rimaneva sempre vivo in me. Per Jen io dovevo chiudere con lui, essere arrabbiata e non sopportava quel mio sempre giustificarlo. Non avevo un minimo di orgoglio, ne ero consapevole, ma non riuscivo a colpevolizzarlo, anche se la colpa era la sua, della sua riconoscenza verso quel mostro, che aveva distrutto la sua vita e stava frantumando anche la mia. Carolina era orrenda, aveva fatto della sua esistenza la rovina per Samuele. Si era invaghita di lui quando erano ancora bambini e lei era abbastanza bruttina, ma poi quando lei era sbocciata nella bella ragazza che era, allora non gli era stato difficile farlo suo. Non aveva concretizzato mai nulla nella vita lavorativa, né scolastica e grazie a Samuele si era fatta assumere nella ditta del padre di lui e piano, piano si era intrufolata nella sua esistenza mentre lui si era laureato con il massimo dei voti in Ingegneria ed era diventato a soli ventitre anni un dirigente della società del padre. Da sempre non aveva mollato il pollo perché sapeva che per lei era la cosa migliore che gli fosse mai capitata ed in questo il fatto che avesse taciuto per il suo interessamento a me non faceva stupire. Passarono settimane prima che mi riprendessi realmente da quello che era successo, ed i miei amici furono per me molto importanti, soprattutto Michele. Dedicava tutte le serate a me, i sabati e le domeniche lui si considerava il mio fidanzato, ma io non lo avevo mai illuso, non c’era stato mai nulla di più di un abbraccio. Io non avrei mai potuto abbandonarmi ad un uomo diverso da Samuele. Pensavo che accontentarmi di una copia sbiadita del mio amore per Samu sarebbe stato negativo non solo per me ma soprattutto per il povero Michele, anche se lui continuava a farmi capire che gli andava bene. Penso che nella vita ci si debba saper accontentare di ciò che si ha, ma questo vale anche per l’amore? Fin da quando ero piccola ho sempre sognato la “favola”, l’Amore con la A maiuscola, il principe azzurro. Non mi sono mai interessati gesti clamorosi, tipo serenate sotto la finestra, scritte sul muro o dichiarazioni esagerate. Per “favola” intendo molto meno, un principe che al mattino ti sveglia con un bacio, che durante la giornata ti manda un messaggino con un pensiero carino (e non dico super romantico, carino!), che ogni tanto ti regala un fiore o un cioccolatino (e non dico diamanti!)… insomma, qualcuno che con i piccoli gesti ti faccia sentire amata, senza bisogno di parole. In cuor mio sapevo che era Samuele il mio principe azzurro ma era nelle mani della regina cattiva e non per sortilegio, come nelle favole, ma per sua scelta. Quindi io mi chiedevo: mi devo accontentare del suo sostituto? E’ Vero, troppe volte mi sono accontentata, della passione senza l’amore, della stabilità affettiva e della serenità senza desiderio, di amare senza essere ricambiata… compromessi… con me stessa più che altro. Ma ora conoscevo meglio cosa volesse dire la perfezione ed era difficile rinunciarsi per abbandonarsi a qualcosa che non poteva neanche minimamente emularlo. Michele, ovviamente era fantastico, era il candidato ideale alla sostituzione, quello che entra e subito fa gol, ma che non regge un’intera partita, che non ha quello stile impeccabile, che non ti affascina con il suo gioco…e che in fondo non ti fa sentire speciale. Forse era quello di cui avevo bisogno di non sentirmi speciale in quel momento, perché il confronto con lui sarebbe stato inevitabile sempre. Quello che ho provato con lui non l'avevo provato mai prima e non lo avrei provato mai con nessun altro nemmeno dopo…ma l’alternativa stare sola io in fondo non lo meritavo. Inoltre, mentre i giorni passavano, io mi affezionavo e capivo quanto Michele fosse di aiuto per me. Era il mio opposto, totalmente diverso da me, cinico, razionale e controllato: la pensavamo nella maniera più diversa in qualsiasi questione ma l'intesa era comunque molto forte perché nonostante le opinioni fossero differenti riuscivamo a fare dei discorsi interessanti e stimolanti. Lui non temeva Samuele, come se fosse a conoscenza di cose che io ignoravo. Una sera, ero molto malinconica lui lo aveva notato appena era salito. Era il giorno del compleanno di Samuele ed io come una stupida avevo comprato come ogni anno il regalo per lui ma non avevo avuto il coraggio di portarglielo, perché mi dicevo: a cosa sarebbe servito? Michele, ignorava perché stessi male ma intuiva che centrasse come al solito Samuele, non mi chiese nulla si avvicinò a me e mi disse: “Mio padre dice sempre ‘Nasce, cresce e poi finisce. Per quanto triste è la legge universale. Ciò che è stato non tornerà. Il massimo che puoi fare è sperare che quello che sarà, sia meglio. Nessun rimorso né rimpianto, è inutile ’, credo che si pensi un filosofo”, disse scoppiando in una frivola risata, io lo guardai e risposi: “Ha ragione sai, è inutile piangere, basta, ora basta”. Mi alzai andai verso la mia camera presi il regalo, strappai il biglietto e mi diressi verso la cucina. Michele mi accolse con un sorriso, guardando il pacchetto e mi disse: “E’ per me? Mica è il mio compleanno!” Io annuii e glielo porsi, poi girai la testa trattenendo una lacrima, mentre lui scartato velocemente il regalo, già stava ammirando il lettore compact disc. Poi gli dissi: “Questo è per ringraziarti di tutto, per me sei un grande amico e ti voglio bene”. Lui si alzò dallo sgabello, si avvicinò e senza dire nulla mi baciò sulla bocca, io lo lasciai fare ma mi sentivo come se tradissi Samuele. Era assurdo Michele non meritava questo, mi voleva bene. Lo stavo trattando come un cane che rimane sempre fedele, il miglior amico dell’uomo ma pur sempre un cane che dorme fuori dell’uscio di casa, che rimane vigile a fare la guardia e che si accontenta di un bacio fugace, senza passione ma pieno di tenero affetto. Mi stringeva a se, mi accarezzava i capelli, era tenerissimo…ma non era Samuele, non era la sua bocca, non c’era il suo profumo, non era quella la sua lingua, né il suo petto, non era lui…non era quello che desideravo e non era la sua voce quando mi disse, interrompendo il bacio: “Io ti desidero!” Lo allontanai da me e gli dissi: “Non me la sento, scusami sei tenerissimo ma non posso.” Lui mi abbracciò di nuovo e sussurrando mi disse: “Saprò aspettare…prometto”.  E quanto avrebbe dovuto aspettare lo sapeva? Non lo sapevo neanche io, ma l’attesa a lui sembrava non preoccupare, pensava che prima o poi io avrei ceduto, ma io avevo la certezza che si sbagliava. E si sbagliava anche Jennifer che faceva di tutto per spingermi verso di lui, era pazzesca, s’inventava le peggio scuse per lasciarci soli e mi ripeteva sempre che ero proprio un’insensata rinunciare a tanto ben di Dio. Anche lei era convinta che Samuele era il passato, che dovevo svegliarmi e che lui non sarebbe tornato con il cavallo bianco e la spada sguainata.
Negli ultimi periodi iniziai a pensare che loro sapessero di più di quanto sapessi io, e ne ebbi la conferma un sabato pomeriggio. Ero in camera per cambiarmi, ma avendo dimenticato la borsa in sala la andai a prendere. Jennifer e Michele stavano discutendo ed una frase della mia amica mi colpì: “Ti ha chiamato anche ieri sera? Ma è spudorato!” mi fermai così ad origliare dietro al muro che separava la cucina dalla sala. Capii che parlavano di Samuele. Jennifer era furiosa: “Non solo l’ha trattata così, ora pretende che tu, che sei stato così speciale per lei e che lo hai tenuto sempre aggiornato sulle sue condizioni, gli faccia da portavoce? E’ inconcepibile e tu che gli hai detto?” e lui: “beh all’inizio lo assecondavo, capivo che anche lui soffriva per questa situazione. In fondo lui la ama, ma poi ultimamente è diventato impossibile per me, anch’io nutro un sentimento per lei. E quindi quando ieri mi ha chiesto questo, gli ho detto che se voleva farglielo sapere prima che lo vedesse con i suoi occhi, doveva dirglielo lui.” Io mentre ascoltavo, mi chiedevo cosa di tanto importante dovesse dirmi Samuele che non potessi vedere con i miei occhi, poi Jennifer disse: “Voglio vedere con che coraggio glielo dirà. Ma tu non lo dovevi assecondare a parlargli e meglio che lei si renda conto di chi è! Se lui gli parla la convince che lui deve, ma come deve sposare quella stupida? Chi lo costringe?” e lui, giustificando per assurdo Samuele: “Fidati tu non sai come sono le cose, lui deve e non può lasciarla, se potesse lo avrebbe fatto, lui ama Sara.” Ma lei non era convinta e lui incalzò: “Ci sono motivazioni che vanno aldilà della nostra ragione, anch’io lo giudicavo ma quando mi ha spiegato il vero motivo non ho potuto più. Lui è nei casini veri, e ha solo questa possibilità di scelta.” E lei allora scettica: “Ma allora perché non l’ha raccontato anche a Sara, forse per lei sarebbe stato più facile e si sarebbe rassegnata. Invece che continuare a covare in segreto questo amore impossibile.” E a questo punto me lo chiedevo anch’io perché? E perché lo aveva detto a Michele e non a me? Da quando quei due avevano fatto comitiva? Nel mentre Michele disse, rispondendo a Jennifer ed a queste mie domande: “Per lui non è facile, non l’ha detto a Sara, o perlomeno non gli ha detto tutto, perché non lo avrebbe accettato. Lei lo ama e avrebbe combattuto contro tutti per lui. Lo ha detto a me perché spera che io un giorno glielo spiegherò, quando non ci saranno più alternative, e lei non potrà fare più nulla. Lui vuole che io le rimanga sempre vicino, mi considera un degno sostituto, dice che io ho le palle per stare con lei e che lui invece si sta comportando da codardo. Ma io dopo aver ascoltato le sue motivazioni, non la penso come lui su questo ultimo fatto. Lui sta salvando se stesso si, ma anche lei, credimi quando ti dico che lui la ama veramente.” Ma Jen non ne voleva sapere di giustificarlo: “Sarà come dici tu ma io non gli credo. Comunque secondo me non è una buona idea lasciarlo solo con lei.” E Michele: “No! si deve congedare lui da lei, io gli ho consigliato di dirle questa volta tutto…di vuotare il sacco.” Allora lei: “Ma siete amici ora è? Tu sei più assurdo di lui sai? Ma al tuo amicone gli hai raccontato che ci provi spudoratamente senza successo” e lui: “No, ma sei pazza. Penso che se lo immagini ma lui non mi chiede nulla. Solo una sera, che uscivo da casa di Sara e lui era, come al solito sotto il suo portone, mi ha chiesto se gli facessi abbastanza coccole ed io non gli ho risposto. Dovevi vederlo aveva le lacrime agli occhi.” Ora faceva anche il pappone, mi innervosii, come poteva? Mi mentiva, mi lasciava e poi mi costruiva una nuova vita. No lui non faceva della mia vita una partita a scacchi, ora io avrei fatto la mia mossa. Allora mi feci avanti, le lacrime avevano coperto tutto il viso e sciolto tutto il mascara appena messo, lo guardai con aria di sfida e gli dissi: “Dimmi quando?”, lui era sbalordito e confuso, mi guardò e mi disse: “Senti, se hai ascoltato tutto non c’è bisogno che lo vedi!” ed io furiosa più che mai: “Si che c’è bisogno, lui mi deve una spiegazione. Che crede di fare ciò che vuole, mi imbambola con le sue bugie.”. Michele allora intervenne, sembrava un prete non un rivale in amore: “No, non è bugiardo credimi. Gli parlerò e se vuoi ti dirò io cosa non ti aveva detto lui…ora sei troppo agitata!” Io continuando a sbattere i pugni sul tavolo e gli urlai: “No! Me lo deve dire lui, dammi il suo numero, lo devo vedere stasera!”, gli afferrai il cellulare e cercai, Michele non mi ostacolò e Jennifer, forse, sperando di calmarmi fece una battuta: “Che è, vuoi che ti inviti al matrimonio? Falla finita!”. La fulminai e attesi al telefono che Samuele rispondesse. “Pronto Michele? ”, disse lui con quella sua voce stupenda che per un momento mi confuse. Ma poi: “No, sono io Sara! Dobbiamo parlare mi pare, No? Allora stasera a casa mia alle otto.” Dissi cercando di mantenere un tono distaccato. “Ok, va bene alle otto ci sarò, ma tu stai bene?” Disse si era subito reso conto che qualcosa non andava. Io allora sempre con un tono il più possibile formale: “Io tutto bene, ora ti preoccupi anche per me? Che generoso...ci vediamo dopo” e attaccai, avevo una voce acida, ma era l’unica che poteva nascondere il mio dolore. Michele si riprese il cellulare e io sono sicura che più tardi avrebbe richiamato il suo socio per informarlo di cosa era successo realmente. Io mi chiusi in camera, ormai il pomeriggio di shopping era saltato. Jennifer se ne era andata con Luca e Michele, lasciandomi sola a preparare il contrattacco per poi raggiungermi in seguito a raccogliere le briciole de mio cuore se fosse stato necessario, e loro erano sicuri che sarebbe stato necessario. Alle otto spaccate era lì. Avevo preparato degli aperitivi e qualche cosa da sgranocchiare, che nelle lunghe pause, mi avrebbero aiutato a difendermi dai suoi sguardi. Era lì in piedi sulla mi porta, bello come il sole, atletico come il dio Apollo, stupendo. La sua visione mi fece un po’ perdere la ragione ma non dimenticai perché era lì, allora dissi: “Accomodati, tagliamo subito la testa al toro, tu dovrai andare da lei, penso.”

   
 
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