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Autore: Tefnuth    20/02/2017    0 recensioni
Tricha non si è mai sentita veramente integrata nella città in cui è nata, e nemmeno in quella in cui è andata e vivere per studiare all'università. Si annoiava, per questo ha deciso di lasciare l'America per la Romania, dove il nonno, un brillante scienziato dell'Alaska, è a capo di un centro in cui si studiano persone molto speciali che sembrano discendere da antiche creature mitologiche. Era stato lui a chiamarla e lei aveva subito preso l'occasione, anche se all'inizio era scettica. Tuttavia il suo mondo di carta si brucia, quando conosce la verità dietro alla visite mediche cui lei non poteva mai assistere, cosi decide di far scappare le persone con cui ha stretto amicizia e di andare con loro. Ma nemmeno la lettera che lei lascia al nonno basterà a placare la pazzia latente in lui, e così la vita di Tricha subirà una brusca svolta che lei non aveva previsto.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Grazie mille, per avermi accompagnata. Avevo proprio bisogno di un’uscita” disse Tricha ad Andreea davanti a una tazza fumante di caffè. Dopo una notte trascorsa a raccontare tutte le sue vicende alla Kiruna, Tricha era stata invitata dall’uomo ad una passeggiata esplorativa per Barlad; un’occasione per acquistare degli abiti di ricambio (quelli delle ragazze si erano logorati, mentre per gli uomini Andreea si era offerto di prestargliene dei suoi), oltre che per fare la spesa.

“Dovere. – Rispose Andreea posando la tazza da cui aveva preso l’ultimo sorso del suo caffè. – Mi dovevo sdebitare con te, per aver liberato il mio amico”.

“Ho solo seguito il mio istinto” affermò Tricha mentre rimetteva a posto la ciocca di capelli che, nel parlare, era scivolata in avanti.

“Com’è che hai deciso di fare questa cosa? Ieri ho ascoltato con attenzione il tuo racconto, ma non capisco qual è stato il sentimento che ti ha spinto a farlo” domandò il rosso, sporgendosi un poco verso la ragazza e posando i gomiti sul tavolino, in modo da avere un appoggio su cui mettere il mento.

“Il giorno in cui notai i lividi sul corpo di Felis, ho iniziato ad avere dei seri dubbi su tutto quello che stavo facendo. Quando poi Silex mi ha raccontato la verità, mi sono sentita sporca al solo pensiero di far parte di un simile schifo e ho deciso di andarmene. Non ho potuto far scappare tutti i detenuti perché, come succede per le persone normali, molti di loro sono soggetti pericolosi, ma ho voluto farlo almeno con i miei amici” rispose la ragazza.

Mentre Tricha stava gustandosi la sua pausa dalla passeggiata, Joseph e alcuni agenti della Kiruna avevano raggiunto il punto in cui si era fermata la loro precedente spedizione di ricognizione.

“Punto di controllo raggiunto. – Affermò il caposquadra al microfono. – Rilascio soggetto Rellik”.

Dal retro del furgone sui cui, al posto passeggero, stava seduto Joseph, uscì la sagoma imponente di Rellik: un uomo la cui struttura genetica aveva fornito una pelle molto ruvida, dura e irregolare simile alla pura pietra. Tra i detenuti al centro, lui era quello che più di tutti era tenuto sotto sorveglianza, poiché la sua particolare indole lo aveva reso un pericolosissimo soggetto cui piaceva cibarsi di carne viva (umana o animale, per lui non faceva differenza). Proprio grazie al suo vizio la Kiruna era riuscita a catturarlo: adescandolo in mezzo alle montagne con esche vive.

“Non tradire la mia fiducia. – Disse Joseph a Rellik. – Fai il tuo lavoro e avrai il tuo premio, altrimenti sarai tu la mia prossima cavia” nonostante fosse davanti al golem, non sembrava avere paura di lui.

“Dammi ciò che mi hai promesso, e vivrai a lungo” ribatté l’uomo di pietra.

Qualche chilometro più in là…

“Già volete andarvene? – Aveva domandato Andreea quando, al rientro suo e di Tricha nell’appartamento, Felis aveva comunicato la decisione di lasciare Barlad l’indomani mattina.  –Non è un po’ presto?”.

“E’ meglio per tutti: se restassimo troppo a lungo, le possibilità di essere scoperti sarebbero troppo alte” spiegò l’uomo tigre, facendo da portavoce per gli altri suoi compagni.

“Tricha è la sola, tra noi, a poter prolungare la sua permanenza. Se volesse…” propose Xander, che tanto si era battuto su questo punto.

“Potrei, ma non lo farò. – Replicò Tricha puntando i piedi. – Più mi allontano da mio nonno, e meglio sarà”.

“Lo avevo detto io, che avrebbe reagito così” commentò Silex.

“Oh, bhe. Se non volete considerare altre opzioni, me ne farò una ragione. – Si arrese Andreea. – Permettetemi almeno di procurarvi cibo e acqua per il viaggio”.

“Non devi disturbarti oltre: hai già fatto fin troppo per noi” replicò Abnoba.

“Insisto” ripetè il rosso.

“Meglio accontentarlo, o potrebbe murarci in casa” affermò scherzoso Felis, facendosi scappare anche una piccola risata.

“Solo per oggi. – Disse Xander, forse un po’ irritato per la decisione di Tricha. – Partiremo di buon’ora domani mattina, all’alba”.

Nel pomeriggio poco dopo l’ora di apertura dei negozi Andreea, ancora una volta accompagnato da Tricha, lasciò di nuovo la casa per fare rifornimento di cibo. Non andarono nel supermercato dove erano stati quella mattina, onde evitare di destare sospetti, e in questo modo Andreea potè mostrare alla sua ospite altri scorci di Barlad.

“Mi dispiace tanto, che dobbiate lasciare la città così presto” confessò l’uomo. Stavano passeggiando lungo il marciapiede, e anche se erano attorniati da altri passanti nessuno faceva caso a loro.

“La dura legge del fuggitivo. – Rispose Tricha, cercando di sdrammatizzare.  – Anche a me spiace lasciare un posto sicuro, ma dobbiamo allontanarci il più possibile; prima che sia troppo tardi”.

Mentre camminavano tranquilli qualcuno, correndo all’impazzata, urtò violentemente Tricha facendola cadere.

“CORRETE! SCAPPATE!” gridava l’uomo allontanandosi sempre più, e con lui altri correvano per la strada rischiando di essere investiti dalle auto.

“Questo ancora, mi mancava” disse Andreea mentre aiutava la ragazza a rialzarsi; dal suo tono sembrava che volesse scusarsi per quello che era appena successo.

Poi ci fu un grido, in fondo al viale, e la figura di un uomo di pietra. Pur non avendolo mai visto dal vivo, ma solo attraverso un foglio di carta, Tricha lo riconobbe all’istante.

“RELLIK” strillò terrorizzata, mentre la sua testa rimuginava su tutto quello che era scritto nel fascicolo di quella bestia. Subito le venne voglia di scappare.

“Sai cos’è quell’affare?” chiese Andreea portando la ragazza in un vicoletto, per non essere troppo in vista e per evitare altri spiacevoli scontri.

“E’ venuto per me, ne sono certa” rispose lei inspirando a fondo, in cerca di una soluzione.

“Lo penso anch’io, purtroppo. – L’uomo la coprì con la sua giacca. – Devo portarti al sicuro”.

“NO. – Replicò lei, autoritaria. – Devi avvertire gli altri, e metterli al sicuro. Anche tu, non devi essere visto con me” ordinò, e come una nuvola di fumo scattò verso al strada confondendosi tra coloro che stavano fuggendo, lasciando Andreea impietrito ne, vicoletto.

E mentre l’uomo si riaveva dallo shock causato dall’azione della ragazza, Rellik seminava panico e distruzione in tutta Barlad, alla ricerca dei suoi obiettivi. Muovendosi come un carro armato, pesante e incisivo sull’asfalto, avanzava imperioso per le strade lasciando ovunque, con piedi e mani, i segni del suo passaggio. Non aveva una gran vista, non era di certo un rapace, e per riuscire ad individuare Tricha in quella folla urlante preferì affidarsi al fiuto. Era sempre andato fiero, di quello che potevano fare le sue narici: sin dai primi mesi di vita, quando la sua pelle era ancora morbida e gli altri suoi sensi troppo poco sviluppati, gli avevano permesso di procacciarsi il cibo anche nella coltre oscura della notte, e di riconoscere un predatore da una preda anche tra mille odori diversi. Persino in quel marasma, fu un gioco da ragazzi percepire il profumo dolce della ragazza, misto a quello selvatico degli evasi, non appena questa uscì di corsa in strada.

“RAGAZZA!!!” ruggì il golem con la voce gorgogliante come lava bollente.

Il suo richiamo fece venire la pelle d’oca a Tricha, che si infilò di soppiatto in un negozio di abbigliamento nascondendosi all’interno del cerchio di una rella piena di vestiti. All’interno dell’esercizio avevano trovato rifugio altre persone: cinque anziane, che ben sapevano che non sarebbero mai scampate vive all’orrore.

Pensava di poter guadagnare tempo, nascosta tra abiti che ancora portavano l’odore del nylon in cui erano stati trasportati, invece vide Rellik sfondare la porta del negozio fin troppo presto.

“CREDEVI DI POTERTI NASCONDERE A ME? – Affermò il golem scostando gli abiti che avevano fatto da rifugio alla ragazza. – Sciocca presuntuosa”.

“Non sapevo, che l’azienda allenasse anche i cani” lo schernì lei, gattonando all’indietro come i gamberi.

Rellik la prese per un braccio, rischiando di romperle l’osso con la forza della sua presa.

“Dove sono i tuoi amici, quelli che hai aiutato a fuggire? – Le ruggì in faccia il golem. – Dov’è il mio PASTO?”.

“Non te lo dirò mai! – Dichiarò ferma la ragazza. – Non crederai davvero che dica una cosa del genere, proprio a te” la pressione sul braccio stava diventando troppo forte.

“Invece tu lo farai: loro sono la mia ricompensa, per aver trovato te” ribadì l’orco, sbattendola contro la parete.

“Mi dispiace. – La ragazza si rialzò. – Purtroppo sono una bambina cattiva”.

Fortemente adirato per l’arroganza con cui gli stava rispondendo Tricha, Rellik alzò il pugno al cielo dimenticandosi, per un attimo, di quello che gli aveva ordinato Joseph. Voleva sfracellarle la testa, oh quanto voleva farlo, e poi avrebbe cercato da solo il suo premio.

“NON OSARE TOCCARLA” gridò una voce. Era fuori dal campo visivi di Tricha e Rellik, ma era chiaro che si trattasse di Joseph; aveva con sé una scorta, ben fornita di armi.

“Sua nipote non vuole rivelarci la posizione degli evasi” affermò il golem, avvicinandosi a grandi passi verso la porta dove era Joseph.

“Non servirà che ce lo dica: loro verranno a riprenderla, non appena avranno ricevuto il mio messaggio. Per allora, avranno una bella sorpresa” disse lo scienziato, prima di accennare ai soldati di prendere la ragazza, la quale non oppose resistenza né pronunciò parola. Si concesse solo di fare una domanda al nonno, quando ormai era nel resto di uno dei furgoni.

Lui era seduto davanti a lei.

“Quale messaggio? Tu non sai dove sono”

“Non conosco il loro rifugio, è vero. – Affermò Joseph. - Ma penso che il cadavere del tuo amico rosso sia un messaggio che i tuoi mostriciattoli troveranno, e capiranno, subito” e rise, ripensando a come si era divertito nel vedere il corpo dell’uomo pieno di buchi di proiettile.

Inorridita da quella risate, Tricha si chiuse nel più completo mutismo e i suoi occhi si fecero di ghiaccio. Sperava di poter far sentire il nonno un po’ in colpa, anche sono un poco, ma purtroppo la sua reazione provocò solo piacere nell’uomo.

Appartamento di Andreea.

“Quei bastardi, ci hanno già trovato!” lamentò Xander, sbattendo con forza i pugni sul tavolo. Avevano da poco visto Rellik, e alcuni soldati, irrompere in città e mettere in fuga i cittadini. Ora le strade erano deserte, ma Tricha e Andreea non erano rientrato.

“Non avrei mai pensato, che avrebbero osato liberare Rellik” meditò Silex, ancora appoggiata alla finestra in perlustrazione.

“Gli avranno di sicuro promesso qualcosa, o non si sarebbe mai messo al servizio di qualcuno” ipotizzò Abnoba.

Di scatto Xander si diresse verso la finestra, e la aprì bruscamente. Aveva già messo u piede fuori, quando Felis lo bloccò trattenendolo per un’ala.

“Dove pensi di andare?” domandò l’uomo tigre.

“Non posso restare qui: Tricha potrebbe essere in pericolo” rispose il ragazzo alato.

“Andreea l’avrà già portata al sicuro” replicò Felis.

“E’ pur sempre un uomo, non può far nulla contro Rellik o i soldati” precisò Xander.

“Piumino ha ragione, forse dovremmo andare a cercarli” lo appoggiò Silex.

“Ormai non c’è più nessuno, per strada, perciò possiamo uscire indisturbati” aggiunse Abnoba, cui in realtà non importava nulla di essere vista.

“Va bene, ma cercheremo in gruppo: avremo più possibilità, nel caso incrociassimo il nemico” acconsentì infine l’uomo tigre.

Uscirono in strada, deserta come un villaggio western abbandonato, e usando la massima cautela (ancora non sapevano che chi l’inseguiva se n’era già andato), scrutarono ogni angolo della città. Stavano perdendo le speranze, ma poi la driade percepì qualcosa e si lanciò a capofitto in un vicolo. Aveva trovato Andreea, agonizzante e con ormai poco da vivere.

“L…l’hanno,ha…hanno preso…lei” rantolò l’uomo, il cui sangue stava gorgogliando in bocca; si era limitato a ripetere quello che gli aveva detto Joseph quando lo aveva trovato.

“La salveremo, ma prima dobbiamo occuparci di te” disse Felis, pur sapendo che ormai non c’era più speranza.

“S…sono già, morto” balbettò il rosso, prima di spirare.

Sul muro, sopra di lui, imperava una scritta rosso sangue.

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