Serie TV > Skam
Segui la storia  |       
Autore: Snow Rain    20/02/2017    2 recensioni
[William e Noora]
Lui ama lei e lei ama lui.
Sono la cura l'uno dell'altro.
Ma è difficile guarire quando continuano ad aprirsi nuove ferite.
[What if... Questa fanfiction non tiene conto degli avvenimenti riguardanti William e Noora della terza stagione, quindi la loro storia viene ripresa dalla 2x12 e loro non sono mai partiti per Londra, sebbene gli eventi legati agli altri personaggi rimangano invariati].
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 5. Edge [Gracie Abrams]


30 Giugno 2016


Erano passate ore da quando William era entrato insieme a suo padre e ai suoi amici dentro il tribunale. Noora si era dovuta accontentare di aspettare appostata fuori dall'ingresso al pubblico insieme alle ragazze e ad Eskild. Ai minori non era consentito entrare solo per assistere alle udienze.

Sebbene fosse cosciente di che cosa aspettarsi, l'ansia la stava devastando. Avrebbe voluto essere con William, sapeva che lui l'avrebbe voluta con sé in quell'aula.

Era passata migliaia di volte davanti a quell'edificio così imponente, impossibile da ignorare, ma non le era mai parso tanto spaventoso come in quel momento. Per come la vedeva lei, quella mattina aveva inghiottito William e a breve lo avrebbe espulso dalle proprie viscere diverso da come era entrato, perché era ovvio che la sentenza avrebbe aperto una nuova ferita che in carcere non avrebbe avuto modo di cicatrizzarsi, nonostante tutte le riflessioni e la preparazione che avevano preceduto quel giorno.

Sana e Chris tentavano di distrarla commentando dei post su Instagram, mentre gli altri chiacchieravano del più e del meno nella speranza che qualche discorso catturasse la sua attenzione. Era tutto inutile, niente avrebbe potuto alleviare il senso di impotenza e l'irrequietudine che sentiva.

“Smettila di toccarti i capelli. William ha una cattiva influenza su di te”, le disse Eskild, quando la vide ravviarsi il caschetto biondo per l'ennesima volta.

Non si era resa conto di quanto quel gesto fosse tipico di William. In genere non lo faceva, ma in quel momento suppose che fosse un modo come un altro per sentirlo vicino.

“Devo sapere che cosa sta succedendo là dentro, Eskild. Sto impazzendo. Sono più di tre ore che vanno avanti. Ha confessato tutto, che cosa avranno da discutere?”, si lasciò cadere seduta sul marciapiede, stringendo la borsetta e le ginocchia al petto. Le era così difficile respirare che pensava di essere sull'orlo di un attacco di panico.

Nonostante la giornata fosse sufficientemente calda da andarsene in giro in top senza maniche e pantaloni di cotone leggero, Noora sentiva un gelo tremendo propagarsi dalla sua pelle fin dentro le ossa. Intorno a lei le persone camminavano e sfrecciavano sulle loro auto riempiendo l'aria dei suoni della città, ma non riusciva a percepire niente di tutto questo. Voleva essere forte, riuscire a gestire la situazione senza perdere la calma, ma era impossibile starsene con le mani in mano mentre il ragazzo che amava con tutta se stessa si sentiva dire che sarebbe andato in galera.

Eva si sedette accanto a lei e le appoggiò la testa su una spalla.

“Vedrai che fra poco uscirà da quella porta e non sarà andata così male”, tentò di rassicurarla l'amica.

“So già come andrà, entrambi lo abbiamo accettato da tempo. La domanda non è se, ma quanto. In ogni caso, non ci sarà modo di cancellare questa faccenda dalla sua fedina penale e dovremo stare lontani per mesi. Non è che io non sia più capace di stare da sola, è che voglio stare con lui, soprattutto dopo quello che abbiamo passato per arrivare a questo punto”, confessò. Non aveva avuto il coraggio di dire quelle parole a nessuno fino a quel momento. Non le piaceva mostrarsi così vulnerabile, era più il tipo di persona che si prendeva cura degli altri e teneva per sé i propri problemi. Quello era uno dei tanti tasselli di lei che era andato a posto grazie a William.

Le passarono per la mente mille modi in cui avrebbe potuto tentare di entrare in tribunale, ma era cosciente che nessuno avrebbe funzionato, erano solo i vaneggiamenti di una ragazzina esausta di vivere sul filo del rasoio. Era come se tutta la tensione accumulata negli ultimi mesi quella mattina fosse esplosa e non riuscisse più a imbrigliarla.

Adesso stava diventando tutto maledettamente reale nella sua testa: un'azione commessa in un momento di rabbia e paura aveva cambiato per sempre le loro vite. Se quella bottiglia non fosse mai stata scagliata, Noora non avrebbe mai chiesto una pausa a William, non sarebbe mai andata a casa sua per poi ritrovarsi vittima della follia di Niko e adesso non sarebbe stata fuori da quell'edificio a chiedersi quanti ostacoli ancora ci sarebbero stati nella loro relazione.

Tutte quelle circostanze li avevano portati a comprendersi meglio a vicenda e a smussare gli spigoli del loro carattere, eppure sentiva che a quel punto avrebbero potuto anche formarsi altre crepe.

“Eccoli”.

Fu riscossa dalla voce di Vilde e si voltò verso le scale da cui William stava scendendo, nel completo blu che suo padre l'aveva costretto ad indossare, seguito dall'avvocato, da Havard e da Chris e Alexander. Non aveva voluto tutti gli amici al seguito, soltanto loro due. Sul viso aveva la sua solita espressione di indifferenza, ma lei si accorse dell'ombra nei suoi occhi.

Era chiaro che fosse diretto da lei, così Noora accorciò la distanza e si fermò di fronte a lui, l'angoscia evidente in ogni molecola del suo corpo.

Non si toccarono, né si parlarono per un lungo momento. Rimasero immobili, occhi negli occhi, senza sapere che cosa volessero davvero trasmettere l'un l'altro.

“Com'è andata?”, chiese Noora in tono esitante, quando non ce la fece più a tollerare il silenzio.

William si riscosse e notò l'angoscia che la stava consumando. Allungò una mano e le passò il pollice tra le sopracciglia, per distendere la ruga che le si era formata per la preoccupazione, poi proseguì con la carezza fino a posare la mano a coppa sulla sua guancia e ad attirarla a sé per darle un bacio in fronte.

Noora alzò il viso verso di lui e gli diede un bacio veloce sulle labbra.

“Allora?”, insisté, non riuscendo ad interpretare il suo comportamento.

Lui si prese qualche altro istante per emettere un lungo sospiro e chiuderla in un abbraccio di cui sentiva un bisogno disperato.

Era scattato qualcosa in lui, mentre il giudice leggeva la sentenza, a cui non sapeva ancora dare un nome. Di certo non aveva realizzato quanto gravi fossero state le sue azioni fino ad allora.

Continuava a chiedersi se non potesse essere altro che quel ragazzo violento e tormentato, se sarebbe stato in grado di controllarsi e di rimanere sul lato sano del confine la prossima volta che si fosse trovato ad affrontare la propria collera. E la cosa peggiore era che ancora una volta stava trascinando Noora a fondo insieme a lui, inesorabilmente.

Strinse gli occhi, nel tentativo di ritrovare la voce. Gli si era formato un nodo in gola.

“Tre mesi. Mi devo presentare lunedì mattina o mi verranno a prendere”, fu tutto ciò che riuscì a dire contro i suoi capelli. Respirare il suo profumo lo aiutava a riprendere contatto con la realtà.

Noora lo strinse forte, le braccia incrociate dietro al suo collo. Sentì gli occhi inumidirsi, un peso posarsi sul suo petto.

“Passeranno in fretta. Devono passare in fretta”, gli sussurrò.

Consapevoli delle persone che li aspettavano a pochi passi da loro, sciolsero l'abbraccio, ma William volle comunque rimanere aggrappato a lei, così le prese una mano e intrecciò le dita alle sue, poi la condusse dal gruppo dei loro amici. Suo padre e l'avvocato erano impegnati in una conversazione a poca distanza da loro.

Nessuno chiese nulla, Chris e Alexander dovevano averli già informati, perché era calato un silenzio carico di sconforto.

“Vuoi andare a pranzo da qualche parte, amico?”, domandò Chris per spezzare il silenzio.

William scosse la testa. “No, mi serve rimanere da solo per un po'”.

“Tu vieni con noi?”, intervenne Eva, rivolta a Noora.

Lei fece per rispondere, ma William la precedette. “Intendevo da solo con lei, ovviamente”. Forse fu un po' brusco, ma in quel momento non aveva il controllo delle proprie emozioni come al solito.

Chris alzò un sopracciglio, ma si astenne dal commentare. Credeva che l'ultima cosa di cui avesse bisogno il suo amico fosse rinchiudersi in una bolla insieme a Noora, però non gli sembrò opportuno tirare fuori la faccenda in quel frangente.

Poco dopo l'avvocato salutò William e suo padre con una stretta di mano e se ne andò, poi Havard si avvicinò al figlio con l'espressione più contrariata che lui gli avesse mai visto.

“Prega che questa faccenda non mi costi la candidatura alla presidenza della holding, William. Perché se dovesse andare diversamente, non sai in che guaio ti cacceresti”. Detto ciò se ne andò su tutte le furie.

Rimasero tutti interdetti per qualche secondo, William fu l'unico a limitarsi ad alzare gli occhi al cielo. Non aveva aspettato altro che liberarsi di suo padre per tutta la mattina, poco gli importava che avesse scelto un'uscita di scena nel suo stile.

Lui e Noora scambiarono ancora due chiacchiere con i ragazzi, poi li salutarono e si incamminarono verso la Porsche di William. Una volta in macchina, non si guardarono più e non si rivolsero la parola. Lui mise in moto e partì nel totale silenzio, mentre Noora si voltò verso il finestrino.

Nessuno dei due aveva idea di come gestire le emozioni che stava provando senza travolgere l'altro.

Era tutto semplicemente troppo.


* * *


Non andarono all'appartamento, rinchiudersi fra quattro mura o andare a mangiare era fuori discussione. Nessuno dei due aveva fame, così alla fine optarono per una passeggiata al parco di St. Hanshaugen. Tutto ciò di cui avevano bisogno era respirare, perché entrambi avevano l'impressione di stare affondando nelle sabbie mobili.

Camminarono in silenzio per più di un'ora, a volte tenendosi per mano, altre rimanendo talmente vicini da sentire il calore dell'altro sulla propria pelle, ma non abbastanza da sfiorarsi.

William aveva lasciato in macchina la giacca del completo e la cravatta, e si era arrotolato le maniche della camicia bianca fino ai gomiti, dopo averla sfilata dai pantaloni. Il sole quel giorno era caldo, ma non abbastanza per loro.

Alla fine si sistemarono sull'erba, all'ombra di un albero, e William fece sedere Noora tra le sue gambe. Lei si adagiò contro il suo petto, voltando un po' la testa in modo da appoggiare l'orecchio contro il cuore di William. Sorrise quando iniziò a percepirne il battito regolare, poi le venne da ridere.

“Quindi anche qui c'è del suono, non è solo la chitarra ad essere vera”, lo prese in giro.

William ridacchiò, e anche quella vibrazione si propagò fin dentro di lei.

“È sempre stato tutto vero fin dall'inizio, eri tu a non volerci credere”, ribatté lui.

“Allora dimmi qualcosa di vero anche adesso”.

Noora sentiva i suoi occhi su di sé, come una coperta spessa e calda durante una nevicata. Quando lei era nel suo campo visivo, William non riusciva a fare a meno di guardarla. Anche quando qualcosa lo distraeva dalla sua presenza, non passava molto prima che tornasse a cercarla. Senza rendersene conto, si soffermava su particolari all'apparenza insignificanti, come il modo in cui i capelli le incorniciavano il viso in un determinato momento o la curva dolce degli zigomi mentre rideva di gusto. Adesso ad attrarre la sua attenzione era stata la spallina azzurra del suo top, che si era leggermente increspata e spostata verso l'esterno quando lei si era appoggiata a lui, standosene adagiata mollemente sulla sua spalla nivea. Adorava che non fosse una di quelle ragazze a cui piaceva abbronzarsi.

“Mi piace stare qui seduto a guardarti, anche se mi sta venendo il torcicollo in questa posizione”. Iniziò a parlare in tono serio, ma nella seconda parte non riuscì a trattenersi dal ridacchiare.

A Noora scappò una risatina, poi si spostò in modo da sdraiarsi sull'erba perpendicolarmente a lui e appoggiare la testa sul suo grembo. Così potevano guardarsi negli occhi. William cominciò una carezza lenta e regolare sui capelli di Noora.

“Devi chiamare i tuoi, Noora”, esordì dopo qualche minuto.

Noora si riscosse dallo stato di torpore in cui era caduta. “Dovranno esserci al processo di Niko, lo so”, rispose esitante. Aveva capito che cosa William le stesse suggerendo in realtà, ma sperava che lui avrebbe capito che non le andava di ritornare su quell'argomento. Tutto ciò che aveva da dire sulla sua vita familiare era già stato messo in chiaro qualche mese prima.

“Parla con loro. Provaci”, rimarcò lui.

Noora lo implorò con lo sguardo per un lungo istante. Alla fine tirò un sospiro e decise di affrontare quel mostro una volta per tutte.

“Non ho mai avuto un rapporto di nessun genere con i miei genitori, William. Tu più di tutti dovresti sapere che cosa significa”.

Lui temporeggiò prendendo una ciocca dei suoi capelli biondi e iniziando ad arrotolarsela intorno all'indice. Scosse leggermente la testa e corrugò le sopracciglia.

“Noora, se i tuoi genitori non ti avessero voluto, tu non saresti qui. Tua madre è una sessuologa e tuo padre uno psicologo, non suonano come due che non sanno come gestire una gravidanza indesiderata. Io penso che loro ti abbiano sempre amata, ma l'abbiano fatto nel modo sbagliato o non siano stati in grado di dimostrarlo con i fatti. Ti avranno lasciata andare perché hanno creduto che tu ne avessi bisogno. I miei genitori, invece, hanno deciso che io e Niko fossimo di troppo nelle loro vite e hanno continuato senza di noi, non scriverebbero mai un biglietto come quello che hai ricevuto tu con la lettera del tribunale”.

Quello che William sapeva per certo, era che una persona come Noora non poteva passare nella vita di qualcuno senza lasciare un minimo segno. Anche se lei non faceva nulla per mettersi sotto i riflettori, emanava un'energia impossibile da non percepire, oltre al fatto che fosse di gran lunga la ragazza più bella che William avesse mai visto.

Non poterla vedere e toccare per tre mesi sarebbe stata un'agonia, peggio di quando lei non faceva altro che respingerlo.

Noora rifletté attentamente su ciò che le aveva detto. Lui non conosceva i suoi genitori, non aveva idea di quante sere si fosse ritrovata a cucinarsi la cena da sola, quando ancora andava alle elementari, perché loro due avevano deciso di fermarsi in un ristorante lungo la strada al ritorno dal lavoro; non sapeva quante notti avesse passato a trattenere la pipì da bambina per paura di sorprenderli a fare sesso sulla strada per il bagno, o quante volte avesse avuto bisogno di un loro consiglio e invece si fosse sentita dire che doveva imparare a gestire le difficoltà usando la propria testa.

“So che potrei venire a trovarti in prigione, ma il tribunale deve prima firmare un permesso. Dal momento che sono minorenne, la richiesta dovrà partire dai miei. Posso iniziare da lì, ma non ti prometto nulla”, gli concesse, per il semplice fatto che non avrebbe mai potuto passare tutto quel tempo senza assicurarsi coi suoi occhi che lui stesse bene.

A William venne da sorridere, ma cercò di trattenersi e continuò ad accarezzarle la pelle morbida del viso con l'indice, mentre contemplava il colore assurdo dei suoi occhi alla luce del sole, così limpido e brillante.

“Non devi venire per forza”, le disse serio.

Noora sorrise e allungò una mano verso l'alto per sistemargli il ciuffo come al solito.

“Io voglio. Non c'è niente di pericoloso o terribile nel venire a farti visita, e almeno ricorderò ancora che faccia hai quando tornerai a casa”, scherzò.

William si finse offeso e le pizzicò il naso tra pollice ed indice.

“Ti basterebbero tre mesi per dimenticarti la mia faccia?”, le chiese, fintamente oltraggiato.

“Vorrei respirare, William”. Le uscì una voce tanto nasale che non poterono fare a meno di scoppiare a ridere entrambi.


* * *


Erano le sei del pomeriggio passate quando rincasarono. William digitò il codice per sbloccare la porta dell'appartamento e lasciò che fosse Noora la prima ad entrare. Sperava che tutto andasse secondo i piani, altrimenti avrebbe avuto un motivo in più per fare fuori Chris. Gli aveva dato disposizioni precise, in modo che tutto fosse pronto per quando lui e Noora fossero rientrati. Inizialmente il programma era pranzare con i loro amici e poi mandare Chris a predisporre tutto, mentre lui avrebbe portato Noora da qualche parte, ma dopo l'udienza aveva sentito la necessità di allontanarsi da tutti con lei.

Tolsero le scarpe all'entrata e si diressero verso la cucina. Passando per il salotto, lei notò un oggetto insolito appoggiato accanto al televisore. Avvicinandosi vide che era un rastrello fucsia. Lo afferrò e se lo rigirò tra le mani, mentre William rimase a guardarla appoggiato allo stipite della porta.

“E questo da dove spunta?”, gli chiese lei.

William sorrise e si avvicinò a lei.

“Non lo so”, rispose con aria innocente.

Noora gli rivolse un'occhiata scettica, intuendo che ci fosse qualcosa sotto. Capì che quello doveva essere un indizio e, dal momento che non si trattava di un rastrello da giardinaggio, le venne un'illuminazione.

Sgranò gli occhi e iniziò a guardarsi intorno, poi rivolse di nuovo l'attenzione verso il suo ragazzo.

“William, hai preso un gatto?”, chiese sbalordita. Quello che stringeva tra le mani era decisamente un arnese per pulire la sabbia dei gatti.

Il sorriso gli scomparve dalla faccia, sostituito da un'espressione leggermente delusa.

“Sarebbe un problema?”, domandò cauto.

Noora rimase a bocca aperta, alla ricerca delle parole da usare.

“Dipende”.

“Da cosa?”.

“Be', non lo so. Non me lo aspettavo”, rispose lei, ancora incredula.

William alzò gli occhi al cielo. Da quando aveva conosciuto Noora sembrava che non facesse altro. Era orgogliosa, cocciuta e teneva sempre la guardia alzata, il che voleva dire che per farle ammettere di essere contenta di qualcosa era necessario prima attraversare le fiamme dell'inferno.

In quel momento sentirono un miagolio flebile provenire dalla cucina. Subito, Noora si precipitò in quella direzione. Per terra, sotto alla scala a chiocciola che portava al piano di sopra, era sistemata una cuccia azzurra, all'interno della quale spiccava una macchia scura che tentava di nascondersi tra le increspature di una coperta gialla.

“O Dio, è un gatto nero!”, esclamò accovacciandosi accanto all'animale e prendendolo delicatamente tra le mani. Era ancora molto piccolo, ma il folto pelo nero lo faceva apparire meno fragile di quanto fosse.

Noora non poté fare a meno di aprirsi in un sorriso radioso. I gatti neri erano i suoi preferiti, e non capiva come William avesse potuto saperlo, non ricordava di averglielo mai detto.

“I gatti neri mi sono sempre piaciuti più degli altri”, disse lui alle sue spalle, come se avesse potuto sentire che cosa lei stesse pensando. Tirò un sospiro di sollievo, era stato più facile del solito farla cedere.

Forse erano tutte le emozioni negative di quella giornata a rendere meno impenetrabili le difese di Noora, e lui aveva intenzione di sfruttare quel piccolo vantaggio fino in fondo quella sera, per farle sentire quanto la ritenesse importante.

Si accovacciò accanto a lei e iniziò ad accarezzare la testa del gatto, che si era pian piano rilassato e si faceva coccolare in equilibrio precario sulle ginocchia di Noora.

“Una cosa che abbiamo in comune finalmente”, lo prese in giro.

William si sporse e le afferrò la nuca per avvicinarla. Si incontrarono a metà strada per un bacio veloce.

“Non ha ancora un nome”, le disse poi, a pochi centimetri dalla sua bocca.

Immediatamente uno scintillio di malizia si accese negli occhi di Noora.

William si bloccò mentre si grattava distrattamente il lato del naso e la guardò di traverso.

“Noora, no!”, la ammonì in tono perentorio. Qualcosa gli diceva che erano malauguratamente sulla stessa lunghezza d'onda in quel momento.

“È maschio, giusto?”, chiese divertita. Non riusciva a contenere l'ilarità, così dovette mordersi le labbra per evitare di ridere. Si schiarì la voce e attese che William le rispondesse.

“Sì”. Gli venne fuori in maniera più incerta di quanto avesse voluto.

Noora sorrise trionfante e si rivolse al gatto.

“Benvenuto, Willhelm!”.

William scosse la testa sconfitto, ma niente avrebbe potuto far scemare l'entusiasmo che provava al pensiero di aver alleviato un po' della sua angoscia. Aveva raggiunto il suo scopo, e in più Noora non sarebbe stata da sola in quella casa fin quando lui fosse tornato.


* * *


Dopo aver passato un po' di tempo a giocare insieme al gatto, decisero di mangiare, così Noora preparò del pollo al curry. Mangiarono in silenzio, la tensione di nuovo in crescendo man mano che la giornata volgeva al termine. Potevano avere dei momenti di leggerezza, ma la spada di Damocle era sempre lì a pendere sulle loro teste. Nonostante ora sapessero che cosa li attendeva con esattezza, il peso che avevano sulle spalle non era diminuito.

William voleva che lei sapesse quanto significasse per lui averla vicino in quel momento. Voleva che sentisse con tutta se stessa di essere la parte migliore e più importante della sua vita, l'unico scoglio sicuro in un mare in tempesta.

Guardò verso Willhelm, che dormiva beato nella sua cuccia, poi verso Noora che stava finendo di pulire la cucina in maniera ossessiva. Decise che per quella sera era tutto abbastanza pulito, quindi si alzò dalla sedia su cui era ancora seduto dalla cena e andò a toglierle dalle mani lo strofinaccio che stava passando sul piano cottura.

“Vieni con me”, le disse, prendendola per mano. La guardò negli occhi con un'intensità che le bruciò fin nell'anima.

Si sentì nuda. Non era una sensazione fastidiosa, era quella che William le aveva insegnato ad apprezzare. Il modo in cui la fissava, partendo dagli occhi, come a chiederle il permesso, per poi scendere verso le labbra e il collo, la faceva sentire al sicuro, come se non esistesse al mondo niente di più bello e desiderabile di lei.

C'era sempre forza e decisione nei gesti di William, ma anche delicatezza e adorazione. La desiderava tanto da perdere la ragione, eppure riusciva sempre a farle intendere che al primo posto venivano le sue esigenze.

Noora vide i suoi occhi farsi torbidi, il cioccolato delle sue iridi fondersi in preda alla fiamma delle sue intenzioni, mentre con la mano libera le afferrava un fianco e la attirava a sé.

Non riuscì a dirgli nulla, si limitò ad assecondare l'istinto che si risvegliava quando lui la toccava in quel modo.

William si abbassò fino a sfiorarle un orecchio con le labbra.

“È impossibile non amarti, lo sai?”, sussurrò. Da qualche giorno gli riusciva più facile dare voce a pensieri come quello. La paura, l'adrenalina, la mancanza di lei che già sentiva, gli toglievano ogni inibizione. Non che gliene fossero rimaste molte da quando l'aveva incontrata.

Noora chiuse gli occhi e si crogiolò in quelle parole. Sentirle le dava un senso di liberazione, come se un macigno venisse sollevato dal suo petto. Le si strinse il cuore. Nonostante i dubbi che aveva avuto e la resistenza che aveva opposto, era la franchezza uno degli aspetti di William che l'aveva catturata. Non aveva mai esitato ad esporre il proprio interesse per lei davanti ai loro amici e all'intera scuola, anche quando lei lo trattava come se non fosse altro che una gomma da masticare appiccicata sotto ad una scarpa. Sin dall'inizio aveva mostrato sicurezza e determinazione nell'ammettere di volerla, tanto quanto lei era stata sicura e determinata nel negare che fosse bastato guardare una volta nei suoi occhi per capire che cosa ci fosse sepolto sotto la coltre di ghiaccio con cui si proteggeva.

“Io sono disposta a lasciarmi amare, fin quando lo sarai anche tu”, gli disse in un soffio. Poi cominciò a guidarlo verso la camera da letto, dove era certa che fosse diretto anche lui quando le aveva chiesto di seguirlo.

Non arrivarono che al corridoio, perché a quel punto la pazienza di William si esaurì. Spinse Noora contro il muro, a metà strada tra la porta della camera e quella del bagno. Le assalì la bocca come se non riuscisse più a respirare. Quel bacio non aveva uno scopo, se non quello di sentire, di dare e ricevere fin quando non fosse rimasta altra scelta che abbandonarsi a tutto ciò che non avrebbero mai potuto esprimere in altro modo.

Le mani di William finirono sotto il tessuto leggero del top di Noora senza che lui dovesse pensarci, quelle di lei si fecero strada tra i suoi capelli, stropicciando e a tratti tirando, quando le dita di lui raggiungevano punti che la facevano rabbrividire.

Da quel momento in poi, Noora non ebbe più coscienza del susseguirsi degli eventi. Fu un turbine di vestiti lanciati per aria, respiri accelerati, baci umidi sul collo, occhi che la scrutavano famelici e mani che la sollevavano. Percepì di essere in movimento, ma quasi non si rese conto di dove William l'avesse portata, fin quando non sentì il marmo freddo del piano del bagno sotto di sé.

Aprì gli occhi e lo vide dirigersi verso l'enorme doccia, addosso solo i boxer neri.

Ebbe modo di soffermarsi sulla sua figura per l'ennesima volta. Non importava quante volte lo vedesse, rimaneva sempre affascinata da William, e non ci si abituava mai. Non era il fisico slanciato e definito a colpirla di più, ma il suo atteggiamento, la sua noncuranza nel mostrarsi, la sicurezza che emanava con ogni muscolo che muoveva. Aveva l'espressione tipica di chi è concentrato a compiere una missione, e allo stesso tempo sembrava che si fosse momentaneamente perso in una dimensione parallela.

William aprì l'acqua nella doccia e tornò indietro da lei. Si posizionò in mezzo alle sue gambe e rimase a contemplarla per qualche istante, sfiorandole una spallina del reggiseno con un dito.

Lei gli poggiò le mani sul petto e lo guardò a sua volta, beandosi di tutti i particolari che l'avevano attratta sin dall'inizio. Niente in William era banale, nemmeno la sua bellezza. Aveva le labbra sottili, il naso troppo grande e un taglio di capelli che su chiunque altro sarebbe stato improponibile, eppure quelle stesse caratteristiche che avrebbero dovuto renderlo meno attraente, lo rendevano straordinario, abbinate ai tratti duri e mascolini del viso e all'intensità mozzafiato dei suoi occhi. Quelli erano sicuramente la parte di lui che preferiva. Quando William guardava qualcuno, era come se stesse sondando la sua anima. Riusciva a trasmettere autorità con un solo sguardo, facendo sentire il suo bersaglio completamente soggiogato.

Ciò che Noora non sapeva era che lui si sentiva nello stesso identico modo quando lei puntava i suoi occhi chiari su di lui, e che lei era l'unico essere umano in grado di far uscire allo scoperto le sue debolezze e trasformarle in una forza che non aveva mai avuto prima.

Entrambi avevano i capelli arruffati e le guance arrossate. Finirono con calma di spogliarsi a vicenda, poi William la prese in braccio reggendola per le natiche e la portò sotto la doccia.

La adagiò delicatamente, stando attento che non scivolasse, poi iniziò a darle dei baci a partire dal punto sensibile dietro l'orecchio. Scese sempre più giù lungo il collo, tra i seni e sullo stomaco, fino ad inginocchiarsi ai suoi piedi, poi guardò verso l'alto, verso il viso angelico della ragazza che amava.

“Dimmi che dobbiamo stare insieme”, la implorò, la voce intrisa di un desiderio disperato.

Noora gli carezzò una guancia, il respiro spezzato per l'emozione e l'eccitazione.

Erano entrambi al limite, fisicamente così come emotivamente. Mai come in quel momento, Noora avvertì la separazione imminente come una minaccia, un tempo durante il quale avrebbero potuto trovare delle ragioni per avvicinarsi ancora di più con la stessa probabilità con cui avrebbero potuto trovarne per allontanarsi inesorabilmente.

Non sentendo nessuna risposta, William riprese a baciarle il ventre, per farle perdere anche l'ultimo barlume di razionalità.

Noora si aggrappò ai suoi capelli, le gambe malferme.

“Noi dobbiamo stare insieme”, gli concesse infine, con voce tremante.

Tutto ciò che successe dopo – la bocca di William che la esplorò ovunque, lui dentro di lei, i graffi di lei sulla schiena di lui – fu soltanto una ripetizione all'infinito di quelle parole.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Skam / Vai alla pagina dell'autore: Snow Rain