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Autore: pamina71    21/02/2017    14 recensioni
Dopo il Lupo, una nuova piccola e curiosa indagine.
La storia d'amore prosegue ed evolve, nella nuova dimora e con nuove consapevolezze, in un equilibrio finalmente diverso (dovuto sia alla promozione di André sia a quanto di doloroso é accaduto ad Oscar).
Il noir si infittisce, prendendo spunto da un caso realmente accaduto in un altro paese ed in un'altra epoca: un caso inquietante ed affascinante, che fece parecchio scalpore e di cui mi sono procurata estratti della sentenza e del processo, per comprendere moventi ed azioni, da cui ho "rubato" vittime e carnefice e dal quale deriveranno tutte le apparenti stranezze che ho estrapolato (le cose più particolari sono proprie del caso originale, non ho così tanta fantasia).
Credits letterari: Camilleri, Malvaldi, Montanari, Vitali.
Credits visivi: "La famiglia omicidi", "Ladri di Cadaveri", "Arsenico e vecchi merletti", "Misterioso omicidio a Manhattan"
Inizierò in stile Agatha Christie, con l'elenco dei personaggi per consultazioni future.
Genere: Storico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lupi, Giganti ed altre avventure'
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31. 31 dicembre 1788

 

Dopo l'udienza del 27 dicembre, Oscar aveva trascorso i tre giorni successivi nella Caserma di Chaussée-d'Antin cercando di ritornare alle abitudini precedenti senza farsi troppo influenzare da quanto fosse accaduto.

Difficile, in realtà. L'ultimo caso che aveva seguito aveva avuto una profonda influenza sul suo stato d'animo, per quanto tentasse di non farlo trasparire e cercasse di cancellare il ricordo di quanto udito in tribunale.

Per di più, la sgradevolezza di quelle emozioni si andava a sommare al ricordo di quanto accaduto in estate, quando il caso del Lupo le aveva procurato un aborto. Sola nel suo ufficio, ripensava a quanto dolore le avesse causato e soprattutto le ritornava in mente una conversazione con la sorella Josephine durante la quale si era ripromessa di lasciare l'esercito se le fosse accaduto di rimanere nuovamente incinta. Ed ormai era un eventualità quasi concreta.

Mentre tentava di concentrarsi su documenti nei quali vedeva soltanto vermicelli neri di inchiostro su fogli bianchi, continuava a tornare col pensiero a come avrebbe fatto per confermare ad André che quel loro piacevole sospetto stava diventando certezza.

Era sicura che avrebbe accolto la notizia del bambino con estrema gioia. Sapeva anche che sarebbe stato felice di lasciare l'esercito. Nonostante il grado di Capitano che aveva raggiunto, non poteva certo dire che fosse nato per quella vita. A lui piaceva creare, piuttosto che comandare.

Il libro che aveva scritto aveva avuto un buon successo ed ora stava lavorando ad un altro, pur continuando a condurre una vita che in qualche modo era stata scelta per lui dalle circostanze di tutta un'esistenza, ma sapeva con certezza che i suoi desideri più veri andavano verso altre direzioni. Sentiva di doverli, in qualche modo, assecondare.

Per una volta, volta sarebbe stata lei a piegare la propria vita verso la direzione che lui le avrebbe indicato. Questo pensiero ebbe in qualche modo il potere di placare le preoccupazioni che per tutta la mattinata le avevano tenuto compagnia.

Si rese conto con stupore che queste elucubrazioni le avevano portato via l'intera mattinata.

A breve sarebbe stato il momento di rientrare per i preparativi necessari per il ballo della serata. Preparativi che sarebbero stati necessariamente lunghi.

Aveva deciso, infatti, di presentarsi con un abito femminile, sentendosi in qualche modo protetta dalla maschera che avrebbe indossato e che avrebbe nascosto a molti la sua vera identità. Se a Corte non erano stati in grado di riconoscerla con il volto scoperto quando vi si era recata con un abito, questa volta con la mascherina di pizzo e pietre preziose sul volto non l'avrebbero riconosciuta nemmeno nella dimora di una delle sue sorelle.

Questa specie di anonimato la rendeva in qualche maniera più sicura. Non che si vergognasse di partecipare al ricevimento in compagnia di André, che la associassero a lui non la turbava minimamente.

Temeva invece, molto di più, le solite voci che da sempre accompagnavano la sua persona, gli stessi pettegolezzi che la seguivano da anni e che un tempo non le avevano dato fastidio, ma che ora avevano il potere di farla sentire inadeguata e vulnerabile. Quei sussurri che la descrivevano come un essere a metà, come una donna “venuta male”, poco piacevole alla vista e poco affascinante per un uomo. Quelle voci che non voleva raggiungessero le orecchie di André.

Si alzò decisa e, dopo aver lasciato le ultime indicazioni al colonnello D'Agôut, e avergli rinnovato gli auguri per il nuovo anno, bussò alla porta dell'ufficio di André per fargli fretta per il rientro.

Si era infatti accordata con la sorella Josephine per recarsi direttamente da lei. L'abito che aveva scelto la stava già attendendo infatti a Palazzo Liancourt perché così la sorella e le sue cameriere avrebbero potuto aiutarla meglio con i preparativi, l'acconciatura, tutti i minimi dettagli necessari a renderla una dama non solo presentabile, ma addirittura perfetta per la grande serata.

Arrivati a Palazzo Liancourt, Josephine li accolse con entusiasmo. Fu lei stessa a condurli verso le due stanze comunicanti che aveva assegnato loro. Conoscendo le abitudini della sorella, aveva fatto in modo che una grande vasca in rame fosse già pronta nel guardaroba, mancava solamente l'acqua che le cameriere avrebbero portato non appena ne fosse stata fatta richiesta.

In quella che sarebbe stata la camera di Oscar, aveva già fatto in preparare una piccola tavola con un pranzo leggero per loro tre. La Duchessa era infatti in preda al nervosismo per la serata che stava organizzando. Da un lato, era la solita sottile tensione da padrona di casa, il desiderio che tutto andasse per il meglio, che la festa fosse un evento da ricordare, fonte di commenti nell'aristocrazia per i mesi a venire. Dall'altro si sentiva responsabile per quello che a buon diritto pensava di poter ritenere il debutto in società della sorella. Avrebbe dovuto essere una festa indimenticabile. Per Oscar, che avrebbe infine partecipato ad una vera festa, di cui sarebbe stata la vera regina. Per André, che si sarebbe goduto una notte con la propria donna infine abbigliata come meritava. Per gli invitati, per i quali aveva organizzato una serata indimenticabile. In fondo, il denaro era del Duca, e Josephine lo sperperava con una leggerezza che sapeva di ripicca, se non di vendetta.

Questi erano i pensieri che riempivano la testa di Madame de Liancourt, nel profondo della sua mente, mentre con levità chiacchierava amabilmente con i due ospiti spiluccando svogliata da un piatto di porcellana di Meissen.

Ad un tratto guardò l'orologio sulla mensola del amino, retto da un Atlante che lo sosteneva come fosse il mondo, e si levò rapida dalla sedia.

- Ora vado a riposare un momento. E dovreste farlo anche voi. Un ballo è una faccenda faticosa, sapete? Anche se le maschere nascondono i segni scuri sotto gli occhi. Torno più tardi.

E li abbandonò, salutandoli con un gesto infantile della mano.

Oscar sorrise, poi si allungò sulla sedia come un gatto, scalciando via gli stivali.

- Credo che mia sorella abbia ragione. Un paio d'ore di pigrizia non possono che farci bene.

Scalza si andò a sedere su un divanetto di seta a fiori che permetteva di vedere dalla vetrata il giardino innevato di Palazzo Liancourt. André la raggiunse, mettendosi al suo fianco e circondandole le spalle con un braccio. Rimasero qualche momento in silenzio, in quell'abbraccio che era sufficiente a se stesso. Un momento assolutamente perfetto, nella sua semplice familiarità. Aveva quasi paura di rovinarlo, mettendosi a parlare, seppur per dare una così entusiasmante.

Prese fiato.

- André.

Lui volse lo sguardo dal giardino innevato verso il viso di Oscar.

- E' passato un altro mese. Ora sono sicura. Sono incinta.

Le strinse ancora di più la spalla, attirandola a sé. Le poggiò le labbra sul capo, in un bacio silenzioso e tenero. Nulla di passionale. Era invece un grande affetto, un amore che prendeva l'aspetto di famiglia, una coperta calda che li avvolgeva.

Oscar si sentiva felice come non le accadeva da tempo, in quella stretta rassicurante.

- Appena rientrerò in Caserma il due gennaio, chiederò il congedo.

Le spiaceva parlare di cose concrete, ma voleva che André sapesse della sua decisione, che fosse sicuro che stavolta non avrebbe messo il bambino in pericolo.

- Ne sei sicura?

- Certissima. Non ripeterò gli sbagli passati. E, riguardo alla nostra vita, seguirò le tue scelte, sia che tu voglia rimanere nell'esercito, sia che tu decida di condurla diversamente.

- Io ci ho pensato molto, in realtà. Ma non sono ancora addivenuto ad una decisione.

- Non è oggi il momento di stabilire cosa fare della nostra esistenza. Oggi è il momento di festeggiare, e direi che abbiamo un ottimo motivo.

Lo baciò, tenendogli il viso con le mani. Poi sorrise con aria monella.

- Adesso devo farmi un bagno e prepararmi. Vai nella tua stanza, ci vedremo quando sarò pronta.

 

Qualche ora dopo, Josephine contemplava soddisfatta il “suo” capolavoro. Oscar indossava un abito relativamente semplice, ma di fattura estremamente curata. Era di un pesante raso di un bianco perlaceo, quasi grigio, una stoffa che Madame Bertin aveva utilizzato per un vestito della Regina Maria Antonietta1. Era un colore che ben si addiceva anche all'incarnato della sorella.

Il taglio era più lineare rispetto all'originale, in linea con lo stile sobrio di Oscar. Una serie di ricami argentei correva lungo il bordo della scollatura, e lungo il pizzo delle maniche.

Una mascherina dello stesso tessuto, decorata con piccoli cristalli che distoglievano l'attenzione dal volto, completava l'insieme.

I capelli raccolti sulla nuca, che le scoprivano anche la fronte più di quanto facesse di solito, le conferivano un aspetto insolito.

- Ma guardati! - Le disse Josephine. - Stai d'incanto!

Oscar si guardò nell'ampio specchio. Quella sera era molto femminile, e non aveva in sé quel senso di inadeguatezza che aveva provato andando al ballo a Versailles. Provava una sensazione di completezza differente. Per la prima volta, fece pace col proprio aspetto, senza sentirsi una donna a metà.

Josephine andò verso la porta.

- Vado ad accogliere i primi ospiti. Scendi tra una ventina di minuti.

Poi si rivolse ad una cameriera.

- Vai ad avvisare Monsieur Grandier. Può venire a prendere la sua dama.

André fece il suo ingresso nella stanza. Rimasero ad osservarsi un attimo. Lui indossava un abito la cui giacca, in un lucido velluto nero, pareva confondersi con le onde dei capelli.

Oscar pensò che fosse bello oltre ogni dire.

André la osservava affascinato a sua volta. Il corsetto metteva in risalto la vita, e accentuava le rotondità de seno. La gonna la faceva apparire paradossalmente ancora più alta.

Scambiarono qualche sorriso, e qualche parola prima che lui le porgesse il braccio, sul quale Oscar poggiò la mano guantata.

Scesero le scale, e fecero il loro ingresso nel salone da ballo.

 


1   L'abito di Maria Antonietta è questo: http://lehameaudemarieantoinette.blogspot.it/2015/03/un-abito-appartenuto-alla-regina.html. Mi sono ispirata solamente per il colore. E' decisamente eccessivo per lo stile di Oscar.

   
 
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