Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Mordekai    21/02/2017    0 recensioni
-La Prima Fiamma ritornerà a bruciare. Splendente, magnifica e devastante. E il mondo ritornerà alla sua era originale-
Qualcosa di terribile sta per abbattersi su Huvendal, qualcosa che va oltre il potere della Regina di Ghiaccio. Solo Arilyn e Darrien potranno salvare il loro regno e quello della Città Desolata dall'imminente catastrofe.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Era sera nella Città Desolata, la temperatura era scesa bruscamente nonostante il luogo e la campana echeggiava con i suoi rintocchi cupi e tenebrosi. Arilyn riposava, stanca dallo scontro avuto in precedenza, mentre Darrien e Orphen studiavano diverse tattiche per eliminare grandi quantità di nemici senza consumare troppe energie: la chiave era nelle due spade del ragazzo e sul suo potere ma bisognava comprendere come. Un rumore di calcinacci li fece sobbalzare e il giovane, prontamente, sfoderò le sue spade pronto a colpire. Si rese conto che era Helartha che lo invitava a seguirla:

‘’Il Re vuole parlarti. Gli ho raccontato dello scontro avuto contro il Duca e i soldati di Gallart e voleva aver un dialogo con te. Un consiglio: parla lentamente e non alzare troppo la voce.’’- disse la donna, sistemandosi con mano tremante gli occhiali sul naso e precedendo il ragazzo. Giunti nella sua stanza, il Re Malinconico era steso ancora sul letto, gli abiti strappati poggiati su una sedia e sul comodino c’era una piccola bacinella di ceramica con l’acqua curativa intrisa dal sangue delle ferite. Vraekhar respirava faticosamente e proferì parola sentendo chiaramente il rumore delle spade del giovane:

‘’Ragazzo, Helartha mi ha detto del vostro estenuante scontro. Come vi sentite?’’- domandò lui, tossendo successivamente. L’astio iniziale aveva lasciato il posto all’umanità fragile di un uomo solo da anni.

‘’Bene, nonostante il luogo insolito e insidioso. Lottare sulla sabbia ardente non è semplice, quasi quanto la neve.’’

‘’Ogni regno sconosciuto ai viaggiatori lo è, ma il vostro coraggio vi rende forti. Ho ripensato alle parole di Morghull e, forse, aveva ragione. Non devo negare l’ospitalità ai puri di cuore. Avete libero accesso ad ogni stanza del palazzo d’ora in poi, compresa l’armeria…’’- l’ultima parola uscì dalle sue labbra come un sospiro e cadde in un lungo sonno nuovamente. Darrien si sentì strano in quel momento, confuso soprattutto e uscì dalla stanza in silenzio. Il Titano gli chiese cosa avesse e il ragazzo raccontò tutto con uno strano tono di voce:

‘’In quelle condizioni mi ha ricordato mio padre quando si ammalò e ciò non fa che peggiorare il mio passato burrascoso.’’

‘’Mi dispiace Darrien. A volte il passato è difficile da dimenticare e continua a fare male, ma è questo che ci rende umani. ‘’- rispose Orphen alzandosi e posando il tomo delle arti della guerra.

‘’Tu non sei umano, caro Orphen.’’

‘’Lo so.’’- rispose lui coinvolgendo il ragazzo in una bella risata. Le loro risate s’interruppero quando udirono un suono avvicinarsi nella loro direzione: il suono era simile a quello di piccoli piedi che si avvicinavano rapidi, come se qualcuno o qualcosa stesse correndo. Quando si udì una risata giocosa, Orphen fece svanire la sua spada e riconobbe la sua padroncina Narwain:

‘’Padroncina, dove era finita? Erano ore che la cercavamo prima di focalizzarci sulle tecniche di combattimento.’’

‘’Ero nella biblioteca del palazzo a leggere la storia del mio regno. La mia curiosità ha avuto la meglio sul raziocinio e volevo conoscere il più possibile.’’

‘’Cosa hai scoperto dunque?’’- domandò Darrien sorridendo, nonostante il suo sguardo volgesse alla sua amata che dormiva su una delle tante coperte salvate dopo lo scontro con le Guardie d’Ossidiana.

‘’Nella biblioteca ci sono diversi tomi e al centro della stanza vi è un grande leggio di marmo con sopra uno dei libri più grandi che avessi mai visto. La pagina iniziale mostrava un dipinto della Città Desolata, con le sue enormi case, i suoi mercati e ho scoperto che questo palazzo aveva una torre da dove si poteva ammirare tutto il paesaggio e, inoltre, il suo vero nome era Gaelia, in onore della sua dea e stella ma purtroppo non c’è altro se non storie di battaglie vinte contro invasori feroci, barbari o le storie del Re e della sua consorte.’’- replicò Narwain grattandosi la nuca provando a ricordare altro.

Il Titano d’Onice, notando lo sguardo di Darrien fisso sulla sua amata, poggiò la mano sulla spalla e con un cenno lo invitò a restare al suo fianco mentre lui avrebbe visitato la biblioteca insieme a Narwain. Il ragazzo sorrise e andò a sedersi vicino la colonna restando vigile su Arilyn e sull’ambiente che lo circondava: alcune finestre erano rotte e parti delle mura presentavano grosse aperture da dove i nemici sarebbero potuti entrare. Le mani erano ben salde sulle else delle spade, pronte ad essere sguainate e scontrarsi in battaglia ma nulla se non la brezza inusuale che creava strane sinfonie tra le crepe e i vetri rotti. Lentamente il corpo iniziava a rilassarsi e uno strano torpore si insediava in lui, rendendogli gli occhi pesanti. La stanchezza si stava annidando nel suo corpo, rendendolo sempre meno vigile finché non si addormentò vicino alla colonna dai capitelli decorati con immagini floreali. Un piacevole e meritato sonno dopo le lunghe peripezie dell’ultima settimana.

Nel mentre i giovani eroi riposavano, il Titano rimase incantato nell’osservare quantità spropositata di libri dalle grandezze più strane e dai grandi scaffali con diverse incisioni runiche o diversi drappi strappati che pendevano ai lati. Al centro della stanza c’era il leggio con il grande libro aperto al centro, come detto da Narwain, ma quello che attirò maggiormente fu il piccolo altare dietro di esso, rettangolare e bianco con sopra poggiate due corone: una grande in argento con fili d’oro intrecciati sui bordi e una piccola bianca con un piccolo sole inciso sulla parte frontale.

‘’La corona della consorte e questa bianca? Il Re aveva un figlio?’’- si chiese Orphen, prendendo la piccola corona, leggera e priva di graffi. La riposò quando la sua padroncina lo richiamò per fargli leggere l’antico tomo e la creazione del regno. Le iconografie, le varie divisioni che ha subito il regno, le invasioni, i diversi periodi e di come Gaelia giunse al culto delle Stelle affascinarono il Titano che rimase a leggere fin quando il suo sguardo cadde sulla pagina dell’Eclissi del Sole Arcano e chiuse con violenza il libro facendo echeggiare come un tuono il rumore prodotto:

‘’Orphen, stai bene? Qualcosa ti ha turbato?- domandò la bambina guardando il libro e poi il Titano. Per un breve momento ci fu il silenzio ma la risposta non si fece attendere:

‘’Una esecuzione in pubblico di alcuni ladri. La visione del sangue mi provoca ribrezzo.’’- rispose, mentendo per non terrorizzare la povera bambina che lentamente andava incontro ad un tragico destino. Quando varcarono la soglia della biblioteca, Helartha era lì con lo sguardo torvo ad attenderli:

‘’Chi vi ha dato il permesso di entrare in quella stanza?’’- domandò fredda e avvicinandosi lentamente, picchiettando rumorosamente il bastone sul pavimento.

‘’La mia padroncina mi ha invitato a vedere la biblioteca e la vasta quantità di tomi, libri e mappe. Ma quelle due corone che sono dietro il leggio? Il Re aveva anche un figlio?’’- domandò Orphen poggiando la sua mano sulla testa della piccola Narwain, quasi a volerla tranquillizzarla per la comparsa della donna.

Helartha sospirò, tenendo a bada la lingua e evitando di riversare sul titano il suo nervosismo: ‘’Ascoltami…Orphen. Quelle corone non doveva vederle nessun’altro a parte me. Se solo il Re venisse a sapere che quelle due corone sono rimaste qui nonostante lui volesse cancellare i suoi terribili ricordi, non esiterebbe oltre e mi ucciderebbe così in fretta che non capirete quando il colpo fatale è stato scoccato e come.’’- disse con un solo respiro, chiudendosi la porta alle spalle e girando la chiave nel lucchetto. Dopo essere rimasta appoggiata alla porta, Helartha indietreggio lentamente e ritornò dal Re senza proferire parola, lasciando il Titano e la piccola bambina perplessi.

Nella baita dove il buon vecchio Morghull viveva, nel frattempo, Arneb attendeva il resto dei messaggeri inviati nei regni lontani dove si professava la religione delle stelle per avere aggiornamenti sull’imminente eclissi: il primo a giungere quasi muovendosi come un danzatore fu Errakis, un giovane dalla carnagione pallida, occhi smeraldini e un sorriso spavaldo. La tunica giallo ambra si muoveva sinuosa insieme a lui:

‘’Se ti chiedi delle mie movenze strane, ho freddo perché il sole sembra essersi dimenticato di scaldarci e devo muovermi in modo ridicolo, quindi non ridere.’’- disse il ragazzo mentre eseguiva diverse piroette sull’uscio della baita e arrossendo per il primo calore che si espandeva nel suo corpo e per l’imbarazzo.

‘’Cosa dicono i religiosi dell’Orsa Maggiore?’’- chiese Arneb, cercando di scrutare l’orizzonte scuro, in attesa di vedere le altre torce dei messaggeri. Il messaggero danzatore, dopo essersi rannicchiato in un angolo, rispose:

‘’Tra meno di due settimane l’oscurità calerà su tutti i regni, fatta ad eccezione per i popoli del Sud, la Terra dei Re Esiliati e quelli che professano la religione della terra. Ho cercato di ottenere più informazioni da parte del loro sovrano, ma nulla di nuovo. Chi manca ancora all’appello?’’

‘’Dubhe, Hemal, Lesath, Mirzam, Celaeno e non ricordo mai l’altra messaggera più giovane di noi.’’- replicò Arneb grattandosi la nuca nervosamente.

‘’Hatysa. E’ la più giovane, ma anche la più rapida a volte.’’- rispose nuovamente Errakis. Il fato li ascoltò e in lontananza si notarono tre fiamme che si muovevano in una sequenza triangolare:

‘’Mi chiedo ancora perché tu sia nato sotto la stella detta ‘’Danzatore’’ mio caro amico.’’- esordì Arneb, aspettando l’arrivo della giovane.

‘’Hatysa, novità dal popolo dei Tre Archi?’’

‘’Una oscura presenza calerà su tutti i popoli, tranne a sud, nella terra degli esiliati e della religione terrestre.’’- rispose la ragazza, togliendosi il mantello grigio, mostrando dei lunghi capelli biondi che le ricadevano sulle spalle. Successivamente anche gli altri messaggeri giunsero alla baita e tutti riferirono lo stesso messaggio, ma mancava ancora Hemal. In lontananza, una grande sfera azzurra risplendeva nell’oscurità e un’ombra si muoveva sotto di essa.

‘’Il messaggero dell’ariete è tornato, finalmente.’’- disse Celaeno sistemandosi il cappuccio blu sulla testa e coprendosi parte del volto con una sciarpa. Quando il messaggero mancante si fermò a pochi metri da loro, Arneb domandò:

‘’Hemal, qualcosa non va?’’

‘’Perdonate la mia assenza, ma sono stato nel regno della stella Anser e da lì, grazie ad una specie di portale comunicativo siamo riusciti a parlare con ogni popolo di ogni costellazione. Lei sta tornando.’’- disse l’uomo, con indosso una tunica nera ed una pelliccia scura sulle spalle e un elmo con corna d’ariete saldate sulla base.

‘’Lei?’’- domandò Lesath, fermandosi all’entrata con la porta spalancata e un leggero torpore che usciva dall’interno. L’uomo sospirò ma nulla gli impedì di replicare:

‘’La Figlia della Luna sta tornando.’’

Un silenzio, inquietante e assordante allo stesso tempo, piombò sui messaggeri che riuscivano solo a scambiarsi rapide occhiate di stupore misto a terrore. Lo stesso silenzio che avvolgeva le mura del palazzo dove gli eroi huvendaliani dormivano, con le loro mani intrecciate e un bagliore dorato con sfumature nerastre che si muovevano sinuose in ogni direzione. Erano ormai ore che la giovane coppia dormiva e all’esterno si notava flebilmente la luce del sole, quando dei passi pesanti risuonarono nel cupo salone che si avvicinavano lenti ai due ragazzi, come fa un predatore feroce. Darrien si destò piano piano nel sentire la presenza sconosciuta farsi strada e giungere da loro nell’oscurità, mentre quella sfera luminosa che avvolgeva la sua mano con quella di Arilyn continuava a brillare e ad emanare sinuose ombre su di essa da permettere di avere luce. Quando lo sconosciuto entrò nel campo visivo del giovane, la sfera dorata esplose e lo investì, accecandolo e paralizzandolo per un breve periodo:

‘’Siete impazziti?’’- domandò lo sconosciuto con voce stanca e gracchiante. I suoi abiti erano logori, strappati in più punti e anneriti sul petto, come se qualcosa li avesse bruciati. Il ragazzo riconobbe quegli strappi e fece cenno alla sua compagna di diminuire l’intensità del bagliore: era il Re Vraekhar lo sconosciuto che vagava nell’ombra.

‘’Perdonate la nostra insolenza, ma con quest’imminente eclissi cerchiamo di essere il più vigili possibile.’’- rispose Arilyn, sgranchendosi le gambe e scusandosi con un leggero inchino. Il Re annuì e si diresse nella direzione opposta ai giovani, nell’ombra come se conoscesse già la strada: un rumore metallico, delle catene iniziarono a vibrare e parte del pavimento venne avvolto da un leggero fulgore bianco e rosato, illuminando un semicerchio posto dietro il trono di pietra.

‘’Nonostante il passato ferisca più di una spada, non ho saputo dire addio a quell’arco luminoso. Nei momenti bui, come questo, illumino la notte con quei colori per sentirmi più vicino alla mia amata. Non è solo per indicare la strada per gli alloggi, ma è per dare speranza a coloro che si sentono abbandonati. Ma vi prego, seguitemi.’’- disse l’uomo, precedendoli con passo lento. I ragazzi lo seguirono, restando vigili ad ogni rumore sospetto nella sala. Percorsero un corridoio, anche esso solcato da leggeri sprazzi di luce rosata e, giunti ad una porta bianca, il Re Vraekhar si fermò:

‘’Prego, questa era una vecchia stanza dove un mio servo dormiva ma ormai la sua anima è con i suoi avi.’’- disse aprendola, rivelando una accogliente camera da letto con un singolo letto matrimoniale e un armadio dove poter posare gli abiti. I due eroi huvendaliani ringraziarono il re per la sua generosità, ma prima ancora di poter superare l’uscio, una voce attirò la loro attenzione:

‘’Padroncina? Padroncina Narwain?’’

Era Orphen che cercava la sua padroncina, ma sembrava essere scomparsa dal palazzo. I due ragazzi si precipitarono dal Titano che chiese loro se avessero visto la bambina e, quando risposero entrambi di no, un pensiero oscuro si annidò nella mente dell’essere d’onice: Gallart era riuscito a rapirla. Come un lampo, il Titano corse all’esterno del palazzo, brandendo la sua spada e illuminando l’oscurità con la sua luce in cerca della padroncina; a nulla servirono i richiami da parte dei due ragazzi che, costretti dalla fatele ed incombente minaccia, si armarono anche loro per difenderlo. Quando il titano giunse ad una casa che si reggeva ancora nonostante il legno annerito, riconobbe il simbolo delle Stelle Creatrici e sfondò la porta: Narwain era immobile al centro della stanza, illuminata da una luce biancastra, mentre ai suoi piedi c’erano due corpi che tendevano le braccia l’una verso l’altra, come a volersi tenere per mano. Il titano si avvicinò per primo e, non appena vide gli anelli dei due corpi esanimi, comprese il motivo della presenza di Narwain.

‘’Padroncina…’’- riuscì a dire Orphen posando una mano sulla spalla della bambina, singhiozzante e con il volto solcato dalle lacrime. Il titano la prese tra le sue braccia e tornò al palazzo cercando di calmarla come meglio poteva, lasciandosi alle spalle i ragazzi. Darrien trovò una coperta e, con gentilezza, unì i corpi e posò su di loro la coperta, cercando di cancellare quella visione orribile di morte e solitudine. Un gorgoglio attirò nuovamente l’attenzione dei due giovani, soprattutto Arilyn che sentì quel verso a pochi metri da lei; scostò una trave di legno e trovò un Bambino Scarlatto trafitto da un paletto di legno, la pelle si staccava lentamente dalle sue braccia e perdeva molto sangue. L’Araldo della Luce, nel vedere quella creatura soffrire, sfoderò la sua spada e senza guardarla la trafisse al cuore mettendo fine alla sua sofferenza:
‘’Lo sconfiggeremo, vero?’’- domandò Arilyn con voce fredda, posando i suoi occhi smeraldo sul compagno. Il ragazzo, sorpreso dalla freddezza, annuì e si avvicinò:
‘’Percepisco il tuo odio e il desiderio di vendicare la morte dei suoi genitori, ma Arilyn ricorda: non lasciare che la rabbia offuschi il tuo raziocinio. Non commettere il mio errore.’’- rispose, posando una mano sulla spalla. La ragazza la strinse forte e la incrociò, annuendo ed estrasse la spada dalla creatura diventata ormai una statua di cenere.

Ad Huvendal, invece, la tensione era alta tra i soldati che continuavano ad assistere allo svanire del calore e della luce dell’amato sole, temendo il ritorno del gelo. Da Darnassea giunse un plotone di soldati ben armati: indossavano maglie verde bosco con una lunga tunica grigia che ricadeva su un pantalone di cuoio nero e stivali dello stesso materiale e colore. Nessuna presenza di spalliere, pettorali o ginocchiere di metallo a proteggerli da colpi diretti, solo uno scudo di forma ellittica con il simbolo dei Custodi inciso sopra e lunghe spade e lance. Eileen attendeva con pazienza all’entrata del castello insieme a Searlas. La primogenita guerriera degli Ellsanoris era lì, con indosso un lungo mantello nero tendente sul viola scuro, una maglia, pantaloni e stivali dello stesso colore; l’unico accessorio che risaltava la fierezza erano degli avambracci e gambali forgiati con un materiale di origine celeste.

All’esterno del palazzo giunsero anche gli altri soldati huvendaliani ed ellsanoridi, preceduti da Shenyra.

‘’Allora è tutto vero. La Figlia della Luna sta tornando.’’- disse a malincuore la guerriera, osservando la corona di luce bianca intorno il sole, ormai diventato color della ruggine. Il vice generale del plotone annuì rumorosamente e voltò lo sguardo ad un orizzonte invisibile, illuminato scarsamente.

‘’Ho un brutto presentimento, generale Eileen.’’- disse il vice generale, estraendo un cannocchiale dalla tasca della sua divisa e lo porse alla guerriera. Quando il suo occhio vide ciò che l’orizzonte celasse, ordinò ai suoi uomini di dirigersi alle mura, tenendo gli scudi ben alzati e invocare l’aiuto della Dea del Cosmo.

‘’Che accade?’’- domandò Searlas, preoccupato per la decisione improvvisa della ragazza.

‘’Centinaia di creature, miste a Guardie d’Ossidiana e Bambini Scarlatti sono al confine della foresta pietrificata. Devono aver usato un portale per arrivare qui in poco tempo, ma…Shenyra, non avresti dovuto avvertirne la presenza?’’- domandò Eileen alla sorella, impassibile ma i suoi occhi tradivano preoccupazione.

‘’Non ho percepito nessuna energia. Qualcosa lo protegge.’’

‘’Ryre! Maledetto traditore. Guardie Merfolk, cercate il capo sala Ryre in tutto il castello e, una volta fatto, rinchiudetelo nella sala del trono. Sbarrate ogni porta, finestra o accesso ai corridoio. Qualsiasi via di fuga. Aithwen aveva ragione.’’- sentenziò il buon re, stringendo forte la ringhiera della scalinata. Nell’oscurità, senza essere vista, c’era la piccola Aithwen che sorrideva compiaciuta; i suoi sospetti su quell’uomo così cinico e rozzo erano concreti e il Re lo aveva appena confermato. Eileen afferrò i suoi artigli di falco e si diresse verso i suoi soldati. Nel mentre Huvendal si apprestava a respingere la prima ondata di nemici, a Gaelia la giovane coppia si concesse un breve momento di riposo, con una lunga doccia e abiti puliti. Arilyn tornò nell’alloggio con una camicia da notte, lasciando scoperte le spalle e il collo, tenendo i capelli legati in una coda alta. Darrien, invece, era seduto sul letto con le spade tra le mani e il suo volto si rifletteva nella lucentezza del metallo nero, ma i suoi occhi zaffiro sembravano nuovamente spenti. La ragazza si mise alle sue spalle e cinse il collo con le braccia, facendo sentire il suo calore:

‘’Cosa ti affligge Darrien? Da quando siamo qui sei diverso. Non percepisco più quell’alone di fierezza, coraggio e mistero che ti distingueva dagli altri soldati.’’

‘’Hai ragione. Dopo lo scontro con quel Guardiano d’Ossiadiana, mi sono reso conto che non sono più quel prode cavaliere che sbaragliava i nemici più temibili.’’- rispose il ragazzo, sospirando mentre rinfoderava le spade e le sistemava sul comodino. Quella risposta lasciò sorpresa Arilyn, ma le parole lasciarono spazio ad un abbraccio ancora più stretto e intimo. Un flebile fulgore si manifestò dalle mani della ragazza, cercando di infondere fiducia nel suo compagno. I loro sguardi si incrociarono e, più i secondi passavano, più qualcosa nel loro animo riaccendeva quella scintilla di desiderio che c’era tra loro. Iniziarono a scambiarsi baci intensi, accompagnati da fugaci carezze. Si tolsero quegli abiti ingombranti e Darrien, con gentilezza, sfiorò le femminilità di Arilyn, provocandole sospiri di piacere. La passione li travolse come una tempesta, incontrollata e sensuale allo stesso tempo. I loro corpi si cercavano continuamente, le loro mani strette e incrociate l’una all’altra nell’amplesso dell’amore che li univa. Quando giunse il culmine per entrambi, i loro sospiri si tramutarono in lunghi gemiti che sfinirono entrambi.

‘’Ti amo.’’- disse il giovane comandante, mentre le baciava il collo e le cingeva il corpo con le sue braccia, quasi a voler tenere vivo quel calore e quel momento così intimo.

‘’Ti amo anche io.’’- rispose lei, affondando le dita nei suoi capelli e respirando profondamente. Si addormentarono così, mano nella mano e stretti l’un l’altro.
 In un’altra stanza poco distante dalla loro, Narwain dormiva, con le guance ancora arrossate dal pianto e il buon Orphen che la cullava: scoprire la morte dei suoi genitori l’aveva straziata così tanto da stancarla e farla addormentare. Nel mentre vegliava sul suo sonno, il Titano cercava di tenere a freno la rabbia, emozione insolita per lui; la luce che brillava al centro del suo volto assunse una tonalità di rosa acceso ma tornò a calmarsi scuotendo la testa. Decise di contattare i suoi fratelli e sorelle ed informarli degli ultimi eventi:

‘’Vyd idhersat Draan wyv Seeyr, meyferad vhetyd neji iln lokves. Vi invoco Fratelli e Sorelle, affinché possiate ascoltare la mia voce.’’- disse Orphen generando piccoli globi di luce variopinta che si librarono al centro della stanza. Tutte le sfere avevano sfumature di celeste e azzurro, tipico dei Titani evocatori e guerrieri, mentre due erano diverse; quella dei Protettori della Madre del Globo era nera con sfumature argentee e la Sfera del Primo Titano era bianca con venature bordeaux. Quest’ultima rappresentava il primo titano creato dalla stella ed è in grado di mutare il suo aspetto di continuo.

‘’Ti ascoltiamo Orphen.’’- disse una voce femminile proveniente da una delle sfere azzurre.

‘’La mia padroncina in questo momento dorme, ma il suo animo è afflitto per la perdita dei genitori. L’Eclissi è quasi completa. Ho conosciuto due valorosi combattenti di un regno nell’estremo nord di Gaelia e credetemi quando vi dico che sono degni di essere nominati tali.’’

‘’Chi sono questi due cavalieri che hai incontrato?’’- domandò una voce più cupa provenire dalla sfera bianca e rossa.

‘’Arilyn e Darrien.’’- rispose il Titano.

‘’L’Araldo della Luce e il Predone dell’Oscurità? Non ti stai prendendo gioco di noi vero?’’- chiese di nuovo la voce dal globo bianco, esterrefatto per la rivelazione.

‘’Noto che anche voi conoscete i loro ruoli. C’è altro. Un paio di giorni fa abbiamo avuto uno scontro diretto con il Duca e il suo esercito. Quest’ultimo è stato annientato dalla ragazza con una devastante esplosione di luce ma ho timore fratelli e sorelle.’’- affermò con amarezza.

‘’Ti riferisci all’imminente venuta della Figlia della Luna?’’- domandarono due voci dal globo nerastro, fluttuando vicino la spalla di Orphen.

‘’Sì, e temo anche che sia più forte di prima.’’

‘’Non temere, a breve giungeremo sulla terra per aiutarti. Ossequi, caro titano.’’- esordì l’ultimo globo azzurro prima di dissolversi, seguito dagli altri e dalla sfera bianca. Solo quella nera rimase a fluttuare sulla Madre del Globo per alcuni secondi, prima di scomparire. Orphen restò in silenzio a lungo e si diresse nel salone, assicurandosi che l’aura celeste proteggesse l’alloggio di Narwain; una luce rosata illuminava la sala del trono, creando giochi di luce ed ombre incantevoli sulle colonne e nei fossati artificiali della stanza. Il bagliore nel volto del titano, invece, assunse una tonalità grigia come se fosse triste o scoraggiato e volse la sua attenzione all’esterno del castello, dove l’unica finestra dai vetri rotti lo permettesse. Restò ad osservare come il cielo mattutino si fosse fuso con quello notturno, nonostante l’amato sole fosse lì privato del suo splendido colore oro. Il castello di Gallart si stagliava contro quel manto oscuro, illuminato da fioche torce e da una opaca colonna di luce che proveniva dal sole ramato, segno che l’Eclissi era quasi completa.

Ad Huvendal, invece, imperversava un feroce scontro con l’esercito del Re del Fuoco e l’esercito di Searlas e dei Custodi. Dall’alto delle mura venivano scoccati gli arpioni usati anni prima contro i Taurus, permettendo ai Merfolk di colpire con violenza i Bambini Scarlatti, riducendoli in cumuli di pietra incandescente. Il plotone degli Ellsanoris invece, guidati da Eileen e dalla sorella, colpivano con rapidità il nemico strappando loro le braci dall’elmo incuranti delle ferite che potevano procurarsi. Sembravano avere la meglio finché non sopraggiunsero decine di Guardiani d’Ossidiana dall’armatura pesante e con enormi spade e asce fiammeggianti. La guerriera degli Ellsanoris non si fece intimorire e corse verso di loro sbaragliando i Bambini Scarlatti.

Gli artigli di falco si scontrarono con le asce e le spade del nemico, ma la ragazza era in preda ad una furia cieca e riusciva a distruggere con colpi precisi il loro cranio e la brace al centro. Uno di loro riuscì ad evitarla e le fece perdere l’equilibrio colpendo con un fendente pesante il terreno sotto i suoi piedi:

’Marcirai nel fuoco.’’- furono le parole del Guardiano d’Ossidiana, caricando come un toro. Un bagliore violaceo e un fischio acuto investirono le creature di pietra, riducendoli in pezzi. Eileen si voltò per comprendere chi o cosa avesse provocato quel bagliore e aver scagliato uno degli enormi arpioni scoccati precedentemente. Scrutò attraverso il fumo e la polvere un’altra figura femminile a pochi metri da lei che muoveva le braccia in movenze quasi ipnotiche e con un sinistro fulgore viola: era Shenyra, sua sorella.

‘’Grazie, sorellina.’’- disse la guerriera avvicinandosi a lei, standole di spalle e con i manganelli serrati.

‘’Nonostante detesti il tuo rozzo comportamento a volte, sei mia sorella. E nessuno deve farti del male.’’

Alcuni Guardiani d’Ossidiana accerchiarono le due giovani e attendevano solo la loro distrazione per sferrare il colpo fatale e invadere il regno di Huvendal: Eileen perse le forze nelle gambe per il troppo sforzo e fu quello il momento propizio per loro di attaccare. Quando le loro scure fendettero l’aria, rimasero bloccate a mezz’aria da alcune catene con due spade all’estremità, che vennero avvolte da fiamme bordeaux prima di abbattersi su di loro come se nulla fosse ed essere ridotti in pietra.

‘’Non voglio che venga sparso altro sangue. Tornate al castello, Nestor vi curerà.’’- disse il soldato mentre recuperava le sue spade, una delle quali completamente danneggiata e ricoperta di ruggine.

‘’La ringrazio, signor…?’’

‘’Comandante d’élite Niveral e ora andate.’’- rispose lui, freddamente. Le ragazze obbedirono e corsero al castello.

Nella Baita di Morghull, invece, i messaggeri delle stelle attendevano il ritorno del loro maestro osservando il cielo mutare i suoi colori di continuo, venir solcato da sottili linee bianche e rosse, nuvole arancioni che vorticavano e si squarciavano. Caeleno e Hemal erano di vedetta all’ingresso quando qualcosa attirò la loro attenzione all’orizzonte, qualcosa di luminoso e biancastro. Il messaggero dell’ariete colpì la porta tre volte per far accorrere gli altri all’esterno della struttura e si ritrovarono, in un batter d’occhio, una creatura umanoide alta sei passi, snella ed era simile ad Orphen, fatta eccezione per il bagliore rossastro al centro del viso, le mani artigliate e le gambe erano come quelle di un cervo, ricurve verso l’interno. Dietro quell’enorme creatura comparve Morghull:

‘’Miei allievi, vi presento Minrad, uno dei Titani d’Onice e fratello di Orphen. E’ qui per aiutarci nell’imminente battaglia contro Gallart.’’

Il Titano fece un leggero inchino con il busto e permise ai messaggeri di essere osservato meglio. Non furono i piccoli aculei che gli spuntavano dal capo o dalle spalle ad incutere timore ai giovani ma la sua voce profonda, quasi demoniaca:

‘’Il problema non è Gallart, ma l’Eclissi e quello che cela.’’

‘’Ti riferisci alla Figlia della Luna?’’- domandò rapido Hemal, suscitando curiosità nella creatura e nel suo maestro, ricevendo uno sguardo truce. Il titano si avvicinò con lentezza al messaggero e domandò:

‘’Tu come fai a sapere del suo arrivo?’’

‘’Sono stato nel regno che professa la Stella di Anser e da lì, con il suo re, abbiamo aperto dei portali comunicativi verso tutti i regni delle stelle. Ognuno di loro annunciava il suo ritorno.’’

‘’Allora bisogna prepararsi. I miei fratelli e sorelle a breve saranno qui. Sapreste indicarmi la strada per Gaelia, pellegrino?’’

‘’Segui il corso di questo fiume e arriverai a destinazione.’’- rispose Morghull, impassibile alla sua voce profonda e inquietante. Il Titano ringraziò e si avviò verso la Città Desolata a grandi falcate. Il pellegrino, invece, continuò ad osservare Hemal con rabbia. Con il suo bastone, lo colpì duramente al piede:

‘’Parla solo quando sei interpellato.’’- disse, quasi bisbigliando nel suo orecchio. Hemal digrignò i denti per il dolore, ma nessun gemito fuoriuscì dalla sua bocca. I messaggeri tornarono all’interno della baita, mentre l’ariete restò nella tetra penombra dell’eclissi. A Gaelia, i due giovani eroi si svegliarono da loro torpore e si vestirono per raggiungere gli altri quando sentirono due persone dialogare in un linguaggio sconosciuto:

’Maetsev ra'di yeae phenna' e kaeoitkisi e Geiraee?’’

’Esa' loirre nisse kaeà ve da'rna' iv isa' e va'ryae ryaera'dinsae joietva' rae yeae ra'tnennenae.’’

Darrien impugnò la spada del lupo e, evitando di provocare rumori, scrutò una creatura alta, dalla pelle biancastra con venature rossastre che teneva le sue mani poggiate sulle spalle di Orphen. Il ragazzo, non sapendo le sue intenzioni si diresse verso di loro con rapidità ma il Titano d’Onice sentì i suoi passi e disse:

‘’No Darrien, è un nostro alleato. E’ un Titano come me. Lui è Minrad.’’

‘’Mi sorprende che tu sia riuscito a sentire i suoi passi nonostante il suo abbigliamento comune.’’- rispose il Titano bianco, evidenziando gli abiti del comandante.

‘’In realtà io sarei un comandante d’élite, ma la mia divisa è stata distrutta contro una delle Guardie d’Ossidiana e ho rischiato di morire per un violento affondo nella mia spada.’’- replicò il ragazzo, rinfoderando la spada.

‘’Perdona il mio cinismo, ma sono su questo pianeta da qualche mese e ho incontrato solo spavaldi cavalieri, ladri, ubriaconi e menestrelli fastidiosi. Sei sopravvissuto ad un loro attacco dunque, sei duro come la roccia allora.’’

Darrien stava per manifestare il suo potere ma la sua compagna Arilyn lo fermò, iniziando civilmente una conversazione con il Titano bianco. Si presentò ai giovani come il Primo dei Titani d’Onice, incaricato di proteggere i suoi fratelli e di essere il generale della legione titanica. Il predone dell’oscurità si tenne la testa con entrambe le
mani, come se volesse far passare una imminente emicrania:

‘’Doveva essere una missione semplice e si è rivelata una guerra tra creature celesti e Re del Fuoco.’’- disse tra sé e sé, stando poggiato alla finestra. Minrad continuava a raccontare delle sue avventure in regni sconosciuti, di quello che poteva fare con il suo potere delle guerre avute insieme ai suoi fratelli e sorelle secoli prima che Gaelia fosse costruita sulla terra dove erano, di come ogni figura celestiale avesse una forma fisica prima di diventare solo polvere stellare fatta eccezione per la Dea del Cosmo. Un luccichio sinistro attirò l’attenzione di Darrien portandolo a girarsi verso la finestra: dall’altro lato del vetro, dozzine di occhi luminosi e ambrati che scrutavano lui e i suoi amici, mentre dall’alto giungevano diverse lingue di fuoco.

‘’Indietro!’’- urlò il comandante correndo verso il centro della stanza e facendo da scudo alla sua compagna. Il muro e la finestra esplosero con un gran fragore, avvolgendo il salone con una nube di polvere e versi acuti e terrificanti. I due titani d’onice non si fecero sorprendere dall’attacco a sorpresa e iniziarono a massacrare senza sosta l’orda infinita di Bambini Scarlatti. Arilyn e Darrien, invece, respingevano i Guardiani d’Onice con le loro armi intrise dei loro poteri con falci di luce e affondi penetranti. La spada dell’Araldo di Luce colpiva quelle creature rossastre con rabbia repressa, eseguendo affondi, mulinelli o li colpiva con poderosi calci, riuscendo a spezzare loro arti o costole; Darrien, invece, perforava le loro gole o usava il cadavere come scudo contro le fiamme dei Guardiani. Quando tutto sembrava finito e il sangue mischiatosi alla polvere trasudava dalle rovine, dei passi lenti echeggiarono dalla parte opposta:

‘’Avete massacrato le mie creature e i miei soldati. Una perdita inaccettabile. Ma io ho qualcosa di inestimabile valore per voi quattro.’’- disse una voce familiare alle orecchie dei combattenti. Era Gallart, con in braccio Narwain livida e priva di coscienza. Orphen scattò in avanti, con la luce nel suo volto color magenta ma Minrad lo fermò all’istante.

‘’E’ questo che mi fa ardere d’orgoglio, ma deduco dai vostri sguardi che non apprezzate l’umorismo. Vogliate scusarmi, ma il rituale dell’Eclissi non può avere luogo senza questa reliquia.’’- proseguì il Re del Fuoco, schernendoli e facendosi spazio tra i resti pietrificati del suo esercito. Non appena mise piede sulla sabbia incolore, la corona del sole assunse una tonalità biancastra e lentamente un cono di luce iniziò a discendere sull’edificio oscurò di Gallart. Arilyn, in preda ad un eccesso di ira, permise al suo potere di prendere il comando: i suoi occhi divennero come il sole del mezzodì, la spada iniziò a brillare intensamente e un affondo pesante sprigionò una falce dorata che si diresse verso quell’avido e meschino essere. Senza battere ciglio, l’uomo dall’armatura cremisi parò il colpò con l’avambraccio.

‘’Oh, quanta rabbia. Ma rispondi alle mie domande, giovane Arilyn: chi è l’artefice di tutto questo? Chi mi ha concesso un futuro potere inarrestabile? E, soprattutto, di chi è la colpa?’’
La ragazza si destò da quell’eccesiva scarica incontrollata, restando ad osservare quell’uomo che sorrideva. Un sorriso freddo, quasi gelido. Nessuno rispose, nemmeno
Darrien.

‘’Esatto. Voi.’’- furono le sue ultime parole, prima di scomparire in una abbagliante fiamma. Il Titano d’Onice, adirato, iniziò ad inferire sui cadaveri dei Guardiani e dei Bambini Scarlatti, riducendoli in polvere o scagliandoli lontano fin quando Minrad non lo colpì al volto:

‘’Placa la tua ira, fratello. Siamo caduti in una trappola ben escogitata e la colpa non è di nessuno. Avete compreso?’’

Arilyn si inginocchiò, come se tutte le forze l’avessero abbandonata e la spada era l’unico appiglio che potesse reggerla. Tutto quel caotico baccano fece correre il Re Vraekhar nel salone, accompagnato da Helartha; entrambi restarono in silenzio di fronte al tramestio, alla moltitudine di cadaveri e alla parete crollata e ancora in fiamme. Claudicante, il vecchio re si avvicinò a Darrien e a Orphen e chiese:

‘’Gallart è stato qui, vero?’’

‘’Sì, e l’esercito di soldati e bambini era solo un diversivo per catturare Narwain. Noi non potevamo saperlo.’’- rispose Darrien, osservando la sua compagna con aria affranta. Vraekhar spostò lo sguardo sul Titano bianco:

‘’Tu c’entri qualcosa con tutto questo?’’

‘’Hai intenzione di scaricare la colpa su di me, Vraekhar?’’- rispose il titano con un’altra domanda. La risposta fu solo un grugnito di rabbia da parte del Re che si allontanò, ignorando le ferite appena cicatrizzate sul petto e i consigli di non fare movimenti bruschi. Minrad iniziò a ripulire il salone, sfruttando il suo potere per ridurre in cenere i cadaveri ancora nel castello e spostare i frammenti del muro esploso; successivamente il titano spiegò che lui e il Re si conoscevano già da molto, ma lo accusa di non aver salvato la sua consorte quando era malata e da allora l’odio per qualsiasi Titano si fece largo nel suo cuore. Ad Huvendal, invece, l’assalto del nemico aveva stremato gli eserciti di entrambi i regni e ferito la maggior parte, compresa anche Eileen, seduta su una brandina di fortuna. Il nuovo capo medico Nestor e alcuni nuovi apprendisti si occupavano di loro e, nella stanza, c’era anche Nima confusa e con lo sguardo alla ricerca di qualcuno.

‘’Nima, cosa ci fai qui? Sei ferita?’’- domandò Nestor, poggiando una mano sulla sua spalla e controllando che non avesse escoriazioni o ferite gravi.

‘’Non sono ferita, cerco Eileen. E’ qui?’’

‘’Sì, è seduta su quella brandina. Non preoccuparti, è una roccia.’’- rispose Nestor, dando una leggera pacca d’incoraggiamento alla sua amica. Nima corse da Eileen che, non appena la vide, il suo malumore scomparve e si abbracciarono con forza. La guerriera degli Ellsanoris sussultò leggermente per le ferite ma rivedere colei che la faceva sorridere e far tremare il cuore era la miglior cura che leniva il dolore.

‘’Perdonami, è stato d’istinto.’’- disse la ragazza, restando a testa bassa e con le guance rosse. Eileen sorrise e, prendendola per mano, la portò in un corridoio comunicante con la stanza dove erano per poi poggiarla al muro e tenerle il viso con una mano. Le loro labbra si sfiorarono leggermente per poi incontrarsi. Si baciarono con grande desiderio, quasi a fondersi. La guerriera dei Custodi spostò i suoi baci sul collo di Nima, provocandole dei lunghi sospiri. Le loro mani si incrociarono, mentre Nima veniva pervasa da brividi di piacere causati dai morsi della ragazza.

‘’Sei riuscita a mandare il mio cuore in tempesta dal primo momento che sono venuta in questo regno. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da te Nima e tutte le volte che venivi a vedere gli allenamenti o passavi solo per un saluto, sentivo sempre qualcosa opprimermi e mancarmi. Ora sono certa che quella cosa che mi mancava eri tu e ciò che mi opprimeva era non potertelo dire. Mi dispiace che…’’- fu interrotta da un altro bacio di Nima che, quasi con frenesia, le morse e tirò il labbro inferiore.

‘’Tu parli troppo.’’

‘’E io amo la tua spavalderia.’’

Entrambe risero e restarono in silenzio, a godersi quel breve momento di affetto dopo una tentata invasione nel regno. Nella sala del trono, Searlas aspettava adirato la comparsa di Ryre. Quando la grande porta di legno si aprì di scatto, il Re osservò entrare l’ospite che correva impaurito e con il fiato corto:

‘’Quegli sciocchi non mi troveranno mai qui.’’- disse l’uomo in divisa azzurra e bianca, sporca di terra.

‘’Ne sei convinto, Ryre?’’- domandò Searlas alzandosi piano dal suo trono decorato, avanzando lentamente verso di lui.

‘’Mio Signore, sono felice di rivedervi sano e salvo. Quelle sciocche bestie non mi troveranno mai qui.’’- rispose Ryre, sorpreso dalla presenza del suo Re e impallidito. Il sorriso dell’uomo lo confuse, non sapendo se fosse di felicità o un sorriso nervoso. Un violento gancio investì Ryre, spaccandogli il labbro che iniziò a sanguinare.

’Sei solo un traditore.’’- disse Searlas con freddezza, afferrandolo e sferrandogli una dura ginocchiata nello sterno per poi lanciarlo contro il muro. Sferrò altri due pugni contro il suo naso, tumefacendolo. Il sangue macchiava il pavimento, colando copiosamente dalle ferite.

‘’Traditore. Sì, e l’ho fatto per una giusta causa. Personale ovviamente.’’

‘’Risparmiami la tua storia, sono già a conoscenza di tutto. E non ti perdonerò mai per questo.’’

‘’Perdonare è per i deboli, come te. Il Re Gallart ha più fegato di quanto pensassi, ha il potere. E con il potere si ottiene tutto. Soldi, gioielli, donne. Non come quella lurida stratega che hai al tuo fianco.’’

La rabbia di Searlas giunse al limite sentendo quel commento aberrante e, afferrando il pugnale che aveva nella sua divisa, trafisse la gola del traditore:

‘’La donna che tu hai osato insultare è mia moglie.’’- disse a denti stretti, per poi sgozzarlo con un movimento rapido da parte a parte. Ryre cercò di afferrare Searlas per la gola, mentre il sangue cadeva sul pavimento facendolo scivolare varie volte finché la sua avanzata non si arrestò con un tonfo. Il suo cadavere, successivamente, iniziò ad ardere come un tizzone rovente fino a ridursi in cenere lasciando solo la divisa annerita e strappata in più punti.

‘’Mio Signore, il traditore Ryre dov’è?’’- domandò uno dei soldati, entrando nella sala allarmato dal trambusto. La risposta del Re fu solo puntare il dito verso gli abiti bruciati, mentre il suo sguardo era perso nel vuoto. Una mano si posò delicata sulla sua spalla e, quando alzò lo sguardo per comprendere di chi fosse, il sorriso luminoso della sua compagna Sindar gli provocò una tempesta di emozioni contrastanti.

‘’Avrò fatto la cosa giusta?’’- domandò il Re, socchiudendo gli occhi e inspirando. Quella mano così leggera si posò sul suo volto, carezzandolo con calma quasi angelica:

‘’Marito mio, un traditore non è degno di far parte di un regno pacifico come il nostro. Lui ha scelto un sentiero intriso solo di odio, potere e vendetta. Ma a volte i sentieri sbagliati nascondono insidie letali.’’- rispose alla domanda, per poi baciargli la nuca e stringendolo a sé.

‘’Dunque ho fatto la cosa giusta…’’- confermò l’uomo, anche se in cuor suo sentiva di aver commesso qualcosa di atroce.

A Gaelia, nel mentre, i giovani eroi pianificavano diverse strategie per salvare la piccola Narwain, ma tutte sembravano non avere esito positivo. In quattro non potevano fronteggiare il vasto esercito di Gallart e non avevano più indumenti adatti, ormai andati distrutti nella prima imboscata. Arilyn era ancora amareggiata e le parole del nemico continuavano ad offuscarle la mente, rendendola nervosa. D’un tratto si ricordò che il Re aveva concesso l’uso dell’armeria e dei suoi abiti usati nelle varie battaglie e scattò in su con la testa:

‘’L’armeria e la sala delle uniformi. Vraekhar, qualche giorno fa ci ha dato il permesso di usufruirne. Io e Darrien le abbiamo trovate ma…’’

‘’Senza le chiavi non possiamo entrarci. E dato l’umore del Re adesso, dubito fortemente che voglia prestarcele.’’- rispose Darrien, sospirando infastidito dall’ennesimo ostacolo.

‘’E se la chiave piramidale che abbiamo usato per varcare il confine più di un mese potesse aiutarci?’’- domandò Orphen, cambiando argomento. Quella domanda sorprese suo fratello che era lì a pochi metri, mentre recuperava le energie spese per ripulire tutto il palazzo.

‘’Chiave piramidale? Orphen, intendi la chiave che apre il Grande Cancello costruito dai Varg e i Thandulircath? Quella è una chiave che solo determinati Custodi delle Stelle o soldati fedeli possono…Accidenti. Eileen deve averla data a voi per errore.’’

‘’No. Durante il viaggio due cavalieri con una maschera dorata e una divisa verde acqua ci hanno riconosciuto e, per scusarsi della loro sgarbatezza, ci hanno donato la chiave per il confine.’’- affermò Arilyn. Darrien confermò annuendo.

‘’Non è possibile! Quella coppia di cavalieri era fedele alla Regina Thessalia ma in combattimento erano delle pecore smarrite e, dato la scarsa destrezza, sono stati scelti come maestri dell’occultamento. L’uso di abiti dai colori scuri o caldi e coprirsi il volto per essere un tutt’uno con quello che ti circondava era il loro punto forte. Maledizione, proprio loro dovevano avere quella chiave.’’

‘’Che importa Minrad, ora è nostra. Proviamo come suggerito da Orphen.’’- ribatté Arilyn, con voce ferma. Si recarono tutti verso l’armeria, posta quasi vicino l’alloggio del Re e provarono ad avvicinare, ad appoggiare o ad inserire uno degli spigoli del manufatto nella serratura della porta. Nessun cigolio. Darrien si allontanò di pochi passi dalla porta, guardò in su, proprio sulla parete e notò un cunicolo che aveva la stessa forma della chiave. Non appena l’alzò, il manufatto andò ad incastonarsi istantaneamente.

‘’Non chiedetemi come abbia fatto a saperlo. Da quando siamo qui, è come se il mio corpo conoscesse già il luogo.’’

La porta si aprì e un odore di muffa, acqua rancida mista ad altri odori sgradevoli fuoriuscirono dalla stanza, disgustando i presenti. Al suo interno c’erano decine di scaffali, armadi e bauli ricoperti di polvere e ruggine, fantocci di legno scheggiati, pezzi di metallo che pendevano minacciosi dal soffitto e ragnatele. Arilyn sfruttò il suo potere per fare luce nell’oscurità della stanza; aprì i vari armadietti trovando solo qualche pugnale avvolto da uno straccio lercio e una sfera di metallo con una miccia. Darrien e Orphen, invece provarono le poche armi rimaste come spadoni, flamberghe o stocchi ma erano danneggiate gravemente e prive di filo:

‘’E’ un peccato che armi così belle siano state abbandonate.’’- affermò il ragazzo, amareggiato dall’insuccesso della scoperta.

‘’Non è tutto perduto. Tieni, dalle cuciture e dal materiale usato, è molto resistente come cinturone. Potrai usarlo per trasportare quei pugnali che hai nel baule datoti da Morghull.’’- rispose il Titano, porgendo al ragazzo l’oggetto trovato. Un lungo cinturone di cuoio nero, con dieci fodere per i pugnali sul lato destro tutte evidenziate da un bottone argentato. Arilyn consegnò al suo compagno le armi trovate, tenendo per se la sfera di metallo. Restava solo la sala delle uniformi da visitare ma il Titano bianco constatò l’assenza della serratura sopra la porta e il robusto catenaccio la teneva sigillata da qualsiasi intruso. Nel mentre escogitavano un piano per togliere la catena dalla porta, l’Araldo della Luce studiò ogni minimo dettaglio della sfera che aveva recuperato: su entrambi i lati c’erano due fori bianchi, mentre il resto era solo un rivestimento di placche di metallo triangolari. Era simile ad una bomba fumogena che aveva già visto da un gruppo di armaioli, viaggiatori di regni per condividere le loro invenzioni e armi. Tirando la miccia, azionò il meccanismo della sfera che iniziò a vibrare. La scagliò contro una colonna e una cortina di fumo biancastro invase l’intera sala del trono, ostacolando la vista; utile per gli attacchi a sorpresa.

‘’E’ una bomba fumogena ad impatto.’’- esordì la ragazza continuando ad osservare la nube che si espandeva fino a quando qualcosa sembrò assorbirla con furia. Una volta svanita, la sfera di metallo vibrò nuovamente per poi arrestarsi. Il secondo foro serviva per rinchiudere nuovamente il fumo e poter essere usato in più occasioni, una scoperta sensazionale ed unica.

‘’Ed è anche molto pericolosa nelle mani nemiche.’’- rispose Helartha, comparendo alle spalle della ragazza spaventandola. Si diresse a recuperarla e tornò severa:

‘’Usala solo in caso di estrema necessità. Non è un giocattolo. Aspetta, dove l’hai presa?’’

‘’Nell’armeria, insieme a qualche pugnale e un cinturone di cuoio.’’- rispose la ragazza, nascondendo il nervosismo.

‘’Due chiavi possono aprire quella porta. La mia che ho sempre al collo e una chiave data ai Custodi delle Stelle. E suppongo che sia stata quella ad aprirla. Non voglio sapere come hai fatto ad ottenerla, ma giovane Thandulircath devi stare attenta. Può aprire qualsiasi porta che abbia un sigillo di magia celeste, anche quella oscura. Il nostro regno ha già subito funeste sciagure e questa è…’’

‘’Helartha non devi temere. Abbiamo protetto il nostro regno con tenacia e, anche se il nemico è più forte di noi, vi libereremo. Abbiamo aiutato molti popoli, piccoli o grandi negli ultimi anni e non abbiamo chiesto nulla. Solo la loro libertà e il vostro si unirà a loro.’’- la interruppe, posandole una mano sulla spalla rincuorandola. La donna sospirò, come se qualcosa non la convincesse. Un rombo di tuono allarmò le donne che corsero verso la finestra: nel cielo la corona di luce bianca assunse una tonalità cremisi luminoso. Il Rituale era nella sua fase iniziale. I cadaveri che erano all’interno del palazzo emanarono un sinistro fulgore arancione e, come trucioli infuocati, si librarono in aria, attraversando le pareti crepate e in vetri infranti. Anche ad Huvendal si manifestò lo stesso evento, fatta eccezione per alcuni Guardiani che si ravvivarono e furono avvolti dalle fiamme più intense che l’uomo avesse mai visto.

Nel Castello Nero, Gallart posizionò la piccola Narwain al centro della lastra, terrorizzata da quel che stava accadendo. Si avvicinò a lei con inespressività e iniziò a marchiare a fuoco la sua pelle. Nessun ferro rovente e pugnale, solo le sue dita lasciarono dei segni ben visibili che partivano dai polsi, si estendevano per le braccia e giungevano sul cuore. La sofferenza era tale da indurla a piangere e ad urlare:

‘’Dovrei tagliarti la lingua e strapparti le corde vocali a mani nude, piccola mocciosa.’’

‘’Se mi uccidi non potrai ottenere quel che desideri, non è così?’’- domandò con provocazione la bambina cercando di liberarsi dalle catene che la bloccavano.

‘’Voi Madri del Globo avete sempre qualcosa da dire. Considera ciò che hai detto le tue ultime parole.’’- rispose con serietà il Re del Fuoco, prima di tagliarle un polso e permettere al sangue di colare sulla pedana sottostante. Prima che potesse tagliare anche l’altro, gli occhi di Narwain si illuminarono e un movimento della sua mano catapultò Gallart dalla parte opposta dell’altare. D’un tratto la furia cessò, sostituita da gemiti di dolore; il Duca aveva posato il suo indice sulla fronte della bambina, come se fosse un uncino e premeva con forza.

‘’Stupido verme, cosa stai facendo? Così alteri solo il Rituale.’’- urlò Gallart, avvicinandosi rabbioso. Il Duca era in trance, le pupille dilatate, la fronte imperlata di sudore e le vene sul suo collo sembravano quasi per esplodere. Gallart sospettava un tentativo di suicidio, ma quando la pelle iniziò a riempirsi di rughe e assunse un colore grigiastro il Re restò affascinato. Il corpo dell’anziano si pietrificò per poi sbriciolarsi e lasciare spazio ad una figura femminile. Alta, snella, capelli argentei a caschetto con due lunghe ciocche che sfumavano sul nero, viso dolce ma che tradiva fredda spietatezza, occhi eterocromi. Indossava un lungo abito che terminava in falci di luna sulle spalline e sul bacino, bianco e nero come le fasi del plenilunio.

‘’Sei giunta prima del previsto e non sei discesa dall’Eclissi come narrava la profezia.’’- disse il Re del Fuoco osservando la fredda bellezza della donna.

‘’A volte sfrutto un essere umano per guadagnare forze. Il tuo Duca aveva molta linfa vitale e purezza d’animo, quindi per me è stato facile manifestarmi.’’- rispose la donna, togliendosi i residui di pelle pietrificata dalla spalla.

‘’Aata, la Figlia della Luna finalmente al mio cospetto. Io sono Gallart, incantato.’’- disse l’uomo, con un leggero inchino, cercando di ammaliare la donna celeste, inutilmente.

‘’Invece di tentare inutili lusinghe e di insultare una donna, preparati per il rituale, futuro Re della Prima Fiamma.’’- rispose la donna, con un sorriso malvagio, mentre portava alla fronte della piccola Narwain l’indice e il medio, facendo pressione provocandole urla di dolore e il corpo si ricoprì di venature violacee. L’uomo dalla lucente armatura scarlatta si denudò, incurante della presenza di due figure femminili. Prese il pugnale che gli era caduto precedentemente e lo usò per tagliare il polso destro della bambina. Successivamente tagliò anche i suoi, strinse i pugni e il sangue zampillò fuori, unendosi a quello della bambina con un suono simile al crepitar del fuoco. Gallart riprodusse i disegni che aveva la bambina sul suo corpo con il sangue. La colonna di luce cremisi si riversò con violenza su Narwain, procurandole un dolore insopportabile che la costrinse ad urlare d’agonia. Un fulgore bianco si unì al rosso dell’Eclissi e con rapidità il Re del Fuoco venne colpito dal fascio di luce, avvolgendolo in una gigantesca fiamma scura. Un ruggito cavernoso provenne successivamente dal Re incendiato, incuriosendo i Guardiani d’Ossidiana che si avvicinarono cauti con le armi sguainate. Una frusta lavica comparve dal nulla e colpì uno dei due soldati, distruggendolo e la sua brace venne assorbita istantaneamente, facendo scomparire il fuoco splendente e rivelando una creatura mostruosa e deforme. Tutto il corpo era di pietra attraversata da venature di lava, il volto era in parte deformato, la corona che indossava sempre Gallart era fusa con la testa, dando l’impressione di essere aculei letali, sul petto e sulle braccia erano presenti gli stessi simboli che aveva la Madre del Globo sul suo corpo. I suoi occhi risplendevano come due rubini illuminati dal sole. La creatura abominevole si avvicinò al soldato ancora l’arma sfoderata e con un semplice tocco sulla brace che aveva nell’elmo, l’arancio delle fiamme assunse la tonalità dell’eclissi per poi trasformarlo in una bestia di pietra rovente:

‘’Convoca anche gli altri soldati per ricevere questo dono da parte del Re della Prima Fiamma.’’- disse la creatura con voce profonda, congedando il suo uomo con un gesto della mano. Quella creatura mostruosa si avvicinò al corpo esanime della piccola Narwain, osservando la flebile luce che l’avvolgeva e sorrise diabolicamente. Ruppe le catene che la tenevano ferma e disse:

‘’Gli eroi di Huvendal sono qui. Avranno una spiacevole sorpresa quando l’Eclissi giungerà alla terza fase. Vai da loro e invitali a venire qui da me.’’

‘’Sì, mio Re.’’- rispose Aata, inchinandosi per breve tempo e scomparve in una nube oscura. Nel mentre, tutti i soldati d’ossidiana e i Bambini scarlatti si riunirono nella sala del treno, in attesa del loro Signore. Quando comparve dal nulla, uno dei Bambini lo considerò come una minaccia e lo attaccò, ma si ritrovò sospeso a mezz’aria con una mano che gli stringeva il collo. Un movimento rapido e il collo si ruppe con un disgustoso schiocco.

‘’Coloro che diserteranno il proprio Re, riceveranno solo la morte come dono. Vi offro l’opportunità di rinascere dalle ceneri e di avere un nuovo potere. Lasciate che la Prima Fiamma scorra in voi, rendendovi inarrestabili.’’- disse Gallart, lasciando cadere il cadavere dalle sue mani, per poi schiacciare la sua testa sotto il suo piede.

Andò a sedersi sul suo immenso trono e invitò i suoi soldati ad avvicinarsi uno alla volta per diventare creature mostruose e assetate di sangue. Quando tutti i Guardiani d’Ossidiana e i Bambini Scarlatti furono mutati, il Re della Prima Fiamma sorrise nel vedere il suo nuovo esercito che riempiva l’intera sala e ardeva come un fuoco fatuo, più intenso e violento. Il suo sguardo volse poi al corpo esanime di Narwain, lentamente illuminato da un nuovo sole. Afferrò la sua spada, sfoderandola e si specchiò, osservando come la sua bellezza e sensualità erano svanite, lasciando il posto ad un orrendo essere malvagio:

‘’Questo volto sarà l’ultima cosa che vedranno. Vi attendo, figli di Huvendal.’’

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Mordekai