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Autore: randomnessUnicorn    21/02/2017    1 recensioni
❝ Egli si presentò a noi comuni mortali come Il Salvatore, come colui che avrebbe liberato la razza umana dall'illusione della realtà, facendoci vedere ciò che si nasconde al di sotto del velo dell’inconoscibile e dell’imperscrutabile. La conoscenza assoluta. Chi non l’avrebbe mai desiderata? (...)
Molti lo chiamarono l’Occhio della Provvidenza, che tutto vedeva e sapeva; l’aria di mistero che lo circondava avvalorava la teoria per cui lui non provenisse da questo mondo, ma da una dimensione parallela che la nostra mente inconsapevole non sarebbe nemmeno in grado di concepire. ❞
Genere: Angst, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Bill Cipher, Dipper Pines, Mabel Pines
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Violenza
Capitoli:
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Lo Scrutatore del Caos
 
. Verso l’ignoto
 
 
“Arrivato ai miei ultimi giorni, e spinto verso la follia dalle atroci banalità dell'esistenza che scavano come gocce d'acqua distillate dai torturatori sul corpo della vittima, cercai la salvezza nel meraviglioso rifugio del sonno.
Nei sogni trovai un poco della bellezza che avevo invano cercato nella vita e m'immersi in antichi giardini e boschi incantati.
Una volta che il vento era particolarmente dolce e profumato sentii il richiamo del sud e salpai languido, senza meta, sotto costellazioni ignote. „
 
(Citazione di Howard Phillips Lovecraft, da “Ex Oblivion”, 1921)
 
~  ~


Non avrei mai pensato che dormire, un’azione così naturale e spontanea, potesse divenire una delle più grandi fobie esistenziali. Guardando la mia indistinta figura su ciò che era stato uno specchio, una superficie riflettente logora e piena di macchie e polvere, non riconobbi me stesso. Gli occhi d’ un estraneo scrutavano i miei, la figura che mi si palesò davanti pareva provenire da un’altra galassia, in un primo istante pensai fosse uno di quei mostri ultra dimensionali ma, aggrottando maggiormente la vista, compresi che l’essere riflesso allo specchio non ero altro che io. Io che, come una parodia di me stesso, tentavo d’ imitare quel che ero sempre stato. Usurato dal tempo e dalla sofferenza, avevo perso ogni barlume di vita nello sguardo, e la mia pelle, dello stesso colore della polvere, pallida e grigiastra, pareva essere invecchiata prima del tempo, facendomi apparire come uno zombie. Un non morto in decomposizione che faticava persino a tenersi in piedi. Strisciando ad ogni passo, a mala pena, riuscii a raggiungere la sponda del letto, ossia la tomba dove pensavo di giacere fino alla fine dell’eternità.
Decretai infine che fosse giunto il momento di dormire, fu una decisione sofferta e combattuta. Qualcuno dei miei amici e parenti, se mi avesse visto in queste misere ma, al tempo stesso, paradossali condizioni, avrebbe certamente riso di me, conoscendo il ragazzo vispo e sveglio che ero solito essere, e che ora si dimostrava indeciso perfino nel prendere una decisione tanto semplice come dormire. Le opzioni a mia disposizione non erano molte e faticai non poco ad addormentarmi, continuavo a fissare il soffitto dipinto da ragnatele e fili di polvere che cadevano verso il basso somigliando a delle vecchie decorazioni di Halloween… Ah, da quanto tempo che non festeggiavo Halloween o qualunque altra festività. Strano come ogni cosa dapprima scontata ora fosse divenuta un sogno ad occhi aperti. Un sentimento di nostalgia prese possesso del mio cuore mentre rivivevo nella mia memoria quegli spensierati giorni che trascorsi con mia sorella, quando ancora eravamo anime innocenti e inconsapevoli del degrado del mondo. Mi preparai così a chiudere gli occhi e aspettare che il sonno prendesse possesso di me. Ero già pronto a vivere l’incubo più terribile della mia vita, a fronteggiare quel demone maligno, a dimenarmi e lottare per la sopravvivenza, invece… Qualcosa di diverso avvenne.
Per la prima volta dopo tanto tempo ho sognato, Morfeo ha avuto oggi pietà di me.
Ho sognato paesaggi sconfinati ricchi di fauna, flora e beltà, un luogo indefinito ma affascinante, diverso dagli scenari di tenebra che i miei occhi pigri e afflitti erano ormai abituati a vedere. Attraversando verdi e rigogliosi prati, un’aura di pace e armonia intinse il mio spirito in un abbraccio caldo e affettuoso, mi ritrovai in una valle incantata. Intorno a me volavano farfalle colorate e vivaci, il loro battito d’ali leggiadro carezzò la mia pelle provocandomi solletico, le mie infantili risa iniziarono ad echeggiare nell’aria. Il suono delle risate, sentirmi ridere, quanti mesi erano trascorsi dall’ultima volta che udii quel suono. Si trattava solo d’un sogno, ne ero ben consapevole, ma ciò mi permise di distrarmi e di portare la mente altrove permettendo al mio spirito di rilassarsi e percepire un minimo di felicità, anche se illusoria.  
Un ruscello, simile ad un sentiero d’acqua limpida e azzurrina, proseguiva il proprio cammino verso il vasto e infinito oceano dove, finalmente, avrebbe trovato la propria dimora di pace e quiete. Ogni elemento nel sogno, dagli alti alberi al brillante cielo, sembrava essere il risultato dell’ispirazione d’un abile pittore che, con mano esperta e aggraziata, aveva dipinto ogni dettaglio di questo paesaggio, io stesso facevo parte di codesto meraviglioso e idilliaco quadro.
 Forse avrei dovuto pensare che fosse un trucco, l’ennesimo inganno d’un demone beffardo e ingordo d’attenzioni, difatti il mio sguardo cauto, seppur incantato e incuriosito dalle meraviglie che scrutava di fronte a sé, non abbassò un attimo la guardia poiché l’inaspettato si sarebbe potuto presentare in ogni momento nella sua più totale crudeltà. Non avvenne nulla di tutto ciò. La pace continuò a regnare nel reame dei sogni. Il mio sonno proseguì tranquillo e ristoratore, ne fui talmente lieto che ringraziai il cielo.
Pensai che fosse merito del marchingegno ideato dal mio prozio, il cosiddetto Mind-Block. L’avevo indossato immediatamente dopo aver bruciato quella lettera e aver riflettuto abbastanza a lungo, arrivando alla conclusione che usarlo pareva essere l’alternativa più corretta e saggia da fare - considerando che non esistevano altre alternative-.
Cosa avevo da perdere ormai? Mi si era presentata un’opportunità e sarebbe stato sciocco non coglierla nonostante le problematiche che comportasse. Che le conseguenze si abbattano su di me! Non ho intenzione di arrendermi! Combatterò fino alla fine, malgrado la fine l’abbia già vista fin troppe volte negli occhi delle persone che mi circondano. La vita ha perso il proprio colore, è una tela spoglia e impiastrata di macchie di vernice scura e nauseante, come il veleno di un serpente che circola nel sangue portando l’organismo ad una morte istantanea e agonizzante. Ma un poco riesco ancora a scorgere la figura di quel malandato dipinto, e per ogni veleno esiste un antidoto, per questo ho deciso di combattere al fianco del mio prozio Ford. Illusione? Vane speranze? Probabile.
Non posso neppure mentire a me stesso dicendo di non aver paura perché ne ho, ne ho parecchia!
Il viaggio si prospetta arduo e ricco di difficoltà, non sapendo quello che mi aspetta e che genere di mostri mi ritroverò a fronteggiare, o se giungerò a casa di Ford sano e salvo. Incognita dopo incognita, lo scoprirò a mio rischio e pericolo.
Una nota positiva c’era, avevo finalmente dormito, oltre ad aver fatto un incantevole sogno, riprendendo molte delle energie che mi erano state sottratte. Non so quante ore siano passate, se già sia domani, non mi è dato conoscere nulla di tutto ciò, dovrei provare ad uscire per scoprirlo. Al solo pensiero di rivedere il mondo esterno, sensazioni contrastanti s’impossessano del mio corpo: eccitazione, ansia, curiosità, paura, gioia e malinconia. Ognuna di esse mi accompagnerà in quest’avventura inaspettata ma necessaria.
Per me non resta altro che preparare le valigie e incamminarmi verso l’ignoto.
Verso mondi sconosciuti e inesplorati, dimensioni parallele alla nostra, abitate da mostri insani e spietati che si nutrono della paura umana. Bestie fameliche e immortali arrivate qui a causa d’ un errore fatale, un’umana debolezza, dovrò essere forte e non ripetere gli stessi sbagli del mio prozio Stanford. Sento di avere una possibilità, qualcosa a cui aggrapparmi e, più di ogni altra cosa, di non essere solo in quest’impresa perché lui sarà con me.
Vorrei confidare queste mie emozioni, le mie consolazioni o illusorie gioie, a qualcuno, per ora posso solamente limitarmi a scrivere giacché nessuno deve essere a conoscenza dei piani del mio prozio Ford, della sua invenzione e di quel che si nasconde al di là della realtà nota. Potrei raccontarlo a Wendy ma non ne sono sicuro, non perché non mi fidi di lei, anzi, è una delle poche persone in cui riponga ogni fiducia e stima, ma non ho nessuna intenzione di metterla in ansia e farla preoccupare. Non posso neppure sparire nel nulla, senza alcuna spiegazione, le procurerebbe ancora più spavento vedermi scomparso senza aver lasciato alcuna traccia o lettera di delucidazioni. Potrei fare così: scriverle una lettera in modo da farle sapere che sono partito di mia spontanea volontà –senza però informarla riguardo le ricerche del prozio Ford, dubito anche che si conoscano di persona-. Almeno non penserà al peggio o che sia stato catturato da Cipher o da qualche altro manigoldo scellerato. Dovrò essere chiaro, convincente ma, al tempo stesso, vago e non far trapassare troppe informazioni, non penso comunque che lei rivelerebbe certi segreti a qualcuno, è una delle persone più affidabili della città e, sono sicuro, capirà il mio punto di vista.
Mi appresto ora a scrivere tale lettera Wendy, che le lascerò nella mia cassetta della posta che è solita controllare al posto mio ogni qualvolta mi viene a trovare.
Caro Diario –strano, non ti ho mai chiamato in questo modo- non so quando tornerò –e se tornerò- visto che partirò immediatamente dopo aver scritto la lettera, ma riflettere ancora su questa situazione mi porterà alla follia, quindi è meglio che io mi muova il prima possibile.
 
Addio…?
D.P.


 
 
* * *
 

Cara Wendy,
 
Sono Dipper, spero che troverai questa lettera, è di vitale importanza che tu la legga e che comprenda le scelte che ho dovuto fare, non è stato semplice neppure per me.
Non so proprio da dove cominciare, come farlo, è così difficile…
Avrai ben notato la mia assenza, non avendomi trovato nel mio luogo abituale, poiché sono partito, non posso parlarti della mia destinazione, ma ho fatto una scoperta incredibile –in senso positivo o negativo, non mi è dato ancora saperlo-. Purtroppo non posso rivelarti nemmeno quale sia questa scoperta pazzesca, dal momento che non voglio mettere in pericolo la tua vita, per questo me ne sono andato da solo, in compagnia solamente della mia paura e del mio coraggio che, in un modo o nell’altro, sono riuscito a ritrovare dopo macchinose riflessioni e spiacevoli tormenti interiori. Non so quanto tempo passerà dalla mia partenza a quando tu leggerai questo messaggio, non posseggo più orologi funzionanti e dovrò orientarmi basandomi sulla posizione del sole e delle costellazioni come gli antichi saggi usavano fare, o come mi hanno insegnato nei boyscout non troppi anni fa, quegli insegnamenti finalmente potranno rivelarsi utili.
Sono stanco di restarmene qui con le mani in mano senza far nulla, vorrei essere anche io d’aiuto alla comunità, nonostante sia consapevole che non esista una soluzione valida che possa fronteggiare la situazione complicata che stiamo vivendo. È l’ignoto il nostro principale nemico, qualcosa che noi esseri umani dalle menti limitate non possiamo apprendere. Bill Cipher rappresenta il mistero inconoscibile dello spazio cosmico inesplorato e interminabile. Così come sono senza fine i miei dubbi ma, non per questo, ho intenzione di dargliela vinta.  
Tu sei l’unica e la sola che sia in grado di capire i miei sentimenti, sei stata al mio fianco questi ultimi interminabili mesi, la gratitudine che provo verso di te è immensa. Forse anche per questo sono partito, desidero sdebitarmi con te, cercare un modo –sempre se esista- per migliorare le cose, una via d’uscita da questa agonia che la vita è diventata. Voglio provarci per te, per i cittadini di Gravity Falls, per mia sorella e per tutti coloro che stanno soffrendo o che in futuro dovranno patire le nostre medesime pene. Quel demone è al pari d’un morbo, è un cancro che si propaga nel tempo e nello spazio, infettando ogni vita e dimensione. Combatterò per il futuro o, almeno, potrò dire d’averci provato.
Mi sto dirigendo in un luogo dove forse potrò apprendere qualcosa in più riguardo al demone… Non posso dirti altro, vorrei tanto ma non posso. E, mi raccomando, non preoccuparti per me. Ti prometto che, appena avrò scoperto qualcosa d’interessante, tornerò qui e ti renderò partecipe delle mie ricerche, ammeto d’ avere immensi dubbi su tutto ciò ma fa il tifo per me.
Grazie mille per avermi supportato fino ad oggi, d’essermi stata accanto ogni giorno, sei l’unica amica che mi sia rimasta e la migliore che abbia mai avuto in tutta la vita.
 
Sii forte come sempre, ci rivedremmo prima di quanto pensi,
Dipper.


 
 
* * *


Un mondo diverso da quel che conoscevo, ciò che trovai appena varcai la porta di quella che era stata la mia casa fino a quel momento, sembrerebbe anche strano definire casa un bunker spoglio e inospitale. Mi parve tuttavia più confortevole del panorama catastrofico che trovai all’esterno.
La realtà, vista attraverso la visiera del Mind-Block, comparve completamente diversa e compromessa da come me la ricordavo.
Un brivido percorse ogni mio lembo di pelle non appena alzai lo sguardo in cielo, ammaliato e stupefatto da quel che vidi, ossia la pallida e tetra luna piena che splendeva sopra la mia testa. Essa era gigantesca e fantasmagorica, somigliava ad uno spettro, diversa dall’astro decantato dai poeti del passato. Addolorata e diafana come una sposa abbandonata sull’altare, osservava lo scadente spettacolo dell’esistenza umana che ben presto sarebbe giunta al suo termine.  Sotto al suo pallido sguardo m’incamminai verso il mistero, inconsapevole di ciò che avrei scoperto.
Le tenebre non resero affatto semplice la mia ricerca, ogni direzione mi sembrava quella sbagliata, il mio senso d’orientamento fu messo a dura prova. Come se vagassi per una città fantasma, non vi era alcuna traccia di vita intorno a me. Di vita, appunto, poiché quello che avrei incontrato da lì a poco sarebbe potuto essere definito in qualunque modo tranne che “vivo”, o “umano”. Sentii dei passi in lontananza di qualcuno che mi stava seguendo, non erano veri e propri passi visto che si trattava d’un suono viscido, strisciante, qualcosa che scivolava sul terreno, così velocizzai la mia marcia girando l’angolo in modo da depistare l’inseguitore. Le raccomandazioni del prozio Ford fecero breccia nel mio cervello ricordandomi che non dovevo fissarli a lungo ma, soprattutto, non dovevo provare una benché minima emozione negativa. In quel momento ero spaventato, confuso e interdetto, me ne resi conto troppo tardi, erano state proprio codeste sensazioni ad attirare la creatura. Terminai la mia corsa, continuando a sentire quei rivoltanti rumori sempre più vicini a me, strinsi i pugni e chiusi gli occhi, esalando un profondo respiro, e concentrai i miei pensieri su qualcosa di positivo e confortante. Con gli occhi della mente visualizzai il volto sorridente di Mabel, lei ed io che giocavamo sulla spiaggia lanciandoci gavettoni, ridendo e scherzando, e facevamo a gara su chi si tuffava per primo in acqua. Dopodiché apparve il rassicurante volto di Wendy, ridevamo prendendo in giro il prozio Stan, quelli sono stati i momenti più belli passati con lei durante questa estate. Rammentare questi ricordi mi provocò un senso di nostalgia, non tristezza o rammarico, nulla di negativo, mi resi conto che dovevo continuare a combattere per essi, oltre che per tutte quelle persone che avevano creduto in me. Il fastidioso rumore cessò improvvisamente. Pian piano riaprii gli occhi, tutto pareva essere tornato calmo e silenzioso come prima. La misteriosa creatura se ne era andata senza lasciare alcuna traccia di sé, come se fosse tutto avvenuto nella mia testa o come se avessi avuto delle allucinazioni uditive.
Dopo aver ripreso il controllo delle mie emozioni, tornai a percorrere il cammino che mi avrebbe condotto da Ford. Concentrandomi al massimo delle mie possibilità, raffigurai nella mente la mappa che il prozio mi aveva dato e che fui costretto a bruciare. Fortuna che avessi una memoria ben sviluppata, l’unica cosa che non mi confortava affatto era l’oscurità che regnava incontrastata. Non avevo nessuna torcia o fonte d’illuminazione a portata di mano, dunque dovevo affidarmi agli unici pali della luce funzionanti, oltre che alla pigra e bianca luce della luna che continuava ancora a scrutarmi dall’abissale e oscuro spazio cosmico. Imboccai la via che mi parve quella giusta quando successe qualcosa di strano, sentii dei rumori non troppo lontani da me, così tornai sui miei passi nascondendomi dietro a un bidone dei rifiuti. I miei occhi, oramai abituati alle tenebre, videro due uomini armati di fucile passeggiare verso una destinazione a me ignota, non volendo attirare la loro attenzione rimasi in silenzio e ben nascosto. Gli sguardi dei due uomini vennero attirati, però, da qualcos’altro, da qualcuno –o qualcosa- sbucato dal buio della notte. A causa dell’oscurità non fu per me facile definire i lineamenti di quella creatura, immaginai comunque che fosse mostruosa e disumana anche dai ruggiti abominevoli che accompagnarono la sua entrata in scena, tanto che mi tappai le orecchie e chiusi gli occhi immediatamente. Il prozio Ford mi aveva informato sul fatto che molti mostri fossero visibili ad occhio nudo anche senza l’ausilio del Mind-Block. Gli uomini caricarono i loro fucili, pronti ad attaccare la belva che continuava ad emettere dei suoni assordanti, pareva avere una bocca enorme da cui usciva della bava fluorescente dello stesso colore delle scorie radioattive, un verde luminescente, non ero sicuro però se quello fosse materiale esistente sul nostro pianeta –probabilmente no-. Inutile dire che le pallottole non scalfirono nemmeno un po’ la pelle di quel mostro che, tramite tentacoli uscitegli dalle fauci, afferrò uno degli uomini da entrambe le sue estremità tirandolo con brutale forza, si poterono udire le articolazioni e le membra dell’uomo strapparsi e stritolarsi, poi lo sbatté a terra finendolo del tutto. I gemiti del mostro si mischiarono alle urla di dolore di quel pover’uomo creando una melodia assordante d’atroce agonia. La vittima non riuscì a resistere un minuto di più dopo tutte quelle torture giacché morì prima che il mostro potesse sbranarlo, intanto l’altro uomo era rimasto paralizzato dalla paura, solo dopo incominciò a scappare ma venne braccato da un’altra entità maligna, togliendogli ogni possibilità di fuga, il suo fato era ormai segnato.
Io, non avendo intenzione di rimanere lì un minuto di più e, soprattutto, non volendo fare la loro medesima fine, gattonai silenziosamente verso un altro vicolo e dopo corsi, corsi più in fretta che potei finché non fui abbastanza lontano da fermarmi e riprendere fiato. Rievocai altre memorie rassicuranti della mia famiglia che mi permisero di tranquillizzarmi e recuperare un minimo di raziocinio. Dedussi con dispiacere che quella strada ormai fosse piena di mostri e pericolosa da percorrere. Ricordavo più o meno la direzione, dunque non dovevo fare altro che cercare un’altra via parallela a quella, magari più nascosta e deserta. M’incamminai nuovamente verso un altro ignoto sentiero. Quella sarebbe stata la notte più lunga e tortuosa della mia esistenza.
Ad un certo punto, dopo un immenso vagare, le strade iniziarono tutte ad assomigliarsi, il mio senso d’orientamento era ormai scomparso e potevo dire d’essermi completamente perduto. Il mio stesso sangue freddo incominciò a scaldarsi, iniziai a sudare, la paura mi circolava in tutto il corpo mentre immaginavo ogni sorta di paesaggio catastrofico e possibile fine che avrei fatto. In quell’istante mi definii spacciato, soprattutto a causa di alcuni suoni sospetti provenienti dall’oscurità più nera, sembrava più buio di prima, non sapevo se fosse effettivamente un’ora più tarda oppure se fossi io ad essere impressionato. Non mi sentivo affatto tranquillo e calmo in quella nefanda situazione. In seguito mi voltai e compresi bene perché il buio apparisse ancora più buio, difatti dietro di me vi era un mostro gigantesco, copriva ogni cosa con la sua abominevole ombra. Sbigottito e tremolante, feci diversi passi indietro preparandomi al peggio, speravo che almeno sarebbe stata una morte veloce e indolore. Gli stessi ruggiti, quelli che avevo già sentito prima quando quella bestia inter- dimensionale aveva frantumato le ossa di quell’uomo, venivano riprodotti dalla creatura qui presente. Essa possedeva dei denti affilati e abnormi, dalla sua bocca fuoriusciva un gas dalle sfumature violacee e dall’odore immondo, pensai che fosse veleno così, immediatamente, mi tappai il naso incominciando a tossire. La bestia infernale iniziò ad avvicinarsi minacciosamente a me, la sua stazza coprì l’intera visuale e non riuscii a vedere più nulla. Mi ero già definito condannato quando improvvisamente udii un rumore molto strano provenire dalla creatura, non era un boato, si trattava d’ un tonfo metallico, qualcosa d’indubbiamente artificiale e innaturale. Del fumo denso e bianco fuoriuscì dalla pancia del mostro, quelle nubi vennero accompagnate da una voce gracchiante di qualcuno che non riuscii a riconoscere dal momento che ero preso totalmente dal panico. Quella voce divenne più chiara e limpida, mi diceva di raggiungerlo e di salire a bordo, non compresi esattamente cosa significasse tutto ciò. Continuò a ripetermi di andare lì e di non avere paura, che non c’era tempo da perdere, non avendo altra scelta e considerando le pessime alternative che mi attendevano là fuori decisi di fidarmi e di “salire a bordo”, difatti c'era una botola, quindi dedussi che quella bestia non era altro che una macchina dalle fattezze mostruose. Una lampadina mi si accese proprio in quel momento, comprendendo chi fosse il misterioso individuo che mi aveva salvato, lo riconobbi già prima di vederlo in volto: il vecchio McGucket. Lo scemo del villaggio mi aveva appena tirato fuori dai guai! Egli mi parlò, «Hey, ragazzo… Ce ne hai messo di tempo per salire, eh…?» gracchiò con quella sua vocina stridula per poi rimettersi ai comandi, chiudendo la botola e blaterando, «Sei dentro la mia invenzione, sai come si dice, no?» si grattò il capo rimanendo in silenzio per alcuni secondi, la sua bocca era spalancata, «Non me lo ricordo come si dice!», il robot tremò e iniziò a muoversi, tanto che dovetti aggrapparmi alle pareti per non cadere, immaginai che tutte le rotelle che aveva nel cranio le avesse usate per edificare quest’ assurda macchina. Non avevo nemmeno il diritto di lamentarmi dato che era venuto in mio soccorso, e non avevo ancora detto una parola sull’accaduto né l’avevo ringraziato, «Uhm… Grazie per avermi salvato, già… Ma cosa ci fa qui e perché ha costruito questo gigantesco robot?», mi sedetti a terra perché i movimenti confusi e sbilanciati della vettura mi stavano facendo venire il mal di mare, «Mimetizzazione!» rispose e dopo fece una risata beffarda, azionando una leva, da un monitor era possibile vedere l’ambiente esterno circostante, ci stavamo dirigendo fuori città, lontano dal punto segnato dalla mappa dove doveva trovarsi la casa del prozio Stanford, «Ma dove stiamo andando, scusi…?» iniziai a provare un certo timore, perché non avevo idea se questo strano tipo avesse intenzioni buone o cattive, ed era considerato un pazzo già da prima che si abbattesse la catastrofe su Gravity Falls, continuò a dire cose senza senso come da copione, «Se non puoi batterli unisciti a loro, no? Ecco cosa diceva quel detto!» alzò l’indice in aria come fosse una bacchetta magica, intanto la foresta diventava sempre più fitta. «Di che cosa sta parlando…? Dove stiamo andando?», quasi urlai, la confusione mi annebbiò l’intelletto, iniziai a torturare le maniche della mia maglietta per il nervoso, «Non preoccuparti, ragazzo, quelle bestiacce viscide non ci raggiungeranno. Sei al sicuro qui.» in fondo aveva parlato di mimetizzazione, ed era proprio quel che aveva fatto, persino io l’avevo scambiato per un mostro reale, non che fossi così esperto di mostri, s’intende.
Gli risposi tornando al mio tono di voce pacato, «Ah, quindi può girare sicuro per la città senza essere attaccato da loro? È un carro armato quest’affare!» bussai sulla parete che emise un rumore metallico, emisi una risatina nervosa. Dalla bocca di McGucket uscirono dei gargarismi bizzarri, tossì alcune volte e dopo disse, «Esattamente, è come il cavallo di Troia… Anche se non è un cavallo! Nemmeno un carro armato, in realtà…» ridacchiai a quella sua considerazione anche se non aveva ancora risposto alla mia domanda precedente, ovvero: dove stavamo andando? Non ebbi il tempo di richiederglielo che parlò, «Ti sto portando da un vecchio amico, ah…Sì, sì…», egli annuì dando l’impressione che stesse parlando con se medesimo. Non compresi chi fosse il suo amico ma, senza alcun dubbio, ora mi sentivo meglio e lui era di certo una migliore compagnia rispetto a quelle creature aliene e terribili.
Successivamente il vecchio McGucket disse qualcosa che mi lasciò di stucco, «La cosa che stai indossando adesso, quella buffa visiera, è una sua invenzione!», i miei occhi si spalancarono e rimasi a bocca aperta. L’amico di cui parlava era il prozio Ford? Mille domande fecero capolino nella mia testa ma non riuscii a formularne nemmeno una.
Il robot continuò il proprio cammino percorrendo tutta la vegetazione esistente, qui non vi erano tracce di mostri o creature aliene né tanto meno di esseri umani, in fondo quelle bestie si nutrivano di paura, sarebbe strano trovarle in un luogo simile, morirebbero di fame, le uniche persone presenti qui eravamo noi due anche se io, grazie al Mind-Block, non potevo essere localizzato da loro, che fosse lo stesso per il vecchio McGucket? Come se mi avesse letto nella mente, spiegò, «Questo affare è circondando da un campo magnetico, siamo invisibili ai loro sensi, ah… Ci credono uno di loro, capisci?!» quasi urlò oscillando le braccia in tutte le direzioni, «Sì… Ma non sarebbe più semplice creare un esercito di robot e battere tutti i mostri?» chiesi con un infantile entusiasmo, apparendo abbastanza ingenuo, «No, non dispongono di armi queste macchine e poi sarebbero completamente inutili contro di loro. », mi aspettavo una risposta del genere e sono stato abbastanza stupido a chiederlo, ma ero particolarmente curioso, ho sempre trovato interessante la fantascienza, nonostante tutto, sembrava proprio di trovarsi all’interno di un film del genere!
Cambiai argomento, ponendo un’altra domanda, «Ma ti ha mandato il prozio Ford a salvarmi? Come sapeva che fossi in pericolo…?», lui poi mi guardò in modo strano, scrollando le spalle, «No! Passavo di lì per puro caso, in realtà…Sei stato fortunato, ragazzo…», ne rimasi un poco dispiaciuto, però sarebbe stato strano il contrario, e non avevo voglia di preoccuparmi, ora che stavo per incontrare il prozio Ford sentivo che nulla mi avrebbe più fermato. La speranza verso un avvenire migliore si stava man mano concretizzando, divenendo una tangibile realtà.
Per quel tempo indefinito in cui viaggiammo, rimasi a contemplare la fitta foresta, un paesaggio naturale affascinante e ancora rigoglioso, un mondo selvaggio e primordiale e, sorprendentemente, non ancora infettato dal morbo della follia.  Nemmeno la luna ora mi trasmetteva più inquietudine, anzi, l’avrei quasi considerata una compagna di viaggio, seppur eccentrica, sempre vigile e presente.
 
   
 
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