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Autore: MaDeSt    21/02/2017    4 recensioni
Non è necessario leggere il prologo ma è caldamente consigliato.
Sei ragazzini provenienti da un villaggio sperduto, cresciuti in un piccolo paradiso, ignoranti dell'orrore che li circonda, si ritrovano ad avere tra le mani sei uova di drago, di cui poi diventeranno amici... e la loro leggenda ha così inizio.
Dovranno salvare il mondo, ecco ciò che ci si aspetta da loro. Ma ne saranno all'altezza? Riusciranno a capire chi è il loro vero nemico prima che questo li distrugga?
[Pubblicazione interrotta. Non aggiornerò più questa storia su EFP, non aggiornerò i capitoli all'ultima versione, pubblicherò solo in privato per chi realmente è interessato a seguire la storia a causa di plagi e ispirazioni non autorizzate non tutelati a discapito del regolamento apparentemente ferreo. Trattandosi della mia unica storia, a cui lavoro da anni e a cui sono affezionata, non vale la pena rischiare. Chi fosse interessato a capire come seguire la storia troverà tutte le informazioni nelle note all'inizio dell'ultimo capitolo pubblicato. Risponderò comunque alle recensioni qualora dovessi riceverne, ma potrei accorgermene con del ritardo.]
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dargovas'
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Il colore del titolo del capitolo corrisponde al colore della regione in cui la storia al momento si svolge, tenete d'occhio la mappa per sapere dove ci troviamo!

CONSTANT PRESSURE

Era già passata l’ora di pranzo quando Layla e Cedric misero piede in casa, e Jennifer non tardò a notare le borse vuote né l’andatura insicura di entrambi e lo sguardo terrorizzato della ragazza.
Si alzò dalla poltrona e le andò incontro domandando sorpresa: «Cos’è successo? Cominciavamo a preoccuparci!»
Layla la scansò, finse di sorridere e disse con voce tremante: «Un contrattempo, non avevamo abbastanza oro così ce ne siamo andati.» in realtà l’oro ce l’aveva lei, stretto alla propria cintura e nascosto sotto il mantello, ma si guardò dal farglielo scoprire cercando di non far tintinnare le monete.
Attirarono l’attenzione degli altri ed Andrew notò subito che entrambi sembravano stare in piedi per miracolo, ma anche che lei era avvolta nel mantello come a voler tenere tutto il mondo all’esterno. Cercò di parlarne e ottenere delle risposte, ma i due non vollero dare spiegazioni e si limitarono a dei versi o borbottavano qualcosa senza curarsi che capissero o meno.
Finché Cedric, per convincerli a lasciarli stare, cominciò a parlare con se stesso di cose apparentemente senza senso e non inerenti riprendendo l’aria poco rassicurante e facilmente irritabile che di solito li teneva alla larga. Layla gli rivolse un solo e breve sguardo di gratitudine per averli dissuasi a interrogarli, poi tornò agli affari propri e si chiuse nel bagno del primo piano, mentre Cedric andò al bagno del piano superiore.
Lei si sciacquò e prima di asciugarsi con un asciugamano pulito si guardò allo specchio per essere sicura di essersi pulita bene per non sporcare nulla di sangue e rimase sorpresa nel vedere quanto fosse cambiata dall’ultima volta che si era guardata mesi addietro; aveva le guance più incavate, che facevano risaltare gli zigomi alti, i suoi grandi occhi avevano conservato il loro magnifico colore, verde con striature quasi azzurre, era più alta e relativamente formosa - molto per i suoi gusti, ma non aveva nulla a che vedere con una qualsiasi donna interamente sviluppata.
Ne aveva parlato solo un paio di volte con sua madre, piuttosto di recente, quindi sapeva che presto il suo corpo sarebbe cambiato preparandosi a dover eventualmente portare una nuova vita in grembo e successivamente a crescerla. Ma non si sarebbe mai aspettata che nel giro di pochi mesi le sue forme sarebbero mutate tanto. Un tempo nemmeno ci badava a quanto fosse carina fin da bambina, ora aveva appena imparato una dura lezione e lo rimpianse davvero.
Sto diventando una donna... una bella donna, veramente si ritrovò ad ammettere con un sospiro, poi però notò i lividi che riportava a causa di quegli uomini e fece una smorfia ripensando a quei terribili minuti Ora vorrei non essere mai stata così carina... Passeranno. Non è successo nulla, abbiamo solo rischiato grosso.
Le tornò alla mente quello che il biondo le aveva gridato: Ti renderò impura, vediamo se farai ancora la spavalda quando nessuno ti vorrà!
Rabbrividì capendo che quegli uomini l’avevano puntata per come l’avevano vista comportarsi nelle strade col ragazzo: Non è colpa mia. Quello che è successo non è stato per colpa mia! Io sarò pure carina e indipendente, ma quegli schifosi hanno scelto per sé, non li ho obbligati con un coltello alla gola! cercò di pensare per risollevarsi un po’ il morale.
Sentendo un nodo alla gola decise che per passare il tempo e rilassarsi si sarebbe fatta un bagno caldo, dunque chiuse la porta con un giro di chiave e accese il camino per scaldare l’acqua con la quale poi riempì la vasca; così calda le avrebbe sciolto i muscoli e fatta sentire meglio.
Anche il ragazzo come lei si pulì il viso, trattenne a fatica l’impulso di vomitare e si costrinse a non pensare a quello che era successo, né a quello che aveva recentemente saputo dal diario di sua madre. Si asciugò e si guardò allo specchio, sorrise piano guardando il suo riflesso dritto negli occhi al momento grigi per via del cielo coperto.
Sono sempre stato così diverso da te... Avrei potuto accorgermene, che stupido sono stato pensò tristemente riferendosi all’uomo che l’aveva cresciuto.
Scosse la testa cercando di non pensarci più, poi si tolse giacca e maglietta per vedere come fosse ridotto e non ne rimase per nulla compiaciuto: i muscoli piuttosto definiti non compensavano la vista di tutte le ossa, compreso lo sterno, e le clavicole sporgevano tanto da far sembrare la pelle così sottile da potersi lacerare e scoprirle da un momento all’altro. E naturalmente era pieno di lividi. Fece uno sforzo per guardarsi la schiena e vide che la situazione non era differente con le scapole e le ossa del bacino. Senza contare poi alcuni segni dei maltrattamenti di Jorel ancora visibili dopo anni; si chiese se la magia potesse farli sparire come era del tutto sparita la ferita al fianco provocatagli dai soldati.
Non sono affatto carino, hanno ragione a dirmi di mangiare di più pensò preso da un lieve sconforto, e per la prima volta in vita sua si chiese preoccupato se si sarebbe mai ripreso del tutto da quei disturbi alimentari che l’avevano segnato e tutt’ora lo rovinavano.
L’unica nota che trovò positiva fu l’assenza di barba o baffi nonostante avesse quasi quindici anni: per qualche ragione sentiva che si sarebbe piaciuto ancora meno in tal caso. Si rivestì in fretta per nascondersi alla sua stessa vista, se non altro con qualcosa addosso sembrava semplicemente mingherlino di costituzione.

Nessuno dei due aveva alcuna intenzione di raccontare ai quattro più giovani cosa fosse accaduto o di cosa avessero parlato in seguito. Ma il loro atteggiamento schivo era sospetto, e Layla non fece che peggiorare la situazione quando, come già era successo altre volte, Cedric si avvicinò per aiutarla a cucinare e lei lo cacciò con maniere tutt’altro che gentili, gridandogli dietro di non avvicinarsi e non toccarla, anzi di non guardarla nemmeno, minacciandolo con un mestolo.
Lasciò sorpreso anche lui, che perse l’aria cupa solo per chiederle cosa le fosse preso, ma a una seconda sfuriata di lei - che cercò di colpirlo ma lui fortunatamente riuscì a evitare il colpo - decise di andarsene senza ribattere e si chiuse in camera, lasciandola insieme agli altri che entrarono in cucina soltanto per poterla guardare a bocca aperta.
«Beh che c’è? Fuori!» esclamò lei irritata, e tutti obbedirono all’istante tornando in sala per non prendersi una mestolata in testa.
«Cosa diamine sta succedendo?» domandò Mike in un sussurro; erano seduti davanti al camino in modo da potersi guardare.
Susan scosse piano la testa ancora sconvolta: «Non ne ho la più pallida idea.»
«Qualcosa è successo, qualcosa che gli ha impedito di andare al mercato e li ha sconvolti.» disse Andrew «Il problema è cosa. Non ne vogliono parlare! E non può essere soltanto perché non avevano abbastanza oro, avrebbero portato a casa qualcosa comunque.»
«Potrebbe essere successa qualsiasi cosa.» disse Jennifer abbattuta «E di certo non ce lo diranno mai.»
«Allora dobbiamo scoprirlo.» ribatté Mike battendosi un pugno sull’altra mano aperta «Non hanno comprato nulla, non camminano bene, si comportano in modo strano... Layla è fuori di testa! Non è da lei! Lei sa contenersi benissimo.»
Non pensarono a un’aggressione, erano ancora inesperti e ingenui per arrivare subito a una simile conclusione; dove vivevano loro cose del genere erano del tutto fuori discussione... a meno che la vittima non fosse il povero Cedric, che non era ben visto al villaggio. Ma qui si trattava di Layla, non di lui, e non avrebbero mai potuto immaginare cosa fosse realmente successo.
Più che pranzare ebbero una merenda insolitamente sostanziosa che tuttavia non li sfamò a sufficienza, ma Layla aveva dovuto arrangiarsi con le ultime cose rimaste. E più tardi si riunirono tutti in sala, c’era anche Cedric che non aveva mangiato ed era tornato a leggere il libriccino rosso. Regnava un silenzio imbarazzante che nessuno sembrava voler spezzare, Layla tratteneva a fatica lacrime e tremori, seduta ben lontana da tutti.
«Come mai vi siete... chiusi in bagno così tanto?» domandò Susan incerta appena ritrovò il coraggio di aprire bocca per spezzare il silenzio opprimente; la sua voce parve quasi amplificata.
Cedric e Layla si guardarono sapendo perfettamente che la domanda era rivolta a loro, poi fissarono la ragazzina che si strinse nelle spalle in imbarazzo.
Lei si costrinse a sorridere e le rispose: «Io mi sono fatta un bel bagno. Mi ci voleva proprio per rilassarmi un po’.»
«Sì ma perché prima di pranzo? E perché siete tornati senza niente? La scusa dell’oro non me la bevo.» obiettò Andrew incrociandosi le braccia sul petto.
A quel punto Cedric si alzò dicendo di voler andare a prendere qualcosa da bere e scese in cantina, Layla lo seguì con lo sguardo torcendosi le mani; ancora indossava il mantello per nascondere i lividi e lui non si era mai tolto la giacca, ma non lo trovarono strano perché da quando l’avevano conosciuto se l’era tolta solo per lavarsi o per dormire e neanche tutte le notti - soltanto Susan aveva avuto occasioni di vederlo senza, quando aveva abitato in casa sua.
Cedric tornò da loro con una bottiglia in mano e chiese esplicitamente a Layla se volesse unirsi a lui. Incuriosita la ragazza si alzò e lo seguì in cucina, dove lui prese due bicchieri ma riempì solo il suo, gli altri si costrinsero a rimanere in sala ad aspettare e tesero tuttavia le orecchie per cercare di cogliere le loro parole dall’altra stanza.
I due però parlarono a bassa voce.
«Cos’è?» domandò lei.
«Non ne ho idea.» ammise lui guardando pensieroso il liquido trasparente «Ma era in casa, perciò non sarà avvelenato.»
«Però chissà da quanto tempo era lì! Potrebbe essere andato a male!»
Cedric la schernì con una risata e fece un verso di diniego; non voleva diventare come Jorel e a causa sua aveva una certa avversione per le bevande alcoliche, ma si disse che di certo non sarebbe diventato un alcolizzato per una sola volta. La ragazza ignorò il fatto che avesse pensato ad alta voce parlando da solo, era già capitato più di una volta, e lui dopo aver riflettuto a lungo scacciò il pensiero di Jorel fuori controllo e vuotò il bicchiere in un solo sorso.
Rise perché gli bruciò la gola, poi porse l’altro bicchiere a Layla e le chiese: «Sicura di non voler farmi compagnia?»
Lo guardò preoccupata e rispose: «Piuttosto sicura, sì. Perché lo fai? E perché io dovrei farlo?»
Cedric scosse le spalle con una smorfia di dolore: «Non lo so. Di solito si fa così, quando...» lasciò in sospeso la frase non del tutto certo di volerle dire di avere più di un pensiero dannoso per la testa, perciò sperò che credesse si trattasse solo dell’aggressione di quella mattina.
«Lo so. E ho sempre pensato che sia stupido, non cancella i problemi.» ribatté lei infatti, avendo intuito a cosa si riferisse.
«Lo penso anch’io.»
A quelle parole Layla lo guardò incredula: «E allora perché ti comporti... da stupido?!»
«Vorrei smettere di pensare a tutto questo solo per un po’.»
«Tutto cosa?»
Scosse la testa e guardò da un’altra parte bevendo di nuovo: «Non ha importanza.»
«Sì è chiaro che hai qualcosa che non va, da quando siamo arrivati a Eunev!» si sforzò di tenere la voce bassa per non farsi sentire dagli altri, più che certa che stessero tentando di origliare «Ma così non farai altro che peggiorare la situazione!»
Lui fece un altro verso e le fece gli occhi dolci chiedendole di nuovo: «Sei sicura di non volere la stessa cosa? Se saremo in due non sarà poi così male!»
«Cosa... no! Dai mettila via e finiscila con questa storia, non bisogna scappare dai propri problemi, li si deve affrontare.»
Perse immediatamente l’aria gentile e sbuffò irritato: «Sto provando da anni.»
«Ed è normale, si chiama vita. Chiaro? Ora rimetti quella cosa dove l’hai trovata, chissà da quanti anni è lì... un solo bicchiere potrebbe fare danni quanto un fiasco di vino!»
«D’accordo, vattene se vuoi. Io per una sola volta vorrei non essere costretto a pensare, per un pomeriggio non voglio pensare a nulla! Una sola volta!» disse alquanto irritato, preparandosi a bere un terzo bicchiere.
«Hai solo quattordici anni!» lo rimbeccò arrabbiata.
«E questo cosa vuol dire? Tanto dimmi, importa realmente a qualcuno di me?»
«Oh quanto sei sciocco. Ci rinuncio! Fai quel che vuoi.» lo interruppe e se ne andò tornando dagli altri.
«Mi hai quasi tirato un mestolo in testa due ore fa!» le gridò dietro lui come a voler sottintendere di avere ragione, ma lei lo ignorò.
Immediatamente Andrew cominciò a parlare come se fosse nel mezzo di una conversazione, e Susan colse l’occasione per esclamare: «Potremmo andare a quel bel parco! Che ne dite?»
«Potremmo andare al mercato! Anzi dovremmo, non possiamo più rimandare o rimarremo a digiuno.» continuò Jennifer entusiasta.
«Sì! Anch’io penso sarebbe divertente!» disse Mike saltando in piedi «Allora? Andiamo? Cedric!» corse verso la cucina e lo trovò seduto al tavolo con l’aria più cupa del solito, ma prima ancora che potesse chiedergli di uscire il ragazzo scosse la testa. Mike abbassò le braccia perdendo l’entusiasmo di poco prima e domandò tristemente: «Perché no?»
Cedric gli fece cenno di lasciar perdere con la mano, ma rispose: «Non credo di sentirmela. Non mi va di uscire.»
«Dai Cedric ti prego! Non andremo lontano!» lo implorò Jennifer affacciandosi all’ingresso della stanza.
Lui scosse la testa irremovibile: «No. Andate senza me.»
Susan si alzò e se ne andò dicendo ad alta voce: «Sicuro di non voler venire? Ci divertiremo tantissimo!»
Lui commentò in un sussurro: «Ne dubito. Perché ora siete tanto ansiosi di fare compere?»
«Perché ora fa meno freddo e non possiamo più rimandare, come ha detto Jennifer!» rispose Andrew come se fosse ovvio, al che l’altro fece una smorfia chiaramente contrariato, maledicendoli in segreto per non essersi uniti a loro quella mattina.
Layla al contrario non volle commentare la loro scelta, ritenendo che forse fosse stata una fortuna che i più piccoli fossero rimasti a casa: se quegli uomini li avessero seguiti e aggrediti ugualmente ne sarebbero rimasti traumatizzati ancor più di loro. Certo, il loro numero avrebbe potuto scoraggiare gli aggressori, ma in fondo si trattava di un gruppo di ragazzini appena diventati adolescenti o quasi.
Poi tutti seguirono Susan, compresa Layla che rivolse un ultimo sguardo implorante a Cedric sperando che cambiasse idea e li accompagnasse, ma lui non si mosse decisamente determinato a mantenere la sua posizione in merito.
Rimase spaesata perché non se la sentiva di uscire già di casa, ma se avesse rifiutato anche lei gli altri avrebbero capito che di certo qualcosa non andava: già sospettavano, non poteva permettersi di sgarrare ancora; finché era Cedric a comportarsi in modo strano potevano quasi considerarla normalità, ma lei assolutamente no. Lei era sempre controllata, era la colonna del gruppo.
A Eunev faceva più caldo che a Darvil, soprattutto perché ancora non nevicava, ma ugualmente si avvolsero nei mantelli risentendo dell’aria gelida. Appena messo piede fuori furono travolti da un’ondata di freddo che li spezzò, quasi convincendoli a tornare al caldo dentro casa. Ma Susan sospirò e, facendosi coraggio, s’incamminò con la schiena dritta e la testa alta, come dandosi un’aria d’importanza per aver fatto il primo passo. Gli altri la seguirono subito dopo, Layla chiudeva la fila guardandosi attentamente intorno; niente le sarebbe sfuggito questa volta.
Ma in giro non c’era nessuno, fosse per il gelo o perché si trovavano in una zona tranquilla. Le cime degli alberi più alti del parco verso cui erano diretti talvolta facevano capolino tra una casa e l’altra, non sarebbe stato difficile arrivarci; il vero problema sarebbe stato tornare a casa.
Videro una coppia di guardie armate pattugliare una strada laterale e Layla si lasciò sfuggire un sonoro sospiro di sollievo che però non destò l’attenzione degli altri, perché nessuno poteva sapere a cosa pensasse costantemente.
Il parco, che avevano già attraversato il loro primo giorno, non aveva nulla di speciale: c’era un sinuoso sentiero di ciottoli di diversi colori che scrocchiava sotto le suole delle loro calzature, e tutt’intorno le aiuole ricoperte d’erba piuttosto curata, alcuni fiori e felci di diversi colori, ma anche numerose varietà di alberi. Lungo il sentiero erano disposte delle panchine di marmo nero per poter riposare all’ombra. Non era grande e c’era un piacevole silenzio, ma soprattutto gli alberi portavano riparo dal vento. Proseguirono fino alla fontana con una statua di Despada al centro dalle cui mani libere sgorgava acqua; si trovava nel mezzo di una piccola piazza, attorniata da ghiaia, e tutt’intorno erba e alberi ai cui piedi stavano diverse panche.
Susan si sedette su una panchina di marmo nero e chiuse gli occhi godendosi il calduccio del suo mantello, piegando il collo come per guardare il cielo e sorridendo spensierata. Layla si sedette accanto a lei tenendo d’occhio una coppia di mezz’età che passeggiava, e poi un gruppo di ragazzi, una madre col figlio piccolo e un vecchio che si trascinava con passo lento ma con aria serena.
Jennifer Mike ed Andrew giocarono a schizzarsi con l’acqua della fontana senza riuscire a trattenere delle grida acute quando venivano bagnati dall’acqua gelida, poi cominciarono a rincorrersi per tutta la piazza cercando di afferrarsi i mantelli o le giacche a vicenda. Quando tutti e tre ebbero il fiatone si sedettero con le altre due godendo della pace che regnava nel luogo, tanto che non vollero cominciare una conversazione per non rompere il silenzio, interrotto solo dal vento che dava voce alle foglie o dagli uccelli che cantavano chiamandosi tra loro.

Cedric non sorbì gli effetti desiderati dall’alcol, anzi non successe nulla, tuttavia non bevve altro perché era rimasto da solo in casa e perché per l’appunto lo trovava stupido. Non sapeva in realtà cosa l’avesse spinto a tanto, forse un breve attimo in cui dolore e disperazione avevano preso il sopravvento. Non sapeva nemmeno se essere grato o meno che Layla si fosse rifiutata di fargli compagnia.
Camminò per la stanza continuando a leggere il diario di sua madre alla debole luce delle finestre o di un paio di candele, e nel mentre parlava da solo commentando quello che leggeva o fingendo di parlare con lei.
Essendo rimasto da solo in casa, tuttavia, i pensieri e i ricordi si accavallarono e sovrapposero in maniera confusa, non riusciva a gestirli e per quanto desiderasse che sparissero non ne fu capace, non aveva modo di distrarsi per zittirli. Proprio com’era stato molti anni prima, e fu rapido a rendersi conto che di lì a poco niente di bello sarebbe successo; ma non poteva nemmeno fermarlo.
Si prese la testa tra le mani e si lasciò andare su una sedia abbandonando la lettura. Tutto quello che aveva recentemente scoperto su sua madre e su se stesso lo assillava e lo distruggeva; gli tornò alla mente Jorel, come lo trattava e come gli parlava, cosa gli faceva o diceva che fosse sobrio o meno. Si sentì pervadere da una rabbia cieca ora che capiva molte cose e se fosse stato in sé avrebbe avuto paura di perdere il controllo, proprio come accadeva all’uomo che l’aveva cresciuto.
Ma trovandosi da solo con se stesso non doveva necessariamente fingere di stare bene, solo che non c’era nessuno su cui potesse sfogare la rabbia. Se non lui stesso. Si odiava ora più che mai e non aveva freni, non ragionava come al solito. Jorel aveva cercato di ucciderlo più di una volta, gli aveva detto che l’avrebbe preferito morto al posto di Laurel così tante volte che ne aveva perso il conto. Nemmeno sua madre in realtà l’aveva amato, l’aveva odiato e aveva cercato di ucciderlo ancor prima che nascesse in ogni modo possibile, più di una volta, arrivando ad avvelenare se stessa. E nemmeno sua sorella, che raramente aveva perso l’occasione di ricordargli quanto lo considerasse un inetto. I pochi amici che aveva avuto, compresi Mike e Layla, gli avevano voltato le spalle e non sembravano intenzionati a tornare sui propri passi.
Non gli era nuovo sentire voci che nessun altro poteva cogliere, il timbro grave di Jorel che lo insultava e quello più acuto ma severo di Laurel che gli domandava perché l’avesse abbandonata e lasciata morire, ma anche la voce di se stesso bambino che rideva di lui e gli rimproverava i suoi errori e il ringhio gutturale di quella bestia che s’era preso la vita di sua madre.
A breve immaginava che sarebbero arrivate anche le allucinazioni, e sapeva che l’alcol non c’entrava assolutamente nulla con quello che stava succedendo; non gli serviva essere ubriaco perché la sua realtà si trasformasse in un incubo nell’arco di un attimo. Doveva farla finita una volta per tutte, allora sì che quei pensieri l’avrebbero lasciato in pace.
Non seppe come riuscì ad andare in cucina senza cadere a terra, ma nemmeno gl’importava; in mente aveva solo l’idea di far tacere tutte quelle voci che l’avevano sempre tormentato, compresa la propria.

Ebbero sorprendentemente poche difficoltà a trovare la via di casa, ma vagarono a zonzo per alcuni minuti prima di trovare un negozio di alimentari - Layla insistette per entrare in un negozio al chiuso. Lei aveva ancora il denaro che avrebbero dovuto usare la mattina in un sacchettino appeso alla cintura, quindi non ebbero problemi a comprare alcune cose in modo che nessuno avesse un peso esagerato da trasportare, non avendo borse. Susan la convinse a comprare di nascosto anche gli ingredienti per preparare la torta a Mike per festeggiare il giorno della sua nascita che già doveva essere passato, ma non avevano un calendario a portata di mano per sapere in che giorno si trovassero.
Quando arrivarono in vista della porta di casa loro si accorsero che c’era qualcuno davanti, e la identificarono come la loro vicina di casa; stava guardando dentro le finestre con aria preoccupata e incuriosita.
Una volta che le furono vicini, Andrew si schiarì la gola e domandò: «Possiamo aiutarti?»
L’anziana si volse lentamente a guardarli, li squadrò tutti per alcuni secondi prima di dire: «Sentivo urlare e credevo steste litigando, ma quando ho bussato nessuno ha aperto. Poi ho capito che stava parlando da solo, e infatti Cedric non è con voi.»
Layla assunse subito un’aria preoccupata e domandò: «Cosa stava gridando? Credi stia bene? Hai sentito qualcosa?»
«Sentito sì, capito no, mi dispiace.» rispose lei mortificata, le mise una mano sul braccio e la ragazza s’immobilizzò per guardarla dritta negli occhi «Credo sia meglio che vi sbrighiate a vedere cosa sta combinando.»
Mentre Layla annuiva posando la mano sulla maniglia, Jennifer decise di domandare: «Come conosci il suo nome? Sei Iven?»
La donna sembrò sorpresa, sicura di non essersi mai presentata a lei, e domandò a sua volta, con occhi sgranati: «Vi ha parlato di me? O forse loro due?»
«Veramente no...» rispose Andrew in un sussurro, evitando di dire come erano venuti a conoscenza del suo nome.
Layla era rimasta di nuovo ferma ad ascoltare in caso la vecchia signora avesse avuto qualcosa da dire, poi si ricordò che avrebbero dovuto affrettarsi a rientrare e si decise ad aprire la porta che non si erano disturbati di chiudere a chiave, dal momento che Cedric era rimasto dentro e ad ogni modo le chiavi appartenevano a lui.

«Cosa stai facendo?»
La voce di Layla lo riportò alla realtà prima che fosse troppo tardi, cercò di darsi un minimo di contegno con scarso successo. Si asciugò gli occhi, sciacquò il coltello e lo posò da una parte, poi si appoggiò al piano di pietra che fungeva da tagliere dandogli le spalle e fronteggiando la ragazza.
Quindi rispose: «Niente, niente. Vi aspettavo.»
«Sei ubriaco?»
«Cosa? No! Eh... Sto bene.» ribatté immediatamente, lievemente sdegnato.
Layla si mise le mani sui fianchi e lo affrontò con aria severa ripetendo: «Sei ubriaco?»
«No.» disse con più convinzione «Tranquilla, è tutto nella norma.» aggiunse, e sperò di essere sembrato convincente.
«Ti stavi preparando a cucinare con la dispensa vuota?»
«Beh no, io...»
«E allora cosa...» d’un tratto la ragazza sgranò gli occhi indicando il suo braccio ed esclamò terrorizzata: «Oh Lya misericordiosa! Ti scongiuro dimmi che... buon cielo cosa ti è passato per la testa?!»
«Cosa? Abbassa la voce! Non è successo niente.» sussurrò lui ansiosamente; non aveva bisogno di chiederglielo per capire che doveva aver visto del sangue, perché lui sapeva di star sanguinando. Prese uno straccio e si fasciò stretto il braccio, affrettandosi in seguito a rimettersi la giacca e dandosi dello stupido per non averlo fatto prima.
Ci fu un breve silenzio, infine lei sussurrò severamente, indicando l’uscita: «Esci a schiarirti le idee!»
«Come prego?» fece lui confuso.
«Non ho alcuna intenzione di lasciare che gli altri sappiano... Sparisci e non tornare finché non avrai capito che idiozia stessi facendo!»
Le rivolse un mezzo sorriso sarcastico: «Mi stai cacciando da casa mia?»
«Puoi dirlo forte! A costo di portarti fuori io stessa, non permetterò che tu e quei poveri ragazzini viviate sotto lo stesso tetto finché... Come... Cosa diamine hai che non va?! Se mio padre lo sapesse! Aveva ragione maledizione! Non sei affatto a posto!»
«Adesso calmati, o li allarmerai.» le disse cercando di rimanere tranquillo «Mi dispiace, davvero. Non volevo spaventarti e non volevo che venissi a saperlo, né gli altri lo sapranno mai... da parte mia.» aggiunse poi «Ma come ti ho detto è tutto nella norma e... mi rendo conto che questo non sia rassicurante.» fece una pausa e la ragazza gli lanciò uno sguardo truce, ma non disse niente, quindi ripeté: «Mi dispiace.»
«Che ti dispiaccia o meno la situazione non cambia!» sussurrò inviperita «Come glielo spieghiamo che appena ti lasciamo da solo provi ad ammazzarti? E l’hai detto tu, è normale! Come credi debba sentirmi ora che lo so?!»
«Io non... non volevo. Gli altri non lo sapranno. Non so cosa dirti, mi stai facendo sentire un idiota.»
«Idiota è dire poco! L’ho detto l’altro giorno e lo ribadisco ora! Maledizione rispondi, cos’hai che non va?» domandò, ora spaventata e sul punto di piangere.
«Non so spiegartelo, succede e basta.»
«Succede e basta!» gli fece eco incredula.
«Non sei tenuta a sapere cosa mi passa per la testa...»
«E invece sì se quello è il risultato!» lo interruppe «Ma dimmi te, cosa potrei inventarmi se da un giorno con l’altro ti trovassimo morto, eh?!»
«Layla...»
«Rispondi dannazione! Come reagirei? Come reagirebbero loro? Cos’è, la carenza d’affetto ti spinge a credere che a nessuno importi davvero di te? La prossima volta pensa a come noi potremmo reagire! Conta fino a mille prima di fare qualcosa! Sei un disgraziato!» finalmente riuscì a dare sfogo a tutta la tensione scoppiando in un pianto silenzioso, asciugandosi tuttavia le guance appena vennero bagnate dalle lacrime.
Cedric non trovò il coraggio di ribattere, perché sapeva che la ragazza aveva ragione; ai loro occhi quel gesto sarebbe sempre sembrato stupido ed egoista, il che non era del tutto falso. E non poteva neanche pretendere che lei comprendesse le ragioni che per un attimo l’avevano spinto a tanto. Poteva solo giustificarlo con una momentanea mancanza di controllo, e fu quello che le disse dopo un lungo silenzio.
Ma dopo quella sorta di giustificazione Layla si trovò vicina a esplodere nuovamente, riuscì a contenere la voce solo per miracolo: «Quindi per un attimo di mancato controllo potresti rovinare la nostra vita per sempre? Non ti perdonerò mai per questo. Ti terrò d’occhio, sappilo.»
«Va bene. Non ho niente in contrario. Suppongo sia in buone mani. Per esempio se ti fossi unita a me non sarebbe successo.»
«Che la luce di Jegra ti folgori! Ora cerchi pure di addossarmi la colpa?» esclamò con stizza pestando un piede.
«No, hai ragione. Non avrei dovuto dirlo.» si affrettò a rispondere.
«La povera Susan si è molto affezionata a te, ma a quanto pare non te ne frega nulla!»
«Questo non è vero. Lei... mi piace, credo.» sussurrò colto alla sprovvista.
«Stalle lontano.» lo interruppe con voce tremante «Prima di coinvolgerla in qualcosa del genere! La distruggeresti! Mettiti la testa a posto se proprio ci tieni!»
«Non sarei comunque capace di darle ciò che merita.» ribatté quasi freddo.
«Beh sai una cosa? Non mi sorprende se la tua massima aspirazione è morire! Non le dirò quanto si stia sbagliando solo per non doverle spiegare il perché. Dirle che sei effettivamente pazzo non servirebbe, non mi crederebbe.»
«Dove sono gli altri?» domandò.
«Gli altri?» esclamò incredula «Gli altri! Stiamo parlando di te e pensi agli altri! Non cambiare discorso!»
«Stai gridando, ti sentiranno di sicuro... a meno che non siano in casa e vorrei sapere il perché in tal caso.»
«Non fingere di essere preoccupato per loro adesso quando fino a poco fa non te ne sarebbe fregato niente!» sibilò a denti stretti.
Cedric si lasciò andare a un lungo sospiro, chiuse gli occhi e si mise le mani nei capelli non avendo la più pallida idea di come placare la furia della ragazza, probabilmente ogni cosa che avrebbe detto le sarebbe suonata stupida e senza senso.
Sentì la porta chiudersi e immaginò che gli altri fossero rientrati, infatti sentì Andrew domandare a gran voce: «Siamo tornati Cedric, dove sei?»
Ma quando riaprì gli occhi non vide nessuno davanti a sé. Rimase interdetto per un lungo attimo, poi capì di essersi immaginato tutto e inavvertitamente rise e pianse insieme, da una parte sollevato e dall’altra sentendosi quasi in pericolo per essere realmente tornato alle vecchie abitudini, a vedere e parlare coi fantasmi.
Si guardò dentro la manica per accertarsi che non ci fosse sangue visibile: la vista annebbiata non gli impedì di constatare che per il momento era tutto a posto, non sentiva nemmeno il dolore; il sangue non colava più e col tempo quello sarebbe diventato solo uno dei tanti segni visibili della sua instabilità.
Dal momento che lui rispose con una risata apparentemente isterica, Susan domandò: «Qualcosa non va Ced? Vieni fuori!»
Layla lasciò le cose che aveva tra le braccia sulla poltrona e corse immediatamente a vedere cosa stesse combinando, solo per scoprire che si trovava in cucina e rideva e piangeva al tempo stesso, con le mani tra i capelli.
«È tutto a posto?» gli chiese spaventata.
Gli altri entrarono nella stanza - si erano spartiti le cose di Layla per non lasciarle sulla poltrona - e Cedric li guardò quasi sorpreso, poi si volse verso Layla e le disse: «Tutto a posto.»
La voce flebile e incerta del ragazzo non l’era piaciuta affatto, quindi insistette: «Sei ubriaco?»
Aveva già vissuto quella scena e sperò che non degenerasse come nella sua allucinazione, lo sperava davvero. Ma non ebbe il tempo di risponderle.
Andrew scoppiò a ridere e tutti lo guardarono, quindi si difese indicando Cedric ed esclamando: «Sei ubriaco eccome! Se ti vedessi in faccia lo capiresti!» presto la sua risata coinvolse anche Mike e Jennifer.
Layla si mise le mani sui fianchi e prontamente ordinò: «Smettete di ridere a quel modo e portate le cose in cantina, piuttosto! Voglio che sia tutto in ordine senza doverlo ripetere!»
«Agli ordini!» disse Mike all’istante, e corse via non volendo farla arrabbiare ulteriormente, seguito subito da Susan. Andrew e Jennifer ci misero poco di più e al contrario di lui non smisero di ridere, ma se non altro si erano tolti di torno.
Senza mutare l’espressione del viso la ragazza tornò a fronteggiare Cedric e, sebbene fosse più bassa di lui di tutta la testa, emanava un’aria talmente autoritaria che lui si strinse nelle spalle come pronto a ricevere una bastonata ben meritata.
Ripeté la domanda ora con aria severa: «Sei ubriaco?»
«No.» ripeté più convinto. Di nuovo. Proprio come poco prima.
«Piangevi e ridevi insieme, Cedric!»
«Sì, e con ciò? Maledizione sto...» s’interruppe e chiuse gli occhi facendole cenno di lasciar perdere.
Avevano solo pochi minuti per chiarire la situazione prima che i ragazzini tornassero di sopra: «Male? Bene? Come stai?»
«Non lo so. Male, suppongo.»
«Che ci facevi qui?»
Cedric tornò a guardarla cercando di capire perché avesse fatto quella domanda; se sospettasse qualcosa, se volesse solo sapere, oppure ancora soltanto intrattenere una conversazione per mettere alla prova la sua lucidità. Non credeva di essere ancora sufficientemente in sé da tenere un discorso serio come quello nemmeno con Andrew, figurarsi con Layla.
«Io niente, io... vi aspettavo.» balbettò, non aveva ancora la situazione sotto controllo e sperava solo che il peggio fosse passato, che non si mettesse a urlare senza motivo proprio davanti a lei...
«Il che è una palese bugia. Cosa stavi combinando qui?» ripeté lei.
Il ragazzo scosse la testa e disse qualcosa con fare implorante, ma Layla non fu sicura di aver capito. Quando gli chiese di ripetere lui fece un verso supplicandola di lasciar perdere.
Al che lei perse la pazienza e lo interruppe gridando severamente: «Smettila, Cedric!» e lui si zittì chiudendo gli occhi e scattando come se effettivamente avesse ricevuto l’attesa bastonata.
Prima che potesse pentirsi di aver gridato perché sicuramente gli altri l’avevano sentita, il ragazzo parlò: «Non... non comportarti così, non alzare la voce. Per favore. Potrei non reagire bene, ecco.»
«Cosa vuoi dire?» gli chiese dunque, ora cercando di apparire paziente.
«Intendo dire... eh... è difficile da spiegare. Non sto bene, fattelo bastare.» tagliò corto infine.
«Va bene, che ne dici se ti porto fuori a prendere un po’ d’aria?» e senza attendere una sua risposta fece per afferrargli il braccio.
Ma lui si ritrasse e sussurrò a denti stretti: «Non mi toccare.»
Il suo atteggiamento la lasciò attonita; lo guardò incredula, congelata sul posto dalla paura, e non seppe come reagire mentre le tornavano alla mente sprazzi di ricordi della mattina stessa.
«Non c’è niente di cui parlare Layla, è tutto nella norma.» le disse poi più calmo capendo di averla spaventata, ma non accennò a volersi scusare.
«Va bene...» sussurrò confusa, poi scosse la testa e decisa a non insistere per non stressarlo riprese: «Allora che ne dici di aiutarci, eh? Abbiamo fatto un po’ di spesa per la settimana.»
Il ragazzo si costrinse ad annuire e seguirla giù per le scale per non insospettirla ulteriormente, gli era già andata molto meglio di quanto avesse temuto e non poteva permettersi che qualcosa gli sfuggisse di nuovo. Perciò le disse a bassa voce di aver semplicemente continuato a leggere delle cose poco piacevoli da quel libretto, ma niente di cui doversi preoccupare. Non le disse che probabilmente tutti i suoi disagi erano dovuti al fatto che ancora non si fosse abituato alla mancanza delle erbe che per anni Gerida gli aveva somministrato, o peggio ancora dal fatto che dopo tutti quegli anni ancora aveva bisogno di un aiuto esterno per mantenere il controllo perché da solo non riusciva.
Lei gli credette e si limitò a suggerirgli di smettere di leggere da quelle pagine, per poi dire a Susan e Andrew di andare a svolgere il proprio compito apparecchiando la tavola. I due più giovani corsero via mentre gli altri quattro finirono di riporre i viveri sugli scaffali della cantina in un religioso silenzio imbarazzato.

  
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