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Autore: Kitsunelulu    22/02/2017    0 recensioni
Orlando ama l'arte, le piante, il sole, i dolci. Marco odia tutto, per primo se stesso.
C'è qualcosa nel loro passato, tuttavia, che li accomuna.
Storia di due rette parallele che si incontrano.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“E’ morta. Questo è il fulcro principale della questione, ma immagino che l’avessi già capito.”
Il biondo annuisce lievemente mentre sorseggia.
“E’ stato così improvviso che non avrei mai potuto immaginare nulla di simile. Eppure quel giorno c’era un’aura minacciosa tutt’intorno a Lilia, una specie di temporale fermo nelle nuvole cariche di pioggia. Avrei dovuto immaginarlo, ma come potevo? E’ stato un incidente stradale. Avevamo appena finito di litigare e lei corse via arrabbiatissima. Prese la macchina di mia madre e imboccò la strada statale, i vigili dissero che correva parecchio. Stava guidando verso la casa del suo ragazzo, ma era la prima volta che usciva fuori paese. La patente ce l’aveva da pochi mesi. Una fatalità, qualcosa andò storto mentre cercava di sorpassare un camion e finì fuori strada, giù dal guard rail. Chiamarono a casa mezz’ora dopo l’incidente, ma lei era già morta sul colpo. Non me ne capacitai per settimane. Forse per paura di svegliare la consapevolezza del fatto che non potesse tornare indietro, non andai nemmeno al funerale. Non versavo lacrime, semplicemente rimanevo chiuso in camera mia evitando che il pensiero di Lilia potesse anche solo sfiorarmi. Ma non era possibile. Guardarsi allo specchio bastava a ricordarmi il suo volto. Ogni cosa in quella casa era anche sua, ogni ricordo, ogni fotografia, ogni oggetto. Eravamo due metà dello stesso intero, ed ora ero rimasto solo io. Mi sentivo soffocato, annegato. Finché un giorno uscii finalmente di casa. Presi il treno e andai a picchiare a sangue il ragazzo di Lilia. Tornato a casa scoppiai in un pianto incessante. Mia madre sembrava persa nel vuoto. Mio padre, che ormai viveva con la sua nuova moglie da cinque anni, era in una situazione ambigua. Non gli do colpe, lui è stato vicino a mia madre e continua ad esserlo. E’ stata una tragedia per tutti. Ma la tragedia maggiore è stato scoprire quanto potessi essere schifosamente egoista. Ricattai mio padre, letteralmente. Gli dissi che la casa mi andava stretta e che se non mi avesse pagato l’università fuori sede probabilmente mi sarei suicidato. Non sopportavo più neanche un secondo in quella casa. Anche vedere mia madre soffrire era insopportabile, così decisi di abbandonarla. Decisi di andare a vivere da solo sia fisicamente che spiritualmente. Sono un pessimo figlio ed una pessima persona in generale. E’ questa la verità. Se pensi che in tre anni sia migliorato, come vedi, ti sbagli. Sono ancora qui. E con mia madre a stento ci parlo al telefono. Non sono mai tornato a casa, nemmeno una volta. Da quando sono qui ho sempre fatto di tutto per relegare i ricordi nella parte della mia mente più remota possibile. Spesso però tornano a galla. Nei sogni, tra le parole ascoltate distrattamente, mentre mi perdo nei pensieri. Continuano a tormentarmi, a ricordarmi incessantemente di che pessima persona io sia. Ed ora che lo sai anche tu, ti chiedo scusa in anticipo. Ma soprattutto, se vorrai lasciar perdere la nostra amicizia, non ti biasimerò nella maniera più assoluta. Non la merito, questo è ovvio.”
Orlando sembra scosso dal mio racconto. Probabilmente non tanto della morte di mia sorella. In fondo tutti muoiono, tutti soffrono, tutti spariscono prima o poi. Ciò che ha provocato il turbamento in lui è sicuramente la confessione dei miei personalissimi peccati. Ah, che pietà che ho di me stesso. Finalmente trovo il coraggio di raccontare tutta la verità a una persona e scelgo proprio l’unica persona che non vorrei perdere. Ma ormai ci ho fatto l’abitudine. Una persona come me non merita di essere amata, non merita nemmeno la vicinanza di esseri umani. Ne soffro io, per il mio malatissimo egoismo, e ne soffre chi mi circonda. Penso proprio che dovrebbero relegarmi in isolamento su qualche isola a massima sicurezza. Soffrire in silenzio, la miglior pace che possa desiderare. Ma perché allora sto tremando? Ho paura? Forse sono solo triste? Non ho freddo. Non ho la febbre. Perché ho iniziato a piangere senza accorgermene? Di solito me ne accorgo e cerco di fermarmi. Ma adesso le lacrime scorrono senza che le senta. Mi accorgo della loro presenza solo per la sensazione di umido sulle ciglia e per qualche goccia che cade sulle mie mani. Ho paura? No.
La verità è che sono terrorizzato.
“Sei uno stupido.”
Orlando afferra entrambe le mie mani e le stringe forte. Attende qualche secondo, ma quando si accorge che non accenno a sollevare lo sguardo, forse per la vergogna di mostrare queste strane lacrime o forse per il terrore di scoprire cosa avrò di fronte, mi solleva il mento di forza con la mano sinistra. Lo osservo, obbligato a farlo. I suoi occhi sono rossi. Ha le guance rigate dalle lacrime, ma ora non sta piangendo. Ha un’espressione nuova, inedita sul suo volto: è arrabbiato. Sembra furioso di qualcosa, e si accinge a spiegarmelo.
“Sei uno stupido. Stai addirittura tremando. Credi davvero che possa abbandonarti così? Credi davvero di essere una persona spregevole solo perché la vita è stata così cattiva con te? Sei un essere umano. Hai il diritto di soffrire e di reagire al dolore come meglio credi. Tutti gli esseri umani sono egoisti, lo sono nel profondo, sono macchiati di questo peccato originale in ogni azione che compiono, anche quella che sembra più altruista. Tu non sei diverso. Tu non devi niente alla vita, e lei non deve niente a te, perché è così che vanno le cose. E’ il triste corso degli eventi, e che sia casuale o causale, questo non ci è dato saperlo, perciò è inutile preoccuparsene. Non esistono gli eroi e nessuno si è mai aspettato da te che tu lo fossi, se non te stesso.  Non devi vivere nel presente come se il passato fosse una malattia! Non so davvero come mai pensi questo di te. Il tuo è l’atteggiamento più altruista che io abbia mai visto nella sofferenza. Guarda me, fallo! Credi davvero che io sia così diverso? Credi davvero che io sia meglio di te? Con quale criterio potrei mai io giudicarti se per primo sono scappato dal dolore, senza nemmeno provare a combattere per cambiare la situazione? Mi manca mia madre ogni giorno. So che è lo stesso per lei e che lei mi ama nonostante tutto. Ma continuo a farla vivere nel rimorso di aver provocato la fuga di suo figlio, pur sapendo benissimo che lei non c’entra nulla. Semplicemente non ho la forza necessaria a combattere mio padre. Non c’è nulla di eroico in me. E non devi farti una colpa se non c’è nulla di eroico in te. Possiamo essere semplici umani insieme.”
Esito. Cosa potrei rispondere? Non mi viene in mente nulla. Nella mia mente la risposta alla mia confessione era del tutto diversa. Faccio fatica a credere di aver sentito quelle parole. Abbandonato da tutti ogni volta, questa volta sono invitato a non sentirmi in colpa per il mio egoismo. Non sono perdonato, sono compreso. E’ qualcosa di così dannatamente adeguato che aderisce alla mia anima completamente. Sono le parole che avrei sempre voluto sentire, ed ora sono dentro di me, come se si fossero materializzate da un desiderio.
Orlando, cosa sei tu, per me?

“Marco, ascoltami bene. Ciò che sto per fare sarà un atto di egoismo che potresti non perdonarmi. Spero che possa farti capire che non sei il peggiore tra noi, perché non c’è un peggiore. Spero possa farti sentire meglio, anche se dovesse portarti a odiarmi. Lascia che sia egoista e che assecondi la mia volontà, solo per pochi secondi.”
Detto ciò, quasi in una dimensione temporale sospesa e talmente improvvisa da cogliermi alla sprovvista, Orlando tira a sé il braccio che ancora regge con la mano sinistra, e con la destra mi accarezza il volto, per poi avvicinarsi in un bacio. Un bacio che dura più di pochi secondi.



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AAAAAA DUNQUE FINALMENTE E' SUCCESSO. Mi ci sono voluti 22 capitoli, mea culpa, ma finalmente i miei carissimi Marco e Orlando vengono al dunque. Chiedo perdono per la lentezza con cui sto proseguendo la storia ultimamente (sempre che ci sia qualcuno a cui interessi davvero).
Per motivi vari ho dovuto concentrare la scrittura in altre cose e sinceramente credo mi abbia fatto bene, perché tornando a occuparmi di Monomania dopo parecchio tempo, ho scritto un fiume di parole di cui mi ritengo abbastanza soddisfatta, ed era da un po' che non succedeva. Quanti sentimenti in questo capitolo, mamma aiuto. Spero che apprezziate e se c'è qualcuno che ha seguito la storia dall'inizio, beh, questo capitolo è dedicato con tanto amore a voi. Con l'augurio che vi sentiate soddisfatti/e dopo 22 capitoli di rottura di c- . Ovviamente da qui inizia il bello, eheh, perciò se siete qui, mi raccomando, proseguite. Tanti grazie,
Lulu
   
 
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