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Autore: Dragonfly_95    22/02/2017    4 recensioni
Emma è rimasta sola, dopo una serata in discoteca: la sua amica Greta l'ha lasciata sola. Qualcosa di terribile sta per accadere quella notte, tra i vicoli di un quartiere buio e malfamato. Ma poi arriva Tom...e tutto cambia. Sembra un angelo venuto a salvarla...ma se invece non fosse così? Emma non puo' averne la certezza. Ma non puo' far altro che fidarsi di lui.
-Non aver paura, tesoro…andiamocene forza. Vieni qui.
Tom l’afferrò delicatamente per un braccio, l’attirò a sé e la fece appoggiare sulla sua spalla. Emma non era nemmeno in grado di camminare, né di reggersi in piedi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Me ne sono andato da casa di Emma stamattina, lasciandola lì, mentre stava male.

Mi sento una merda.

Non si dovrebbe mai e poi mai lasciare la propria ragazza, la ragazza che ami, da sola, mentre non si sente troppo bene.
Potrebbe sentirsi male, cadere, sbattere la testa…

Cazzo Tom, quanto sei tragico.

Comunque dopo le manderò un messaggio, almeno potrò stare più tranquillo anche io.
Allevierò il mio senso di colpa, per quanto possibile.

Ma non è per questo che mi sento una merda.

O meglio, è anche per questo.

Ma è soprattutto perché sono un grandissimo stronzo. Con la S maiuscola.

Quando io ed Emma abbiamo avuto quella discussione su Eva, davanti casa sua, aveva perfettamente ragione a dire che non sono affatto diverso da altri uomini.
Perché come molti altri, io non so quello che voglio.

Anzi, io lo so: voglio Emma. E voglio anche Eva.

Ma a causa del mio immenso egoismo e della mia stupidità, sto mentendo e tradendo non una, ma due donne.
Due donne che amo più della mia stessa vita.
Non potete chiedermi di scegliere, non ci riesco. Non posso.

Prima di conoscere Emma, credevo che Eva fosse l’unica donna della mia vita.

Ho conosciuto Eva durante una gita scolastica, al liceo.
La professoressa Baum ci aveva portato la nostra classe a visitare il Museo della Preistoria. Era una mattinata dedicata alle visite scolastiche.
C’era un casino assurdo: professoresse che urlavano per richiamare l’attenzione dei loro alunni, ragazzi che chiacchieravano o cantavano cori da stadio…
Più che una visita d’istruzione, sembrava un mega rave party.
Naturalmente la nostra classe non era da meno.
Quella poveretta della professoressa Baum non sapeva più come farci stare buoni.
Una povera donna di mezza età, in balia di trenta ragazzi di 15 anni. Dev’essere stato un incubo per lei.
Il museo era di una noia mortale: non c’erano altro che vasi di terracotta, coltelli fatti con pietre appuntite e strani sassolini senza uno scopo apparente.
Io e Max continuavamo a ridacchiare e a spingerci, senza curarci minimamente di ciò che avevamo intorno.
Ad un certo punto la professoressa Baum aveva anche deciso di dividerci:aveva messo Max come apri-fila e me alla fine della coda.
Non che questo c’impedisse comunque si scambiare occhiate complici e risatine tra noi.
Ad un tratto entrammo tutti in una stanza enorme, dove al centro troneggiava un enorme scheletro di mammut; era così altro che quasi toccava il soffitto.
Ricordo di aver pensato: ‘Finalmente qualcosa di figo’ .
Nel frattempo erano entrate altre scolaresche nella stanza-del-mammut. Avevano riunito tutte le classi in visita dentro quell'unica stanza.
Era stato lì che l’avevo vista per la prima volta: una ragazza mingherlina, naso appuntito, capelli biondi e lisci come la seta.
Ridacchiava con una sua amica, attenta a non farsi notare dalla sua professoressa.
Non fu un colpo di fulmine: pensai subito che aveva l’aria di una che non sa far altro che guardare tutti dall’alto al basso.
Ma capì di essermi sbagliato quando ad un tratto mi guardò negli occhi, sorrise lievemente e si avvicinò a me.

-Per caso fumi? Tra poco dovrebbe esserci la pausa pranzo all’aperto e… Ho davvero bisogno di fumare per riprendermi da questo museo.- mi aveva sussurrato, con una voce di zucchero.

Fu così che m’innamorai di Eva.

A prima vista, poteva sembrare la ragazza più stronza e altezzosa del mondo, ma non lo era neanche un po’.
Era spontanea e alla mano. Un pitbull travestito da chihuahua.

Durante la pausa pranzo fumammo un po’ di erba, nascondendoci dietro un capanno di legno e ridendo come due bambini per ogni sciocchezza.
Ci scambiammo i numeri di cellulare quel giorno e poi continuammo a sentirci anche durante le vacanze estive.
Eva abitava in un quartiere tranquillo, poco lontano dalla periferia.
Sua madre e suo padre erano tipi tranquilli, quel tipo di genitori che ti cucinano lasagne per cena e ti fanno battute tipo: ‘Come sta andando tra te e mia figlia?’.

Mi trovai bene con loro, fin da subito.

Finalmente, per la prima volta nella mia vita, mi sentivo parte di una famiglia.

Raccontai di mia madre ad Eva solo molti mesi dopo il nostro fidanzamento.
Le spiegai perché non l’avevo mai portata a casa mia, mentre io cenavo dai suoi praticamente ogni week-end.
Aprirsi con Eva mi sembrò la cosa più naturale del mondo, come se stessi parlando con una sorella.
Mi sentivo come se, finalmente, fossi riuscito a togliermi un peso che portavo sul cuore da tutta la vita.
Ricordo che, quando finì di parlare, una lacrima calda e umida mi scese lungo la guancia.
Era una lacrima di dolore e tristezza… Ma anche di libertà.
Per tutta risposta, Eva mi aveva abbracciato fortissimo e mi aveva detto:

‘Io sarò sempre la tua famiglia Tom.’

Ed era la cosa più bella che una donna mi avesse mai detto.




 
*




 
Conoscere Emma è stata la mia benedizione.

O la mia eterna condanna.

Odiavo le discoteche, le avevo sempre odiate. Ero andato lì per fare un po’ di compagnia a Max e agli altri ragazzi: quella sera Eva aveva una cena di lavoro e non mi andava di restarmene a casa da solo.
Io e Max eravamo usciti dal locale per andarci a fumare una sigaretta, ma soprattutto per prendere una boccata d’aria fresca.
Avevamo notato subito che qualcosa non andava.
Un gruppo di ragazzi, ammassati intorno ad un'unica ragazza semi-sdraiata su una panchina di un parco.
Troppe risatine maliziose, troppe battute volgari.
Io e Max non abbiamo avuto bisogno di dirci nulla.
In pochi istanti, eravamo già lì.
Io avevo dato una spallata ad un uomo con un cappello nero, Max ne aveva spinto via un altro.
Lei era lì, immobile.
Il trucco le era colato lungo le guance. I capelli erano arruffati e il vestito sollevato, lasciando scoperte le cosce.
Aveva un’espressione distrutta, ma allo stesso tempo c’era una sorta di luce di speranza nel suo sguardo trasparente.
Ricordo di aver provato una pena immensa per quella ragazza, sola e impaurita.

E incredibilmente bella, nonostante l’aspetto distrutto.

Non avevo mai tradito Eva e non avevo mai pensato di tradirla, nemmeno per un istante, nemmeno quando litigavamo urlandoci contro ogni insulto esistente sulla faccia della terra.
Non avevo mai avuto dubbi su Eva.

Ma Emma… Era Emma.

Lei aveva messo in dubbio ogni cosa, anche me stesso e tutti i valori a cui credevo.

La sua innocenza e la sua schietta sincerità mi avevano incantanto subito. E allo stesso tempo mi spaventavano.
Che cosa mi stava succedendo? Perchè questa ragazza mi fa questo effetto?

Per quanto possa sembrare brutto, il paragone con Eva era spontaneo.
Due donne così diverse, ma in qualche modo simili.

Nei loro gesti, nelle loro risate…Nel loro modo di amarmi incondizionatamente.

Chi non penserebbe che io sia uno stronzo traditore egoista?
Io stesso lo penso.
Eppure non posso cambiarlo.
Evidentemente è la mia natura: un'anima senza pace incapace di scegliere.
Dante Alighieri non avrebbe esitato un istante a buttarmi dritto nel girone degli ignavi.
Insieme a quegli angeli incapaci di schierarsi con Dio o con Lucifero.
Soltanto che io, a differenza loro, dovevo scegliere tra due angeli.
Fino a qualche giorno fa, non sapevo il perché di questo mio comportamento vigliacco.
Non era da me; nonostante la mia vita turbolenta, avevo sempre avuto la testa sulle spalle.
Ero una brava persona, o così mi sembrava.

Ma poi ho capito.

Avevo avuto una sorta di illuminazione, un lampo di luce, proprio l'altro ieri, sotto la doccia calda e fumante di casa mia.
Fin da bambino, mia madre era stata una donna assente, depressa, in cerca di qualche briciola di felicità.
Felicità illusoria, ovviamente. Ma Questo bastava per farla uscire di casa e ritornare dopo ore, se non giorni, lasciandomi da solo dentro ad una roulotte sgangherata e sicuramente pericolosa per un bambino di pochi anni.

Aveva tempo per cercare la sua felicità, ma non aveva tempo per la mia.

Il suo amore era riservato soltanto a qualche uomo di passaggio che non voleva altro che infilarsi nelle sue mutande per una notte.
Questo le bastava. Ma non bastava a me.
Eva era stata davvero la mia famiglia. La prima donna che mi aveva offerto tutto il suo amore, senza chiedere nulla in cambio.
Mi amava senza fare domande e con una purezza infinita.
Ed era tutto quello che desideravo.
Fino a quando non ho visto Emma e mi sono reso conto che anche lei sarebbe stata capace di amarmi senza limiti, proprio come faceva anche Eva.

L'ho capito subito: una donna che sa amare la riconosci al primo sguardo.

Non avevo mai avuto tanto amore in vita mia...E adesso lo volevo tutto.
Tutto quello che il mio corpo sarebbe stato in grado di contenere, io lo avrei afferrato.
L'amore di Eva. L'amore di Emma.

Avevo fame d'amore, e non ero mai sazio.

Ecco perché non potevo scegliere.
Questo non cambia l'opinione che ho di me stesso, ma in qualche modo mi fa sentire meglio.
Avere una spiegazione logica e razionale ci rincuora sempre.

Sto guidando velocemente in mezzo al traffico ora.
Sono in ritardo, cazzo.
Mando subito un sms a Eva per scusarmi con lei e le dico che, a minuti, sarò lì.
Il cielo è coperto da uno strato di nuvole plumbee e una lieve luce mattutina, fastidiosa, invade il paesaggio.
Prendo lo svincolo per uscire dalla superstrada e, dopo qualche istante, svolto a destra e poi ancora a destra, arrivando davanti casa di Eva.
Avrei voluto passare a casa a cambiarmi, ma non avevo abbastanza tempo: la camicia è leggermente stropicciata, ma non mi preoccupo molto.
Spengo il motore ma, prima di scendere dall'auto, mando un messaggio ad Emma per sapere come sta.
Mi sento ancora in colpa.
Ho sempre paura che le accada qualcosa, stamattina in maniera particolare visto che non si sentiva nemmeno bene.

'Come stai tesoro?'

Premo INVIO.

Mi guardo nello specchietto dell'auto, cercando di sistemarmi i capelli con le dita.
Afferro il giaccone ed apro la portiera per scendere.

Tin Tin.

Afferro subito il telefono.
Un messaggio di Emma. 

'Molto bene grazie.'

Tiro un sospiro di sollievo. Sono davvero contento che stia meglio.

Tin Tin

Altro messaggio di Emma; lo apro subito.

'Soprattutto ora che so di te ed Eva. Sei un pezzo di merda'.






ANGOLO D'AUTORE.


Buongiorno bellezze!
Eccomi quì, finalmente con un nuovo capitolo. Un capitolo sicuramente molto diverso dagli altri... Spero vi piaccia.
Diaciamo che ho, in qualche modo, cercato un po' di mettermi nei panni di Tom e di 'giustificare' (?) il suo comportamento. Non nego che è stato davvero molto difficile e ammetto di averci messo moltissimo per scriverlo... Ma sono abbastanza soddisfatta, lo ammetto :)
Come sempre, ringrazio tutte le persone che seguono\commentano la storia e come al solito aspetto le vostre più sincere opinioni a riguardo!
Un bacione, 

Dragonfly_95

 
   
 
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