Videogiochi > Undertale
Segui la storia  |       
Autore: Sameko    22/02/2017    1 recensioni
Una Genocide rimasta incompleta.
Una Pacifist che si prospetta essere quella definitiva, quella che assicurerà il lieto fine a lungo sperato.
Ma gli ingranaggi erano già stati messi in moto da tempo. Fili che dal passato tendono verso il presente aspettano di intrecciarsi con un futuro ancora incerto. Ed è ora che iniziano le sfide più difficili, in cui anche una mano amica in più può fare la differenza.
L’importante è non perdere mai la propria determinazione.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chara, Frisk, Sans, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 14: Il meglio per te
 





Aveva immaginato che sarebbe stato impegnativo resistere ad una stanchezza che, se non colmata durante il giorno con i suoi frequenti sonnellini, non sarebbe stata eliminata in altro modo… ma non aveva immaginato che sarebbe stato così impegnativo, non dopo tutte le volte che lo aveva già fatto in passato, prima di tutto questo e prima dei reset.
Erano ormai due notti che non dormiva, né schiacciava un pisolino durante il giorno, un’abitudine che gli era sempre tornata utile in quei periodi dove chiudere occhio la notte gli risultava impossibile, ma a cui al momento non poteva ricorrere. Era, infatti, alle sue riserve di magia che stava dando fondo con quanta più parsimonia poteva, benché sapesse perfettamente che quella soluzione da sola non sarebbe bastata, non per sempre e nemmeno tanto a lungo, perché quelle riserve erano destinate ad esaurirsi presto nonostante fossero sempre state di un’ampiezza non indifferente. E non era di cibo che la sua anima aveva bisogno per produrre altra magia e mantenersi in forze, quello sostentava solo il corpo, non le anime. Era di assoluto riposo che, Sans sapeva, avrebbe avuto presto bisogno.
La mancanza di sonno stava tragicamente cominciando a farsi sentire e il suo organismo, di conseguenza, a lamentarsi perché gli venisse concessa una tregua. Le sue palpebre non avevano ancora iniziato una lenta discesa sui suoi occhi, non ancora, ma il pensiero di farlo… oh, quello stava cominciando a diventare insistente. E, quando diveniva sordo a qualunque altra cosa che non fosse quel pensiero, la voce di Gaster si sovrapponeva ad esso e tornava a sussurrargli maliziosamente nel cranio.
« Non ti lascerò riposare finché non cederai. »
Quelle parole erano sufficienti a fargli scacciar via ogni idea di rinunciare, nel mentre che la sua anima veniva invasa da una netta, radicale sensazione di rifiuto. Aveva ceduto in molte altre cose, ma con Gaster non era disposto a fare altrettanto – e non ne andava solo del suo orgoglio personale, ma anche della sicurezza di coloro a cui voleva bene. Gaster gli aveva apertamente dimostrato di essere diventato un perverso manipolatore senza più scrupolo alcuno e non osava immaginare cosa avrebbe potuto fare se messo nella condizione di poter nuocere a qualcuno. Tuttavia Sans, in cuor suo, aveva iniziato a maturare la convinzione che questa natura crudele e deviata era stata forse insita nell’animo dello scienziato fin dal principio. Non era diventato qualcosa, era sempre stato quel qualcosa… e lui, semplicemente, era stato fin troppo cieco per vederlo, traviato dall’inesperienza e dalla sua purtroppo ancora giovane età. Tutt’ora, non riusciva a perdonarsi l’errore di aver fatto il suo gioco per così tanti e lunghi anni, di essersi fidato e lasciato distruggere dentro a causa di qualche parola e gesto ben piazzato, atte ad assicurarsi da parte sua una fedeltà che sarebbe morta tempo prima senza di esse.
Un soffice e sommesso rumori di passi distolse la sua attenzione da quelle riflessioni e dai rimaneggiamenti di un passato che ricordava con tanto disprezzo. Il rumore era quello della suola di uno stivale, ma non pensò neanche per un secondo che potesse essere suo fratello – passi troppo frequenti e così attutiti dalla neve potevano solo indicare l’arrivo di qualcuno di gran lunga più minuto di Papyrus.
Quando vide Frisk entrare nel suo campo visivo, imbacuccata per bene nella sua sciarpa e leggermente ansimante per la camminata, gli angoli della sua bocca si incurvarono di volontà propria in un lieve sorriso.
« Buon giorno, Sans! » Lo salutò lei, sventolando una mano in sua direzione. Notò anche, quasi con piacere, che stava nuovamente indossando il suo caratteristico maglioncino a righe, segno che suo fratello doveva aver ultimato la ricucitura della manica rovinata. Decisamente, azzurro-blu e fucsia le si adattavano molto più di verde e giallo.
« Giorno, piccola. » Le rispose, con un cenno amichevole della testa. « Cosa ti porta così lontana da Snowdin? Non avrai fatto tutta questa strada solo per raggiungermi, spero. »
Ma, anche senza attendere risposta, Sans aveva la sensazione che doveva essere andata esattamente in quel modo. Se avesse saputo in anticipo quali erano le intenzioni di Frisk, beh, le avrebbe dato uno strappo lui stesso – uno dei vantaggi della piccola di essere fra i pochi a sapere delle sue ‘scorciatoie’.
« E se ti dicessi che ci hai visto giusto? » Replicò Frisk, avvicinandosi alla postazione in legno con uno sguardo d’intesa.
Sans ridacchiò davanti all’accenno di innocua complicità che traspariva dall’espressione della giovane.
« Non metto in dubbio che le passeggiate mattutine siano l’ideale per darsi una bella rinfriskata, ma affrontare il freddo da sola? Hai la pellaccia dura, piccola. »
Frisk esibì un largo sorriso, per mostrargli quanto le avesse fatto piacere sentire un gioco di parole con il suo nome.
« Papy mi ha detto una cosa simile prima che uscissi. » Rifletté ad alta voce. « Ah, mi ha detto di ricordarti di non dormire sul posto di lavoro come tuo solito. »
Sans si trattenne dal rilasciare persino il più flebile dei sospiri. Se suo fratello avesse saputo che, al momento, l’addormentarsi in generale era in cima alla lista di cose che si era vietato di fare – probabilmente per la prima volta in tutta la sua vita – era sicuro che avrebbe visto l’espressione più orgogliosa di sempre comparire sul volto di Papyrus, il quale sarebbe stato totalmente ignaro dei motivi dietro ad un’azione ai suoi occhi tanto ammirevole.
Un altro piccolo dettaglio, però, catturò la sua attenzione.
« Papy? » Ripeté con una divertita curiosità, alzando leggermente un’arcata sopraccigliare.
Frisk gli sorrise imbarazzata.
« Mi è uscito naturale questa mattina… è un semplice diminutivo, però Papyrus non ha protestato nemmeno quando l’ho ripetuto una seconda volta. » Spiegò, stropicciando le maniche del maglioncino. « Spero gli piaccia come mi ha fatto intendere… »
Sans osservò brevemente i movimenti nervosi delle sue mani, distogliendo poi rapido la sua attenzione da esse. Di nuovo, quel gesto di disagio aveva fatto la sua comparsa. Doveva essere un tic nervoso di qualche sorta, concluse fra sé e sé.
« Fidati, è sicuramente un buon segno. » La tranquillizzò lo scheletro, prima di sporgersi dalla sua postazione per scompigliarle giocosamente la frangia. E non era solo per dire, Papyrus era sempre stato generalmente riluttante su soprannomi vari e che avesse accettato il diminutivo datogli da Frisk, in silenzio e senza lamentela alcuna, era decisamente un buon segno. Come fosse riuscita ad ottenere una simile reazione così presto, però, restava un mistero per Sans. D’altronde, lui aveva dovuto faticare un bel po’ prima di ricevere l’approvazione di suo fratello con ‘Paps’. Solo alla fine, Papyrus aveva optato per la resa, comprendendo l’affettuosità malcelata dietro a quel soprannome; chiedere a lui di non utilizzare un nomignolo esclusivo e speciale per il suo fratellino, sarebbe stato come chiedergli di rinunciare al ketchup quando andava da Grillby’s. Tutti lo chiamavano ‘Papyrus’, ma solo lui lo chiamava ‘Paps’.
Frisk accettò il gesto sbarazzino con un piccolo sorriso, le sue mani che spuntavano dalle maniche del maglioncino tornarono immobili lungo i suoi fianchi, reazione che Sans aveva sperato di ottenere sin dall’inizio.
« Chara dov’è? Ha deciso di non venire? » Domandò quindi, notando non certo con dispiacere l’assenza di Chara al fianco della ragazzina più piccola.
« Mh mh. Non la entusiasmava l’idea di vederti. » Rispose lei, con un sorriso scusevole. In realtà, una ragione ben più personale aveva spinto la sua amica a restare indietro a Snowdin, ma non ritenne opportuno menzionarla a Sans. Dopotutto, erano confidenze private che, giustamente, meritavano di restare private, al massimo raccontate in generale e senza troppi dettagli.
« Non posso dire che il sentimento non sia reciproco. » Ammise Sans, con un’alzata indifferente di spalle. Non poteva certo fingere che la mancata presenza di Chara lo intristisse – tutto il contrario, per l’appunto. Quella ragazzina, talvolta, sapeva provocargli un tale senso di inquietudine che avrebbe dato via un femore per non averla attorno… e certo non aiutava il fatto che, ogni qualvolta la guardava in viso, era un gelido specchio dei propri occhi ciò che gli restituiva lo sguardo, un riflesso che trovava fin troppo familiare per non restarne quasi intimidito.
Si risedette nuovamente sulla panca, al riparo dalle brezze di vento gelido che a volte spiravano, e le fece cenno con la testa per invitarla ( sempre se lo desiderava ) ad unirsi a lui.
Frisk stirò ulteriormente le labbra in un sorriso, accettando l’invito implicito.
Fece il giro della postazione, aprì il cancelletto che permetteva l’accesso all’interno e si sedette comodamente vicino allo scheletro. Una serie di brividi, tuttavia, le raggelò la pelle lungo tutta la schiena non appena le sue gambe vennero a contatto con il legno freddo della panchina. Una prossima volta, si sarebbe certamente fatta prestare dei vestiti più pesanti da Papyrus, prima di uscire ancora ad affrontare l’inverno perenne di Snowdin. Non ricordava che le temperature si sarebbero abbassate così tanto in questa particolare giornata.
Il tremolare del corpo della ragazzina non era rimasto ignorato da Sans.
« Che cos’era quello? » Le chiese, un po’ impensierito dalla rigidità che aveva preso possesso della postura della giovane.
Frisk lo guardò senza capire, cosa che spinse lo scheletro a meglio specificare la sua domanda.
« Stavi tremando. Hai… freddo? »
Il lampo della comprensione attraversò d’improvviso gli occhi di lei.
« Ah… beh, un pochino, ma non è nulla di insopportabile. » Replicò la ragazzina, con un sorriso leggermente impacciato.
Sans sollevò appena un angolo del proprio in risposta, in grado ora di associare quella reazione a qualcosa di conosciuto. La maggior parte dei mostri poteva sentire e soffrire il freddo se erano dotati di pelle o qualsiasi altro rivestimento sensibile alle basse temperature. Per uno scheletro, quel problema ovviamente non si poneva, ma ritrovare un simile comportamento anche in Frisk, appartenente ad una specie diversa dalla sua, non gli aveva consentito in un primo momento di riconoscere le implicazioni di quel tremolio, nonostante fosse esposto a comportamenti affini quasi quotidianamente.
« Ti ho mai fatto questa domanda? » Le domandò in seguito, non appena il pensiero lo aveva toccato. Non aveva ricordo di un simile scambio di parole ma, ancora, la sua memoria sapeva essere davvero refrattaria quando si trattava di reset e linee temporali. Potendo controllare a proprio piacimento quell’abilità che pareva più una maledizione, avrebbe scelto di non ricordare assolutamente nulla, di vivere una vita di loop temporali apparentemente senza fine, ma nell’inconsapevolezza della loro esistenza. L’ignoranza poteva non essere il peggiore dei mali, a volte.
« Ogni tanto… ma non importa, mi piace quando sembri così interessato. » Confessò lei, con un apprezzamento soffuso nella voce.
Sans annuì brevemente al complimento, cercando di nascondere il lieve accenno di disillusione che aveva tentato di affiorare sul suo volto. Avrebbe dovuto aspettarsi una risposta del genere, ma il non mostrare mai segni di noia o fastidio di Frisk ogni qualvolta si parlavano lo metteva in seria difficoltà quando si trattava di discernere, con sicurezza, ciò che per la ragazzina era nuovo o era già accaduto in precedenza.
Mise tuttavia quei pensieri da parte, ora cosciente di dover dare alla piccola qualcosa di più che una semplice sciarpa, o c’era il rischio che si ammalasse. Infilò una mano in tasca, cercando tra la miriade di oggetti quelli che, al momento, erano di suo interesse. Dopo aver tastato il profilo di pacchetti di ketchup, cartacce di caramelle, un cuscino scorreggione, post-it accartocciati e carta di giornale che doveva essere appartenuta a qualche vecchio cruciverba, trovò finalmente il paio di guanti che si portava sempre dietro.
Li tirò fuori e li passò alla ragazzina.
« Non so quanto possano esserti utili, ma non ho di meglio da offrire, purtroppo. » Le disse il mostro, con un sorriso a mezze palpebre, ma non aveva davvero idea di quanto dovesse coprirsi un umano prima di smettere di patire il freddo. Nel caso, se la situazione non fosse migliorata, le avrebbe ceduto la sua felpa. « Prendili, su. »
Frisk occhieggiò con le labbra socchiuse prima lui poi i guanti, interdetta da quel gesto.
« Sicuro non ti servano? » Gli domandò, esitante.
« Eh, dimentichi che qui non c’è niente da proteggere dal freddo. » Le rispose Sans, muovendo in dimostrazione le dita della mano opposta, le giunture che incontrandosi producevano un duro Click! Clack!
Frisk gli sorrise riconoscente, accettando il paio di guanti con un Grazie mormorato. Se li infilò, soffiando poi ripetutamente contro il tessuto per riscaldarsi. Si sentiva già meglio rispetto a prima, sia per il beneficio che le sue dita gelate stavano avendo, sia per il gesto premuroso in sé.
Si accorse solo allora dello sguardo tra il posato e l’assente che Sans, come se la stesse osservando mentre era perso in altri pensieri, le stava rivolgendo.
Fu sufficiente che Frisk inclinasse di poco la testa in un gesto perplesso per far sparire quello sguardo dal volto del mostro. Nonostante le apparenze paressero dimostrare il contrario, Sans era sempre accorto nel notare il benché minimo mutamento nell’ambiente in cui entrava in contatto, anche una cosa così banale come quel breve movimento lo aveva rimesso immediatamente in allerta. Ma perché quella prudenza? C’era qualcosa che lo turbava?
« Sans, è tutto a posto? » Gli chiese, sperando in una riposta sincera questa volta.
« Certo, piccola. Perché non dovrebbe? »
Il mostro le rivolse un mezzo sorriso, senza esitazione apparente che potesse suggerire una risposta contraria a quella che le era stata data. Eppure, Frisk era certa di non essersi immaginata lo sguardo assente di poco prima, incredibilmente simile a quelli che, invece, Chara non si preoccupava di nasconderle quando qualcosa non andava… la differenza sostanziale era che Chara non si ostinava a farle credere che quegli sguardi fossero frutto della sua immaginazione. Per questo fondamentale motivo, Frisk si vide costretta ad insistere.
« Mi sembra che qualcosa ti stia preoccupando. »
Sans si limitò ad inclinare leggermente la testa, poggiata sul palmo sinistro della sua mano, come confuso dalla sua affermazione.
« Non credo di capire di cosa stai parlando, piccola. »
Frisk si trattenne dal mostrare il suo scetticismo, decisa in ogni caso a non demordere.
« Quello che voglio dire è che se… se c’è qualcosa che ti preoccupa, qualunque cosa, puoi parlarne con me, o con Papy, o comunque con una persona fidata. » Abbassò leggermente lo sguardo, le dita che andarono inconsciamente ad arricciare una ciocca di capelli. « Sai… penso che, a volte, sia meglio aprirsi e chiedere aiuto, invece di continuare a faticare da soli. »
Sans le rivolse un’occhiata analitica e Frisk si sentì quasi scandagliata dalle luci bianche che brillavano nelle sue orbite, ma ciò non le impedì di assicurarsi l’attenzione di quegli occhi quando riprese a parlare.
« Non c’è davvero niente che dovresti dirmi, allora? »
Il loro fissarsi insistentemente non si interruppe se non dopo una manciata di secondi, al termine dei quali aveva visto quelle luci restringersi brevemente, come se alla loro vista si fosse presentato qualcosa di strano o… orribile. Sans aveva chiuso gli occhi infine, spezzando l’incontrarsi dello sguardo di entrambi.
« Per ora, direi di no. » Replicò lui, con voce più ferma di quanto Frisk si sarebbe aspettata di sentirlo parlare.
Abbassò lo sguardo, un angolo delle labbra che non poté astenersi dallo stirare. Non aveva ottenuto il risultato sperato, ma era già qualcosa. Almeno, adesso sapeva con certezza che, a dispetto di quanto le era stato detto, qualcosa lo stava impensierendo. Capire cosa fosse sarebbe stato il passo successivo da compiere.
Sans, dal canto suo, aveva saputo sin dall’inizio che quella risposta non avrebbe soddisfatto completamente Frisk, ma aveva confidato nel fatto che sarebbe stata sufficiente a far cadere la conversazione senza scomodi rimandi. Si rendeva conto solo adesso di quante delle parole di Gaster raccontassero più verità che bugie: la sua facciata stava miseramente crollando, un pezzettino alla volta, e la mancanza di risposo stava solamente accelerando il preoccupante processo. Doveva sbrigarsi a trovare una soluzione davvero efficace per arginare questo problema, o temeva che la sua resa sarebbe venuta molto prima delle più rosee previsioni di Gaster.
Aveva ripreso a nevicare nel frattempo che quella conversazione era giunta ad un punto morto, piccoli fiocchi di neve si stavano posando sul terreno già ricoperto di neve, intoccata e bianca grazie alla mancanza di frequentatori di quei sentieri poco battuti. Gli alberi dal tronco alto e asciutto restavano silenti ai bordi della stradina, coi loro rami protesi in avanti a formare una tettoia che riusciva ad arrestare il volteggiare solo di pochi degli innumerevoli fiocchi che scendevano. La mancanza di raggi solari faceva brillare i cristalli di neve di una luce più opaca e quasi notturna, ma ugualmente magica e incantevole, non un filo di vento che avrebbe potuto deviare la discesa dei fiocchi stava spirando, rendendo la postazione di legno un riparo più che efficiente se ci si voleva fermare ad ammirare quello spettacolo, suggestivo nella sua semplicità.
« È… bellissimo. » Bisbigliò Frisk, non potendo fare a meno di tenere per sé quel commento.
Sans osservò con la coda dell’occhio come gli occhi della ragazzina parlavano di un apprezzamento difficilmente esprimibile a parole. E il suo sorriso si ridistese, persa ormai la vena forzata che aveva assunto poco prima e mitigato dall’atmosfera di placida calma che si era ristabilita. Gli piaceva, in un certo senso, vedere tutta quella genuina meraviglia sul viso di Frisk, una meraviglia pura e innocente, che era a suo parere il vero spettacolo da ammirare in quel luogo.
« Questa vista è una novità per te? » Le domandò, curioso.
« No, ho perso il conto di quante volte ho già visto questa nevicata. » Gli rispose la giovane, incontrando lo sguardo sorpreso del mostro, a cui ricambiò con un semplice sorriso. « Ma non credo che ogni volta sarà mai abbastanza. »
E Frisk lo pensava davvero, mentre i suoi occhi ammiravano la lenta danza di un particolare fiocco di neve, una stella di ghiaccio tra migliaia, che come quelle in cielo cadeva a terra senza produrre alcun suono.
Anche Frisk aveva già vissuto certe situazioni per così tante volte da aver cessato di tenere un conteggio. Eppure, ciò non sembrava aver ancora minato l’entusiasmo della piccola, fatto che Sans trovò inconsueto, quasi alieno, se paragonato al suo modo di vedere le cose, tendente al disilluso e al disinteressamento nel peggiore dei casi. Ma con personalità come Frisk… era diverso in qualche modo, c’era tanto che non sapeva, tanto che poteva imparare. Era dal suo interesse verso il potere posseduto dalla piccola che derivava questo essere attirato dalla sua persona? Oppure, era qualcosa di molto più naturale e sincero la causa di tutto? Era parecchio tempo che non si sentiva legato a qualcuno all’infuori di suo fratello o della signora dietro al portone in maniera tanto sincera e disinteressata… il sentimento era strano, ma certamente non sconosciuto, solo… non vi era abituato.
« Sans… »
Sospirò internamente, decidendo di lasciare andare quella questione, vista la posata discrezione con cui Frisk stava ora richiedendo la sua attenzione. Con molta probabilità, solo il tempo gli avrebbe detto se sentire interessamento verso qualcuno diverso da Papyrus, o dalla vivace signora, avrebbe potuto essere considerato un cambiamento positivo o negativo. E, come era ovvio che fosse, sperava nella prima piuttosto che nella seconda.
« Sì, piccola? »
Sotto i suoi occhi incuriositi, la ragazzina si portò una mano contro il petto minuto, sopra dove – indovinò – la sua anima si trovava, come a voler prestare un giuramento che richiedeva un certo grado di solennità.
« Non resetterò questa linea temporale, a meno che non sia assolutamente necessario. »
Lo scheletro sbatté le palpebre, sorpreso. Oh… questa, doveva essere onesto, non se la aspettava.
Gli occhi di lei si intenerirono, parvero sorridere di fronte al suo naturale stupore.
« È… una promessa anche questa. » Gli spiegò. « Non avere più paura di goderti la vita così com’è… per favore…? »
Sans piegò un angolo del proprio sorriso verso l’alto e le sfregò brevemente la testa con le nocche ossute.
« Grazie, piccola. Ci proverò. »
Molto probabilmente, Frisk aveva solo una vaga idea di quanto questo significasse per lui. Avere la sicurezza di non vedere il suo mondo riavvolgersi in continuazione era qualcosa che non aveva tanto sperato di riottenere, non dopo le incalcolabili volte in cui era già accaduto in passato. Forse, Frisk gli avrebbe finalmente ridato quella sicurezza, una costante diversa da suo fratello nella sua vita, di importanza leggermente minore, ma comunque rilevante.
Tuttavia, non poté pensare a quanto, in questo momento, avrebbe potuto essergli concretamente d’aiuto una simile sicurezza, quando il centro dei suoi problemi si era notevolmente spostato dai reset a Gaster. Nonostante questo, apprezzava davvero il gesto della ragazzina, che avrebbe potuto lasciare sottintesa quella sua decisione, ma aveva invece deciso di rendergliela nota nel modo più diretto possibile. Niente più reset, gli aveva detto Frisk. E Sans sentiva di poter confidare nel fatto che quella promessa sarebbe stata più che mantenuta, vista l’affidabilità della persona da cui era stata pronunciata.
Un rumore cigolante e stridente risuonò inaspettato nella foresta, fino a quel momento rimasta vuota di ogni suono escluse le loro voci, e Sans puntò immediatamente lo sguardo verso il lato del sentiero che conduceva alle rovine della vecchia capitale. Qualcuno… era appena uscito dal portone, giusto?
Frisk, al suo fianco, si alzò con un sorriso entusiasta per spazzare via i fiocchi che le avevano imperlato di neve i vestiti.
« Forza, Sans! C’è una sorpresa in arrivo per te! Renditi presentabile! »
« Cos…? » Sussurrò tentennante il mostro. Non intendeva mica…!
Un rumore di passi affrettati e di vesti che sbattevano contro le gambe del nuovo, incombente visitatore si fece sentire immediatamente dopo.
« Sistemati la felpa, su! » Lo incoraggiò nuovamente Frisk, procedendo poi a farlo lei stessa vista la lentezza di reazione di cui era attualmente vittima lo scheletro, cercando di lisciare alla bell’e meglio il tessuto stropicciato e togliere via quanto nevischio possibile. « Ecco! Sorridi come sempre e andrà più che bene! »
E, anche in questo caso, fu Frisk stessa a risollevare gli angoli del sorriso dello scheletro, dapprima piegati in una smorfia smarrita.
« Perfetto! » Sorrise la ragazzina, squadrando soddisfatta da capo a piedi il suo lavoro fatto a tempo di record.
Sans scosse leggermente la testa, ridacchiando. Che comportamento incredibilmente frizzante sapeva avere persino Frisk.
« Se è chi penso che sia, piccola, non credo siano necessarie tutte queste forma- »
« Bambina mia? »
Sans si zittì udendo l’inconfondibile voce calda e materna della vecchia signora – il pubblico migliore che avesse mai sognato di avere. Sbirciò brevemente oltre Frisk e lei era lì, trafelata dalla corsa e con un’espressione apprensiva e guardinga sul suo muso caprino. Non si stupì di trovare il volto di quella donna così familiare e conosciuto poiché, a giudicare dal comportamento di Frisk, il loro incontro doveva essere avvenuto già parecchie volte nelle linee temporali precedenti, sicuramente molte più di quante la sua memoria vagamente ne ricordasse. Conveniente per la sua testa dimenticare avvenimenti piacevoli e conservare la maggiore parte del tempo quelli più orrendi, uh? Non era riuscito ad estrapolare nemmeno il suo nome da esse
Frisk cercò intanto di fingersi sorpresa dall’arrivo di Toriel, come aveva fatto in precedenza altre volte. Aveva calcolato già tempo prima che l’ex regina dell’Underground usciva sempre più o meno a quell’ora del giorno dalle rovine, precisamente quando, in altre linee temporali, lei era impegnata ad attraversare il Core per giungere al cospetto di Asgore. Poteva affermare, con un pizzico di orgoglio personale, di aver fatto bene i propri calcoli.
« Toriel! » La chiamò quindi in risposta, con voce traboccante di una contentezza che non ebbe bisogno nemmeno di inscenare. Dopotutto, era sempre un piacere enorme vedere il muso amabile e paffuto della dolce guardiana.
Corse incontro a Toriel, fremendo nell’anticipazione di risentire le sue braccia sempre accoglienti stringerla e già sapeva per certo che questa sua aspettativa non sarebbe stata delusa. Persino a una così bassa temperatura l’abbraccio di Toriel era caldo e affettuoso come la carezza di un fuoco che non scotta al tatto e Frisk non esitò ad affondare il viso nel ventre dell’amorevole capra.
« Stai bene, piccola? Non hai nulla di rotto, vero? » Le chiese immediatamente Toriel, rompendo l’abbraccio solo per piegarsi e controllare di persona che la giovane non avesse ferite o contusioni. Fu inavvertitamente che l’ex regina passò le dita sulla scottatura che aveva rimediato durante lo scontro con Undyne. Frisk sobbalzò in reazione a quel contatto che, seppur fugace, le aveva fatto pulsare brevemente ma dolorosamente il braccio. Dallo sguardo perplesso di Toriel, la ragazzina intuì senza difficoltà che non sarebbe stata contenta di apprendere dell’esistenza di quella ferita – chi lo sarebbe stato, dopotutto?
« E questo cos’è? » Domandò infatti, alzandole la manica per rivelare i bendaggi attorno al suo braccio destro, la fronte ora profondamente corrugata.
Frisk si morse un labbro non appena l’aria gelida entrò a contatto con la sua pelle, ma il tono preoccupato di Toriel fu sufficiente a distrarla dal momentaneo pizzicare della bruciatura.
« Ah… non è nulla, è solo una scottatura. Non mi fa male. » Mentì, non volendo mancare di parola ad Undyne, a cui aveva assicurato che non avrebbe usato mezzi magici per guarire quella ferita. Essendo cresciuta col valore delle armi e del coraggio nell’animo, Undyne era chiaramente fiera di ogni segno che il suo corpo portava e lo stesso sentimento la guerriera lo riservava a chiunque altro conservava sulla propria pelle marchi del genere. Una volta, in una delle molteplici linee temporali passate, la aveva sentita tirare fuori quell’argomento… qualcosa come Le cicatrici sono la prova schiacciante che la vita non è riuscita ad avere la meglio su di te! aveva detto, se ben ricordava. L’insistenza di Undyne, se interpretata al di fuori del giusto contesto, sarebbe certamente risultata inopportuna. Tuttavia, tenendo conto di quella particolare linea di pensiero, la situazione cambiava notevolmente. Sarebbe stato ingiusto secondo l’opinione di Undyne cancellare una cicatrice, una prova evidente della propria forza interiore, per un qualcosa come l’estetica, e Frisk capiva in un certo senso perché la guerriera la pensasse in quel modo.
Toriel le rivolse comunque uno sguardo dubbioso, davanti a cui la sicurezza della sua precedente rassicurazione non poté purtroppo nulla.
« Va comunque curata, bambina mia. Se andiamo in un posto più riparato, ci metterò pochi secondi. » Sentenziò l’ex regina e Frisk sapeva che non avrebbe dovuto protestare quando Toriel metteva in campo quel tipo di sguardo e tono di voce. La capra sollevò poi lo sguardo e prese nota della presenza di Sans, ancora seduto all’interno della sua postazione da sentinella. « Quel ragazzo laggiù chi è, Frisk? È un tuo amico? »
Frisk le sorrise dal basso del suo modesto metro e mezzo, annuendo.
« Certo! Vuoi conoscerlo? »
« Sarebbe un vero piacere per me. » Replicò Toriel, egualmente entusiasta, prima di lasciarsi prendere per mano da Frisk e accompagnare all’interno dello spiazzo, verso la stazione in legno dove Sans le stava aspettando.
 

Sin da quando avevano lasciato le rovine, era stata totalmente impreparata davanti alla prospettiva di rivedere Toriel. Per questo, non appena quella mattina Frisk la aveva informata dell’imminente arrivo della guardiana, aveva fatto immediatamente marcia indietro ed era rimasta a casa dei due fratelli. Il solo pensare ad un loro successivo incontro non la aveva resa insicura… no, peggio, la aveva messa profondamente e pesantemente a disagio, sotto pressione.
 Credeva che avrebbe avuto più tempo dalla sua parte per riflettere sui suoi errori e cercare un modo per fare ammenda al dolore che aveva causato sia a Toriel che ad Asgore... invece, il tempo a sua disposizione era stato molto più ridotto di quanto, all'inizio, avesse positivamente sperato. Ma fuggire e rimandare quell’incontro? No, non se ne parlava proprio.
Ora infagottata completamente dalle braccia di Toriel, Chara stava solo cercando di escogitare un sistema per allontanare da sé l’ex regina senza offendere i suoi sentimenti malriposti. Non che non le piacessero gli abbracci di Toriel – i tempi in cui li aveva trovati troppo invasivi erano passati da un pezzo –, ma apprezzare quel gesto le risultava tremendamente difficile in questo momento, soprattutto se la voce fastidiosa nella sua testa continuava a ripeterle che non si meritava la vicinanza con quell’anima tanto sfregiata dalle azioni che aveva compiuto in passato. Stava cominciando ad avere dei ripensamenti persino sulla sua decisione di restare a casa dei due scheletri, invece di seguire Frisk nel gelo delle foreste di Snowdin, dove quell’abbraccio avrebbe magari avuto più possibilità di non essere visto da anima viva troppo impertinente. Per fortuna, forse accorgendosi del suo disagio, Toriel sciolse l’abbraccio, non prima però di averle accarezzato i capelli con affezionata adorazione. L’amore della guardiana nei suoi confronti non era mutato nel tempo, era rimasto intatto così come Chara lo ricordava nelle sue memorie migliori. E come doveva relazionarsi lei con un atteggiamento così… inaspettato? La confusione regnava sovrana per il momento nel suo animo e, ovviamente, la reazione con cui era divenuta più familiare in casi come questo fu proprio quella che il suo corpo adoperò automaticamente: ristabilire le distanze che riteneva più ottimali e, inconsapevolmente, accostarsi al fianco di Frisk.
« Wowie, non credevo che Asgore potesse avere un sosia così affettuoso! » Si fece in seguito sentire il commento di Papyrus, intento ad impastare la pasta che avrebbero mangiato a pranzo quel giorno.
Chara si dovette trattenere dallo scoccare allo scheletro un’occhiataccia, poiché sapeva che ciò le avrebbe solamente fatto guadagnare un nuovo, non voluto commento da parte di quest’ultimo.
Toriel, a differenza sua, ridacchiò tranquillamente davanti a quella considerazione, prima di notare la natura disastrosa dell’impasto che lo scheletro aveva tra le mani; gusci d’uovo e bucce di pomodoro furono solo due degli innumerevoli e strambi ingredienti che la lasciarono a quanto pare interdetta.
« Papyrus, giusto? Per curiosità, che cosa stai preparando, caro? » Gli chiese, nel tono più cordiale possibile.
Quasi come se fosse scattato in lui un riflesso automatico, Papyrus gonfiò orgogliosamente il petto, pronto ad illustrare nel modo più raffinato e prolisso immaginabile il suo piatto ancora in lavorazione.
« Mi sento molto onorato che lo abbia chiesto! Quello che vede è il bruco che diventerà farfalla quando le mie esperte mani finiranno di amalgamare gli ingredienti della nuovissima e favolosissima ricetta insegnatami dalla mia amica Undyne! Si tratta di nientepopodimeno che pasta fatta in casa, con ingredienti altrettanto casalinghi che gli esigenti palati delle nostre ospiti gradiranno sicuramente! E sarei ben lieto di avere anche lei, sosia di Asgore, seduto a tavola con noi, se lo desidererà! »
Chara aveva sentito il proprio stomaco spaccarsi nettamente in due mentre Papyrus parlava. Il cambio repentino di espressione sul suo viso doveva essere stato, inoltre, abbastanza evidente e il successivo commento di Papyrus glielo fece largamente intendere.
« Guardate, le nostre ospiti sono già entusiasmate dall’idea di assaggiare il mio fantastico manicaretto! »
La ragazzina non aveva idea di quale aspetto avesse l’espressione di Frisk in quel momento, ma di una cosa era assolutamente certa: la sua non poteva neanche lontanamente essere un’espressione tale da definirsi entusiasta. Diavolo, quello scheletro ci vedeva o cosa?
« Oh, ma in questo caso, lascia che ti aiuti a preparare! Dopo tutto il d’affare che ti avranno dato le mie due piccole, è giusto che ricambi il favore. » Intervenne Toriel e la maggiore si sentì come se la sua preghiera più recitata in quegli ultimi giorni fosse stata miracolosamente esaudita.
« Mi perdoni, sosia di Asgore, ma non permetterò che uno dei miei ospiti si sporchi le mani! Che padrone di casa sarei, altrimenti? » Replicò deciso Papyrus, allargando le braccia impastate di farina, la pastella che era stata lì per lì per cadere sul pavimento ma era stata riafferrata in tempo dalle stesse mani che la avevano quasi lasciata cadere. In un universo alternativo, probabilmente, quell’impasto doveva essersi spiaccicato a terra, tanto Papyrus ci era andato vicino.
« Non preoccuparti, Papyrus. Questa vecchia signora non ha niente di meglio da fare! » Gli rispose Toriel, con un occhiolino, mentre cominciava già ad alzarsi le maniche della tunica e raggiungerlo al tavolo. Poi, come se si fosse quasi dimenticata qualcosa di importante, si voltò verso le due ragazzine. « Potreste andare a comprare due cose per me, nel frattempo? »
« Certo! » Rispose per entrambe Frisk, con la solita disponibilità con cui tendeva a salvare Chara da situazioni più o meno imbarazzanti.
Toriel sorrise con approvazione mentre si accingeva a compilare una breve lista di ingredienti, per poi infilare una mano in una delle tasche della tunica e tirare fuori due barrette di cioccolato e alcuni spiccioli.
« Con quelli che rimangono, compratevene pure qualche altra. » Disse, porgendo a ciascuna delle due una barretta e dando le monete e la lista alla più piccola. « Assicurati che Chara non esageri, Frisk. » Aggiunse, con un dito scherzosamente alzato e una risata, a cui la ragazzina replicò con un vigoroso assentire del capo.
« Oh, mamma, non mettermi in imbarazzo così… » Brontolò la maggiore, arrossendo leggermente mentre distoglieva lo sguardo. Possibile che persino con Frisk sua madre dovesse complottare contro di lei?
Si accorse solo dopo qualche lento, denso istante di aver riusato quell’appellativo per la prima volta dopo tanti lunghissimi anni e non era stata esattamente consapevole di averlo fatto finché, appunto, non si era resa conto dell’errore: la aveva chiamata ‘mamma’… aveva chiamato Toriel ‘mamma’.
Alzò gli occhi in lieve allarme e scorse un velo di stupore sul volto della capra, che non tardò a sciogliersi in un vago e sereno sorriso di lì a poco.
« Fate un colpo di telefono a Sans prima di tornare, va bene? Così saremo tutti a tavola per l’ora di pranzo. » Disse, con voce più soffice e meno energica rispetto a qualche secondo prima.
Chara vide di sfuggita la lucidità che aveva velato fugacemente gli occhi della guardiana, davanti a cui non seppe come reagire, se sentirsi mortificata, se gioirne… non lo sapeva, dentro aveva solo un appiattirsi di emozioni e un rifiorire di altre ed era tutto talmente confuso e contrastante… come doveva comportarsi con tutti questi sentimenti che il suo essere aveva sepolto e schiacciato per così tanto tempo? Non… ne aveva idea
Per fortuna, fatte le ultime raccomandazioni, lei e Frisk uscirono finalmente in strada, dove la recente nevicata aveva aggiunto un nuovo strato di neve a quello sottostante.
Il suo turbamento interiore doveva essere ancora parecchio evidente, perché fu con una cura rara e speciale che Frisk si accinse ad avvolgerle le spalle con la sua sciarpa, coprendole il collo scoperto. E Chara aveva seguito i movimenti delle dita della ragazzina con un ipnotico interesse, dimentica durante quel lasso di tempo del travaglio che stava attualmente vivendo. Tutta quella dedizione, quella premura solo per lei… si sarebbe mai riabituata a ricevere un grado di considerazione tanto elevato?
Frisk sollevò lo sguardo in sua direzione una volta che ebbe finito, gli occhi sempre brillanti ogni volta che un sorriso le abbelliva le labbra.
Chara si ritrovò a distendere un angolo delle proprie, inclinarlo verso l’alto per lasciare che anche il suo viso potesse essere graziato dall’espressione che rendeva così vivi i volti di così tante persone intorno a lei. Sorrideva, era capace di sorridere anche lei, di apparire viva esattamente come loro… voleva apparire viva, sentirsi viva esattamente come loro. Lo doveva, in fondo, a chi aveva creduto in lei nel passato e a chi continuava a farlo nel presente. Aveva ormai capito che, qualunque cosa fosse successa, non avrebbe dovuto smettere di provare a sorridere.
« Ho la sensazione che oggi mangeremo da re. » Ammise poi Frisk una volta interrotto il contatto tra i loro occhi, coprendosi le labbra ridenti mentre si avvolgeva attorno al collo anche la propria sciarpa.
Chara scosse risolutamente la testa, ignorando con successo il groviglio di emozioni dentro il suo animo che, adesso, non sarebbe riuscita davvero a districare. Un altro momento, se ne sarebbe occupata in un altro momento in cui la sua mente sarebbe stata più predisposta alla riflessione.
« Era ora, direi. » Commentò in risposta, addentando la barretta di cioccolato che le era stata data e cercando di sopprimere l’impulso impellente di leccarsi le labbra. Il cioccolato era davvero una delle sue più grandi debolezze.
Seguendo il suo esempio, Frisk scartò anche la propria, mentre iniziavano ad incamminarsi verso l’umile negozietto di Snowdin.
« Pronta per oggi pomeriggio? » Le domandò giocosa la più piccola, appena dopo aver dato il primo morso alla sua barretta.
Un brontolare sommesso fu l’unica risposta che Chara ritenne di poterle dare. Ovvio che non era pronta ad incontrare ancora una volta quel chiassoso robot, avrebbe cento volte preferito un allenamento con la donna-pesce al posto della sicura buffonata che quel tipo aveva in serbo per loro, ma aveva giurato che si sarebbe impegnata a sopportare quella pagliacciata per Frisk, le fossero costati tutti i neuroni. Ancora quel pomeriggio che si prospettava assolutamente infernale e, poi, ci sarebbe stato un meritato periodo di pausa da tutto quel girare in lungo e in largo ( sempre ammesso che la sua pazienza non venisse spinta al di fuori dei limiti accettabili, causando l’inevitabile quanto ‘accidentale’ smantellamento di quella lattina, s’intende ).
 
                                                                      
« Frisk? Da dove vengono quei guanti, per curiosità? »
« Oh… meglio che tu non lo sappia. »
 

 
 



Sameko’s side
* schiaffa il capitolo in pagina prima che torni a non piacerle *
SÌ. CE L’HO FATTA. BASTA.
E sì, sono ancora qui, non me ne sono andata. ^^” Questo capitolo è stato una bestia da scrivere e ricontrollare con l’ispirazione altalenante che avevo ( la lunghezza improponibile non ha certamente aiutato ). Non mi convinceva nemmeno tanto in alcuni punti, probabilmente domani se lo rileggerò non mi convincerà più nemmeno, quindi meglio pubblicarlo fintanto che ne sono ancora soddisfatta. XD
Scusate per l’attesa e scusate se mi volatilizzo così velocemente oggi, ma sono proprio distrutta.
Buona serata e baci!
 
Sameko

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Undertale / Vai alla pagina dell'autore: Sameko