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Autore: Lady Aquaria    23/02/2017    0 recensioni
Estratto dal capitolo 1:
Certo che voleva Camus, dentro di sé non aveva mai smesso di provare per lui qualcosa di più del semplice affetto; anche se a sé stessa lo negava, per Camus provava ancora amore.
"Io e papà ci siamo amati, un tempo."iniziò, cercando le parole più adatte."Amare, Lixue, capisci? È qualcosa di molto più forte del volersi bene."
"Quanto forte?"
Forte abbastanza da indurre una ragazza nemmeno ventenne a rivolgere fredde parole cariche d'odio all'altro. Un sentimento così intenso da indurla a restare a letto per giorni dopo il suo abbandono, tanto potente da spingerla a prendere a pugni il fratello che le aveva proposto di abortire.
EDIT: Storia completamente revisionata! Vale
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Dragon Shiryu, Nuovo Personaggio, Shunrei / Fiore di Luna
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le vie del Destino'
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capitolo 35
35.
The way it ends.
 
This is the way it ends
Don't tell me its meaningless
There'll be no compromise
We fall, and we too, shall rise
You held me and taught me how
I think I am ready now
If this is the way it ends,
Then this is the way its meant to be
[The way it ends – Landon Pigg]
 
"Mi stai facendo male!!" gridò, inducendolo a lasciarle il braccio. "Ma sei impazzito?!"
"Ah, io? Senti chi parla. Non so più come dirtelo che non intendo lasciarti nelle mani di DeathMask."
"Beh, lo dovrai accettare." gli rispose, cercando di uscire.
Gli ultimi barlumi di pazienza evaporarono come d'incanto.
"Non ti azzardare!" sibilò, bloccandole ancora la strada.
Ben lungi dall'essere impaurita da quello scatto rabbioso, Mei sostenne il suo sguardo.
"Se ti metto le mani addosso ti faccio male, lo giuro su mia madre."
"Tu non andrai alla quarta casa. Mei, te lo proibisco."
Scoppiò a ridergli in faccia, cosa che lo mandò letteralmente in bestia.
"Hey, hey. Calmiamoci, tutti quanti." interloquì Milo, guadagnandosi l'occhiataccia dell'amico. "Tu, perché sei incinta, e tu perché non si urla in questo modo contro una donna. Che diamine, non ti riconosco."
"Ora sei anche tu contro di me?"
"Non sono né contro né a favore." precisò Milo. "Potessi, vi spaccherei la faccia, a tutti e due. Calmatevi prima che finisce male."
"Io sono calma." obiettò Mei. "Se cercavi una fragile, placida, sottomessa ragazza cinese, ebbene, quel giorno avresti dovuto guardarti intorno al Goro-Ho, quante ragazze corrispondono a quella descrizione! Ragazze che si annullano per compiacere il loro uomo, che smettono di pensare, che venerano la terra sulla quale il loro venerabile sposo poggia i piedi. Io non sarò mai così, ficcatelo bene in testa! Hai sempre saputo com'è il mio carattere, come sono, sai che non permetto a nessuno di decidere al posto mio!"
Stupida, dannatissima testarda.
"Allora dai! Coraggio, vai pure alla quarta casa. Fai pure quello che ti pare, dato che la mia opinione non conta. Ma ci andrai da sola." sbottò. "E tu tornatene a casa, non ho voglia di parlare con nessuno!"
Lo guardarono allontanarsi in direzione dello studio, il Cosmo contenuto a malapena, palesemente furioso.
"Mi dispiace." mormorò Mei.
"Posso parlarci."
"No, per favore. Peggioreresti il suo umore ed è già parecchio insopportabile in questo momento. Staremo bene, non preoccuparti...torna da Shaina, non pensare a me."
Restò qualche istante in corridoio, appoggiandosi al muro: le ci volle tutto l'autocontrollo appreso in anni di arti marziali per non rispondergli a tono e rinfacciargli cose che, lo sapeva, avrebbero rovinato il loro rapporto, forse per sempre. Ma se da un lato doveva tenere a freno la lingua, dall'altra aveva ogni diritto di dire la sua.
"So che siete adirata, ma non fatelo, ve ne prego."
Riaprì gli occhi dopo qualche istante, mettendo a fuoco Degél, in piedi davanti a lei. S'incupì, guardando quel volto eternamente giovane che dopo anni tornava a confortarla ed alleviare le sue pene nonostante lui stesso ne avesse bisogno.
"È così difficile."
"Lo so, Mei."
Si asciugò rabbiosamente gli occhi con il dorso della mano e tirò su col naso. Era stanca, aveva un sonno tremendo e i bambini nel suo grembo continuavano ad agitarsi e giocare con la sua vescica.
"Sapete cosa mi fa davvero male? Io gli ho dato tutto di me. Ho lasciato la mia casa, il mio lavoro, il mio Paese... ho cambiato continente, persino... e mi sono messa nelle sue mani. Letteralmente, nelle sue mani. Gli ho dato la mia totale fiducia, gli ho dato tutta me stessa e l'ho fatto volentieri perché lo amavo e lo amo, e non ho mai preteso niente in cambio. E lui…? Lui si rifiuta di accettare e assecondare la mia volontà e di starmi vicino in un momento che per me è sfibrante." gemette Mei, sorreggendosi poi la pancia. "Perché io sono costretta ad ascoltarlo, ma lui non ricambia il favore."
"Non si tratta di questo, sapete anche voi che è preoccupato. Non potete fargliene una colpa."
E della sua preoccupazione non si curava nessuno? I patemi d'animo che aveva avuto da quando aveva scoperto di essere incinta, non erano importanti? "Temo dobbiate scendere entrambi a dei compromessi. Per amore, mia cara, bisogna saper scendere anche ad accordi che facciamo fatica ad accettare."
Proruppe in una risatina nervosa.
"Accordi, dite? Voi non avete idea di quanti compromessi abbia già dovuto accettare, monsieur. Di quanti rospi abbia dovuto ingoiare. O meglio, lo sapete, ma fate finta di niente. Parlate di amore, ma voi che cosa ne sapete?" rispose di getto, pentendosi immediatamente di quanto detto.
Degél proruppe in un sorriso triste e dolce al tempo stesso.
"Ho amato anch'io, sapete." rispose, con un velo di rimpianto. "Una volta soltanto, ed è stata la cosa più dolorosa e bella che mi sia mai accaduta."
Si sentì mortificata per essersi permessa di rivolgersi in quel modo proprio a lui.
"Mi dispiace." mormorò. "Perdonatemi."
"Vi dispiacerà davvero se gli permettete di rimanere seduto là dentro. La Mei che conoscevo io non era così arrendevole."
"Quella Mei non esiste più."
"Ebbene, in questo momento occorre che la tiriate fuori, o ci penserà vostra madre, e vi assicuro che non è una donna che minaccia a vanvera."
Lo sapeva bene, del resto aveva ereditato la sua stessa tempra.
"...darei qualunque cosa per poter trascorrere una sola ora con lei, chiederle consiglio. È in momenti come questi che sento così intensamente la sua mancanza."
"Lo so."
"Proprio non è possibile parlare con lei nello stesso modo nel quale stiamo parlando noi, adesso?"
"Temo di no."
"Ma può sentirmi?"
"Certo."
"Allora...che cosa devo fare, mamma?"
Un discreto bussare alla porta li interruppe.
"Mei? Ti sto aspettando."
Dallo studio, Camus sbuffò dopo aver sentito la voce di DeathMask fuori dall'undicesima casa.
"Ah, sei ancora qui, dunque?" le domandò, facendo capolino in corridoio.
"Arrivo subito DeathMask, scusami."
"Va bene, ti aspetto qui fuori."
"Per rispondere alla vostra domanda, Mei, vostra madre ha risposto che voi per prima sapete bene che cosa fare. Qualunque decisione prenderete, vi rimarrà accanto."
Decise di provare ancora una volta a fargli cambiare idea; si diresse allo studio, trovandolo seduto alla scrivania.
"Te lo chiederò una volta soltanto, sai che non sono quel tipo di donna che implora."
Camus non le rispose, limitandosi a guardarla con la sua solita espressione.
"Se davvero dici di amarmi, se davvero dici di fidarti di me, allora seguimi alla quarta casa perché ho davvero bisogno della tua presenza. Perché piuttosto che fidarmi di Saga, preferisco tenermi gli incubi. E se dovessi mai diventare uno spirito maligno, Camus, tu sarai il primo che verrò a cercare e perseguitare, dovessi attraversare tutte le dimensioni temporali esistenti." non ottenendo ancora risposta, sospirò stanca. Però poi ripensò alle parole di Degél e alle non proprio velate minacce di sua madre e ritornò sui suoi passi, piazzando due pugni sulla scrivania e facendolo sobbalzare dalla sorpresa. "Sai quanti rospi ho dovuto ingoiare e quante volte ho dovuto tacere per amor tuo? Tante. Prima le frecciatine di certe persone qui al Santuario, poi le malelingue al Goro-Ho, poi sei maledetti anni trascorsi agli antipodi, durante i quali mi sono rosa il fegato a immaginarti con chissà chi mentre aspettavo una tua mossa. Ho lasciato la mia casa, il mio lavoro, il mio Paese per te: ho anche cambiato continente, per te. Ti ho dato tutto e per una maledetta volta che sono io a chiedere tu mi volti le spalle? Come osi farmi questo? Ne ho abbastanza di questa faccenda, quindi alzati da quella sedia e vieni a darmi il sostegno che merito, maledetto egoista!"
 
Raggiunse DeathMask fuori dall'undicesima casa, in un misto tra terrore cieco perché totalmente impreparata su quanto sarebbe successo alla quarta casa, e sollievo al pensiero che tutta quella storia avrebbe avuto presto una fine, in un modo o nell'altro.
"Tutto bene?" le domandò, ricevendo in risposta un qualcosa d'incomprensibile. "Okay, capito. Che cos'ha fatto Monsieur Ghiacciolò? Aspetta, che diavolo hai addosso, l'argento vivo? Frena un po'."
La raggiunse e le afferrò un braccio, fermandola.
"Sai, io sono una brava persona. Non buonissima, ma sono una brava persona. Sono stata e sono una figlia devota per i miei genitori e sono un'allieva riconoscente per Dohko. Sono una buona sorella maggiore e sono una buona madre. Sono una brava persona. E le brave persone si meriterebbero delle belle cose in cambio ma la maggior parte delle volte ricevono solo..."
"...merda." le suggerì DeathMask.
"Esatto. E allora credo che a volte questa eccessiva bontà d'animo non ti porta a niente, solo a tanta immeritata merda e quindi basta. Basta essere buoni."
"Questo è esattamente il mio credo di vita."
"Perciò basta essere buoni con chi non lo merita. Sono stata buona tutta la mia vita e che cosa ho ottenuto? Ho perso i miei genitori, mio fratello è... beh, è mio fratello e quel che è peggio, l'uomo al quale ho deciso di dare la mia vita futura è un dannato egoista e quindi... che cos'ho ottenuto dalla mia gentilezza? Niente. Dove vai? La quarta casa è di là."
"Siamo diretti alla tredicesima."
"Speravo nella privacy della quarta casa."
"Disposizioni di Shion." replicò DeathMask, facendo spallucce.
"Se scopro che è tutta una macchinazione per far intervenire anche Saga, facciamo i conti."
"Saga non c'è, rilassati."
Altro che rilassarsi, sentiva il cuore sul punto di esplodere.
"Le cose brutte succedono sempre alle persone buone, è la vita." commentò DeathMask. "Prima ci farai l'abitudine, prima ti sentirai meglio."
"Parli come se sapessi."
"Parlo perché lo so."
"...e?"
"E non sono affari tuoi."
Sentirono un fruscio alle loro spalle e si voltarono.
"Ah, adesso mi segui? Adesso che sto bollendo dalla rabbia?" berciò Mei, furiosa. "Vai a farti f-"
"Hey." interloquì DeathMask.
"Non hai idea della rabbia repressa che ho dentro!"
"E vuoi farla scoppiare proprio ora?"
"Sta già scoppiando!" tuonò Mei, sentendosi avvampare, preda di una forza incontrollabile che pareva sgorgarle direttamente dalle viscere. "Vedi? Vedi? Io sono qui, a gridare come un'indemoniata, e guarda lui com'è tranquillo e imperturbabile."
Imperturbabile un'accidenti, come faceva a non sentire il suo Cosmo?
"Mei..."
"Guardalo! Sempre la stessa espressione! Miei Dèi, ti prenderei a schiaffi fino a farti liquefare la faccia!"
"Okay, ma stai calma."
"Di che hai paura, non ce l'ho con te, non ti succederà niente."
"Questo lo so. Ma se non ti calmi succederà qualcosa ai tuoi picciriddi."
 
Arrivati al tredicesimo tempio, Mei si accorse, con sollievo, che tutto si sarebbe svolto nelle stanze private di Shion, col minor numero di spettatori possibile: è la casa più vicina all'undicesima, le spiegò quest'ultimo, sorridendole incoraggiante.
"E sia." sospirò Mei, arrendendosi. "Se possibile, desidero qualche minuto per pensare."
Dohko e Shion si guardarono un attimo.
"Sarebbe meglio non perdere troppo tempo in chiacchiere."
"Ho bisogno di scambiare qualche parola con DeathMask. Da sola."
Shiryu si schiarì la voce.
"Penso che tu stia per commettere un grave errore."
Prima che lei potesse aprir bocca, intervenne DeathMask.
"Perché? Sai anche pensare? Ma che bravo."
Dohko intervenne per calmare gli animi.
"Pochi minuti, Mei, davvero. Tempus fugit."
"Sì, Maestro."
Rimasti soli, DeathMask le rivolse un sorrisetto sardonico.
"Per i pagamenti come restiamo?"
"Restiamo che ti accontenti della mia riconoscenza, perché se aspetti un pagamento in natura, fai in tempo a diventare vecchio." ribatté Mei.
"Mi discrimini perché sono albino o per quale altro motivo? Fidati, a sentire le gentili pulzelle che si sono concesse, sono piuttosto bravo."
Mei roteò gli occhi.
"A prescindere dal tuo aspetto, la sola idea mi fa vomitare. Senti, ho pochi minuti e non voglio sprecarli in stupidaggini. È vero quello che ha detto mio fratello? Delle teste sui muri, delle anime dei bambini, delle donne che hai ucciso?" disse quindi, diventando seria.
A volte Shiryu aveva il pessimo vizio di ingigantire le cose: DeathMask era un tipo strano e questo l'aveva capito già da un po', ma quanto corrispondeva a verità?
DeathMask lasciò vagare il suo sguardo su Mei, soffermandosi sul ventre rigonfio.
"Ogni singola parola." le rispose, mortalmente serio, con un agghiacciante sguardo nelle iridi rosse. "Buffo. Per una volta che quel lucertolone dice la verità, non viene neanche ascoltato. Non sempre quello che dice tuo fratello sono stronzate: a volte, come in questo caso, dice anche la verità. Ho ucciso tante persone, e molti di loro erano nemici. Ho appeso le loro teste sui muri di casa. E sui pavimenti. E sul soffitto."
"Non m'importa dei tuoi nemici. Hai davvero ucciso donne e bambini?"
"Sì."
"Anche donne nelle mie condizioni?"
"È capitato una volta sola."
E si era sentito uno straccio per giorni, dopo quell'episodio: non l'aveva mai detto a nessuno e probabilmente era un segreto, quello, che si sarebbe portato nella tomba.

"...perché?"
"Eseguivo gli ordini."
Non ottenne altre risposte, se non uno sguardo strano.
"Senti, Mei. Faresti bene ad ascoltare quel rugnusu e soprattutto tuo marito. Non sono l'uomo più adatto per aiutarti."

"Non permetto a nessuno di decidere della mia vita. Io mi fido di te."
"Fai male."
"Forse. Ma a differenza dell'altra opzione, non hai mai nascosto la tua natura. Se devo affidare la mia mente e il mio futuro nelle mani di qualcuno, preferisco che siano le tue, piuttosto che quelle di Saga."
"Anche Kanon è in grado di farlo."
"Non ti ho chiesto questo. Ti ho chiesto di aiutarmi."
DeathMask sbuffò.
"Va bene. Ma giusto perché sei tu e non è Shiryu ad aver bisogno di aiuto." le rispose. Andò ad aprire la porta con un gesto teatrale, rivolgendosi a Dohko e gli altri fuori in attesa. "...che squillino le trombe signori spettatori, inizia la commedia, che parlino gli attori."
"..."
"Beh? Che c'è?"
"Nulla, nulla." rispose Mei, distendendosi. Aphrodite si avvicinò, scoccando un'occhiataccia a DeathMask.
"Sempre teatrale tu eh?"
"Sono così, che vuoi farci?" replicò l'interessato, sistemando una sedia accanto al divano dove Mei si era distesa.
"Va meglio adesso?" domandò Aphrodite, accovacciandosi.
"Diciamo di sì. Quindi è questo quel che vedono i tuoi pazienti." mormorò Mei, rauca, riferendosi ai suoi occhi. "Allora non tutti i mali vengono per nuocere."
Aphrodite ridacchiò sommesso, continuando a contare le sue pulsazioni.
"Beh, qualora dovessi capitare nel mio ospedale, e ti auguro di non averne mai bisogno, io sono l'ultimo medico che vorresti vedere."
"Perché il tuo sguardo killer decima tutti?"
"Non c'è bisogno del mio sguardo, di norma i pazienti che tratto hanno già un piede nella fossa, quindi..."
"Rassicurante."
"Beh, sono un chirurgo d'emergenza, ricordi? Adesso cerca di rilassarti e addormentarti." le disse, intravedendo Camus all'ingresso del tredicesimo tempio. "Dai, come insegni alla tua classe di taijiquan: respirazione profonda. Sei capace a farla anche da distesa vero?" la vide annuire e annuì a sua volta. "D'accordo, ci vediamo dopo."
"Peut-être." mormorò Camus, a bassa voce. […forse.]
"Ah, sei qui, dunque. Potevi restare all'undicesima."
"Hey voi due. Basta. Tu smettila di agitarla e tu smettila di agitarti perché altrimenti qui non ne usciamo più."
"Se sei qui per i bambini non preoccuparti, c'è un medico qui che sono certa che in caso di necessità, sia perfettamente in grado di praticare un cesareo per salvarli."
"Sì, ma preferirei evitare." interloquì l'interessato. "Ora da brava, chiudi gli occhi e rilassati."
"Qualunque cosa succeda, non pensare a me, pensa ai miei bambini."
"Sei sempre così melodrammatica, donna?" intervenne DeathMask.
"Penserò a tutti e quattro, d'accordo?" sorrise Aphrodite. "Ora su, prova a..."
Incapace di tenere a freno la lingua, grazie alla rabbia che ancora covava dentro, Mei si voltò verso Camus, scoccandogli un'ultima frecciatina.
"...e comunque tranquillo: farò le valigie non appena tutto questo sarà finito."
Aphrodite interruppe la risposta di Camus sul nascere.
"Se voi due emeriti imbecilli non smettete di dirvi stupidaggini, giuro sulla memoria di mia madre che prenderò le vostre graziose testoline e le sbatterò contro il muro finché non vedrò i vostri cervelli colare sul pavimento. Sono stato chiaro?"
"Se qualcuno qui l'avesse, un cervello." sbottò Camus, allontanandosi da Mei.
"E adesso dove vai?" sospirò Aphrodite.
"Voleva che tornassi all'undicesima, giusto? Eccola servita."
"Uno di voi due sta per diventare lo sfortunato vincitore di una bloody rose, vi avverto."
"Miei Dèi, quanti anni avete? Cinque?" sbottò Dohko. "Un po' di maturità, per favore. E sì, sto dicendo anche a te, Mei."
"Ora silenzio, per favore, vorrei essere ancora giovane e bello quando avremo finito. Sei pronta?"
No.
"Sì." annuì, ricacciando indietro le lacrime. Avvertì le mani di DeathMask ai lati del viso, poi, più nulla.
 
**
 
Riusciva a percepire il gelo intenso proveniente dall'undicesima casa anche a quattro case di distanza: chissà quanto dovevano essere contenti Aphrodite e Shura.
Voltò le spalle alle ultime case, decidendo di scendere pian piano dabbasso.
"Va meglio?" si sentì domandare poco dopo aver superato Virgo. "Dohko mi ha detto che hai dormito tutto il giorno."
In effetti, dopo essersi risvegliata al tredicesimo tempio preda di un pianto incontrollato, Shiryu l'aveva portata con sé alla settima casa, decidendo che avrebbe necessitato di tranquillità. E ne aveva avuta a sufficienza, dato che si era svegliata alle nove della mattina successiva, dopo quasi ventiquattro ore ininterrotte di sonno: Lixue l'aveva stretta a lungo, felice di sapere che stava bene e non le era successo nulla di male.
"Avevo del sonno arretrato da smaltire, ma grazie per l'interessamento." rispose a Shaka, incapace di credere a tanta premura nei suoi confronti da parte sua.
"Stai scendendo al mercato? Io e Saraswati stiamo per andarci, se hai bisogno di qualcosa non hai che da dirlo, ti risparmiamo una faticata."
Sempre più incredula, scosse la testa, prima di voltarsi fugacemente.
"No, grazie, non sono diretta al mercato. Piuttosto, noto che ti sei lasciato infinocchiare da Camus... eppure non credevo fosse possibile."
"Semplice cortesia personale, Camus non è in grado di ordinarmi nulla. Ho avuto anche io a che fare con una donna in stato interessante e so che non deve fare sforzi."
"Oh. Terrò a mente la tua offerta, grazie. Buona passeggiata." tagliò corto Mei, affrontando le ultime rampe di scale prima di giungere a destinazione.
 
Dopo un po' di corsa e la doccia, DeathMask andò in cucina e si accomodò sul suo sgabello preferito, armeggiando col pc e col sacchetto delle cassatelle che lo attendevano insieme al pani c'a mieusa e alle crocchè. Premette il tasto play deciso a godersi la puntata della serie tv che aveva registrato la sera prima, quando era andato allo stadio per la partita Palermo-Catania.
O almeno, così aveva sperato di fare: quando i colpi alla porta erano diventati insistenti, aveva posato il panino sul sacchetto e, imprecando nel dialetto natale, era andato ad aprire.
"...rispondi sempre in questo modo a chi bussa alla tua porta? Oh porca miseria!" esclamò Mei, comprendendo tardi di averlo interrotto nel bel mezzo di qualcosa: aveva i capelli umidi e non indossava che un asciugamani intorno ai fianchi.
DeathMask inarcò un sopracciglio.
"Di solito non ricevo visite."
"Già, chissà perché." convenne Mei. "Mi fai entrare o mi fai rimanere qua fuori in piedi con questo tempaccio?"
Rabbrividì all'improvvisa corrente d'aria che si era levata in casa e guardò Mei.
"Sarei più propenso a prendere in considerazione la seconda scelta ma ho come la vaga sensazione che non mi lasceresti in pace. Dico bene?"
"Perbacco, mi conosci."
Sbuffò, facendo due passi indietro.
"...entra."
"Grazie." mormorò Mei, entrando e spostandosi di lato, nel corridoio. DeathMask la osservò guardarsi intorno, evitando accuratamente di posare lo sguardo su di lui.
"Accomodati, vado a mettermi qualcosa addosso prima che ti saltino le coronarie."
"C'è di meglio in circolazione, fidati. E comunque sono immune, perciò tranquillo che la tua virtù è sana e salva. Ma ti ringrazio del pensiero." gli rispose, entrando in quello che doveva essere il salotto: un po' spartano per i suoi gusti –a parte il mobile porta tv, un divano e una poltrona e una libreria quasi del tutto colma di dvd e videogiochi, non c'era granché- ma quantomeno pulito e in ordine.
Si avvicinò all'unico scaffale sgombro dai film e guardò i pochi oggetti personali che vi erano sistemati: un carretto siciliano in miniatura –giallo acceso con sgargianti disegni geometrici-, un soprammobile in rilievo raffigurante la Sicilia intera con i monumenti più famosi delle varie zone e infine delle foto. Saltò quella che ritraeva i genitori di DeathMask per soffermarsi sulla seconda, dalla quale le sorrideva una bimba dallo sguardo vispo.
Posò la foto e si accomodò sulla poltrona prima che DeathMask tornasse dalla sua stanza.
"Vieni in cucina, stavo pranzando." la chiamò lui dall'altra stanza, inducendola ad alzarsi e raggiungerlo.
"Oh cavolo, mi dispiace. No, ho già mangiato a sufficienza a colazione, ma grazie comunque." lo fermò, notando che DeathMask aveva aggiunto un piatto sul tavolo. "Un bicchiere d'acqua andrà benissimo."
Con un'alzata di spalle, ripose il piatto e le porse quanto chiesto.
"Hai eluso il piantone di guardia e sei riuscita a fuggire? Lui sa che sei qui?"
"Anche se fosse, non è di certo lui che può dirmi che cosa posso o non posso fare, e di certo non basta un suo no per impedirmi di fare qualcosa, se voglio farla."
"È un concetto questo, che hai ripetuto più volte, ieri mattina. Gli hai tenuto testa, ed io che credevo che fossi tutto fumo e niente arrosto, cazzuta a parole ma mammoletta al momento dell'azione..."
"...ma che carino, grazie." sbottò Mei.
"Accidenti se mi sei piaciuta, Camus sbuffava inferocito come non l'avevo mai visto. Ha già congelato l'undicesima?"
E secondo te per quale motivo sono ospite di Dohko? avrebbe voluto rispondergli, decidendo di scivolare su argomenti diversi. Si sporse verso il pc, adocchiando una scena lasciata in sospeso.
"...cosa stavi guardando? The Walking Dead?"
"Game of Thrones." la corresse, sorvolando sulla battuta.
"Uhm... più che appropriato per un sanguinario."
"Lo prendo come un complimento."
"È la nuova puntata della seconda stagione? Io sono rimasta indietro ma poco importa, avendo già letto il romanzo so che cosa succede. Beh, che c'è?" gli domandò, captando per caso lo sguardo di DeathMask che aveva ripreso a mangiare il suo pranzo.
"Niente, niente." l'assicurò lui. "Piuttosto, non credo che tu sia venuta fin qui per parlare di serie tv, giusto?"
"Sì, giusto."
"Ebbene, non perdiamoci in stupidaggini. Tornando al discorso dell'altra mattina,non ho mai negato, a differenza di ciò che dice quell'esempio di virtù che è tuo fratello, di aver causato la morte di donne e bambini. L'ho fatto. Nego di averlo fatto di proposito, è diverso." spiegò DeathMask. "I bambini sono stati vittime collaterali."
"Avresti potuto evitarli." rispose Mei.
"Non è stato sempre possibile."
"Allora avresti ucciso anche me, quella volta."
DeathMask ridacchiò divertito. Stava per accendersi una sigaretta ma si fermò, ricordandosi della gravidanza.
"Con Monsieur Ghiacciolò che ti sorvegliava come una guardia imperiale della Città Proibita? Uno capace di scatenare una tempesta di ghiaccio sull'intero Santuario? Sarebbe stato capace di congelarmi l'intestino, dopo." replicò lui. "Il tuo maritino è uno di quelli che tendo a evitare, se possibile. E comunque sarei stato tre contro uno. Non sono mai stato così idiota da affrontare tre parigrado in un colpo solo."

"Stavi per uccidere Shunrei però. E questo non me l'ha raccontato nessuno, ero lì quando l'ho vista fluttuare nel vuoto e quando è precipitata nell'alveo della cascata."
"Ah no, volevo solo spaventarla, sapevo che il vecchio stava all'erta e che l'avrebbe salvata."
"Avevi paura della sua reazione?"
DeathMask assottigliò lo sguardo.
"Non ho paura di niente e di nessuno."
Bugiardo. Tutti gli esseri umani possedevano delle paure. La sua, era quella di perdere Camus e i loro figli. E anche DeathMask ne aveva.
O quantomeno, ne ha avute, pensò Mei. Mentre era stato impegnato a ricacciare il suo alter-ego nella dimensione alla quale apparteneva, c'era stato un momento nel quale aveva potuto vedere nella mente di DeathMask, e ciò che aveva visto l'aveva spaventata e rattristata al tempo stesso.

"Che cosa ti ha ridotto così? Non raccontarmi la solita sciocchezza del sono nato così perché non ci credo." gli domandò.
"È una storia lunga, non ti andrebbe di ascoltarla." cercò di liquidarla.
Spari, tanti spari. Rumori secchi e atroci che le avevano messo i brividi addosso. Delle caramelle che rotolavano sulla terra battuta di un parco giochi. Due corpi senza vita in un lago di sangue. Gli occhi spenti di una bambina.

"È per la bambina che ho visto?" azzardò Mei, sperando di indurlo a parlare.
Lo sguardo di DeathMask cambiò radicalmente. Da canzonatorio, divenne mortalmente serio.
"Quale bambina?"
"Mora, occhi neri. Una bambina di circa sei anni."
A ripensarci, le si spezzava il cuore: era stato inevitabile, per lei, pensare a sua figlia.
"Quale bambina?" berciò DeathMask, in italiano, non gradendo quell'intrusione nella sua vita privata.
"Io ti ho permesso di leggere nei miei pensieri e di farti gli affari miei, il minimo che tu possa fare è rispondere alla mia domanda."
"Hey, non l'ho fatto per divertimento, me l'hai imposto."
Mei sogghignò.
"Come se fosse possibile obbligare uno come te a fare qualcosa contro la sua volontà. Credi davvero di potermi prendere in giro come ti pare?" replicò. "Quella bambina è la ragione per la quale sei diventato così? Per quelle povere anime che ho visto morire?"
Che ne sapeva, Mei, dei suoi genitori e di Annarita, sua sorella, trucidati da quel maiale che quella maledetta mattina di tanti anni prima, a Palermo, li aveva freddati?
Che ne sapeva di come si era sentito, quando aveva capito di essere rimasto solo, ad appena sette anni?
Gettò i resti del panino nel lavello, battendo i pugni sul gocciolatoio accanto ad esso facendola sobbalzare; per l'urto, le stoviglie che aveva messo ad asciugare a colazione tintinnarono.
"Quel maledetto cornuto! Lo scanno vivo, parola mia." sbraitò DeathMask, inveendo contro Aphrodite. "Non puoi raccontare una cosa che subito la vanno a spifferare in giro. Io lo scanno, quello."
"Non me l'ha raccontato nessuno, l'ho visto nei tuoi ricordi: ti piaccia o no, ci siamo trasmessi qualcosa a vicenda. Sicuramente tu avrai visto, o vedrai, qualche mio ricordo."
DeathMask sbuffò ancora.
"Oh, ma che meraviglia. Spero almeno non siano ricordi melensi di notti trascorse avvinghiata al tuo tenero maritino perché potrei vomitare violentemente." berciò. Recuperato un po' di autocontrollo, si schiarì la voce. "Non sono nato così, credo che tu abbia ragione, almeno in questo. Prima di quel giorno, la sola azione che a detta di mio padre fu cattiva e irresponsabile fu far saltare qualche dente a un ragazzino che al parco giochi aveva spinto mia sorella giù dalla scaletta dello scivolo, rompendole un piede: un destro dritto alla sua bocca. Non dimenticherò mai la faccia sanguinante di quel bulletto e tutte le moine che fece a suo padre, subito dopo... mio padre cercò di obbligarmi a chiedere scusa e mi mise in punizione quando capì che non l'avrei mai fatto. In fondo, avevo difeso mia sorella, perché mai avrei dovuto scusarmi? Non è quello che hai fatto, figliolo, che mi ha fatto arrabbiare, ma è il modo in cui l'hai fatto. Con la violenza non si ottiene niente, mi disse. Ma lui, era fatto così: gli rubavano il parcheggio? Pazienza, ne troverò un altro... i vicini di casa si lamentavano per ogni minima cosa? Pazienza, smetteranno. Gli stessi vicini provocavano danni alla sua auto mentre parcheggiavano la loro? Pazienza, la carrozzeria si può ribattere."
"Sembra di sentir parlare mio padre."
"Quelle erano sciocchezze, ma ci sono cose, situazioni o torti che non si possono semplicemente dimenticare o lasciarsi alle spalle: non si può vivere l'intera esistenza ingoiando sempre tutti i rospi che ci capitano a tiro. Ho ucciso per la prima volta il giorno del mio settimo compleanno, un malavitoso locale che aveva appena massacrato la mia famiglia. Non puoi immaginare che cosa passa per la testa di un bambino che vede i genitori immersi in una pozza di sangue."
"Forse no, ma non credere che non capisca cosa hai provato in quel momento."
"La rabbia è stata solo la millesima parte del groviglio di sentimenti provati quel giorno, perché la prima cosa che mi ha posseduto è stata la sete di sangue. Un istinto omicida feroce, che si è placato solo quando l'ho assecondato. La bambina che hai visto è mia sorella, Annarita, ed è morta tra le mie braccia: aveva solo sei anni."
"Mi dispiace tanto." sussurrò Mei.
Lui fece spallucce, cercando come sempre di lasciarsi scivolare addosso quella storia come se appartenesse a qualcun altro.
"Il mio Cosmo si è risvegliato quando Rita ha smesso di vivere, ed è stato come se il Demonio in persona fosse entrato nel mio corpo: sentivo che dovevo vendicarli, sentivo che dovevo far iettare sangue al loro assassino. E così ho fatto. Gli ho sfondato il cranio a sassate fino a spargere il suo cervello sulla strada." concluse DeathMask. "Ho pensato a lui quando è stato il momento di decidere se tenere il mio nome o sceglierne uno da usare in battaglia: è morto con la faccia così deformata in una smorfia che per me è venuto naturale soprannominarmi DeathMask."
"...ah, però."
"Ma non sono discorsi adatti a una donna incinta, perciò... cambiamo argomento."
"Mi risulta che un tempo amassi vantarti dell'odio che andavi disseminando in giro."
Lui ridacchiò.
"Dentro di me continuo a farlo, soprattutto se quell'odio arriva dai nemici. Questa casa era molto diversa anni fa..."
"Non ne ho idea, non ci sono mai entrata prima d'ora."
"Lo so, ma non dirmi che non hai mai sentito l'aura di morte che la circondava."
"Sì, quella l'ho sentita chiaramente."
"Proveniva dalle teste che avevo sistemato qua e là: come ti ho già detto, non era una diceria, le teste appese c'erano sul serio. Solo che Saori Kido, o forse Athena stessa, devono aver deciso che non era umanamente corretto tenerle lì, e prima del mio ritorno hanno ripulito l'intero edificio."
Mei inarcò un sopracciglio.
"Chissà i pianti che hai fatto quando ti sei accorto della sparizione dei tuoi feticci." commentò ironica.
"Mi è dispiaciuto un po', in fondo mi tenevano compagnia." rispose DeathMask, allungandole il sacchetto con i dolci.
Incapace di diniegare di fronte a un dolce, a maggior ragione proveniente dal sud Italia, Mei cercò una posizione più comoda sullo sgabello.
"E non hai mai pensato di farti degli amici, o che so io, avere un cane, provare a farti una famiglia? Sono cose più vive rispetto a qualche testa qua e là."
DeathMask parve pensarci su.
"No. Amici ne ho pochi e mi bastano. Non mi piace l'idea di avere un animale in casa e no, niente famiglia perché non provo amore né compassione." rispose. "Non sono più capace di amare nessuno, a parte il Palermo che spesso e volentieri mi dà soddisfazione."
"E perciò la tua vita è tutta qui? Lavoro, partite di calcio, videogiochi e avventure di un paio d'ore?"
"Un paio d'ore? Non offendere le mie capacità, due ore sono poche. Non ti hanno mai spiegato che non siamo tutti uguali? C'è chi è programmato per avere figli e una famiglia e chi no. Anche fosse, non sono pronto."    
Mei terminò la cassatella che le aveva offerto, masticando lentamente e riflettendo sulle sue parole.
"Se per farti una famiglia aspetti l'illuminazione divina o aspetti di esser pronto, allora non lo farai mai."
"Sbaglio o a breve sfornerai le creature di quella palla al piede che ti sta aspettando qualche casa più in su?" le domandò, prima di avventarsi sul sacchetto dei dolci.
Trasse un grosso respiro prima di rispondere.
"Non me lo ricordare, al parto manca poco e sono terrorizzata. E no, non ero pronta ad avere altri figli. Non fraintendermi, sono felice di questa gravidanza, amo i miei bambini, ma... per me era troppo presto: mi ero appena trasferita, avevo recuperato il mio lavoro e poi, con una bambina piccola, la scuola e tutto quanto... non so, non ero pronta. Non lo sono tuttora, a dire il vero."
"Ma sei incinta."
"...già. Sono bastati dieci minuti in compagnia del suo amico russo e i suoi due bambini per fargli venire un'irrefrenabile voglia di paternità." rispose Mei.
"Quindi ti ha obbligata."
Mei assottigliò lo sguardo.
"Credi forse che se Camus mi avesse usato violenza, starebbe ancora respirando, adesso?"
Conoscendola, molto probabilmente no.
"Immagino di no." rispose, schiarendosi la voce.
"Immagini bene." tagliò corto Mei, sorbendo un sorso d'acqua. "Ci penserò io, tesoro, mentre tu andrai al lavoro io sarò lì a badare a loro e Freya mi darà una mano!"
DeathMask ridacchiò ironico.
"Sì, so già che aiuto ti darà la principessina."
"È la stessa cosa che ho pensato anch'io."
"Ma allora perché non hai detto di no?"
"DeathMask, DeathMask... che devo dirti? Non so neanche io perché non ho detto di no."
"Salvatore. Ma puoi chiamarmi Turi."
"Ah beh, allora... io continuo a essere Mei, ma se preferisci c'è anche Medusa. Usalo pure, non mi offendo."
La meridiana batté due rintocchi.
All'ombra della quarta casa, Milo intravide l'amica avventurarsi su per le scale in tutta fretta, dopo aver scambiato qualche parola con DeathMask.
La seguì a distanza, decidendo poi di fermarla prima che scomparisse dentro Libra.
"Arrivi dalla quarta casa?"
Mei si fermò, poi guardò Milo, fermo tra la sesta e la settima casa.
"Me lo chiedi, eppure lo sai già dove ho trascorso le ultime due ore. E lo sa anche lui." rispose. "Torna a casa da Shaina, non ho bisogno della scorta."
"Non ho mai pensato il contrario, è che a dirla tutta questa specie di...amicizia con DeathMask è... strana."
Lui e Camus dovevano aver trascorso il pomeriggio a parlarne, a quanto pareva: Milo indossava un cardigan decisamente troppo pesante per quella stagione, segno che con ogni probabilità era stato all'undicesima casa.
"Parlando di amicizia sai perché ti ho sempre apprezzato come amico e perché ti considero il migliore tra quelli che ho? Perché ti sei sempre mantenuto al di sopra di certe questioni: sarebbe carino se continuassi a farlo." sbottò Mei. "O quantomeno, se proprio vuoi prendere le sue parti, e credimi, posso capirlo, evita di essere il suo galoppino."
"...Mei..."
"Senti...ti chiedo scusa, davvero. Non è stato un bel periodo e sicuramente quello che seguirà non sarà migliore, perciò..."
"L'undicesima casa è una ghiacciaia."
"Lo so. Per questo io e mia figlia resteremo alla settima finché non tornerà a ragionare come un uomo adulto."
"Sai quand'è stata l'ultima volta in cui si è comportato così? Ares aveva scoperto dell'esistenza di Lixue e voleva prendere provvedimenti, ecco quando. Non è arrabbiato, è preoccupato. È terrorizzato all'idea che possa accaderti qualcosa."
"Ed è per questo che mi ha fatta infuriare quando a tutti i costi voleva decidere al posto mio e mi ha fatto salire la pressione? Dohko ha dovuto disturbare Aphrodite in piena notte perché avevo la minima alle stelle e mi sentivo sul punto di morire, ho tre creature qui dentro e loro rischiano più di me in questa storia! Se non vuole pensare a me, pensi almeno a loro. È terrorizzato? Bene. Che provi anche lui che cosa vuol dire." sibilò, arrabbiata.
"Uno di voi due dovrebbe comportarsi di conseguenza e smetterla."
"Ti rispondo citando un'illustre conterraneo di mia madre: dite a Torino che da qui noi non ci muoviamo." replicò Mei, lasciandolo basito. "Se mi cerchi, sai dove trovarmi."
 
"Io dico che fai bene, lascialo cuocere un po' nel suo brodo." le sorrise Shunrei, una volta entrata in casa.
Sospirò stanca.
"Mah, non so. Non ci parliamo da due giorni e non risponde né ai miei sms né ai miei messaggi vocali. Quella che sta cuocendo a fuoco lento nel proprio brodo sono io, non lui, perché vedo che a lui non importa un fico secco."
"Non dire così..."
Mei liquidò l'argomento con un gesto della mano.
"Non importa. Il Maestro è ancora in casa?"
"È nella sua stanza."
Si diresse a fatica su per le scale, e una volta arrivata davanti alla porta della camera di Dohko, impiegò qualche istante per bussare.
"Maestro, posso?"
Distogliendo lo sguardo da ciò che stava facendo, Dohko si discostò dalla scrivania, sorridendole.
"Certo, entra." le fece posto su una poltrona e l'invitò a sedersi. "Qualcosa non va?"
"Mi stavo chiedendo, riguardo l'altro giorno..."
"Credo che dovresti stare tranquilla, l'altra te non tornerà più a disturbarti."
"Sì, lo so. Ma la mia domanda non riguarda l'esito di quell'intervento, quanto ciò che c'è stato dietro. Anche voi siete dell'idea che abbia fatto male a insistere per DeathMask? Cosa avrei dovuto fare?"
Dohko si sistemò meglio sulla sedia.
"Io ho sempre avuto una grande considerazione di te, questo lo sai: per me tu e Shunrei siete come sorelle, vi ho amato e vi amerò sempre come se fossi vostro padre. Non potevo dirti che cosa fare, perché mi fido del tuo giudizio e perché nessuno può decidere per te ed io men che meno. Mi fido della donna che sei diventata, della donna che ho guidato attraverso questi anni: ho guidato te e Shunrei fin'ora e probabilmente lo farò fino alla fine."
"Sento un ma in arrivo."
Dohko ridacchiò appena, prendendole le mani.
"Sai chi mi ricordi? Kardia."
"Ed è un pregio o un difetto?"
"Entrambi." rispose Dohko, criptico. "Sai, lui era un guerriero eccezionale e instancabile, un ragazzo pronto ad aiutare il prossimo, un bravo ragazzo con tanti pregi e tanti difetti, tutto sommato. E parlando di questi ultimi, era arrogante, pungente, sarcastico al limite del caustico, irruento e impulsivo. Probabilmente vi sareste scannati a vicenda, forse è per questo che con te evita di manifestarsi."
"Sono così insopportabile da intimidire anche uno spirito... beh, grandioso."
"No, non sei insopportabile, ragazza mia. Sei impulsiva, orgogliosa e testarda. A volte getti la ragione alle ortiche e ragioni di puro istinto: pur avendoti sostenuta a modo suo in più di un'occasione instillandoti la sua forza d'animo, Kardia ha percepito questo tuo lato ed è per questo che in questi anni ha mandato Degél a darti consigli, per stemperare il tuo carattere."
"Non ha funzionato granché." Mei si asciugò la guancia. "Sto allontanando tutte le persone che amo: Lixue è diversa con me e Camus non mi parla."
"Tua figlia sta crescendo e sta scegliendo la sua strada, è normale che stia cambiando. In quanto a Camus... beh... come te, non ama perdere il controllo delle situazioni, la tua decisione di farti aiutare da DeathMask e la tua ferrea volontà l'hanno come dire... destabilizzato un po'. Avete dei caratteri molto forti e usa il silenzio come reazione."
"È arrabbiato con me al punto di mandare sottozero l'undicesima casa e torturarmi togliendomi la parola."
"È preoccupato, nulla di più. Voleva sistemare le cose a modo suo e quando tu hai puntato i piedi si è sentito spiazzato: le cose si aggiusteranno come sempre, stai tranquilla."
Mei si soffiò il naso.
"Lo spero... ne abbiamo passate di peggio, dopotutto."

 

***
 
Lady Aquaria's corner
Altro capitolo parecchio lungo, ma ultimamente è così :)
Parto con le note (anche se alcune di queste mi faranno sembrare Capitan Ovvio):
-Picciriddi: in siciliano, bambini
-Tempus Fugit: tradotta un po' alla buona, significa il tempo corre, e qui Dohko lo usa per redarguire Mei sul fatto che c'è poco tempo per correre ai ripari
-Rugnusu: letteralmente indica una persona sporca, affetta dalla rogna, ma in questo caso, ovviamente, DeathMask utilizza tale appellativo nei confronti di Shiryu riguardo il suo carattere difficile. Conosciamo tutti, vero, i trascorsi dei due? :)
-"...che squillino le trombe signori spettatori, inizia la commedia, che parlino gli attori." vogliano perdonarmi Aldo Giovanni & Giacomo, questa è una citazione tratta da Chiedimi se sono felice.
-Pani c'a mieusa, crocchè e cassatelle: il primo fa parte del cosiddetto street food  tipico di Palermo, e si tratta in parole povere di un panino con straccetti di milza e polmone di vitello. Le seconde sono delle specie di crocchette e le terze sono, a grandissime linee, dei ravioli dolci.
-Il carretto siciliano: come spesso succede, scrivo pezzi di capitolo anche con larghissimo anticipo rispetto alla data di pubblicazione e la lunga conversazione tra Mei e DeathMask risale ad agosto scorso, quando mi sono imbattuta in un meraviglioso festival siciliano organizzato su, in una cittadina in Valsesia. Tra le tante meraviglie, ho anche fotografato un carretto siciliano che, come mi è stato spiegato, proveniva da Catania in quanto dipinto di un bel rosso "...come la lava dell'Etna! ". Secondo mie ricerche ho quindi scoperto che a Palermo i carretti sono dipinti di giallo sgargiante. Essendo il "mio" DeathMask palermitano, ecco che il carrettu souvenir che ha in casa è giallo.
- dite a Torino che da qui noi non ci muoviamo: mannaggia, questa è particolare.
Dunque, avete mai sentito il termine bugianen , solitamente riferito a noi piemontesi? Se no, vi rimando a questa pagina wikipedia e a quest'altra pagina d'approfondimento, perché è un concetto molto interessante.
Qui, Mei (per metà cinese e per metà polentona, da madre astigiana), prende in prestito le parole del Conte di San Sebastiano per dire indirettamente a Camus che lei, dalla settima casa, non si muove nemmeno per idea. Testarda come pochi.
-Il titolo e la citazione poco sotto prendono spunto da una canzone di Landon Pigg, che ho avuto modo di scoprire e apprezzare grazie a Grey's Anatomy (sì, ancora lui ù_ù). Nonostante il titolo, no, questo non è l'ultimo capitolo. ;)
-Last but not least.... l'idea della donna incinta uccisa da DM non è farina del mio sacco. Quelle due righe le scrissi dopo aver letto "E non m'importa dov'è il potere, finchè continua a darmi da bere", di GiòTanner. Spero non le dispiaccia, in tal caso provvedo subito a togliere la citazione.

Bon, credo sia tutto per questo capitolo.
Alla prossima!



Lady Aquaria

 

   
 
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