Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: Belarus    23/02/2017    2 recensioni
Un Drago Celeste che nobile non è mai voluta essere, una fuga bramata da sempre e un mondo del tutto sconosciuto ad allargarsi ai piedi della Linea Rossa. Speranze e sogni che si accavallano per una vita diversa da quella che gli è da sempre stata destinata. Una storia improbabile su cui la Marina stende il proprio velo di silenzio, navi e un sottomarino che custodiscono un mistero irrivelabile tanto quanto quello del secolo vuoto.
#Cap.LXXXV:" «Certo che ci penso invece! Tornate a Myramera e piantatela con questa storia dello stare insieme! Io devo… non potete restare con me, nessuno di voi può. Sparite! Non vi voglio!» urlò senza riuscire o volere piuttosto trattenersi.
Per un momento interminabile nessuno accennò un movimento in più al semplice respirare e solo quando Aya fu sul punto di voltarsi per andare chissà dove pur di mettere distanza tra loro, Diante si azzardò a farsi avanti.
«Ci hai fatto giurare di non ripetere gli errori passati. I giuramenti sono voti e vanno rispettati.» le rammentò. "
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Trafalgar Law
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Teru-Teru Bouzu '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Titolo: Teru-Teru Bouzu
Genere: Avventura; Romantico; Generale {solo perché c’è davvero di tutto}.
Rating: Arancione {voglio farmi del male, oui.}
Personaggi: Nuovo personaggio; Eustass Capitano Kidd; Pirati di Kidd; Trafalgar Law; Heart pirates.
Note: Sguazzo in questo aggiornamento come un’anatra in una pozzanghera! Una felicità dilagante e non perché sia bello, non aspettatevi che abbia fatto un salto di qualità, semplicemente perché è il secondo capitolo nel mese più breve dell’intero anno, significa che mi sono superata in velocità nemmeno fossi ai miei tempi d’oro! Comunque… avvio dell’ultima saga, il che mi rende in parte triste lo ammetto, ma sono lieta che ci sia tutto quello che avevo in programma e che stranamente non abbia rimorsi. Tra incontri, momentanee separazioni e fenomeni paranormali, Aya avrà un bel da fare e che ci crediate o no, per la prima volta nella sua vita, si perderà. Vi chiedo di restare concentrati per l’ultimo sforzo, di leggere il volume di note che ho scritto in fondo e magari, se non vi spiace troppo, di farvi sentire? No? Va bene lo stesso. Un grazie speciale di rito a chi mi sostiene ancora e chi “per i baffi di Barbabianca” ancora si aggiunge!
Alla prossima~





CAPITOLO LXXV






Dopo aver trascorso un mese e mezzo alla prese con le ricostruzioni del covo e le tre settimane precedenti nell’angoscia per le sorti future, l’equipaggio aveva stabilito in un comune slancio d’ispirazione che la prima fortunata tappa del loro soggiorno sarebbe stata il Toll’s Pole, amabile locale di cui Aya non aveva ancora compreso la natura neppure standoci seduta dentro da mezz’ora. C’erano un paio di tavolate dove sfrecciavano piatti di stufato di pesce palla rovente, camere riservate solo ad “ospiti speciali” a detta del cartello affisso in un angolo del bancone da bar e una piattaforma girevole attorno alla quale si scommetteva a Pachi-pachi, gioco a cui la ciurma si era già appassionata. Il proprietario se ne andava in giro ricurvo versando litri di liquore a casaccio nei bicchieri e blaterando di certi stivali in vendita dei quali nessuno s’interessava, mentre l’unica cameriera, Rosé – a cui buona parte della ciurma aveva rivolto fischi d’apprezzamento per la scollatura vertiginosa –, stava placidamente accomodata al bancone rigirando tra le dita sottili un bastoncino salato.
Dopo essersi guardata attorno per un po’, tra il chiacchiericcio degli avventori che cominciavano ad arrivare e il frastuono creato dalla ciurma, aveva spostato la propria attenzione oltre una delle vetrate per fissare la strada che a quell’ora si era tinta d’arancio.
«Hai fatto tutte quelle storie pur di venire, adesso cosa c’è che non va?» s’informò Kidd da una panca più in là, buttando giù con la mano metallica un lungo sorso di birra chiara.
«Me l’aspettavo diverso… non assomiglia al racconto, c’è neve dappertutto e nessun hitodama nell’aria.» ammise, rigirandosi sulla seduta per staccare gli occhi dal vetro appannato.
«I bicchieri si riempiono prima d’essere vuoti però!» ridacchiò, mentre il proprietario gli riempiva il bicchiere di fretta con il primo liquore che gli capitava in mano creando mix potenzialmente letali.
Con la fronte aggrottata osservò i liquidi mescolarsi tra loro prima che Kidd li bevesse in un sol colpo o e fu sul punto di ribattere a quell’affermazione facendogli notare che un tale prodigio poteva verificarsi ovunque se si pagava abbastanza, ma si trattenne preferendo lasciar perdere una simile discussione.
Lei stessa aveva giudicato altamente improbabile se non impossibile l’eventualità che Horai esistesse davvero o fosse ciò che si diceva nella sua leggenda e a giudicare da quell’isola invernale che Kidd riteneva tale non aveva avuto poi torto. Malgrado ciò, non era il caso di trascorrere altro tempo rimuginando su quale luogo fantastico avrebbe potuto visitare, Wonky Hole meritava la medesima attenzione a suo giudizio.
Si mordicchiò per un secondo il labbro inferiore, sbirciando Kidd intento nell’osservare il proprio vice al bancone e raccolto il coraggio si azzardò a chiedere nonostante i diverbi avuti qualche giorno addietro.
«Posso andare a dare un’occhiata in città magari, non ho nulla da fare qui.» propose, vedendo i muscoli delle sue spalle tendersi alla richiesta sebbene non si fosse neppure voltato a guardarla.
«Torna alla nave per notte. Abbiamo delle faccende importanti di cui occuparci e non posso mandare Wire a recuperarti.» acconsentì suo malgrado dopo un momento di silenzio e Aya si trattenne dal balzare in piedi pur di non fargli un torto, sapendo quanto gli costasse mollare la presa.
Annuì in silenzio all’ordine finendo l’acqua che era riuscita a farsi servire e solo quando Kidd si fu sollevato, allontanandosi nel mezzo della sala si convinse ad uscire sotto lo sguardo attento di Rosé, ancora immobile con un abbozzo di sorriso cordiale e il suo bastoncino salato intatto in mano.
Sulla Yukino Route, strada principale di Sanko, la neve continuava a cadere sotto forma dei fiocchi più grandi che Aya avesse mai visto mantenendo intatta la coltre candida che ricopriva ogni cosa e non pareva dar segno di voler cessare in alcun modo. Gli edifici, tutti di un blu quasi abbagliante, si susseguivano l’uno accanto all’altro interrotti nella loro identica colorazione solo da qualche insegna sgargiante o da un paraneve sopra una porta dando l’impressione d’essere stati costruiti in grossi blocchi di ghiaccio. Il mare era impossibile da vedere sebbene la città sorgesse in cima all’isola, eppure si respirava ovunque un profumo di salsedine gelida che pizzicava le guance e arrosava la punta del naso. Immersa in quello che era il suo poco glorioso sogno, curiosò in giro finché il sole non fu così basso da sparire dietro gli edifici, allora sottili nastri di lanterne si accesero timidi sopra le vie e sulle soglie di un paio di locali i proprietari cominciarono a scaldare i braceri per il servizio serale. Proseguendo nella propria passeggiata con le mani ben riparate nelle tasche le parve d’un tratto di riconoscere una delle insegne già superate.
«Devo esser tornata indietro senza accorgermene.» mormorò a sé stessa, per riprendere subito a camminare.
Non era da lei una distrazione simile, ma era comprensibile. I suoi occhi guardavano tutto fuorché le strade e poteva accadere che non conoscendo il luogo in cui si muoveva imboccasse una direzione che la riportasse al punto di partenza.
Per una decina di minuti la sua mente riprese a fantasticare su tutto ciò che le stava attorno, trascorso quel tempo tuttavia intercettò in lontananza la medesima insegna e rallentò sino a sostarci innanzi stranita.
«Di nuovo?» si domandò, pensando per un attimo alle direzioni prese.
Evidentemente dovevano esserci più vie che riportavano sulla Yukino Route e lei aveva avuto la fortuna di prenderle tutte, constatò incamminandosi il linea retta per evitare le svolte che le si prospettavano più avanti.
Malgrado il suo tentativo però, dopo appena un centinaio di metri si dovette fermare nello stesso punto.
«Va bene… sta diventando un tantino preoccupante.» riconobbe guardandosi attorno, mentre avanzava con passo incerto e la strada di fronte a lei cominciò lentamente a svuotarsi degli abitanti.
Continuò a camminare sino a che non fu completamente sola e il cielo prese a scurirsi perdendo la sua tonalità calda. Ferma nel mezzo della Yukino Route non vide da nessuna parte l’insegna che l’aveva perseguitata, ma tutti gli edifici le parvero sbarrati tranne uno alla sua destra sul cui stipite si leggeva in caratteri un po’ sbiaditi “Pass-03”. Il suo minuscolo istinto di sopravvivenza decise saggiamente di farsi vivo e per un lungo momento Aya rimase a fissare guardinga la scritta, prima di spostare la propria attenzione altrove scoprendo d’essere in un vicolo cieco e non più sulla via principale di Sanko. Il sospetto che qualcosa non andasse divenne di colpo una certezza e mentre un brivido le correva lungo la schiena avvertendola di una presenza alle sue spalle, non fece in tempo a pensare altro.
Quando la sua mente riprese vigore e riaprì gli occhi, si scoprì all’interno di una galleria perfettamente illuminata e sulle cui pareti intonacate d’ocra non c’era la benché minima traccia di lerciume. Avvertì attorno a sé un piacevole tepore emanato dal pavimento e solo rimettendosi in piedi si accorse della porta sotto cui doveva esser rimasta accovacciata per un po’. Provò a far scattare la maniglia dopo aver bussato, ma la serratura era bloccata ed in entrambe le direzioni possibili non vedeva altre uscite.
«Dove sono? Minna?» chiamò nel dubbio che Kidd o qualcuno dell’equipaggio le avesse messo qualcosa nell’acqua per darle una lezione sui rischi dell’andarsene a zonzo, nessuno però rispose e Aya si abbandonò ad un sospiro.
«Mi sa che mi sono persa.» ammise piatta, osservando con un po’ d’incertezza il corridoio su cui si trovava.
Non pareva avere una fine né essere particolarmente pericoloso, ma la cosa la confortava poco dato che per cominciare non aveva idea di come ci fosse giunta, fatto più unico che raro. Essendole impossibile controllare sé quella porta fosse la stessa su cui aveva letto la scritta “Pass” prima di perdere i sensi, decise ciò nonostante che star lì ferma sarebbe stato solo uno spreco di tempo dato che nessuno l’avrebbe cercata e con passo cauto si avviò lungo la galleria alla sua destra proseguendo per parecchi metri sino a che non si trovò di fronte una biforcazione. Dopo aver ripetuto una scelta simile per altre tre volte, si fermò pensierosa a guardarsi attorno ricapitolando le direzioni prese nell’eventualità di dover tornare indietro. Il suo momento di stasi venne però interrotto da delle voci in lontananza e presto, in quello che sembrava proprio un diverbio, una rimostranza la raggiunse secca, spingendola a muoversi d’istinto senza pensarci oltre.



Killer rientrò dal giro di ricognizione proprio, mentre il timoniere sollevava in un ringhio vittorioso le braccia in aria dopo aver stracciato uno degli avventori del bar a quell’assurdo gioco ruotante dove i più accaniti scommettevano persino i letti su cui dormivano. In una smorfia di disgusto, fissò l’uomo battere le ginocchia al suolo ad occhi sbarrati per la disperazione d’aver perso quella che pochi istanti prima doveva aver reputato una vincita facile e che invece gli era valsa la bellezza di trentamila berry da sborsare. Gettò giù un sorso di birra per raddolcirsi la bocca davanti quel ridicolo spettacolo e sentì il proprio vice affiancarglisi.
«Ci sono otto accessi sparsi tra la città e il resto dell’isola. Sono stati creati nei fori del suolo causati dalla corrente calda che alimenta il geyser, li hanno camuffati perché non destino sospetti.» riportò piano affinché solo lui udisse, osservando la piattaforma da pachi-pachi.
A Kidd scappò una mezza risata, mentre abbassava il boccale e il timoniere per contro tirava sulle punte l’uomo che continuava a blaterare scuse per il pagamento della scommessa, l’idiota non ce l’aveva nemmeno quella cifra, l’aveva buttata lì nella brama del momento.
«Quindi è là sotto.» gracchiò divertito, trovando geniale chiunque avesse avuto l’idea di costruire là dentro.
Tra il mare perennemente coperto dalla foschia e sull’isola le colonne di fumo rovente, la bufere di neve che imperversavano e i boati delle eruzioni, avrebbero potuto fare qualsiasi cosa senza che a nessuno passasse per la mente che stesse accadendo nulla. Era una copertura talmente perfetta che si erano presi persino il lusso di costruire otto accessi e non uno che sarebbe stato più facile da controllare.
«Ho il sospetto che sia sotto tutta l’isola.» intuì Killer, trovandolo pienamente concorde.
Si trattava pur sempre del mercato nero fisso più grande di cui si fosse mai parlato, non poteva essere una cosa da poco. Il traffico che intrattenevano lì aveva bisogno di spazio, molto spazio, non di un buco in mezzo ad un’isola invernale per quanto questo fosse considerato un’attrazione dalla gente del posto.
Compiaciuto per aver raggiunto la propria meta nonostante gli intoppi e il viaggio durato ben tre giorni più del previsto a causa delle condizioni metereologiche, decise di non perdere più altro tempo.
«Bene, chiama gli altri e andiamo. Ci siamo divertiti abbastanza.» annunciò, vedendo il timoniere mollare al suolo con un versaccio l’avventore ormai tramortito dai pugni.
«Gli accessi sono bloccati, non è così semplice. Ce n’è uno non lontano da questo posto, ho già provato a forzarlo. L’unica soluzione sarebbe distruggerlo.» lo frenò Killer, lanciandogli un’occhiata allusiva da sotto la maschera che non gli sfuggì.
In altre circostanze buttarlo giù non sarebbe stato un problema nemmeno per il suo vice, ma dopo le batoste che avevano preso e la Marina che dava la caccia a quella maledettissima donna lo era diventato. Sarebbe bastato che uno solo degli abitanti desse l’allarme facendo il nome del Capitano Kidd perché la situazione si complicasse e se il vento soffiava a loro sfavore c’era persino la possibilità che mandassero in fumo i mesi di quiete al covo per trovarsi al punto di partenza, braccati. Non se ne sarebbe stato buono per il resto della sua vita evitando gli attacchi della Marina e gli scontri con gli Imperatori, ma persino lui sapeva riconoscere quando era il caso di evitare certi colpi di testa. Stabilito quello, il dilemma su come entrare laggiù però restava.
«Dovete avere il permesso… qualcuno deve garantire per voi. Altrimenti entrerebbe chiunque lo volesse!» cinguettò melodiosa una voce poco lontano.
Voltandosi attirato dalle parole vide Rosé, la cameriera, esibirsi in un’amabile sorriso verso di loro con il suo salatino intatto tra le labbra. La squadrò da capo a piedi, nella sua tenuta striminzita che faceva a pugni con l’aria flemmatica che trasmetteva persino parlando e trattenne per sé la scocciatura.
«Tu come lo sai?» le domandò, sorvolando sul fatto che si fosse impicciata d’affari che non la riguardavano.
Rosé si rigirò con un’alzata di spalle il salatino da una parte all’altra della bocca indifferente e afferrò alla cieca una bottiglia dal bancone per porgerla al volo al proprietario, che fregandosene delle chiacchiere trotterellò oltre Kidd e Killer raggiungendo a malapena le cinture dei loro pantaloni.
«Non sei una cameriera… puoi farci entrare.» intuì con un ghigno appuntito, posando il boccale.
Chi aveva avuto la geniale idea di “Horai”, la terra dei miracoli, non poteva averla costruita là sotto e basta, avevano preso precauzioni. Soltanto scoprire la direzione da prendere era un’impresa affatto semplice, le voci che erano state messe in giro erano tante, persino troppe e si rischiava di inseguire piste sbagliate per il resto della vita. E arrivare a Wonky Hole era un traguardo ben più misero di quanto si credesse se non si sapeva dove o chi cercare per superare l’apparente tranquillità di un’isola simile a molte altre. Rosé, come chissà quanti fuori, era lì appositamente per vagliare gli arrivi e decidere a chi concedere di passare, era l’ennesima precauzione.
«Forse… dipende da voi.» divagò giocherellando indifferente con il manico del boccale, ma la risposta a Kidd piacque meno del previsto.
«Non mi piacciono i giochetti.» la avvisò, afferrandole il polso.
Poteva tirare la corda con chiunque, non con lui. Non c’era bisogno di nessun esame, chiacchiera o giudizio approssimativo dietro un fottuto bancone da bar, doveva solo alzare il culo e fare il suo lavoro.
Sebbene stesse stringendo abbastanza forte da poterle rompere le ossa con una piccola torsione, Rosé non parve affatto impressionata e Kidd la vide osservare per un attimo la presa in cui l’aveva costretta con la medesima aria flemmatica che aveva sempre avuto da quando erano entrati al Toll’s Pole e che continuò a mantenerla anche puntando gli occhi nei suoi.
«Sono le regole. Se non puoi o non vuoi accettarle Eustass Kidd nessuno ti darà garanzie in merito alla tua permanenza e a quella della tua ciurma… ma ti conviene sbrigarti a decidere, quando si farà buio non si potrà più né entrare né uscire.» frusciò sorridendo e nella rabbia dell’avvertimento che gli aveva lanciato, prima di mollare, nella mano di Kidd il suo polso emise un sonoro ‘crack’ che impassibile lei ignorò quasi non avesse provato nulla.



Le gallerie che stava attraversando erano identiche tra loro in larghezza, colore e illuminazione, quasi fossero parti di un solo edificio le cui uniche distinzioni ammesse erano frecce segnaletiche dipinte sui lati del soffitto per indicare mete a lei ignote. I proprietari delle voci che l’avevano raggiunta si trovavano ben più distanti di quanto avesse pensato e le ci volle un pò per rintracciarli in quel labirinto di cunicoli all’interno del quale le voci rimbombavano in un eco indistinto. Quando finalmente li raggiunse, si fermò ad osservarli da lontano scoprendo un gruppetto di uomini e una ragazza più o meno della sua età.
«Non ho nessuna intenzione di invitarvi ve l’ho già detto, spostatevi e fatemi passare!» la udì ordinare perentoria, cercando di superarli.
Su tacchi vertiginosi e una gonna color petrolio che sfiorava il suolo senza esimersi dal metterle in mostra – forse anche troppo – le gambe, la vide rivolgere loro un gesto veloce della mano per cacciarli che la rese un po’ buffa ai suoi occhi, ma che non dovette sortire lo stesso effetto sull’altra parte. Mentre già allungava il passo, uno degli uomini – probabilmente pirati a giudicare dalle armi – la agguantò per il polso rigirandolo per osservare il bracciale d’oro che indossava con un sorrisetto viscido.
«Potremmo venirci incontro a vicenda invece, non credi? Chi ruba viene punito, è la regola.» si offrì falsamente amichevole, accarezzandolo con le dita tozze.
Per un secondo le gote le si imporporarono, ma Aya la vide comunque riprendersi subito tirando su il mento con stizza nel rompere quel contatto poco gradito e allontanarsi di un passo sebbene fosse accerchiata.
«È un souvenir, non un furto razza di ottuso caprone.» lo insultò, incrociando le braccia sotto il seno.
L’espressione sul volto dell’uomo variò di colpo e avvertendo il suo risentimento Aya si mosse per raggiungerli.
«Perché non vuoi fare la carina, Vedova? Ti abbiamo chiesto solo un invito con gentilezza.» insistette, tornando ad afferrarla con meno delicatezza riuscendo a strapparle un lamento.
Non aveva idea di cosa fosse quell’invito di cui dibattevano tanto né del perché quel pirata trattenesse in parte la collera continuando a chiedere collaborazione, quella situazione però stava cominciando a prendere una piega che non le piaceva e non le andava proprio di rimanersene a guardare senza far nulla.
«Lo sareste se non la tratteneste contro la sua volontà.» s’intromise, fermandosi a pochi passi dal gruppetto.
Interrotti e sorpresi dal suo arrivo imprevisto si girarono a guardarla con delle smorfie, posando forse per istinto le mani sulle armi che indossavano o magari per chiarirle da subito quanto poco gradita fosse.
«Di che t’impicci tu?! Vuoi invitarci al suo posto per caso?» s’informò brusco uno dalla cerchia, squadrandola.
«Se ci tenete: sarebbe il caso che ve ne andaste, ora.» suggerì con un sorriso di circostanza, sotto lo sguardo celeste confuso della bruna.
Dopo un attimo di silenzio li sentì esplodere in una risata sguaiata in coro e il fatto che non l’avessero presa sul serio la infastidì meno del vedere il tipo che le aveva parlato allungare la mano nel tentativo di avvicinarla. Prima ancora che le sue dita potessero sfiorarla, una sensazione di fastidio la infiammò e ruotò su se stessa, colpendolo alle ginocchia per fargli perdere l’equilibrio e schiacciarlo alla parete in un solo movimento.
Non sopportava d’essere toccata se a farlo era qualcuno che non le andava giù, nemmeno per un istante o per errore, meno le stavano vicini e meglio era per tutti. Ko diceva che il suo istinto prendeva provvedimenti a priori.
Di colpo, mentre l’uomo crollava tramortito senza neppure un gemito, il resto dei suoi compagni smise di ridere e nel raddrizzarsi Aya puntò l’uomo che tratteneva la ragazza.
«Prendetela!» lo vide ordinare furioso e gli andò in contro per colpirlo in pieno petto.
Colto alla sprovvista batté sulla parete mollando la presa e lei ne approfittò per superarlo, trasciandosi dietro la ragazza quasi di peso per sfuggire al gruppetto lanciatosi al suo inseguimento.
«Cosa fai?!» le strillò sconvolta addosso l’altra, faticando nel starle dietro.
«Ti aiuto, corri!» le intimò, ignorando gli insulti e le minacce di morte che fioccavano alle sue spalle.
«Nemmeno ci conosciamo!» insistette incredula.
«Piacere Aya!» si presentò frettolosa non accennando a fermarsi per un piccolo inchino in quelle circostanze.
Un paio di proiettili le raggiunsero mancandole solo per qualche centimetro e tra gli scoppi le parve di perdere per un attimo la presa sulla ragazza. Senza rallentare la corsa si volse indietro, controllando che stesse bene e con un po’ di soddisfazione intravide il gruppetto farsi sempre più lontano non reggendo la velocità. Tornò a girarsi imboccando una svolta e intravedendone subito un’altra decise di approfittarne per giocare d’astuzia.
«Al bivio lì in fondo tu va a destra e trova un posto in cui nasconderti, penso io a loro!» stabilì, correndo sino al punto indicatole per poi mollarla.
«Grazie!» la vide scandire senza voce, prima che imboccasse incerta la direzione opposta e attese che fosse sparita per riprendere la propria fuga con i pirati in lontananza.
Badando che l’avessero vista e priva di pesi velocizzò la corsa, svoltando a casaccio tra i corridoi illuminati certa ormai di non poter più rintracciare quello in cui si era svegliata né di poter usufruire delle indicazioni ignote che scorrevano sopra la sua testa. Dopo poco i suoi inseguitori cominciarono a tardare nelle svolte e in breve Aya smise di vederli alle proprie spalle o di sentire i loro insulti strozzati. Con lo sguardo alle proprie spalle, imboccò veloce l’ennesima galleria, ma dopo appena un paio di metri cozzò contro qualcosa e si ritrovò suo malgrado a ruzzolare sul pavimento.
«Ih-!» si lasciò sfuggire nel caos del momento e un lamento ravvicinato le fece da coro.
Quando smise di rotolare ed ebbe finalmente riacquistato stabilità, aprì piano un occhio con la testa in confusione e ciò che aveva attutito la sua caduta disastrosa glieli fece sbarrare entrambi.
«Eh?» sbottò incredula, temendo seriamente di aver preso una brutta botta alla testa.
Nel groviglio che si era creato e in cui aveva avuto la fortuna di non recitare la parte del materasso, non si capiva molto. Gli abiti si erano spostati, gli occhiali si erano capovolti e i versi non erano esattamente incoraggianti, ma ciò non cambiava comunque le cose, avrebbe riconosciuto quel naso tra l’intera popolazione mondiale.
«O-jochu!» strillò una voce familiare e Aya si ritrovò a sorridere prima ancora d’essersi girata.
«Minna!» salutò raggiante, scoprendo accanto a sé una piccola parte degli Heart.
«Voglio morire qui… felice!» cinguettò acciaccato il facente ruolo di materasso e si sollevò svelta da lui, ignorando le speranze romantiche per la morte prematura.
«Shachi gomen.» si scusò rammaricata, prima che Penguin lo calpestasse senza ritegno pur di farlo rialzare.
Lieta che non si trattasse solamente di un’allucinazione data dal trauma cranico che aveva rischiato li fissò battibeccare tra loro, finché un’altra voce alla sue spalle non si fece udire attirando la sua attenzione.
«Comincio a sospettare ti piaccia piombare addosso alla gente.» ghignò Law con il capo un po’ piegato, ricordandole il modo in cui si erano incontrati ad Awashima anni addietro.
Non lo aveva trascinato giù, ma c’era andata vicina, anche se allora aveva puntato Bepo in realtà.
«È un onore che riservo solo a voi.» scherzò falsamente seria, non riuscendo a controllare il sorriso ché per un effimero secondo e il suo ghigno minacciò di mutare in qualcosa di pericolosamente simile a quelle parole.
«O-jochu può arrivare come e quando vuole!» deliberò solenne Bepo, al proprio posto dietro di lui.
Gli si fiondò addosso di getto, affondando senza ritegno il viso nella divisa e presto sentì le sue zampe dondolarla come una bambina. Le si scaldò il cuore per quella coccola e lo lasciò fare, tra i lamenti di Shachi che recriminava un primato e di Penguin che non voleva rimaner da parte, beandosi del suo muso poggiato sulla testa. Entusiasta per l’incontro si scordò del resto e il vantaggio che aveva guadagnato nel correre, venne annullato del tutto dai suoi inseguitori, quando ancora era rannicchiata tra le zampe pelose del suo orso preferito.
«Eccoti dannata!» berciò con il fiatone il pirata che aveva dato l’ordine d’inseguirla, individuandola anche in quell’abbraccio.
Tornando alla realtà Aya si irrigidì, mentre attirati dai nuovi arrivati gli Heart si girarono a studiare il fondo della galleria con aria curiosa. Sgusciando via suo malgrado dalla pelosa alcova in cui si era rintanata, non attese un istante di più e indietreggiò di qualche passo vedendo già i pirati correrle in contro.
«Sono felice di avervi incontrato, verrò a cercarvi appena mi sarò liberata!» salutò a malincuore, sollevando una mano sotto gli sguardi confusi degli Heart.
«Ce l’hanno con lei Aya-sama?» s’informò stranito Penguin, piegando il pompon su un lato con la carica ormai tanto vicina da poter distinguere i loro visi accaldati per la fatica dell’inseguimento.
Valutando che non fosse più il caso di trattenersi oltre rispose con un mero versetto privo di qualsiasi significato e voltò le spalle per andar via, con un gesto veloce però Trafalgar le frappose la nodachi ancora nel fodero e trattenuta per lo stomaco Aya vi poggiò le mani sopra, mentre la tirava indietro rifiutando di farla andar via.
«Stupiscimi… qual è la ragione questa volta?» soffiò divertito, quando l’ebbe portata di fianco a sé.
«Nulla che non fosse giusto, ora saresti così gentile da lasciarmi andare prima che… che arrivino qui, a punto.» sospirò, arrendendosi all’evidenza nel vedere il gruppetto di pirati arrestarsi ad appena qualche metro.
Rassegnata si girò, mentre Law faceva passare la kikoku sopra la sua testa per poggiarla alla spalla e si sentì trapassare da una ventina d’occhi, mentre il capo del gruppetto abbassava le braccia che aveva alzato per trattenere i propri compagni dall’andar oltre. Per un attimo uno strano silenzio riempì la galleria, ma presto l’uomo tornò ad esibire la medesima espressione che aveva già visto sul suo volto, rivolgendosi direttamente a Trafalgar.
«Possiamo metterci d’accordo tra gentiluomini! Ci hai dato una mano fermandola.» lo ringraziò amichevole, fraintendendo il gesto dell’altro.
«Avreste avuto da correre parecchio senza dubbio.» rifletté con un ghigno Law.
Vagamente piccata, allacciò le mani dietro la schiena per abbozzare un sorriso falsamente compiacente.
«Fate pure come se io non ci fossi, nessuna offesa.» li incoraggiò sarcastica, sentendo Trafalgar di fianco sbirciarla con il doppio del divertimento.
Aveva un debole per quelle situazioni, non se ne sarebbe mai fatto scappare una. Era del tutto inutile aspettarsi che lasciasse perdere, era una forma di sadismo la sua cui ci si poteva solo arrendere.
Ignaro che quella fosse una mera farsa messa su per il puro gusto di stuzzicarla e non un vero patteggiamento, l’uomo non badò alle occhiate tra loro persistendo nel proprio intento.
«Troveremo un modo per ricompensarti del favore, consegnacela.» avanzò, allungando la mano per avere il proprio bottino e non violare lo spazio del suo presunto socio in affari.
Quell’ultima parola tuttavia gli venne fuori con un’intonazione di troppo che Aya seppe avrebbe messo fine in un istante alla cooperazione fasulla e che subito fece acquistare una piega sinistra al ghigno sulle labbra del moro.
«Non ho detto di averla trattenuta per voi.» specificò infatti, mollandolo con la mano a mezz’aria.
Con inaspettata perspicacia l’altro pirata dovette capire che genere di piega stesse prendendo la discussione e dopo aver guardato i propri compagni in un tick nervoso, avanzò una nuova proposta che forse avrebbe dovuto suonare allettante, ma che fece solo sbarrare gli occhi ad Aya per l’assurdità.
«Possiamo cedertela quando le avremo fatto pagare il conto, è ragionevole.» concesse in uno sfoggio di noncuranza per la sua persona, ancora lì viva e vegeta non ché libera.
Non riusciva, proprio non riusciva, a spiegarsi perché dessero sempre per scontato che a lei certi propositi stessero bene. Aveva delle opinioni anche lei, sarebbe bastato chiedere per una risposta, non era poi uno sforzo.
«Non secondo me.» sibilò gelido Trafalgar, rabbuiandosi.
Distratta dalle mani enormi che le vennero parate a difesa da un membro che non aveva mai visto in passato, ebbe solo una fugace visione del gruppetto di pirati, mentre cercavano di estrarre le proprie armi. Prima ancora però che potessero riuscirci gli Heart gli furono addosso e in movimento calcolato, senza trattenersi oltre, Law tagliò a metà l’uomo con il quale aveva patteggiato per ricomporlo subito ad un compagno in una creatura a due busti a dir poco grottesca. Confusa dal caos che avevano messo su in pochi secondi se ne rimase esterrefatta ad osservarli, finché tutti i “nemici” non furono fuori combattimento e il ghigno di Trafalgar riapparve nell’udire i lamenti delle vittime al suolo.
«Vi ringrazio… ma non era necessario.» mormorò un po’ sconvolta, rivolgendo un cenno di gratitudine incerto al mezzo gigante che l’aveva protetta.
«Aya-sama non si tocca!» li sentì tuonare agguerriti in un coretto, mentre Law scuoteva le spalle noncurante.



In uno sbracciarsi cacofonico e disordinato, benché il frangente dell’incontro fosse ormai superato da un pezzo, i suoi uomini diedero fondo all’entusiasmo recuperando la mancanza avuta a causa delle intromissioni e presto Aya svanì tra di loro nonostante fossero solo in tre, letteralmente circondata senza possibilità di fuga. Le loro manifestazioni d’affetto erano esagerate, Trafalgar vi si era rassegnato ormai, erano quasi spietati negli approcci di quel genere, le possibilità di scamparla sfioravano l’inesistente, soprattutto se la controparte non dava segni di cedimento e li fomentava.
«Fatela respirare, calmatevi.» provò a riprenderli sapendo che quell’idillio di ricambi avrebbe potuto proseguire per il resto della serata se non fosse intervenuto.
L’unico indizio che lasciò sospettare l’avessero udito però fu il piccolo passo indietro che fecero per darle un po’ di spazio e Law si volse dalla parte opposta, incassando stoicamente la mancanza nei suoi confronti solo in virtù del frangente e della consapevolezza che riportarli alla calma con un solo richiamo sarebbe stato un miracolo degno di Horai.
D’altro canto non poteva fingere d’essere dispiaciuto per l’incontro imprevisto, specie dopo non aver potuto reperire notizie negli ultimi mesi o averne avute di pessime. Paradossalmente e contro la sua stessa natura, tollerava meglio quella ressa infantile all’incertezza e al senso d’impotenza davanti agli eventi.
«Sono successe così tante cose da quando è andata via! Le nostre taglie sono aumentate!» raccontò Penguin, mentre si avviavano lungo la galleria illuminata, lasciandosi dietro i piagnistei dei pirati sconfitti.
«Abbiamo armato il Polar Tang con siluri a propulsione! E abbiamo dei nuovi compagni!» lo seguì a ruota Shachi elettrizzato, in un resoconto nel quale si mischiavano dettagli insignificanti a vere e proprie novità.
«Con noi adesso c’è anche una ragazza! Ikka-chan! Deve conoscerla! Mentre lui è Jean Bart, si è unito a noi a Sabaody. C’era anche il Capitano Kidd quando è successo…» rammentò pensieroso Penguin.
Silenzioso, sbirciò dalla spalla il volto di Aya e sebbene avrebbe voluto approfittare del momento per chiederle notizie riguardo la testa calda alla quale persisteva ad accompagnarsi da più di tre anni, rimandò le domande concentrandosi sulla sua espressione e sul contorto ragionamento che era certo non avrebbe tardato a fare.
«Durante l’incidente alla casa d’aste?» la udì difatti informarsi e prima ancora che qualcuno confermasse, i suoi denti mordicchiavano già l’angolo del labbro inferiore in quel tic tutto suo che in circostanze simili rappresentava l’unica crepa ad un autocontrollo invidiabile.
«Bepo gli ha parlato di te anche più del necessario, non metterti in testa idee di troppo.» la corresse subito per arrestare il flusso dei suoi pensieri giunti ad una conclusione sul passato del mezzo-gigante.
Di Aya non si sarebbe potuta vantare la straordinaria bontà, banalmente possedeva un animo premuroso quanto qualunque altro uomo o donna a quel mondo che non si spacciasse per un dio in terra. Vi era in lei tuttavia una parte, che si destava dal torpore in circostanze singolari, gravata da un ingiustificato senso di colpa per le azioni altrui che le rammentavano crudeli cosa avrebbe potuto essere e aveva scelto di non diventare. Se lo facesse per tener vivo quel proposito nel terrore ingenuo di sprofondare nell’ipocrisia o per fare le veci di chi persisteva nel far male non era chiaro, ma succedeva e Jean Bart in quanto ex schiavo rappresentava una di quelle particolari circostanze davanti alle quali Aya non si sarebbe risparmiata.
«… gomen’nasai.» si scusò ugualmente, chinando il capo rossiccio in direzione del mezzo-gigante.
«Non ha colpe, non deve scusarsi. Dovrei farlo io, ho preso il suo posto a bordo.» scherzò inaspettatamente con un goffo abbozzo di sorriso l'altro.
Colta in contropiede lo fissò ammutolita e dopo un momento di stupore per quello slancio a Trafalgar venne da ridere vedendo la sua espressione basita nel ricevere una risposta del genere. Sentendolo soffiare divertito sotto la falda del cappello parve ridestarsi, gonfiando un po’ le guance e Penguin ne approfittò per rassicurarla, togliendola definitivamente dall’impiccio nel quale si era tuffata da sola.
«Aya-sama deve sorridere adesso che è con noi! Non c’è motivo di darsi pensieri!» la tranquillizzò con una piccola pacca sulla spalla e superato l’imbarazzo, il suo invito venne subito accolto in pieno.
Farle accantonare il proposito di scusarsi degnamente cui doveva di certo essere giunta era un’impresa impossibile per cui non avrebbe sentito ragioni, Law lo sapeva, ma non era altrettanto difficile riportarla alla spensieratezza consueta. Bastava poco per alleggerirle pene e pensieri, era fatta così.
«Mi siete mancati.» ammise di getto intenerita, finendo per l’ennesima volta in meno di mezz’ora tra le zampe di un Bepo commosso che versava lacrime di gioia a dirotto cui presto non mancarono di aggiungersi neanche Shachi e Penguin.
«Adesso non respiro davvero!» la sentì ridacchiare stritolata dal loro affetto letale.
«Direi che così sia più che sufficiente, adesso possiamo andare.» li esortò rassegnato, mentre a malincuore la liberavano.
Vedendolo allontanarsi senza attendere oltre finalmente i suoi uomini si convinsero a metter fine all’idillio per muoversi e veloci lo raggiunsero, asciugando con il dorso delle divise i volti bagnati dalla commozione per riprendere il loro presunto controllo sotto lo sguardo divertito di Aya.
«Non vi ho ancora chiesto cosa fate qui.» la udì informarsi, quando imboccarono la galleria da cui era sbucata di corsa una decina di minuti addietro.
Pensandoci era una curiosa coincidenza che proprio lei fosse saltata fuori dal nulla in quel preciso frangente, ad un passo forse dallo scoprire l’ultimo ingranaggio del meccanismo che lo avrebbe portato finalmente alla sua vendetta. Lo si sarebbe potuto scambiare persino per un segno del destino.
«Seguiamo la pista degli smiles. Con un po’ di fortuna c’è la possibilità di trovarne uno al settimo piano, le merci meno economiche vengono smistate qui.» chiarì con un po’ di trepidazione ben camuffata.
Gli ci erano voluti mesi per aver chiaro il quadro generale e giungere sin laggiù, in quell’isola sperduta ai piedi della Linea Rossa che si fingeva ordinaria, adesso gli occorreva solo scoprire in cosa consistesse il tanto redditizio business cui Doflamingo si era dedicato abbandonado il commercio degli schiavi. In quella settimana di permanenza avevano raccolto informazioni dentro e fuori Shinkiro – o Down Under come lo chiamavano i suoi abitanti –, ed erano riusciti a scoprire che al settimo piano del più grande mercato clandestino del mondo potevano essere acquistate seppur a cifre stratosferiche merci che venivano supposte introvabili. Non avevano chiesto direttamente per non rischiare voci, ma Law era certo d’essere nel posto giusto. Gli occorreva solo vedere con i propri occhi, al resto avrebbe trovato una soluzione efficace dopo.
«Lei invece Aya-sama?» domandò Shachi, prima che lei potesse chiedere altro.
«Sinceramente non ne ho la benché minima idea.» ammise dopo un attimo d’esitazione.
«Sarebbe il caso facessi una chiacchierata con Eustass-ya, non è carino ti tenga ancora all’oscuro dopo tutto questo tempo.» suggerì con il pizzetto leggermente sollevato per controllare la direzione sul tetto del corridoio e svoltare a destra.
Per quel po’ di conoscenza che aveva di Eustass-ya non gli era difficile immaginare che prendesse decisioni fregandosene del parere altrui e in egual maniera poteva concepire che ad Aya andasse bene quasi tutto purché non stesse ferma, ma antropologicamente il rapporto che intercorreva tra quei due aveva in ogni caso del surreale se si escludevano implicazioni che Aya diceva non esistere. Il loro era un rapporto che si reggeva da sé sfidando le leggi della logica e di cui a Law venivano celate le ragioni di una tale longevità, perché a conti fatti non poteva più trattarsi di un presunto passaggio.
«I suoi affari riguardano solo lui.» puntualizzò dietro di lui Aya in un’alzata di spalle.
«Non se ti coinvolgono.» le fece notare e avvertì la propria stessa voce prendere una strana incrinazione che non gli fu affatto gradita, mentre i suoi uomini spostavano l’attenzione dall’uno all’altra in silenzio.
A dispetto delle distanze che si era sforzato di mantenere, era stato davvero in pensiero per lei dopo aver letto sui giornali degli scontri ad Arumi, Myramera e Serranilla. Se nemmeno lei però se ne curava non era il caso di pensarci oltre, d’altro canto era la sua incolumità che veniva messa in discussione non quella di Law.
«Quasi mai.» ci tenne a precisare, strappandogli un ghigno.
«Quasi.» ripeté sarcastico, ponendo l’accento su quella percentuale d’incertezza sugli eventi che lei faceva passare per irrilevante.
Rallentando di fronte ad una delle grosse porte d’accesso alle zone centrali, la vide incassare con un sorriso tra il rassegnato e il divertito la sua frecciatina, mentre Jean Bart si faceva avanti per spalancare la soglia.
«Mi sei mancato anche tu… ad ogni modo, come contate di trovare uno di questi smiles?» ricambiò sapendo di coglierlo impreparato, per poi compiaciuta informarsi con i suoi uomini vedendolo annaspare per lo sconcerto della risposta.
«Un tipo ha parlato ad Uni di un posto dove va spesso il mediatore. Stiamo andando lì.» le spiegò smagliante Bepo, altrettanto inspiegabilmente allegro per quell’uscita.
Evidentemente solo lui trovava assurdo che se ne uscisse con certe frasi prive di senso per cambiare discorso o averla comunque vinta quando non era affatto così.
«È l’uomo che tiene i contatti tra questo posto è l’esterno, di sicuro ci saprà dire qualcosa.» le chiarì meglio Penguin, vedendola ancora un po’ dubbiosa mentre varcavano la soglia.
Improvvisamente investiti da un coro di voci e rumori disparati che si sovrapponevano di continuo tra loro rompendo la quiete che invece vigeva imperturbabile all’interno delle gallerie, fecero ingresso al settimo piano, ultimo e più basso tra i livelli che componevano quel luogo. Appena oltre la balconata principale una colonna di vapore bollente, proveniente direttamente dalla corrente calda sotto l’isola, sbuffava avvolgendo la base del gigantesco nome penzolante che imperterrito tuttavia, continuava a brillare sfavillante creando giochi di luce tra le nubi. Attorno ad essa migliaia di negozi, bancarelle, locali e ristoranti si schiacciavano gli uni sugli altri, ottimizzando gli spazi senza mancare tuttavia d’esporre le proprie merci.
Down Under, il famigerato paese noto con il nome di Shinkiro o Horai, possedeva poco o nulla dei tratti leggendari che venivano raccontati nelle storie, ma se c’era una cosa che poteva ritenersi veritiera era che lì si poteva davvero trovare di tutto. Occorreva solo cercare con attenzione, il che non era un’opera da poco.
«È davvero incredibile!» osservò meravigliata Aya con la testa già per aria e gli occhi che brillavano.
Seguendola tra la calca di gente proveniente da ogni luogo in cui si era tuffata per sporgersi sulle punte poi dalla balconata, anche lui per un attimo la imitò insieme ai suoi uomini.
«In effetti da qui giù fa tutta un’altra impressione.» ammise Penguin, guardando la spaccatura dentro cui si era rannicchiato il paese e che in superficie veniva considerata la bocca di un enorme geyser.






















-----------------------------------------------------
Note dell’autrice:
Vi avevo avvertiti che non sarebbero state mai più poche, ve l’avevo detto…

- Rosé: vi rassicuro, tra la marea di OC che ho creato per questa storia, non è strettamente necessario che di lei vi ricordiate. Il suo ruolo è per così dire ‘circoscritto’ al momento che sta vivendo Kidd per cui, se apparirà ancora nell’arco della saga, non sarà che di sfuggita non temete. In ogni caso ci tengo a farvi sapere che il suo nome mi è stato ispirato da una delle k-idol delle Blackpink (vi consiglio di ascoltarle) e ha mangiato un frutto del diavolo molto particolare, trattasi del Niku Niku, che le permette di inibire o provocare dolore in sé e negli altri, per questo nonostante Kidd sia poco gentile con lei non batte ciglio.
- Wonky Hole: avete già avuto i ragguagli generali nello scorso capitolo, qui finalmente chiarisco che si tratta di un’isola invernale dello Shinsekai nei pressi della Linea Rossa. Ha la forma di una piccola montagna dalla cima spianata su cui sorge un geyser alimentato dalla corrente calda presente nei dintorni e che provoca anche il mare di fumo. Ha una sola città ufficiale, Sanko, ma dentro l’isola ne sorge un’altra nascosta, Down Under.
- Sanko: vuol dire “Tre volte tutto”. Oltre ad essere un allusivo rimando a ciò che sotto di essa si può trovare, è anche un richiamo alla leggenda del Regno di Tanra, regno situato sull’isola di Saishou al largo tra Giappone e Korea che pare fosse stato fondato da tre esseri emersi dalle profondità della terra. Calvino racconta qualcosa di simile nelle sue “Città invisibili”, una delle quali viene fondata da tre uomini che condividono il medesimo sogno, quello di inseguire una donna senza mai riuscire a raggiungerla poiché le strade della città di spostano di continuo. Un po’ come accade ad Aya…
- Yukino route: è la strada principale di Sanko ed è ispirata alla famosissima in Giappone Yukina-otani la “strada di neve” le cui pareti raggiungono nella norma i venti metri di altezza che si trova sul monte Tateyama. I giapponesi sono soliti farci in mezzo delle simpaticissime foto ogni volta che nevica…
- Pass(-03): si definiscono tali le gole sottomarine che permettono lo scambio tra l’acqua all’interno degli atolli e l’oceano, nella storia sono invece i passaggi tramite cui si accede a Down Under.
- Pachi-Pachi: il gioco praticato all’interno del Toll’s Pole e che è il più famoso di Wonky Hole. Il suo nome richiama l’onomatopea da cui ha avuto origine il nome del Pachinko, un must in Giappone dove esistono persino delle sale di pachinko per intenditori. A differenza del gioco cui è ispirato, viene giocato su una slot rotante che lancia berry piuttosto che sfere, in base alla faccia del berry uscente e alla posizione che ottiene nel banco si vince o meno. Provoca dipendenza.
- Otto accessi: ho deciso di inserirne proprio otto poiché il monte Horai pare fosse la residenza prediletta dagli Otto immortali, figure emblematiche della tradizione nippo-cinese. Gli otto pass di Wonky Hole sono per cui gestiti da otto usceri, una dei quali è proprio Rosé, unica donna della combriccola come Ho nella storia originale.
- Jean Bart: nella mia mente ormai ha preso piede l’headcanon per cui Aya e Jean Bart diventeranno degli amiconi alla stregua di lei e Bepo, ma non ho scritto questa nota per parlarvene. L’ho scritta perché forse potrà sembrare eccessivo Jean Bart che scherza… in realtà ho notato che la permanenza con gli Heart ha giovato al suo umore e dopo Zou sono ufficialmente dell’idea che si sia lasciato in qualche modo il passato alle spalle.
- Down Under: letteralmente “Giù sotto”, è un’espressione con cui gli inglesi si riferivano all’Australia e mi è parsa così calzante con ciò che cercavo che ho voluto riprenderla. È la città sotto Sanko, nonché Horai o Shinkiro che vogliate. Ha sette piani, raggiungibili tramite il labirinto di gallerie che si snodano per tutta l’isola e sorge attorno alla bocca del geyser, per cui c’è sempre fumo e molto caldo. Dopo il tramonto, sino all’alba, da essa non si può uscire né vi si può entrare a meno che non si debba vendere qualcosa, al suo interno vigono delle regole molto ferree che se infrante costano care… l’ho ideata traendo ispirazione da Libertalia, un paese abitato solo da pirati che esistette al largo del Madagascar nel XVI secolo.
- Shinkiro/Horai: Law lo chiama Shinkiro, Aya e Kidd Horai, in realtà sono la stessa cosa. Nel primo volume del Konjaku Hyakki Shui ossia “Supplemento ai cento demoni del presente e del passato” , libro giapponese del 1700, viene raccontata la leggenda del monte Horai e vi si specifica che esso è noto anche come “Shinkiro” ovvero miraggio. Esiste inoltre nella tradizione giapponese una vongola dalle dimensioni spropositate che emette un vapore che provoca allucinazioni. Per questo sulla mappa murale di Sanai era raffigurata proprio una vongola sopra una montagna.



  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Belarus