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Autore: Lady R Of Rage    23/02/2017    2 recensioni
In un’altra vita, Mettaton è stato un tiranno. Un dittatore totalitario, subdolo e crudele quanto inquieto e spaventato, che ha costretto il proprio regno in un regime di terrore per il quale ha pagato con la propria vita.
Nel presente, Mettaton scopre segreti su sé stesso che non avrebbe mai immaginato. Viene messo davanti a un lato del proprio essere che non avrebbe mai voluto vedere, che odia e teme allo stesso tempo. E quando le richieste d’aiuto non ottengono risposta, dovrà prendere in mano la situazione da solo.
E salvarsi: perché la sua vita non è uno spettacolo e il finale lo sceglie lui.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alphys, Asgore Dreemurr, Mettaton, Papyrus, Sans
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie '#MTTBrandVitaDiM...'
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Atto VI: Azione


-Sta r-riaprendo gli occhi…-
Una grossa macchia gialla era china su di lui. Una voce inconfondibile chiamava il suo nome. 
-M-mi senti, Mettaton? Stai bene?-
Sbatté gli occhi, cercando di abituarsi alla penombra. Si accorse di essere seduto su un lettino operatorio, ancora nella forma EX. La macchia gialla si condensò, formando il volto di Alphys.
-Dimmi q-qualcosa!- esclamò, il labbro che tremava mentre allungava le mani verso di lui.
-Sto bene.- rispose Mettaton, voltandosi a sedere. -Sto bene. Non preoccuparti per me. Sto davvero, davvero bene.-
Non aveva mal di testa, né la nausea: si era ripreso in fretta. Si accorse che Asgore sedeva su una sedia nell’angolo del laboratorio, reggendo la corona sulle ginocchia. 
-Ti ha p-portato qui quando sei svenuto.- spiegò Alphys. -Ti ha portato in braccio fino al mio laboratorio. Era molto preoccupato per te.-
-Sono contento che sia qui.- Mettaton si voltò verso di lui, invitandolo ad avvicinarsi con un gesto della mano. 
-Vorrei dirvi qualcosa, vostra maestà.-
Asgore si alzò dalla sedia, appoggiando la corona sul piano, e si diresse verso il lettino. -Che cosa? Sono sempre felice di ascoltarti, lo sai.-
-Vorrei dirvi…-
Mettaton esitò, scrutando l’espressione di Alphys.
-…che è giunto il momento di ABDICARE!-
E prima che Asgore potesse dire alcunché, il robot sollevò il braccio col cannone carico.
Sparò un colpo, due colpi, tre colpi, sorridendo come un bambino davanti al suo programma preferito. Sentì un grido provenire da Alphys, ma non se ne curò.
-Tu…- Asgore non fece nemmeno in tempo a finire la frase. Mettaton vide una scintilla rossa formarsi nelle mani del sovrano che nelle sue intenzioni sarebbe dovuta trasformarsi nel suo tridente. Ma prima che l’arma fosse apparsa, il caprone si dissolse in un mucchio di polvere senza una parola. La sua anima rimase a fluttuare a mezz’aria per qualche secondo, ma un quarto colpo di cannone la disintegrò subito dopo.
-Che cos’hai fatto!- Alphys cadde in ginocchio nel mucchio di polvere, allungando le zampe verso di essa. Lacrime scendevano lungo il suo muso, ma i suoi occhi erano incendiati dall'ira.
-Sono un robot assassino, tesoro. Questo è ciò che faccio.- sibilò Mettaton senza smettere di sorridere. Allungò la mano con il cannone verso il volto della scienziata; un globo rosa, annunciatore di un nuovo colpo pronto, prese forma nella sua bocca. -Adesso il re sono io. E chiunque oserà dire il contrario farà la fine del caprone.-
Abbassò il cannone, fissando la scienziata dritta negli occhi: -Abbandona questo triste laboratorio, Alphys. Vieni via con me. Sarai la mia regina. Insieme governeremo su tutti quanti.-
-Ti voglio bene, Mettaton. Sei come un figlio per me.- sussurrò Alphys asciugandosi le lacrime. -Ma il mio amore per te non mi impedisce di vedere la tua follia. Non posso seguirti, non stavolta.-
-Sei proprio come Undyne.- sghignazzò Mettaton. -Non capisci mai quando arrenderti.-
Sollevò di nuovo il braccio con il cannone, appoggiandone la bocca sotto il mento della dottoressa. -Peggio per te. Addio, mammina.-
Alphys chiuse gli occhi. -Addio, Re Mettaton I.-
Poi il cannone sparò, e la polvere che era stata Alphys si sparpagliò su tutto il pavimento come coriandoli su un palco vuoto.

-NOOOOOOO!-
Mettaton si trasse a sedere di scatto, agitando nell’aria le braccia telescopiche. Sentì le lacrime scendergli lungo le guance, viscide e fredde, e così copiose da riempirgli la bocca.
-Mettaton!-
La voce di Alphys, di nuovo: stavolta per davvero. La scienziata era china su di lui dall’alto di uno sgabello, illuminata alle spalle dalla luce fredda di una lampada da laboratorio. Appoggiati al muro in fondo alla stanza attendevano in piedi Sans e Papyrus. 
-Sei… sei sveglio?-
Attraverso le lacrime, Mettaton intravide Alphys che giungeva le mani e le portava alla bocca, volgendo gli occhi al cielo. 
-S-Stai piangendo?-
Mettaton cercò di ritrarsi, trattenendo il respiro, tentando freneticamente di asciugarsi il volto il più in fretta possibile. Alphys, però, si era già accorta delle sue lacrime. 
-C-Cosa ti prende? Mettaton, stai bene?-
Anche i due scheletri si avvicinarono di corsa; Papyrus prese da un tavolo un rotolo di scottex e glielo porse. Mettaton strappò una striscia, tamponandosi guance e occhi. 
-Hai avuto un incubo?- domandò Alphys. Si arrampicò sul lettino dove il robot giaceva e allungò una mano verso di lui. Mettaton si ritrasse, stringendo i denti, e annuì. 
-Facciamolo respirare.- disse Sans. Lui e Papyrus si ritrassero alle spalle di Alphys. Mettaton gliene fu grato: gli sembrava di soffocare con tanta gente attorno.
-È stato Asgore a portarmi qui?- biascicò. Alphys trasalì tentennando all’indietro. Sans prese il polso del fratello e lo strinse con la mano. 
“Non mi piace.”. -Alphys, cosa c’è?-. “Quanto ho dormito? Che giorno è? Oh, cielo, ditemi che non sta andando come penso…”
Alphys tirò su col naso e si avvicinò di nuovo al lettino. -Mettaton…-. Si interruppe e deglutì. “No, non mi piace per niente.”
-Glielo dico io, Alphys.- intervenne Sans. -Sono giorni che lo vegli. Sarai stanca morta.- “Giorni? Ma cosa sta succedendo?”. E soprattutto, Alphys non aveva mai cessato di vegliarlo? Mettaton non era sicuro di meritare tanta cura da parte sua. 
La scienziata annuì, accucciandosi in fondo al lettino fra le braccia di Papyrus. Sans si sedette di fianco a Mettaton, ma prima che potesse aprire bocca l’androide lo interruppe.
-Non mi chiedi cosa mi prende?-
-Non c’è bisogno c-che me lo dici.- rispose Alphys. -Hai avuto un incubo. P-Posso capirti. Anche per me n-non è un periodo semplice.-
-Non era un semplice incubo.- Mettaton strinse i pugni attorno al lettino. -Asgore… ho sognato di uccidere Asgore. E dopo di lui… anche te.-
Lasciò andare il lettino e si strinse su sé stesso, accucciandosi sul fianco. Rivolse gli occhi ad Alphys, pregando che lei non lo odiasse neanche stavolta.
Sans intervenne: -Asgore… lui è morto davvero. Mentre eri spento.- Lui e Papyrus chinarono i teschi verso il suolo.
Mettaton strinse istintivamente le mani sullo stomaco. “Perché sono sorpreso? Lo sapevo, era scritto negli appunti.”. Chiuse gli occhi cercando di scacciare da essi l’immagine del volto sorridente del ex re del Sottosuolo. 
“È andato via.” Serrò le labbra forzandosi a non singhiozzare. “E adesso il re sono io.”
Ma allora, perché Alphys era ancora lì? Re Mettaton I era diventato re dopo la sua morte, no? In preda al panico guardò Sans, e lo scheletro riprese a parlare stringendo la mano di Alphys.
-Sì, è stato Asgore a portarti qui. Ci ha detto che sei svenuto dopo la visita. Sono passati due giorni da quando sei scomparso. L’Umana ha superato il Core da sola, ha affrontato Asgore in battaglia, e lo ha sconfitto. Poi, dopo aver preso la sua anima, ha varcato la Barriera.-
Mettaton annuì, cercando di connettere i tasselli. -Come stanno tutti?-
-Non molto bene.- Sans chinò di nuovo il capo. -Alcuni hanno provato a chiedere aiuto a Undyne, ma a quanto pare nemmeno lei è più con noi.-
-Quell’umana…- sussurrò Alphys passandosi le maniche sugli occhi. -Sembrava così simpatica… io… io non posso crederci.-
Papyrus la strinse più forte massaggiandole le spalle. Mettaton fece per allungare una mano verso di lei, ma uno sguardo di Sans lo trafisse come uno spillo. Ritrasse la mano. “È giusto. Poco fa l’ho uccisa.”.
Si impose di concentrarsi. Undyne era morta, Asgore pure. Aveva voglia di piangere per loro, ma il momento non era quello giusto. Sans e Papyrus c’erano: pensiero non confortante, se si considerava che anche Re Mettaton I li aveva avuti come collaboratori. Ma Alphys era ancora viva. E quella, ne era certo, era la differenza chiave.
Prima che potesse interagire con lei, Alphys gattonò nella sua direzione. Aveva gli occhi umidi, arrossati, e appariva piccola e fragile. Mettaton allungò di nuovo le mani verso di lei, ignorando lo sguardo di Sans. Alphys le prese. Allargò le labbra imponendosi di sorridere.
-Sai… mentre eri spento, ho avuto paura. Tanta paura, più di quanta non ne abbia mai avuta in vita mia. Undyne non c’è più, Asgore neppure, tu eri piombato in coma… era tutto così inquietante e strano. A volte ero davvero tentata di fare qualcosa… qualcosa di codardo. Mi capisci, vero?-
Mettaton si morse la lingua: -Ma non l’hai fatto.-
-Non l’ho fatto.- rispose dolcemente Alphys. -Una parte di me sapeva che eri ancora vivo. Che anche se il tuo corpo era freddo e immobile… la tua anima pulsava forte e viva dentro la tua cinta. Non ho osato lasciarti. Non potevo… non ci sono riuscita. Se c’era una possibilità, una sola, che fossi ancora vivo, non potevo andarmene. Ho collegato… ho analizzato… ho pregato… ed eccoti qua.-
L’androide allentò la stretta alle mani della scienziata. 
-Sei rimasta qui… per me?-
-Non potevo abbandonarti.- Alphys sorrise quasi rilassata. -Non avresti mai più potuto svegliarti, senza di me, e… e io… -
Si gettò al collo di Mettaton, stringendosi forte a lui. L’androide colse lo sguardo di Sans da sopra la sua spalla. Sorrideva. 
-Andrà bene.- sussurrò ad Alphys. -Siamo qui, insieme. Un genio e un intrattenitore. Possiamo ancora sistemare tutto.-
-Ehi, ci siamo anche noi!- esclamò Papyrus. 
-Siamo con voi.- confermò placido Sans. -Fino alla fine.-
Mettaton sorrise. Sollevò il volto della scienziata con delicatezza. -So che ti mancano Asgore e Undyne. E so che è anche un po’ colpa mia, se fa tanto male. Ma… vorrei poter riparare le cose. Sono qui, Alphys. Non me ne andrò mai più via.-
Alphys si asciugò le lacrime; poi prese un profondo respiro e lo abbracciò di nuovo. Mettaton udì Papyrus sospirare dal fondo del lettino. 
-Ti amo come un figlio.- singhiozzò la dottoressa. 
Mettaton le accarezzò la schiena, sorridendo verso il soffitto. “Grazie, grazie, oh santo cielo… grazie!”
Alphys era soffice, odorava di soda e spaghetti istantanei, e mai più l’avrebbe lasciata andare.


-Sarai stanca.- le disse con dolcezza non appena la dottoressa si allontanò da lui. -È meglio se vai a dormire, tesoro. Abbiamo molto da fare, qui, e domani dovrai essere in forma.-
Alphys annuì, e si strofinò la manica sugli occhi del camice. 
-L’accompagno io.- propose Papyrus. -Posso leggerle una storia della buonanotte.-
Alphys arrossì: -Mi sembra una bellissima idea, Papyrus.-
Allungò la zampa verso il guanto dello scheletro, lasciandosi condurre verso la porta. 
-Domani… domani mettiamo tutto a posto, Mettaton?- domandò dalla soglia.
-Lo giuro.- rispose lui sorridendo. 
La guardò in silenzio mentre si allontanava lungo il corridoio assieme allo scheletro alto. Poi si voltò verso Sans. Era ancora seduto sul lettino e aveva in volto un’espressione compiaciuta.
-Ti devo delle scuse, Mettaton.- disse.
Il robot ritrasse le gambe sotto di sé: -Per cosa?-
-Beh…- Sans si asciugò la fronte sudaticcia con la manica della felpa. -Credo di averti giudicato male. Sei riuscito a metterlo a posto, quel sottoprodotto di un re.-
Mettaton ridacchiò. Un attimo dopo, però, sentì dal nulla un senso di inquietudine.
-Ne sei certo, Sans?-
-Cosa vuoi dire?- chiese lo scheletro.
Mettaton contrasse il volto, raccogliendo le mani sulla bocca dello stomaco.
-Posso sentirlo… qui, da qualche parte dentro di me, che urla e vuole uscire. Vuole coprirmi di nuovo di sangue.-
Chiuse gli occhi, immaginando Re Mettaton I che si muoveva dentro di lui. Il mantello era stracciato, la corona ammaccata, lo scettro abbandonato chissà dove, ma l’androide pazzo sembrava in forma quanto lui. E chiedeva a gran voce di uscire. 
Anche Sans portò le mani sul suo stomaco, e le depose sopra i suoi guanti. -Non temere. Lo teniamo buono, quel demonio. Stavolta ha un nemico in più.-
Allungò il collo verso lo stomaco di Mettaton, tenendo un occhio chiuso come per guardare in un  piccolo buco.
-Ehi, Re Mettaton I. Cerca di stare buono, dovunque tu sia, perché se ti verrà anche solo in mente di uscire fuori…- Mettaton trattenne il respiro.
-…passerai un brutto momento!-
Sans fece una pausa, rimettendosi a sedere.
-Re Mettaton I ha governato per quattro anni prima che il popolo entrasse in rivolta. Era crudele e malvagio, e l’inquietudine nel suo animo non basta a giustificare ciò che ha fatto.-
-Lo so.- ammise Mettaton. -E non voglio mai più rivederlo.-
-Non lo rivedrai.- il tono di Sans era glaciale. -Parola di scheletro, non lo rivedrai.-
Mettaton si ravviò i capelli. Squadrò ancora Sans: aveva un’ultima cosa da dire.
-Non ho capito perchè sono svenuto.-
Sans scrollò le spalle:-È il destino ineluttabile. Ha provato a toglierti di mezzo: non ci è riuscito.-
-Il destino?- 
-Proprio così.- Sans sogghignò. -È un tipo tosto, quello. Sperava che vedendoti svenuto Alphys si arrendesse. Ma evidentemente la tua pellaccia metallica è troppo dura anche per lui.-
Mettaton ridacchiò. Guardò Sans negli occhi: l'espressione che aveva avuto giorni prima, quello sguardo freddo che lo aveva infestato per le ore successive, era scomparso. Al suo posto vi era un sorriso rilassato e accogliente, di quelli che si dedicano a una persona che si ammira. 
E in quel momento capì davvero che il peggio era passato.
“Re Mettaton I attende in ginocchio nella cella in cui l’ho confinato. Pesanti catene cingono i suoi polsi e le sue caviglie. Il cannone al braccio destro è stato disattivato in modo che non possa liberarsi. E là sotto resterà, per il bene di tutti. Si divincoli quanto vuole: è il suo castigo per non aver voluto pagare il prezzo del potere”.
-È ora che vada.- disse a Sans. -Ho molto lavoro da fare.-
-Se si tratta del discorso per l’incoronazione, lascia che me ne occupi io. L’altra volta… non sei andato un granché.-
Mettaton rise scendendo dal lettino: -Grazie, tesoro, ma non è quello. Vorrei realizzare un memoriale per Re Asgore. Qualcosa di semplice, ma d’effetto.-
Ammirò il suo riflesso nel vetro della porta. Alto, eretto, elegante, con occhi espressivi. Decise che poteva essere l’aspetto di un buon re.
-Tu non hai idea di quanto gli devo.-

Angolo della Lady:
Siamo giunti all'ultimo atto, e la battaglia di Mettaton contro sé stesso si è conclusa con una vittoria.
Avrete notato che nella sequenza di sogno c'è un POV ballerino, che passa da Mettaton agli altri. Non è un errore. È una gimmick che mi piace usare quando parlo delle scene di sogni. Mi sembra più realistico se hanno un taglio "cinematografico", senza essere limitate alla testa del protagonista. Ditemi che cosa ne pensate nei commenti. 
Manca solo un ultimo capitolo, un Epilogo in cui si vedranno i risultati della battaglia di Mettaton. Per quel capitolo ho in serbo una sorpresa, ma non voglio anticipare nulla. 
Scusate anche se Papyrus non fa praticamente niente. Succede quando prima di scrivere finisci per errore nella pagina di YAMsgarden. Meno si parlano, lui e Metta, meglio è.
Grazie mille a tutti quelli che mi leggono. Ci vediamo presto per l'Epilogo, e la fine di questa avventura. 
 
  
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