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Il Segreto tra le Pagine
Fin da piccolo, Zefiro era
sempre stato un bambino tranquillo. Non amava andare in giro per
Amount-vinya a combinare guai come la maggior parte dei suoi coetanei,
ma passava la maggior parte del suo tempo a camminare per i boschi o
sulle mura della città, osservando curioso e meravigliato il
lavoro svolto dalle guardie. All’inizio sua madre non era
stata molto d’accordo che rimanesse per ore lontano da casa.
Se le mura di Amount-vinya erano molto vicine e sicure, girare nei
prati e nella boscaglia attorno alla città costituiva invece
un motivo di preoccupazione. Erano dovuti trascorrere circa sei mesi
perché Mirya si abituasse all’idea e smettesse di
lanciargli quelle occhiate di rimprovero che Zefiro odiava. Con
l’aiuto di Alan, la donna si era rasserenata e, anzi, dopo un
po’ di tempo aveva preso a fare delle domande al figlio, su
cosa avesse visto nel bosco, su che strada avesse preso per arrivare
alla collinetta delle rose o se avesse incontrato qualcun altro durante
le sue passeggiate.
Conscio di quanto fosse costato alla madre concedergli quella
libertà, Zefiro aveva fatto di tutto per non farla mai
preoccupare: cercava di non sparire per lungo tempo e, per quanto
possibile, si sforzava di tenerla sempre informata su dove fosse,
magari scambiando due parole con quella chiacchierona della
pescivendola o passando a prendere una focaccina dal panettiere in
piazza.
Tuttavia, un giorno si inoltrò un po’ troppo nel
bosco e tornò a casa ben oltre l’orario di cena.
Fu in quell’occasione che vide per la prima volta sua madre
arrabbiata. Le guardie e i vicini l’avevano fissato con
rimprovero mentre camminava a testa bassa verso di lei, che, da quando
lo aveva visto entrare, non aveva mai distolto lo sguardo dal suo, gli
occhi arrossati pieni di lacrime e le labbra storte in una smorfia che
lo spaventò. Lo schiaffo che gli diede non fu forte, ma
bastò quel gesto e la sua espressione delusa a farlo
scappare in camera prima di scoppiare in lacrime. Pianse per ore, con
la faccia affondata nel cuscino, le dita che artigliavano la federa
bagnata e il senso di colpa che gli serrava lo stomaco in una stretta
così dolorosa da togliergli il fiato. Quando finalmente
Myria era venuta da lui, era già notte fonda e il sonno era
già sopraggiunto da molto. Probabilmente era stato il
cigolio della porta a riscuoterlo, o forse era solo
un’impressione dettata dalla stanchezza ad avergli donato una
percezione distorta della realtà. Così Zefiro era
rimasto immobile mentre sua madre, seduta sulla sedia accanto al letto,
cominciava ad accarezzargli la testa e a dirgli quanto gli voleva bene.
L’aveva ripetuto a lungo con la voce resa tremante dai
singhiozzi, un sussurro pieno d’amore che lo aveva cullato,
accompagnandolo nel torpore del sonno. Il giorno dopo, nessuno dei due
aveva fatto menzione di quello che era accaduto. Si erano limitati ad
abbracciarsi un po’ più del solito, a godersi
l’uno la presenza dell’altra. Poi Zefiro si era
staccato ed era corso fuori, dirigendosi verso le mura cittadine, nella
mano sinistra il sacchetto con un panino al latte e nel cuore la
promessa che non sarebbe mai più stato la causa delle
lacrime di sua madre.
Aveva otto anni all'epoca, quando aveva giurato che non
l’avrebbe più fatta soffrire. Eppure, in quel
momento, sentiva come se il tempo non fosse mai passato. Myria spostava
lo sguardo gelido da lui a Melwen. Nordri e Baldur si erano tenuti in
disparte, ma la disapprovazione era dipinta chiaramente sui loro volti.
Nyi, il mago che li aveva salvati, era appoggiato al muro con il
cappuccio ben calcato sul volto.
Era stata la questione di un istante: un momento prima si trovavano
nell'antica Alabastria e una casa stava crollando loro addosso, poi una
luce accecante li aveva avvolti ed erano riapparsi lì, nella
camera di Nordri. Sua madre era corsa loro incontro e, scossa dai
singhiozzi, li aveva abbracciati fortissimo. Zefiro aveva sperato che
non sarebbe accaduto nulla, che forse avrebbero avuto tempo e modo di
inventarsi una scusa sul perché si fossero addentrati in
quei vecchi ruderi, però Myria si era alzata e si era
allontanata troncando ogi tentativo di spiegazione. Allora Zefiro aveva
capito che stavolta l’aveva combinata davvero grossa.
L’unico che pareva distaccato era Nyi, assorto nella lettura
di un libro dalla copertina consunta, uno dei tanti che costituivano la
libreria personale di Nordri.
- Come avete fatto a entrare nella parte vecchia della
città? - li interrogò Mirya severa, come la linea
dritta ed esangue in cui aveva serrato le labbra.
Zefiro fremette e Melwen gli strinse la mano, trasmettendogli coraggio
e sostegno. Eppure, nonostante l'amica fosse accanto a lui, Zefiro
avvertiva un grande peso sulle spalle, un senso di colpa schiacciante
che smembrava le parole prima che riuscisse ad articolarle.
Chinò la testa, improvvisamente interessato alle venature
del pavimento di legno, e si sforzò di spiegare.
- Abbiamo… abbiamo usato la magia. - balbettò.
- E come facevate a sapere dove si trovasse l’ingresso ovest?
Solo le guardie e pochi altri conoscono quell’entrata. -
intervenne Baldur.
- L'ho vista in uno dei libri di Nordri. - la voce di Melwen tremava,
così come le sue ginocchia, - Non è stata colpa
di Zefiro, è stata tutta una mia idea. Mi annoiavo e ho
letto che c’era questa immensa biblioteca nella
città sotterranea e così ho pensato che sarebbe
stato divertente… -
- Divertente?! Ma vi rendete conto che stavate per morire! -
sbottò il nano.
Avanzò verso di loro, la sua figura bassa e tozza che si
stagliava contro la luce facendolo sembrare più alto,
più imponente, tant’è che persino Myria
rimase impietrita.
- Baldur, per favore… -
- Myria, non dirmi di tacere. Non possono passarla liscia, devono
comprendere la gravita di ciò che hanno fatto. -
dichiarò duro e si avvicinò a loro
così tanto, che Zefiro poté sentire il suo
respiro sul collo.
- Cosa vi è passato per la testa? Lo sapevate che era
proibito scendere là sotto perché era pericoloso.
Maledizione! Se non fosse stato per Nyi, a quest’ora non
avremmo nemmeno dei corpi da seppellire. -
- Sì, lo so, ma… -
Baldur sbatté il pugno sul tavolo e la bambina
sussultò spaventata.
- Hai parlato abbastanza. - ringhiò, gli occhi ridotti a due
strette fessure.
Alternò lo sguardo da lei a Zefiro, la mascella contratta
sotto la barba rossiccia, poi lanciò un'occhiata di fuoco a
Nordri.
- Nordri, mi sai dire per quale maledetto motivo Bryonia non era
lì di guardia? - indagò.
Il padrone di casa sospirò e si versò un altro
bicchiere di idromele. Le rughe, che sprofondavano nella pelle assieme
alla cicatrice orizzontale che gli sfregiava il viso dalla guancia
all’orecchio, accentuavano ulteriormente
l’espressione cupa. Rimase in silenzio per un tempo che a
Zefiro parve un’eternità, gli occhi socchiusi
persi in chissà quali pensieri.
- L’ho trovata sbronza assieme a Sinar e Mali nella locanda
di Keli in piazza Spada. - riferì in tono dimesso.
Osservò il riflesso dorato dell’alcolico in
controluce. Era già il quarto che beveva, ma sulle sue
guance non c’era nemmeno l’ombra del rossore
dell’ubriachezza.
- Lo so che non sarebbe dovuto accadere, ma mi sembra che tu
stia esagerando, Baldur. I bambini stanno bene e hanno imparato la
lezione, rimproverarli ulteriormente non cambierà le cose. -
- Esatto, hanno capito la lezione. - Myria corse da Melwen e Zefiro e
li strinse entrambi a sé.
- Siete troppo indulgenti. - borbottò il nano, scuotendo il
capo.
La donna si frappose tra lui e i bambini, l’espressione
battagliera sul viso che faceva a pugni con gli occhi arrossati e i
capelli scarmigliati, sfuggiti dalla presa della treccia e delle
forcine. Percependo la sua mano che gli accarezzava la schiena, Zefiro
si sentì al sicuro, protetto.
Dopo un lungo momento in cui tutti trattennero il respiro, Baldur si
arrese, ma solo quando andò a sedersi al tavolo il bambino
osò tirare un sospiro di sollievo. Sapeva che il nano non
avrebbe mai fatto del male a nessuno di loro, però non
poteva negare di aver avuto paura quando in fondo alle pupille aveva
scorto una luminescenza fredda, furiosa, una rabbia a stento
trattenuta.
Quando la madre gli rivolse un incerto sorriso rassicurante, rimase
fermo, finché non la vide allontanarsi per prendere posto al
tavolo, la mano ancora stretta attorno a quella di Melwen, che non
accennava ad alzare la testa. L'amica tremava e, anche se non riusciva
a scorgere il viso dietro quella matassa di riccioli, Zefiro sapeva che
si stava sforzando per non lasciare campo libero alle lacrime.
In quel silenzio interrotto solo dai sussurri sommessi delle cameriere
che preparavano il pranzo, il bambino non sapeva cosa fare per
consolare Melwen, per farle capire che non era colpa sua,
perché lui le era andato dietro.
- Zefiro, Melwen, venite qui. -
L'esortazione pacata di Nordri li riscosse. Zefiro tirò il
braccio dell’amica e la condusse fino al tavolo di noce dove
avevano preso posto tutti a parte Nyi, che era rimasto appoggiato al
muro durante tutta la discussione. Il cappuccio del mantello gli
copriva il volto, ma il bambino poteva percepire il suo sguardo sulla
pelle, anche se qualcosa gli diceva che non era davvero lui
l’oggetto delle sue attenzioni. Istintivamente,
rinserrò la stretta attorno alla mano di Melwen.
- Signori, vorrei presentarvi una persona. - cominciò il
padrone di casa, ma venne subito interrotto da Baldur.
- Niente formalismi, abbiamo perso già abbastanza tempo. -
brontolò, evidentemente infastidito dal tono quasi
reverenziale usato da Nordri, - Chiediamo quel che dobbiamo chiedere a
questo Lancia-incantesimi e risolviamo la questione. -
- Elltida travlet, dwarv. - sorrise Nyi, chiudendo il libro che stava
leggendo e riponendolo sullo scaffale.
La sua voce aveva un timbro baritonale, profondo, che mal si sposava
alla bassa statura e alle spalle strette che si intravedevano da sotto
il mantello.
A quelle parole, il nano gli rivolse uno sguardo di fuoco: - Non ti
rivolgere a me chiamandomi in quel modo, gnometto. -
- Non serve scaldarsi, non sono qui per litigare. - replicò
tranquillo Nyi, - E comunque non è di certo con te che
desidero parlare. -
Si fece avanti senza nessuna esitazione, fece il giro del tavolo e si
inchinò in modo quasi aristocratico di fronte a Melwen.
- Sei davvero la figlia di Copernico. - la fissò
intensamente, la tristezza che traspariva dalle sue parole, - Mi
dispiace moltissimo per quello che è accaduto alla tua
famiglia, non oso immaginare quanto debba essere stato difficile per
te. -
Al sentir pronunciare il nome del padre la bambina si
irrigidì, ma Nyi parve non accorgersene.
- Lo conoscevo molto bene: durante il periodo in cui abbiamo
frequentato l’accademia siamo stati molto amici, poi
però abbiamo preso strade diverse e non ci siamo
più incontrati. - proseguì e con delicatezza le
poggiò la mano sulla spalla, - Mi dispiace davvero che abbia
fatto quella fine. Io… -
- N-non è carino parlare a qualcuno nascondendo la faccia. -
lo interruppe Zefiro, - Insomma… non è molto
cortese da parte vostra, ecco. -
Una smorfia di disappunto increspò le labbra del mago. Solo
allora Zefiro si accorse che una fitta peluria bionda e riccia gli
copriva il dorso e le dita dei piedi.
- Avete ragione, chiedo venia per la mia maleducazione. - si
allontanò e schioccò le dita.
Il mantello si aprì e volteggiò in aria,
piegandosi in modo impeccabile sullo schienale dell’unica
sedia rimasta vuota. Ma non fu quella piccola magia a catalizzare
l’attenzione dei due bambini. L'essere che si trovarono
davanti era in tutto e per tutto simile a un umano, eccetto che per le
orecchie a punta. A Zefiro ricordarono lontanamente quelle degli elfi.
Era alto quasi quanto loro, forse qualche pollice di meno, con la pelle
di un ricco color cannella e i capelli biondi che incorniciavano un
viso spigoloso e punteggiato da una leggera barba che gli indorava le
guance e il mento. Nonostante la sobria tunica nera e i monili
d’argento al collo e alle mani, i suoi occhi incutevano
soggezione e un timore reverenziale. Zefiro dovette reprimere
l’istinto di allontanarsi. Sebbene lo sguardo del mago non
fosse diretto su di lui, si sentiva comunque profondamente a disagio, a
differenza di Melwen, che invece lo fissava affascinata.
- A viso scoperto, il vostro cavalier servente si sente più
tranquillo? - lo sbeffeggiò apertamente.
- Nyi, non prenderlo in giro. Non è stata una giornata
facile per loro. - lo ammonì Nordri, scatenando
l’ilarità del mago.
- Non lo stavo prendendo in giro, anzi, chiedevo il suo permesso. Sia
mai che tenti di assalirmi con la sua spada di legno. - si
passò una mano sulle labbra piene e lanciò un
ultimo sguardo divertito a Zefiro, per poi posare nuovamente lo sguardo
su Melwen, - Sappi che mi dispiace davvero per quello che è
accaduto. Se posso fare qualcosa per te, io… -
La bambina scosse la testa: - No, non… non ora. Piuttosto,
perché Baldur è venuto a cercarvi? -
- Diciamo che c’è una cosa che desidera sapere e
io sono l’unico che gliela può rivelare. -
All'improvviso la porta si aprì e Magda, capo della
servitù, entrò assieme ad altre due ragazze. In
completo silenzio, senza fare quasi rumore, scivolarono verso il tavolo
e vi posero un vassoio di dolcetti allo zenzero e cinque pinte di birra
scura. Dopo un rapido inchino al padrone di casa, si dileguarono
chiudendo la porta alle loro spalle.
Baldur si servì subito, seguito da Nordri, mentre Myria
prese un dolcetto alle mandorle caramellate. Osservandola di sottecchi,
Zefiro si rese conto che le spalle le tremavano ancora, anche se
l’espressione arrabbiata aveva definitivamente abbandonato il
suo viso. Quando i loro sguardi si incrociarono, l’ombra di
un sorriso le sfiorò le labbra e la mano si strinse forte
attorno alla sua, come per infondergli forza.
A quel punto, Nyi riprese il discorso: - Sono l’unico a poter
dire a questi gentili signori in che stato è la tua magia,
fino a che livello si è sviluppata e quanto ancora
potrà crescere. -
- Cosa? Riuscireste a capirlo? - Melwen lo squadrò sorpresa,
- Mio padre mi aveva detto che c’era un modo, ma ha anche
aggiunto che… -
- Che bisogna che l'esaminatore conosca a fondo il paziente. -
completò il mago, - Sì, di solito è
così, ma ci sono alcune persone, come il sottoscritto, che
non si fanno fermare da certe piccolezze. -
- Vedi, Melwen, Nyi è un mago estremamente potente, un
cosiddetto Dominatore, capace di manipolare l’energia
elementale a proprio piacimento. Se si avvalesse della magia del
sangue, potrebbe captare la tua traccia magica per capire cosa sei. -
le disse Nordri.
Notando l’espressione sconcertata sul viso della ragazzina e
lo sguardo truce che Baldur gli aveva rivolto, il mago si
affrettò a spiegare: - Non è niente di proibito,
è solo il nome che è di pessimo gusto.
Semplicemente, sfrutterò la componente liquida presente nel
tuo sangue per mappare le vene, le arterie e i capillari. È
la base del potere di un qualsiasi Dominatore avvalersi della
componente elementale dell’universo per lanciare incantesimi.
-
- La componente elementale? Cioè? - si intromise Myria,
curiosa e intimorita.
- È un concetto un po’ complicato da spiegare a
chi è estraneo al mondo della magia. Vi basti sapere che
esistono due categorie di maghi: quelli come me traggono forza dagli
elementi, mentre gli Arcanes si sincronizzano con l’energia
intrinseca del mondo. -
- Mio padre era come voi? - domandò titubante Melwen.
- No, tuo padre era un Arcanes. Uno dei più potenti che
abbia mai avuto la fortuna di conoscere. - Nyi strinse le labbra e
serrò le palpebre per ricacciare indietro le lacrime, - In
ogni caso, non sarà niente di invasivo, se è
questo che ti preoccupava. -
La bambina assentì, ma il nervosismo non accennava ad
abbandonarla. Continuava a spostare lo sguardo dal mago e Nordri, da
Nordri a Nyi, a volte con qualche deviazione in direzione della porta.
Era spaventata, confusa e, anche se non poteva scorgere
l’espressione sul suo viso, Zefiro riusciva percepire la
tensione attraverso i suoi palmi sudati.
- Sarà un processo doloroso? -
s'interessò, anticipando la compagna.
- Dipende. - un dolcetto si adagiò tra le mani del mago, che
l’addentò, - Il mio potere di Dominatore si affida
alla magia elementale. Fuoco, acqua, terra e aria sono le componenti
essenziali di tutti gli incantesimi, siano essi appartenenti alla
cosiddetta scuola bianca o scuola nera. Si potrebbe dire che la mia
è una magia molto più primordiale e grezza
rispetto a quella di tuo padre. che al contrario era un mago nel senso
più classico del termine, nonché grande
sostenitore della teoria secondo cui… -
- Arriva al dunque, Lancia-incatesimi, non ti abbiamo invitato qui per
una dissertazione accademica. - lo interruppe Baldur con un tono che a
malapena celava l’irritazione.
In risposta, Nyi levò gli occhi al cielo con un sospiro
esasperato e Zefiro dovette fare un grande sforzo di volontà
per trattenere una risata. Quel mezzo uomo non gli piaceva e vederlo
incassare in quel modo gli procurava una certa soddisfazione.
- Come stavo tentando di spiegare, - lanciò
un’occhiata truce al nano, - c’è una
teoria secondo cui l’energia elementale sta alla base di
tutto l’universo, è la forza generatrice di ogni
singola forma di vita esistente, dalle più semplici alle
più complesse. Col trascorrere dei secoli e dei millenni, le
tracce di questa magia sono diventate sempre più rare, a
parte in alcune razze che invece le mantengono vive con il continuo
esercizio. Ora, Copernico era un mezzosangue, quindi è
più che lecito pensare che tu abbia ereditato la sua stessa
forza. Se così fosse, sarei molto felice di prenderti sotto
la mia ala per allenarti. - terminò, scrutando Melwen con un
sorriso gentile.
Zefiro sussultò.
“Allenarla? Significa che la porterà via e che non
ci rivedremo mai più?”
La paura gli artigliò le viscere e divenne un dolore quasi
fisico quando vide lo sguardo della sua amica completamente rapito,
affascinato dalle parole di Nyi.
- Dovrò lasciare Albastria? - mormorò la bambina.
- Lo so che non è facile, ma è la cosa migliore.
-
- Esatto. - confermò Nordri, sorseggiando la sua birra, -
Dopo l’attacco a Luthien da parte di quel drago, non penso
che tu sia al sicuro qui. -
- Le mura di Alabastria non sono mai crollate, non
c’è posto più sicuro di questo. -
replicò accorato Zefiro.
Tutti si girarono a guardarlo, compresa Melwen, ma lui non vi
badò. Non sapeva dove avesse trovato tutta quella sicurezza,
ma si augurò che non si esaurisse troppo in fretta. Quando
incontrò lo sguardo penetrante del mago, il suo cuore perse
un battito. Tuttavia, prima che potesse fermarsi, le parole gli
scapparono di bocca.
- Avete detto che la porterete con voi, ma non pensate che correrebbe
troppi rischi girando per Esperya? Soprattutto ora che la guerra si
è inasprita, nessun luogo è più sicuro
della fortezza nanica del nord. Inoltre, dopo tutto quello che le
è accaduto, non penso sia una buona idea portarla via. -
- Anche io la penso come mio figlio. - approvò Myria, -
Sapevo che tradizionalmente i maghi adottano fanciulli e fanciulle
giovani per iniziarli alla magia, però questo mi pare
esagerato. -
- È l’unica soluzione che abbiamo, soprattutto
dopo gli eventi dell’ultimo mese. - ribatté
Baldur, con una voce che non lasciava spazio a repliche di alcun
genere.
Myria si chetò e intrecciò le mani in grembo,
combattuta.
Calò un silenzio saturo di tensione. Le occhiate eloquenti
dei tre adulti continuarono quel dialogo muto da cui i due bambini
erano esclusi. Per un lungo minuto nessuno disse più niente,
poi quando la donna trasse un profondo respiro e piegò le
labbra in una smorfia amara, Zefiro capì che la decisione
era già stata presa.
- È la scelta migliore, Melwen. - esordì Nordri,
- Nyi è un ottimo mago e, da quello che mi ha detto, anche
se non avessi le qualità che cerca, sarebbe disposto a
prenderti con sé per portarti da un suo amico a Sershet,
dove potrai imparare un lavoro. -
- E se invece mi dimostrassi valida? - domandò.
- In quel caso, diventeresti la mia apprendista. Ti insegnerei a
padroneggiare il tuo potere se fosse simile al mio, oppure ti affiderei
alle gentili cure dell’accademia di magia della capitale. -
rispose Nyi, - Se mi permetterai di controllare, ricercherò
attraverso la magia del sangue quelle tracce e vedrò quanto
grande è il tuo potenziale. Potranno farlo i tuoi futuri
insegnanti, ma preferisco occuparmene di persona, giusto per avere la
sicurezza di non perdermi un possibile allievo. -
- Ma non è giusto! - protestò Zefiro, - Non
potete obbligarla ad andarsene, lei… -
L’improvvisa stretta di mano della sua amica lo mise a tacere
e, quando si girò a guardarla, si accorse che sorrideva, un
sorriso accondiscendente che fu come una coltellata al petto.
- Non ti preoccupare, hanno ragione. Loro sono adulti, sanno quello che
è meglio per noi. - lo rincuorò.
- Ma… -
- Zefiro, basta. - lo gelò.
Senza aggiungere altro, scese dalla sedia e si avvicinò a
Nyi: - Puoi già controllare? -
Il mago annuì.
- Sarà una cosa veloce? -
- Sì, questo sì. - le posò le mani
sulle spalle, - Ora chiudi gli occhi e rilassati. -
La bambina obbedì. Per i dieci minuti a seguire nessuno
parlò, tutti concentrati su di loro. Zefiro rimase buono,
anche se avrebbe davvero voluto rintanarsi in camera a piangere. Si
sentiva messo da parte, ferito dal comportamento della sua amica e
tradito dal silenzio della madre. Nonostante sapesse che la partenza di
Melwen era la cosa più logica, poiché le avrebbe
assicurato un futuro lontano dai pericoli della guerra, il pensiero di
non vederla più, di perdere la sua amicizia, gli faceva
male. Sperò fino alla fine che Nyi non trovasse niente di
speciale in lei e, seppure fosse ben conscio che quella era solo una
stupida speranza, una sensazione di gelo gli chiuse la gola quando le
labbra del mago si arcuarono in un ampio sorriso.
Il mondo esterno, con i suoi suoni e i suoi colori, si
sfaldò fino a svanire. Zefiro smise di percepire le carezze
sulla schiena di sua madre e le goffe pacche consolatorie di Baldur, ed
ebbe quasi l'impressione di sprofondare. Solo dopo qualche minuto,
quando vide Melwen sparire oltre la soglia con la sacca a tracolla,
trovò la forza di seguirla.
Non appena entrò nella sua stanza, Melwen si
lasciò cadere sul letto ad occhi chiusi. Sentiva ancora il
rimbombo del battito del suo cuore nelle orecchie e nella testa i
pensieri si affastellavano veloci e caotici, senza che lei riuscisse
davvero a prenderne in considerazione nemmeno uno. Si sentiva euforica.
Nyi le aveva detto che la sua magia non solo era perfettamente
sviluppata, ma che possedeva anche tutte le doti per diventare
un’ottima maga. Anzi, una Dominatrice.
Non si sarebbe mai aspettata di essere così simile a Nyi,
non in una cosa così profonda e intima. Da un certo punto di
vista, quel dettaglio la spaventava. Suo padre le aveva ribadito
più volte che non sempre la prole di un mago era capace di
esercitare l’arte arcana, così come non era
impossibile che da un uomo perfettamente normale nascesse un bambino
con il dono della magia, ma non aveva mai accennato nulla al fatto che
ci potesse essere una discordanza tra il potere dei genitori e quello
dei loro figli.
E poi c’era Zefiro. L'amico non avrebbe mai accettato di
lasciarla partire così. Lo aveva visto nei suoi occhi, nella
determinazione con cui aveva risposto a Nyi. Non avrebbe mai creduto
che sarebbe stato in grado di imporsi in quel modo: ci voleva coraggio
per opporsi alla decisione di un mago, e di coraggio Zefiro ne aveva
ben poco, o almeno così aveva sempre creduto.
Si tirò su a sedere e si passò una mano sul
volto, inspirando profondamente. Non aveva voglia di pensare a
ciò che era accaduto, né tanto meno soffermarsi
su quello che sarebbe stato il suo futuro che, adesso si rendeva conto,
non era mai stato più certo di così. Eppure non
riusciva a esserne felice, non quanto avrebbe voluto.
Si allungò verso la sacca ed estrasse il libro che avevano
trovato nella biblioteca. Cominciò a sfogliarlo, cercando di
concentrare la sua attenzione sulle bellissime immagini che occupavano
intere pagine e decoravano le lettere di ogni inizio paragrafo. Aveva
sempre amato leggere. Pensandoci ora, era una cosa abbastanza ovvia,
suo padre non aveva fatto altro che raccontarle storie fin da
piccolissima e lei si divertiva spesso a inventarne di proprie. Era il
suo modo per isolarsi dalla realtà e sognare di essere
qualcun altro, immergendosi nelle avventure di cavalieri, principesse e
impavidi eroi. Ora però faticava a rimanere attenta e le
frasi scorrevano sotto i suoi occhi senza trasmetterle nulla, nemmeno
il loro significato più superficiale.
Alla fine, con un sospiro frustrato, scivolò sul bordo del
materasso, decisa ad alzarsi e andare a farsi un giro in
città. Restare chiusa tra quelle quattro mura rischiava di
farla impazzire e la sola idea di dover incontrare Zefiro la metteva a
disagio. Non era ancora capace di usare una magia di trasporto, ma era
sicura che sarebbe bastato fare un po’ di attenzione a non
farsi scoprire mentre sgattaiolava fuori.
Saltò giù dal letto e, tutta presa dai suoi
pensieri di fuga, non si rese conto che la porta si era aperta. Sulla
soglia apparve Zefiro, il volto arrossato dal pianto e lo sguardo
affranto, con le ciglia che trattenevano appena le lacrime. Melwen si
irrigidì e abbassò il capo, rifiutandosi di
guardarlo. Non voleva, non ce la faceva, non se la fissava in quel
modo.
Zefiro percorse la distanza che li separava lentamente, strascicando i
piedi sul pavimento, senza mai staccarle gli occhi di dosso.
La bambina attese, immobile, pronta a sentirsi rivolgere le peggiori
offese, ma inaspettatamente non accadde nulla di tutto ciò.
Zefiro l’avvolse in un abbraccio così forte da
mozzarle il fiato, le sue mani le stringevano le spalle intrappolandola
contro il suo petto, che non tardò a scuotersi in preda ai
singhiozzi. Era di mezza testa più alto di lei e Melwen
poteva sentire il suo cuore che batteva impazzito contro il suo
orecchio.
- Non andare via… - la supplicò affranto.
- Zefiro, non posso restare, lo sai. -
Il bambino si allontanò il necessario per poterla osservare
in viso.
- Ho capito che per te sarebbe una buona cosa, è solo
che… non mi va di perderti. -
- Oh, ma non accadrà. - lo rassicurò, facendolo
sedere sul letto, - Ti scriverò tutti i giorni e prometto
che verrò a trovarti spesso, così potremo giocare
assieme. -
- Hai già deciso che andrai con Nyi. - esalò
triste.
Melwen si grattò nervosamente la nuca, cercando le parole
giuste, ma queste le sfuggivano prima che lei potesse anche solo
provare a metterle in ordine. Quindi spostò il libro e si
sedette vicino a lui, allungando le gambe fin dove poté, nel
vano tentativo di scaricare la tensione e l’angoscia che
sentiva addosso.
- Sento che è la mia occasione, per quanto sia difficile e
mi faccia paura. - ammise, strusciando il piede sul pavimento, - Voglio
conoscere il mondo, scoprire i suoi misteri. Desidero imparare la magia
per poter essere d'aiuto in qualche modo, ma se rimango qui... -
sospirò, - Non mi va di lasciarti, Zefiro, ne abbiamo
passate tante noi due, però... -
- Potremmo viaggiare insieme. - suggerì lui con un sorriso
incerto.
- Ah, non so se Myria te lo permetterebbe. - sbuffò
divertita.
- Dopo avermi nascosto che stavano cercando un mago per
farti… beh, quello che ti hanno fatto, non voglio
più parlarle, almeno per un po’. -
- Già, soprattutto visto che hanno deciso tutto alle nostre
spalle. - si lasciò cadere distesa sul letto, - Non credo
che cambieranno idea. -
- Tu di certo non ti sei ribellata, eh… -
- Ascolta, lì per lì non avevo voglia di
litigare. - si stropicciò gli occhi e trasse un profondo
respiro, - Ho sempre sognato di diventare una maga, come mio padre, e
adesso che me ne si offre la possibilità non voglio
rifiutarla. Ma da un lato, se questo significa separarmi da
te… non suona più tanto entusiasmante, ecco. -
Vide Zefiro tirare su col naso e asciugarsi le lacrime con il dorso
della mano. Tremava ancora, ma si era calmato.
- Posso provare a parlare con Nyi per vedere se puoi venire con noi.
Insomma, anche se porta bene i suoi anni, ha una certa
età… - provò Melwen.
- Lo faresti davvero? -
- Certo. Annessa alla scuola di magia, a Sershet
c’è l’accademia militare.
Così potremo entrambi realizzare i nostri sogni. -
- Ma Nyi ha detto che vuole addestrarti lui. - obiettò.
- Nyi può dire quello che gli pare e piace, ma sa che il
posto più sicuro è proprio l’accademia.
Hanno deciso di mandarmi via d’Alabastria perché
dicono che qui è pericoloso. Bene, ora come ora Sershet
è il posto più inespugnabile che esista e offre
la miglior istruzione in materia di magia. Magari gireremo un
po’ e poi andremo lì o viceversa. In ogni caso,
comunque, dovrò fare l’accademia. -
- E non ti darà fastidio avermi intorno? -
- Scherzi? -
- Sicura? -
Davanti al suo viso speranzoso, Melwen avvertì
l’impulso di sorridere.
- Sicura, sicura. - giurò e poi insieme scoppiarono in una
risata lunga e liberatoria, che disperse l’angoscia e
cancellò l’inquietudine.
Quando finalmente si calmarono, avevano entrambi le lacrime agli occhi
e il respiro spezzato, le guance rosse non più per la
tristezza, ma per la gioia.
- Piuttosto, ho visto che hai cominciato a leggere il libro. Hai
trovato qualcosa di interessante? -
Melwen scosse la testa e si girò per prenderlo: - No, niente
di che, sembra un semplice racconto per bambini, anche se devo dire che
i disegni sono davvero meravigliosi. -
- Sì, è vero. - concordò Zefiro,
allungandosi per vedere meglio, - Chissà quanto tempo ci
avrà messo l’autore a farli tutti! -
- Sicuramente molto. È stata davvero una fortuna che si
siano preservati così bene. -
Melwen sfiorò con la punta delle dita il ritratto della
regina Titania, percorrendo la linea della matita lungo che
tratteggiava la mandibola e il collo di cigno. Era stata ritratta con
grande cura, prestando attenzione a qualsiasi dettaglio, come se
l’autore avesse davvero avuto davanti la sovrana.
- Però tu non sei convinta che sia solo una favola per
bambini, giusto? -
La domanda, posta con genuina naturalezza, sorprese Melwen, che, ancora
una volta, si ritrovò a chiedersi come facesse il suo amico
a interpretare con tanta facilità i suoi pensieri.
- Dai, non fare così, te lo si legge in faccia che non sei
convinta! - scherzò lui, puntellandosi sui gomiti.
- Non lo so, è come se… se ci fosse qualcos'altro
nascosto in queste pagine. Io non credo nel caso e, viste le
circostanze, sono portata a pensare che questo libro ci sia capitato
tra le mani per un motivo, ma mi sfugge quale sia. -
Davanti all’espressione perplessa di Zefiro, Melwen emise un
lamento frustrato. Aveva avuto la stessa sensazione anche quando Baldur
le aveva rivelato che Airis era morta. Razionalmente sapeva che non
c’era ragione di dubitare delle parole del nano, che le
lacrime che aveva versato per il Cavaliere del Lupo erano tutto
fuorché finte, eppure c’era una parte di lei che
non si era mai rassegnata all’idea che invece fosse
sopravvissuta. Il dubbio la mordeva nel profondo, implacabile, e non
riusciva a ignorarlo.
- Melwen? - la richiamò Zefiro.
La bambina si rese conto di essere rimasta imbambolata a fissare il
vuoto. Il suo amico la osservava, rifletteva, forse nel tentativo di
capire cosa le passasse per la testa. Alla fine, Zefiro si mise a
sedere a gambe incrociate e la fronteggiò serio.
- È come con Airis? -
- Sì, una cosa del genere. - confermò lei.
- Beh, ci vorrà del tempo prima della partenza. Fino ad
allora possiamo vedere se troviamo qualcosa in biblioteca.
L’hai detto tu che nei libri c’è la
soluzione a ogni problema, no? -
- Io dico un sacco di cose. - anche Melwen si tirò su e
sospirò, - Davvero mi credi? -
- Perché non dovrei? Tu sei quella intelligente, e sei pure
una maga. -
- Sono anche la più spericolata. - puntualizzò
ridacchiando.
- Questo è appurato, ormai lo sanno anche i sassi che sei un
tornado attira guai. - prese un bel respiro e la scrutò
intensamente, - Io ti credo, Melwen. Siamo amici, e se non ti dessi
fiducia io chi te la dovrebbe dare? -
- Hai ragione. - gli tirò un pugno sulla spalla e si
alzò in piedi, - Dai, andiamo a vedere se
c’è qualcos’altro
d’interessante nella biblioteca personale di Nordri. -
- Adesso? Dopo quello che abbiamo combinato oggi, non mi sembra il
caso… -
- Non fare il fifone. Ti ricordo che a noi piace andare
all’avventura. - ghignò.
- A te, forse. Io preferisco rimanere al calduccio a casa. -
Melwen aprì la porta e lo trascinò in corridoio
quasi di peso, coinvolgendolo in una risatina complice.
L’aria era permeata dal profumo intenso della carne arrostita
del cappone, accompagnato dall'aroma speziato delle mandorle tostate e
quello salmastro della zuppa di pesce. Presto la cena sarebbe stata
pronta, ma a loro non importava: intrufolarsi di nascosto in luogo
proibito era molto più emozionante.