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Autore: Himenoshirotsuki    24/02/2017    5 recensioni
[Seguito di "Fuoco nelle Tenebre"] [La stori è un pausa un mesetto, ma non sospesa. Finisco Fighting Fire e riprendo ad aggiornare!]
Dopo gli ultimi eventi, il destino di Esperya sembra ancora più incerto. Lyssandra muove i fili da dietro le quinte, Mirya e i bambini sono rintanati ad Alabastria, mentre Ledah è stato catturato. Sembra che il ritorno di Aesir e della sua era dell'oscurità sia inevitabile, ma c'è ancora qualcuno che si oppone, qualcuno che ha pagato un prezzo di sangue per diventare ciò che è. Con un nuovo corpo e un solo anno a disposizione, Airis dovrà adempiere al suo compito di Guardiano affinchè i drow e il dio dell'oscurità non facciano di nuovo piombare Esperya in un caos di morte e distruzione.
Battaglia dopo battaglia, incontro dopo incontro, in un lungo viaggio attraverso lande desolate e città e regni meravigliosi, Airis scoprirà così i dettagli di una macchinazione destinata a cambiare le sorti del mondo, ma, soprattutto, la verità sul suo passato, una verità che potrebbe distruggerla.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Guardiani'
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Fuoco 2

4

Il Segreto tra le Pagine

Fin da piccolo, Zefiro era sempre stato un bambino tranquillo. Non amava andare in giro per Amount-vinya a combinare guai come la maggior parte dei suoi coetanei, ma passava la maggior parte del suo tempo a camminare per i boschi o sulle mura della città, osservando curioso e meravigliato il lavoro svolto dalle guardie. All’inizio sua madre non era stata molto d’accordo che rimanesse per ore lontano da casa. Se le mura di Amount-vinya erano molto vicine e sicure, girare nei prati e nella boscaglia attorno alla città costituiva invece un motivo di preoccupazione. Erano dovuti trascorrere circa sei mesi perché Mirya si abituasse all’idea e smettesse di lanciargli quelle occhiate di rimprovero che Zefiro odiava. Con l’aiuto di Alan, la donna si era rasserenata e, anzi, dopo un po’ di tempo aveva preso a fare delle domande al figlio, su cosa avesse visto nel bosco, su che strada avesse preso per arrivare alla collinetta delle rose o se avesse incontrato qualcun altro durante le sue passeggiate.
Conscio di quanto fosse costato alla madre concedergli quella libertà, Zefiro aveva fatto di tutto per non farla mai preoccupare: cercava di non sparire per lungo tempo e, per quanto possibile, si sforzava di tenerla sempre informata su dove fosse, magari scambiando due parole con quella chiacchierona della pescivendola o passando a prendere una focaccina dal panettiere in piazza.
Tuttavia, un giorno si inoltrò un po’ troppo nel bosco e tornò a casa ben oltre l’orario di cena. Fu in quell’occasione che vide per la prima volta sua madre arrabbiata. Le guardie e i vicini l’avevano fissato con rimprovero mentre camminava a testa bassa verso di lei, che, da quando lo aveva visto entrare, non aveva mai distolto lo sguardo dal suo, gli occhi arrossati pieni di lacrime e le labbra storte in una smorfia che lo spaventò. Lo schiaffo che gli diede non fu forte, ma bastò quel gesto e la sua espressione delusa a farlo scappare in camera prima di scoppiare in lacrime. Pianse per ore, con la faccia affondata nel cuscino, le dita che artigliavano la federa bagnata e il senso di colpa che gli serrava lo stomaco in una stretta così dolorosa da togliergli il fiato. Quando finalmente Myria era venuta da lui, era già notte fonda e il sonno era già sopraggiunto da molto. Probabilmente era stato il cigolio della porta a riscuoterlo, o forse era solo un’impressione dettata dalla stanchezza ad avergli donato una percezione distorta della realtà. Così Zefiro era rimasto immobile mentre sua madre, seduta sulla sedia accanto al letto, cominciava ad accarezzargli la testa e a dirgli quanto gli voleva bene. L’aveva ripetuto a lungo con la voce resa tremante dai singhiozzi, un sussurro pieno d’amore che lo aveva cullato, accompagnandolo nel torpore del sonno. Il giorno dopo, nessuno dei due aveva fatto menzione di quello che era accaduto. Si erano limitati ad abbracciarsi un po’ più del solito, a godersi l’uno la presenza dell’altra. Poi Zefiro si era staccato ed era corso fuori, dirigendosi verso le mura cittadine, nella mano sinistra il sacchetto con un panino al latte e nel cuore la promessa che non sarebbe mai più stato la causa delle lacrime di sua madre.
Aveva otto anni all'epoca, quando aveva giurato che non l’avrebbe più fatta soffrire. Eppure, in quel momento, sentiva come se il tempo non fosse mai passato. Myria spostava lo sguardo gelido da lui a Melwen. Nordri e Baldur si erano tenuti in disparte, ma la disapprovazione era dipinta chiaramente sui loro volti. Nyi, il mago che li aveva salvati, era appoggiato al muro con il cappuccio ben calcato sul volto.
Era stata la questione di un istante: un momento prima si trovavano nell'antica Alabastria e una casa stava crollando loro addosso, poi una luce accecante li aveva avvolti ed erano riapparsi lì, nella camera di Nordri. Sua madre era corsa loro incontro e, scossa dai singhiozzi, li aveva abbracciati fortissimo. Zefiro aveva sperato che non sarebbe accaduto nulla, che forse avrebbero avuto tempo e modo di inventarsi una scusa sul perché si fossero addentrati in quei vecchi ruderi, però Myria si era alzata e si era allontanata troncando ogi tentativo di spiegazione. Allora Zefiro aveva capito che stavolta l’aveva combinata davvero grossa.
L’unico che pareva distaccato era Nyi, assorto nella lettura di un libro dalla copertina consunta, uno dei tanti che costituivano la libreria personale di Nordri.
- Come avete fatto a entrare nella parte vecchia della città? - li interrogò Mirya severa, come la linea dritta ed esangue in cui aveva serrato le labbra.
Zefiro fremette e Melwen gli strinse la mano, trasmettendogli coraggio e sostegno. Eppure, nonostante l'amica fosse accanto a lui, Zefiro avvertiva un grande peso sulle spalle, un senso di colpa schiacciante che smembrava le parole prima che riuscisse ad articolarle. Chinò la testa, improvvisamente interessato alle venature del pavimento di legno, e si sforzò di spiegare.
- Abbiamo… abbiamo usato la magia. - balbettò.
- E come facevate a sapere dove si trovasse l’ingresso ovest? Solo le guardie e pochi altri conoscono quell’entrata. - intervenne Baldur.
- L'ho vista in uno dei libri di Nordri. - la voce di Melwen tremava, così come le sue ginocchia, - Non è stata colpa di Zefiro, è stata tutta una mia idea. Mi annoiavo e ho letto che c’era questa immensa biblioteca nella città sotterranea e così ho pensato che sarebbe stato divertente… -
- Divertente?! Ma vi rendete conto che stavate per morire! - sbottò il nano.
Avanzò verso di loro, la sua figura bassa e tozza che si stagliava contro la luce facendolo sembrare più alto, più imponente, tant’è che persino Myria rimase impietrita.
- Baldur, per favore… -
- Myria, non dirmi di tacere. Non possono passarla liscia, devono comprendere la gravita di ciò che hanno fatto. - dichiarò duro e si avvicinò a loro così tanto, che Zefiro poté sentire il suo respiro sul collo.
- Cosa vi è passato per la testa? Lo sapevate che era proibito scendere là sotto perché era pericoloso. Maledizione! Se non fosse stato per Nyi, a quest’ora non avremmo nemmeno dei corpi da seppellire. -
- Sì, lo so, ma… -
Baldur sbatté il pugno sul tavolo e la bambina sussultò spaventata.
- Hai parlato abbastanza. - ringhiò, gli occhi ridotti a due strette fessure.
Alternò lo sguardo da lei a Zefiro, la mascella contratta sotto la barba rossiccia, poi lanciò un'occhiata di fuoco a Nordri.
- Nordri, mi sai dire per quale maledetto motivo Bryonia non era lì di guardia? - indagò.
Il padrone di casa sospirò e si versò un altro bicchiere di idromele. Le rughe, che sprofondavano nella pelle assieme alla cicatrice orizzontale che gli sfregiava il viso dalla guancia all’orecchio, accentuavano ulteriormente l’espressione cupa. Rimase in silenzio per un tempo che a Zefiro parve un’eternità, gli occhi socchiusi persi in chissà quali pensieri.
- L’ho trovata sbronza assieme a Sinar e Mali nella locanda di Keli in piazza Spada. - riferì in tono dimesso.
Osservò il riflesso dorato dell’alcolico in controluce. Era già il quarto che beveva, ma sulle sue guance non c’era nemmeno l’ombra del rossore dell’ubriachezza.
 - Lo so che non sarebbe dovuto accadere, ma mi sembra che tu stia esagerando, Baldur. I bambini stanno bene e hanno imparato la lezione, rimproverarli ulteriormente non cambierà le cose. -
- Esatto, hanno capito la lezione. - Myria corse da Melwen e Zefiro e li strinse entrambi a sé.
- Siete troppo indulgenti. - borbottò il nano, scuotendo il capo.
La donna si frappose tra lui e i bambini, l’espressione battagliera sul viso che faceva a pugni con gli occhi arrossati e i capelli scarmigliati, sfuggiti dalla presa della treccia e delle forcine. Percependo la sua mano che gli accarezzava la schiena, Zefiro si sentì al sicuro, protetto.
Dopo un lungo momento in cui tutti trattennero il respiro, Baldur si arrese, ma solo quando andò a sedersi al tavolo il bambino osò tirare un sospiro di sollievo. Sapeva che il nano non avrebbe mai fatto del male a nessuno di loro, però non poteva negare di aver avuto paura quando in fondo alle pupille aveva scorto una luminescenza fredda, furiosa, una rabbia a stento trattenuta.
Quando la madre gli rivolse un incerto sorriso rassicurante, rimase fermo, finché non la vide allontanarsi per prendere posto al tavolo, la mano ancora stretta attorno a quella di Melwen, che non accennava ad alzare la testa. L'amica tremava e, anche se non riusciva a scorgere il viso dietro quella matassa di riccioli, Zefiro sapeva che si stava sforzando per non lasciare campo libero alle lacrime.
In quel silenzio interrotto solo dai sussurri sommessi delle cameriere che preparavano il pranzo, il bambino non sapeva cosa fare per consolare Melwen, per farle capire che non era colpa sua, perché lui le era andato dietro.
- Zefiro, Melwen, venite qui. -
L'esortazione pacata di Nordri li riscosse. Zefiro tirò il braccio dell’amica e la condusse fino al tavolo di noce dove avevano preso posto tutti a parte Nyi, che era rimasto appoggiato al muro durante tutta la discussione. Il cappuccio del mantello gli copriva il volto, ma il bambino poteva percepire il suo sguardo sulla pelle, anche se qualcosa gli diceva che non era davvero lui l’oggetto delle sue attenzioni. Istintivamente, rinserrò la stretta attorno alla mano di Melwen.
- Signori, vorrei presentarvi una persona. - cominciò il padrone di casa, ma venne subito interrotto da Baldur.
- Niente formalismi, abbiamo perso già abbastanza tempo. - brontolò, evidentemente infastidito dal tono quasi reverenziale usato da Nordri, - Chiediamo quel che dobbiamo chiedere a questo Lancia-incantesimi e risolviamo la questione. -
- Elltida travlet, dwarv. - sorrise Nyi, chiudendo il libro che stava leggendo e riponendolo sullo scaffale.
La sua voce aveva un timbro baritonale, profondo, che mal si sposava alla bassa statura e alle spalle strette che si intravedevano da sotto il mantello.
A quelle parole, il nano gli rivolse uno sguardo di fuoco: - Non ti rivolgere a me chiamandomi in quel modo, gnometto. -
- Non serve scaldarsi, non sono qui per litigare. - replicò tranquillo Nyi, - E comunque non è di certo con te che desidero parlare. -
Si fece avanti senza nessuna esitazione, fece il giro del tavolo e si inchinò in modo quasi aristocratico di fronte a Melwen.
- Sei davvero la figlia di Copernico. - la fissò intensamente, la tristezza che traspariva dalle sue parole, - Mi dispiace moltissimo per quello che è accaduto alla tua famiglia, non oso immaginare quanto debba essere stato difficile per te. -
Al sentir pronunciare il nome del padre la bambina si irrigidì, ma Nyi parve non accorgersene.
- Lo conoscevo molto bene: durante il periodo in cui abbiamo frequentato l’accademia siamo stati molto amici, poi però abbiamo preso strade diverse e non ci siamo più incontrati. - proseguì e con delicatezza le poggiò la mano sulla spalla, - Mi dispiace davvero che abbia fatto quella fine. Io… -
- N-non è carino parlare a qualcuno nascondendo la faccia. - lo interruppe Zefiro, - Insomma… non è molto cortese da parte vostra, ecco. -
Una smorfia di disappunto increspò le labbra del mago. Solo allora Zefiro si accorse che una fitta peluria bionda e riccia gli copriva il dorso e le dita dei piedi.
- Avete ragione, chiedo venia per la mia maleducazione. - si allontanò e schioccò le dita.
Il mantello si aprì e volteggiò in aria, piegandosi in modo impeccabile sullo schienale dell’unica sedia rimasta vuota. Ma non fu quella piccola magia a catalizzare l’attenzione dei due bambini. L'essere che si trovarono davanti era in tutto e per tutto simile a un umano, eccetto che per le orecchie a punta. A Zefiro ricordarono lontanamente quelle degli elfi. Era alto quasi quanto loro, forse qualche pollice di meno, con la pelle di un ricco color cannella e i capelli biondi che incorniciavano un viso spigoloso e punteggiato da una leggera barba che gli indorava le guance e il mento. Nonostante la sobria tunica nera e i monili d’argento al collo e alle mani, i suoi occhi incutevano soggezione e un timore reverenziale. Zefiro dovette reprimere l’istinto di allontanarsi. Sebbene lo sguardo del mago non fosse diretto su di lui, si sentiva comunque profondamente a disagio, a differenza di Melwen, che invece lo fissava affascinata.
- A viso scoperto, il vostro cavalier servente si sente più tranquillo? - lo sbeffeggiò apertamente.
- Nyi, non prenderlo in giro. Non è stata una giornata facile per loro. - lo ammonì Nordri, scatenando l’ilarità del mago.
- Non lo stavo prendendo in giro, anzi, chiedevo il suo permesso. Sia mai che tenti di assalirmi con la sua spada di legno.  - si passò una mano sulle labbra piene e lanciò un ultimo sguardo divertito a Zefiro, per poi posare nuovamente lo sguardo su Melwen, - Sappi che mi dispiace davvero per quello che è accaduto. Se posso fare qualcosa per te, io… -
La bambina scosse la testa: - No, non… non ora. Piuttosto, perché Baldur è venuto a cercarvi? -
- Diciamo che c’è una cosa che desidera sapere e io sono l’unico che gliela può rivelare. -
All'improvviso la porta si aprì e Magda, capo della servitù, entrò assieme ad altre due ragazze. In completo silenzio, senza fare quasi rumore, scivolarono verso il tavolo e vi posero un vassoio di dolcetti allo zenzero e cinque pinte di birra scura. Dopo un rapido inchino al padrone di casa, si dileguarono chiudendo la porta alle loro spalle.
Baldur si servì subito, seguito da Nordri, mentre Myria prese un dolcetto alle mandorle caramellate. Osservandola di sottecchi, Zefiro si rese conto che le spalle le tremavano ancora, anche se l’espressione arrabbiata aveva definitivamente abbandonato il suo viso. Quando i loro sguardi si incrociarono, l’ombra di un sorriso le sfiorò le labbra e la mano si strinse forte attorno alla sua, come per infondergli forza.
A quel punto, Nyi riprese il discorso: - Sono l’unico a poter dire a questi gentili signori in che stato è la tua magia, fino a che livello si è sviluppata e quanto ancora potrà crescere. -
- Cosa? Riuscireste a capirlo? - Melwen lo squadrò sorpresa, - Mio padre mi aveva detto che c’era un modo, ma ha anche aggiunto che… -
- Che bisogna che l'esaminatore conosca a fondo il paziente. - completò il mago, - Sì, di solito è così, ma ci sono alcune persone, come il sottoscritto, che non si fanno fermare da certe piccolezze. -
- Vedi, Melwen, Nyi è un mago estremamente potente, un cosiddetto Dominatore, capace di manipolare l’energia elementale a proprio piacimento. Se si avvalesse della magia del sangue, potrebbe captare la tua traccia magica per capire cosa sei. - le disse Nordri.
Notando l’espressione sconcertata sul viso della ragazzina e lo sguardo truce che Baldur gli aveva rivolto, il mago si affrettò a spiegare: - Non è niente di proibito, è solo il nome che è di pessimo gusto. Semplicemente, sfrutterò la componente liquida presente nel tuo sangue per mappare le vene, le arterie e i capillari. È la base del potere di un qualsiasi Dominatore avvalersi della componente elementale dell’universo per lanciare incantesimi. -
- La componente elementale? Cioè? - si intromise Myria, curiosa e intimorita.
- È un concetto un po’ complicato da spiegare a chi è estraneo al mondo della magia. Vi basti sapere che esistono due categorie di maghi: quelli come me traggono forza dagli elementi, mentre gli Arcanes si sincronizzano con l’energia intrinseca del mondo. -
- Mio padre era come voi? - domandò titubante Melwen.
- No, tuo padre era un Arcanes. Uno dei più potenti che abbia mai avuto la fortuna di conoscere. - Nyi strinse le labbra e serrò le palpebre per ricacciare indietro le lacrime, - In ogni caso, non sarà niente di invasivo, se è questo che ti preoccupava. -
La bambina assentì, ma il nervosismo non accennava ad abbandonarla. Continuava a spostare lo sguardo dal mago e Nordri, da Nordri a Nyi, a volte con qualche deviazione in direzione della porta. Era spaventata, confusa e, anche se non poteva scorgere l’espressione sul suo viso, Zefiro riusciva percepire la tensione attraverso i suoi palmi sudati.
- Sarà un processo doloroso? -  s'interessò, anticipando la compagna.
- Dipende. - un dolcetto si adagiò tra le mani del mago, che l’addentò, - Il mio potere di Dominatore si affida alla magia elementale. Fuoco, acqua, terra e aria sono le componenti essenziali di tutti gli incantesimi, siano essi appartenenti alla cosiddetta scuola bianca o scuola nera. Si potrebbe dire che la mia è una magia molto più primordiale e grezza rispetto a quella di tuo padre. che al contrario era un mago nel senso più classico del termine, nonché grande sostenitore della teoria secondo cui… -
- Arriva al dunque, Lancia-incatesimi, non ti abbiamo invitato qui per una dissertazione accademica. - lo interruppe Baldur con un tono che a malapena celava l’irritazione.
In risposta, Nyi levò gli occhi al cielo con un sospiro esasperato e Zefiro dovette fare un grande sforzo di volontà per trattenere una risata. Quel mezzo uomo non gli piaceva e vederlo incassare in quel modo gli procurava una certa soddisfazione.
- Come stavo tentando di spiegare, - lanciò un’occhiata truce al nano, - c’è una teoria secondo cui l’energia elementale sta alla base di tutto l’universo, è la forza generatrice di ogni singola forma di vita esistente, dalle più semplici alle più complesse. Col trascorrere dei secoli e dei millenni, le tracce di questa magia sono diventate sempre più rare, a parte in alcune razze che invece le mantengono vive con il continuo esercizio. Ora, Copernico era un mezzosangue, quindi è più che lecito pensare che tu abbia ereditato la sua stessa forza. Se così fosse, sarei molto felice di prenderti sotto la mia ala per allenarti. - terminò, scrutando Melwen con un sorriso gentile.
Zefiro sussultò.
“Allenarla? Significa che la porterà via e che non ci rivedremo mai più?”
La paura gli artigliò le viscere e divenne un dolore quasi fisico quando vide lo sguardo della sua amica completamente rapito, affascinato dalle parole di Nyi.
- Dovrò lasciare Albastria? - mormorò la bambina.
- Lo so che non è facile, ma è la cosa migliore. -
- Esatto. - confermò Nordri, sorseggiando la sua birra, - Dopo l’attacco a Luthien da parte di quel drago, non penso che tu sia al sicuro qui. -
- Le mura di Alabastria non sono mai crollate, non c’è posto più sicuro di questo. - replicò accorato Zefiro.
Tutti si girarono a guardarlo, compresa Melwen, ma lui non vi badò. Non sapeva dove avesse trovato tutta quella sicurezza, ma si augurò che non si esaurisse troppo in fretta. Quando incontrò lo sguardo penetrante del mago, il suo cuore perse un battito. Tuttavia, prima che potesse fermarsi, le parole gli scapparono di bocca.
- Avete detto che la porterete con voi, ma non pensate che correrebbe troppi rischi girando per Esperya? Soprattutto ora che la guerra si è inasprita, nessun luogo è più sicuro della fortezza nanica del nord. Inoltre, dopo tutto quello che le è accaduto, non penso sia una buona idea portarla via. -
- Anche io la penso come mio figlio. - approvò Myria, - Sapevo che tradizionalmente i maghi adottano fanciulli e fanciulle giovani per iniziarli alla magia, però questo mi pare esagerato. -
- È l’unica soluzione che abbiamo, soprattutto dopo gli eventi dell’ultimo mese. - ribatté Baldur, con una voce che non lasciava spazio a repliche di alcun genere.
Myria si chetò e intrecciò le mani in grembo, combattuta.
Calò un silenzio saturo di tensione. Le occhiate eloquenti dei tre adulti continuarono quel dialogo muto da cui i due bambini erano esclusi. Per un lungo minuto nessuno disse più niente, poi quando la donna trasse un profondo respiro e piegò le labbra in una smorfia amara, Zefiro capì che la decisione era già stata presa.
- È la scelta migliore, Melwen. - esordì Nordri, - Nyi è un ottimo mago e, da quello che mi ha detto, anche se non avessi le qualità che cerca, sarebbe disposto a prenderti con sé per portarti da un suo amico a Sershet, dove potrai imparare un lavoro. -
- E se invece mi dimostrassi valida? - domandò.
- In quel caso, diventeresti la mia apprendista. Ti insegnerei a padroneggiare il tuo potere se fosse simile al mio, oppure ti affiderei alle gentili cure dell’accademia di magia della capitale. - rispose Nyi, - Se mi permetterai di controllare, ricercherò attraverso la magia del sangue quelle tracce e vedrò quanto grande è il tuo potenziale. Potranno farlo i tuoi futuri insegnanti, ma preferisco occuparmene di persona, giusto per avere la sicurezza di non perdermi un possibile allievo. -
- Ma non è giusto! - protestò Zefiro, - Non potete obbligarla ad andarsene, lei… -
L’improvvisa stretta di mano della sua amica lo mise a tacere e, quando si girò a guardarla, si accorse che sorrideva, un sorriso accondiscendente che fu come una coltellata al petto.
- Non ti preoccupare, hanno ragione. Loro sono adulti, sanno quello che è meglio per noi. - lo rincuorò.
- Ma… -
- Zefiro, basta. - lo gelò.
Senza aggiungere altro, scese dalla sedia e si avvicinò a Nyi: - Puoi già controllare? -
Il mago annuì.
- Sarà una cosa veloce? -
- Sì, questo sì. - le posò le mani sulle spalle, - Ora chiudi gli occhi e rilassati. -
La bambina obbedì. Per i dieci minuti a seguire nessuno parlò, tutti concentrati su di loro. Zefiro rimase buono, anche se avrebbe davvero voluto rintanarsi in camera a piangere. Si sentiva messo da parte, ferito dal comportamento della sua amica e tradito dal silenzio della madre. Nonostante sapesse che la partenza di Melwen era la cosa più logica, poiché le avrebbe assicurato un futuro lontano dai pericoli della guerra, il pensiero di non vederla più, di perdere la sua amicizia, gli faceva male. Sperò fino alla fine che Nyi non trovasse niente di speciale in lei e, seppure fosse ben conscio che quella era solo una stupida speranza, una sensazione di gelo gli chiuse la gola quando le labbra del mago si arcuarono in un ampio sorriso.
Il mondo esterno, con i suoi suoni e i suoi colori, si sfaldò fino a svanire. Zefiro smise di percepire le carezze sulla schiena di sua madre e le goffe pacche consolatorie di Baldur, ed ebbe quasi l'impressione di sprofondare. Solo dopo qualche minuto, quando vide Melwen sparire oltre la soglia con la sacca a tracolla, trovò la forza di seguirla.
 
Non appena entrò nella sua stanza, Melwen si lasciò cadere sul letto ad occhi chiusi. Sentiva ancora il rimbombo del battito del suo cuore nelle orecchie e nella testa i pensieri si affastellavano veloci e caotici, senza che lei riuscisse davvero a prenderne in considerazione nemmeno uno. Si sentiva euforica. Nyi le aveva detto che la sua magia non solo era perfettamente sviluppata, ma che possedeva anche tutte le doti per diventare un’ottima maga. Anzi, una Dominatrice.
Non si sarebbe mai aspettata di essere così simile a Nyi, non in una cosa così profonda e intima. Da un certo punto di vista, quel dettaglio la spaventava. Suo padre le aveva ribadito più volte che non sempre la prole di un mago era capace di esercitare l’arte arcana, così come non era impossibile che da un uomo perfettamente normale nascesse un bambino con il dono della magia, ma non aveva mai accennato nulla al fatto che ci potesse essere una discordanza tra il potere dei genitori e quello dei loro figli.
E poi c’era Zefiro. L'amico non avrebbe mai accettato di lasciarla partire così. Lo aveva visto nei suoi occhi, nella determinazione con cui aveva risposto a Nyi. Non avrebbe mai creduto che sarebbe stato in grado di imporsi in quel modo: ci voleva coraggio per opporsi alla decisione di un mago, e di coraggio Zefiro ne aveva ben poco, o almeno così aveva sempre creduto.
Si tirò su a sedere e si passò una mano sul volto, inspirando profondamente. Non aveva voglia di pensare a ciò che era accaduto, né tanto meno soffermarsi su quello che sarebbe stato il suo futuro che, adesso si rendeva conto, non era mai stato più certo di così. Eppure non riusciva a esserne felice, non quanto avrebbe voluto.
Si allungò verso la sacca ed estrasse il libro che avevano trovato nella biblioteca. Cominciò a sfogliarlo, cercando di concentrare la sua attenzione sulle bellissime immagini che occupavano intere pagine e decoravano le lettere di ogni inizio paragrafo. Aveva sempre amato leggere. Pensandoci ora, era una cosa abbastanza ovvia, suo padre non aveva fatto altro che raccontarle storie fin da piccolissima e lei si divertiva spesso a inventarne di proprie. Era il suo modo per isolarsi dalla realtà e sognare di essere qualcun altro, immergendosi nelle avventure di cavalieri, principesse e impavidi eroi. Ora però faticava a rimanere attenta e le frasi scorrevano sotto i suoi occhi senza trasmetterle nulla, nemmeno il loro significato più superficiale.
Alla fine, con un sospiro frustrato, scivolò sul bordo del materasso, decisa ad alzarsi e andare a farsi un giro in città. Restare chiusa tra quelle quattro mura rischiava di farla impazzire e la sola idea di dover incontrare Zefiro la metteva a disagio. Non era ancora capace di usare una magia di trasporto, ma era sicura che sarebbe bastato fare un po’ di attenzione a non farsi scoprire mentre sgattaiolava fuori.
Saltò giù dal letto e, tutta presa dai suoi pensieri di fuga, non si rese conto che la porta si era aperta. Sulla soglia apparve Zefiro, il volto arrossato dal pianto e lo sguardo affranto, con le ciglia che trattenevano appena le lacrime. Melwen si irrigidì e abbassò il capo, rifiutandosi di guardarlo. Non voleva, non ce la faceva, non se la fissava in quel modo.
Zefiro percorse la distanza che li separava lentamente, strascicando i piedi sul pavimento, senza mai staccarle gli occhi di dosso.  La bambina attese, immobile, pronta a sentirsi rivolgere le peggiori offese, ma inaspettatamente non accadde nulla di tutto ciò. Zefiro l’avvolse in un abbraccio così forte da mozzarle il fiato, le sue mani le stringevano le spalle intrappolandola contro il suo petto, che non tardò a scuotersi in preda ai singhiozzi. Era di mezza testa più alto di lei e Melwen poteva sentire il suo cuore che batteva impazzito contro il suo orecchio.
- Non andare via… - la supplicò affranto.
- Zefiro, non posso restare, lo sai. -
Il bambino si allontanò il necessario per poterla osservare in viso.
- Ho capito che per te sarebbe una buona cosa, è solo che… non mi va di perderti. -
- Oh, ma non accadrà. - lo rassicurò, facendolo sedere sul letto, - Ti scriverò tutti i giorni e prometto che verrò a trovarti spesso, così potremo giocare assieme. -
- Hai già deciso che andrai con Nyi. - esalò triste.
Melwen si grattò nervosamente la nuca, cercando le parole giuste, ma queste le sfuggivano prima che lei potesse anche solo provare a metterle in ordine. Quindi spostò il libro e si sedette vicino a lui, allungando le gambe fin dove poté, nel vano tentativo di scaricare la tensione e l’angoscia che sentiva addosso.
- Sento che è la mia occasione, per quanto sia difficile e mi faccia paura. - ammise, strusciando il piede sul pavimento, - Voglio conoscere il mondo, scoprire i suoi misteri. Desidero imparare la magia per poter essere d'aiuto in qualche modo, ma se rimango qui... - sospirò, - Non mi va di lasciarti, Zefiro, ne abbiamo passate tante noi due, però... -
- Potremmo viaggiare insieme. - suggerì lui con un sorriso incerto.
- Ah, non so se Myria te lo permetterebbe. - sbuffò divertita.
- Dopo avermi nascosto che stavano cercando un mago per farti… beh, quello che ti hanno fatto, non voglio più parlarle, almeno per un po’. -
- Già, soprattutto visto che hanno deciso tutto alle nostre spalle. - si lasciò cadere distesa sul letto, - Non credo che cambieranno idea. -
- Tu di certo non ti sei ribellata, eh… -
- Ascolta, lì per lì non avevo voglia di litigare. - si stropicciò gli occhi e trasse un profondo respiro, - Ho sempre sognato di diventare una maga, come mio padre, e adesso che me ne si offre la possibilità non voglio rifiutarla. Ma da un lato, se questo significa separarmi da te… non suona più tanto entusiasmante, ecco. -
Vide Zefiro tirare su col naso e asciugarsi le lacrime con il dorso della mano. Tremava ancora, ma si era calmato.
- Posso provare a parlare con Nyi per vedere se puoi venire con noi. Insomma, anche se porta bene i suoi anni, ha una certa età… - provò Melwen.
- Lo faresti davvero? -
- Certo. Annessa alla scuola di magia, a Sershet c’è l’accademia militare. Così potremo entrambi realizzare i nostri sogni. -
- Ma Nyi ha detto che vuole addestrarti lui. - obiettò.
- Nyi può dire quello che gli pare e piace, ma sa che il posto più sicuro è proprio l’accademia. Hanno deciso di mandarmi via d’Alabastria perché dicono che qui è pericoloso. Bene, ora come ora Sershet è il posto più inespugnabile che esista e offre la miglior istruzione in materia di magia. Magari gireremo un po’ e poi andremo lì o viceversa. In ogni caso, comunque, dovrò fare l’accademia. -
- E non ti darà fastidio avermi intorno? -
- Scherzi? -
- Sicura? -
Davanti al suo viso speranzoso, Melwen avvertì l’impulso di sorridere.
- Sicura, sicura. - giurò e poi insieme scoppiarono in una risata lunga e liberatoria, che disperse l’angoscia e cancellò l’inquietudine.
Quando finalmente si calmarono, avevano entrambi le lacrime agli occhi e il respiro spezzato, le guance rosse non più per la tristezza, ma per la gioia.
- Piuttosto, ho visto che hai cominciato a leggere il libro. Hai trovato qualcosa di interessante? -
Melwen scosse la testa e si girò per prenderlo: - No, niente di che, sembra un semplice racconto per bambini, anche se devo dire che i disegni sono davvero meravigliosi. -
- Sì, è vero. - concordò Zefiro, allungandosi per vedere meglio, - Chissà quanto tempo ci avrà messo l’autore a farli tutti! -
- Sicuramente molto. È stata davvero una fortuna che si siano preservati così bene. -
Melwen sfiorò con la punta delle dita il ritratto della regina Titania, percorrendo la linea della matita lungo che tratteggiava la mandibola e il collo di cigno. Era stata ritratta con grande cura, prestando attenzione a qualsiasi dettaglio, come se l’autore avesse davvero avuto davanti la sovrana.
- Però tu non sei convinta che sia solo una favola per bambini, giusto? -
La domanda, posta con genuina naturalezza, sorprese Melwen, che, ancora una volta, si ritrovò a chiedersi come facesse il suo amico a interpretare con tanta facilità i suoi pensieri.
- Dai, non fare così, te lo si legge in faccia che non sei convinta! - scherzò lui, puntellandosi sui gomiti.
- Non lo so, è come se… se ci fosse qualcos'altro nascosto in queste pagine. Io non credo nel caso e, viste le circostanze, sono portata a pensare che questo libro ci sia capitato tra le mani per un motivo, ma mi sfugge quale sia. -
Davanti all’espressione perplessa di Zefiro, Melwen emise un lamento frustrato. Aveva avuto la stessa sensazione anche quando Baldur le aveva rivelato che Airis era morta. Razionalmente sapeva che non c’era ragione di dubitare delle parole del nano, che le lacrime che aveva versato per il Cavaliere del Lupo erano tutto fuorché finte, eppure c’era una parte di lei che non si era mai rassegnata all’idea che invece fosse sopravvissuta. Il dubbio la mordeva nel profondo, implacabile, e non riusciva a ignorarlo.
- Melwen? - la richiamò Zefiro.
La bambina si rese conto di essere rimasta imbambolata a fissare il vuoto. Il suo amico la osservava, rifletteva, forse nel tentativo di capire cosa le passasse per la testa. Alla fine, Zefiro si mise a sedere a gambe incrociate e la fronteggiò serio.
- È come con Airis? -
- Sì, una cosa del genere. - confermò lei.
- Beh, ci vorrà del tempo prima della partenza. Fino ad allora possiamo vedere se troviamo qualcosa in biblioteca. L’hai detto tu che nei libri c’è la soluzione a ogni problema, no? -
- Io dico un sacco di cose. - anche Melwen si tirò su e sospirò, - Davvero mi credi? -
- Perché non dovrei? Tu sei quella intelligente, e sei pure una maga. -
- Sono anche la più spericolata. - puntualizzò ridacchiando.
- Questo è appurato, ormai lo sanno anche i sassi che sei un tornado attira guai. - prese un bel respiro e la scrutò intensamente, - Io ti credo, Melwen. Siamo amici, e se non ti dessi fiducia io chi te la dovrebbe dare? -
- Hai ragione. - gli tirò un pugno sulla spalla e si alzò in piedi, - Dai, andiamo a vedere se c’è qualcos’altro d’interessante nella biblioteca personale di Nordri. -
- Adesso? Dopo quello che abbiamo combinato oggi, non mi sembra il caso… -
- Non fare il fifone. Ti ricordo che a noi piace andare all’avventura. - ghignò.
- A te, forse. Io preferisco rimanere al calduccio a casa. -
Melwen aprì la porta e lo trascinò in corridoio quasi di peso, coinvolgendolo in una risatina complice. L’aria era permeata dal profumo intenso della carne arrostita del cappone, accompagnato dall'aroma speziato delle mandorle tostate e quello salmastro della zuppa di pesce. Presto la cena sarebbe stata pronta, ma a loro non importava: intrufolarsi di nascosto in luogo proibito era molto più emozionante.

  
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