Capitolo 5 - Là dove tutto è iniziato
"Grazie" disse nel ricevitore, alzando gli occhi e incontrando lo sguardo del Dott.Wyle, fermo sulla porta del suo ufficio.
Sorrise,
guardandolo negli occhi e facendogli segno di entrare. Wyle si sedette di
fronte alla sua scrivania, continuando a guardarla. Una camicetta nera coperta
dal camice bianco, ma non abbastanza da nasconderne completamente la
scollatura. Non poteva sentire la voce dall'altro capo del telefono ma poteva intuire
dai suoi occhi che quella non era una telefonata di lavoro. I suoi occhi
brillavano e il suo sorriso divenne più grande mentre abbassava di nuovo gli
occhi sulla sua scrivania.
"Ti voglio bene anch'io, amore. Fa' il bravo bambino e da' un bacio a Rachel da parte mia, ok?"
La guardò mentre riagganciava, sorridendo a sua volta.
"Quindi, sei
finalmente riuscita a trovare una brava babysitter?" Le chiese.
"La nonna di Gregory" Disse, chiudendo la cartella sulla sua scrivania "Mia... ehm... la madre del mio ex-compagno" Disse, accennando un sorriso e guardando Mike che annuiva.
"Non parli mai di lui" Disse guardandola negli occhi "Non è più nella tua vita né in quella di Gregory, vero?"
Cuddy continuò a guardarlo per un momento prima di scuotere la testa.
"È morto
prima che Gregory nascesse" Disse, guardandolo negli occhi e poi
abbassando di nuovo gli occhi sulla sua scrivania prima di guardarlo ancora.
"Oh... io... scusami... non volevo... davvero, Lisa... scusami" sussurrò guardandola mentre accennava un sorriso e si mordeva leggermente il labbro.
"Ehm... non importa" Rispose "Non preoccuparti. Non potevi saperlo" Disse, appoggiando una mano sulla sua e guardandolo mentre si rilassava a quel gesto.
Sapeva che aveva
una cotta per lei. In realtà tutti in reparto lo sapevano. E piaceva anche a lei. Alto, occhi e capelli
scuri. Era un bell'uomo e una brava persona. Divorziato, ma senza figli.
E qualcosa nel modo in cui le chiedeva sempre di Gregory e Rachel le faceva
pensare che forse gli mancasse il non essere padre. Eppure, non era abbastanza.
A volte pensava che davvero qualcosa non andasse in lei. All'inizio aveva
cercato di convincersi che fosse perché doveva gestire un neonato che assorbiva
tutte le sue energie, e poi perché quello stesso neonato era diventato un
piccoletto che assorbiva anche l'energia che non credeva di avere. Ma dentro di
sé sapeva che non era solo quello. Non voleva, e non poteva, rischiare di
portare di nuovo un uomo nella vita dei suoi figli. Era stata così dura con
Rachel all'inizio. Darle
risposte riguardo alla... ehm... partenza
di House... Era piccola, ma non così
piccola. Eppure, ogni volta che ci pensava sapeva che stava mentendo a
se stessa. Forse doveva solo... lasciarsi andare... e dare a se stessa la
possibilità di essere di nuovo felice.
"Allora? Il tuo invito per sabato sera è ancora valido?" Gli chiese con un sorriso.
"Certo" Rispose, sorridendo a sua volta.
Continuarono a guardarsi negli occhi.
"Bene" Rispose con un sorriso, guardando poi l'orologio sul suo polso "Scusami... ma devo davvero andare a controllare il mio paziente se non voglio dover passare qui tutta la notte" disse ancora guardandolo negli occhi mentre si alzava in piedi e lui si alzava a sua volta "Ci vediamo domani, ok?" Aggiunse, mettendo una mano sulla sua spalla e sorridendo ancora.
Wyle annuì, guardandola negli occhi e sorridendo a sua volta, guardandola poi mentre si allontanava lungo il corridoio.
...
"Ho lasciato sulla sua scrivania i documenti che mi ha chiesto, Dott.ssa Cuddy" disse l'infermiera Laura uscendo dalla porta dell'ufficio di Cuddy, guardandola mentre si avvicinava.
La ringraziò con un cenno del capo e con un sorriso. Era così stanca che le facevano male tutti i muscoli, anche i più piccoli. Si passò una mano sul collo. Beh, almeno i bambini sarebbero rimasti da Blythe stanotte, quindi doveva solo raccogliere le sue cose e poi poteva andare a dormire. Erano già le 11 di sera. Almeno tre ore oltre l'orario previsto per la fine del turno, e sapeva che non era un caso. Non voleva andare a casa. Non voleva, perché senza i suoi bambini quella non era 'casa', ma solo le quattro mura in cui viveva. Ma stasera era così stanca che dubitava persino di potersi sentire da sola. Voleva solo fare una doccia e bere una tisana. Era troppo stanca per qualsiasi altra cosa. E quei documenti sulla sua scrivania potevano aspettare fino a domani. Qualcosa che non accadeva mai nella sua precedente vita.
Lanciò un'occhiata alle cartelle sulla sua scrivania mentre si toglieva il camice, prendendo il bigliettino che era appoggiato in cima.
Cos'era? Un biglietto da visita?
Il biglietto da
visita di un motel. L'Arbor Motor Inn Lodge. Un numero scritto a penna, probabilmente il numero di una camera.
Il suo primo pensiero fu per Mike. Ma... no, non era assolutamente il tipo da darle il biglietto da visita di un motel! Non era di certo così spavaldo. Non c'era la minima possibilità che potesse essere da parte sua! Ci aveva messo più di due anni solo per chiederle di uscire!
Lo rigirò tra le dita, solo per trovare
un'altra scritta sul retro.
E il suo cuore saltò un battito a quelle parole.
... I wish I didn't, but I can't
help it ...
"Vorrei che non fosse così, ma non posso farne a meno" sussurrò nel silenzio della stanza, mentre
quelle parole risuonavano nelle sue orecchie come se fossero state pronunciate
da un'altra persona.
Oddio...
Trattenne il respiro mentre lo
leggeva ancora e ancora e ancora.
Quella calligrafia. Dio... Era solo la sua
mente che si prendeva gioco di lei? Era davvero la stessa calligrafia che era
stata per anni su quella lavagna bianca? Poteva essere solo una coincidenza?
... n-non poteva essere...
Corse verso la porta aprendola con tale foga
che l'infermiera Laura la guardò con uno sguardo a metà tra l'interrogativo e
lo spaventato.
"Sa chi ha lasciato questo nel mio ufficio?" Le chiese, talmente
senza fiato che l'infermiera la guardò con uno sguardo preoccupato.
"Un paziente" rispose
"Mi ha chiesto solamente di mettere quel biglietto sulla sua scrivania... io,
ehm... qualcosa non va?"
"Ehm... no... è solo che... un uomo col bastone?" Le chiese
sentendosi pazza per il solo fatto di pensarlo, e ancora di più per averlo
detto a voce alta.
"No, dottoressa Cuddy.
Nessun bastone" Rispose mentre Cuddy guardava di nuovo il biglietto tra le
sue mani mordendosi il labbro "Ehm... alto, occhi azzurri e... oh, sì,
penso che lei abbia sentito parlare di lui. Era quello in coma. Sa? Aveva
ragione riguardo all'infermiera Anne. Carcinoma della laringe al primo stadio.
Farà l'intervento la prossima sett-"
Guardò Cuddy mentre sbiancava
improvvisamente...
E
le parole del dottor Anderson le tornarono immediatamente in mente... 'Apre gli occhi dopo quattordici mesi e nove
giorni in coma e la prima cosa che dice all'infermiera Anne è che la sua voce è
troppo roca e deve farsi vedere da...'
"Dottoressa Cuddy, si
sente bene?" Le chiese ancora.
"Ehm... sì" rispose, guardando ancora quel biglietto e alzando poi
gli occhi a guardarla "Ehm... grazie" aggiunse.
...
Guidò lungo la superstrada seguendo la voce
del navigatore. Anche senza di quello si sentiva come se avesse innestato il
pilota automatico. I suoi occhi erano fissi sulla strada ma la sua mente era
molto lontana da quel posto.
Guardò l'insegna luminosa e girò a destra nel parcheggio di quel motel. Arbor Motor Inn Lodge.
Guardò
quel 'Arbor'... Porca
vacca... Era solo l'ennesimo brutto scherzo della sua
vita? Ovviamente era un nome comune per
un motel ma... non poté evitare che la sua mente pensasse inevitabilmente al
'Ann Arbor' che aveva cambiato la sua vita.
Si avvicinò alla reception,
continuando a girare quel biglietto tra le mani.
"Ehm... devo incontrare un
amico... stanza 108" disse, guardando il numero scritto in inchiostro blu
su quel biglietto.
Non che avesse bisogno di controllare in
realtà. Conosceva ormai a memoria ogni millimetro di quel biglietto da visita.
Il tipo alla reception si limitò ad annuire.
"Certo, signora. Primo piano" Disse, facendo un gesto con la
mano verso l'ascensore.
Era solo una sua impressione o
c'era una vena di sarcasmo nel modo in cui aveva pronunciato quel 'signora'? E una velo di malizia nel
modo in cui l'aveva guardata dalla testa ai piedi?
...
Guardò la porta di fronte a sé e poi il suo stesso pugno, prima di bussare. Il cuore le martellava nel petto talmente
tanto che pensava che sarebbe collassata prima che qualcuno potesse aprire
quella porta.
Era davvero lui? E se sì... perché? Come
doveva reagire? Abbracciarlo? Baciarlo? O... forse schiaffeggiarlo forte
in faccia?
Se era reale... era più felice o più furiosa?
Tutte quelle domande e quei pensieri si
azzerarono nell'istante in cui se lo trovò di fronte.
Nessun suono uscì dalle sue
labbra. Rimase semplicemente lì. In piedi. Immobile. Ferma a guardarlo mentre
lui guardava lei. Occhi che si muovevano, dai suoi jeans e camicetta di seta
nera ai suoi pantaloni della tuta grigi e alla sua maglietta bianca. Nessuna
parola. Solo... lo sguardo di uno fisso in quello dell'altro.
"Cuddy..."
Il solo suono del suo nome sulle sue labbra
infranse lo stato di trance in cui si trovava come una bolla di sapone.
"Oddio... dimmi che è
vero..." sussurrò, allungando la mano verso di lui e appoggiando il palmo
al suo petto.
Non rispose, mettendo semplicemente una mano sulla sua e stringendola
leggermente.
Non alzò gli occhi a guardarlo,
continuando solamente a guardare la sua stessa mano e quella di lui sulla sua,
sentendo il suo cuore martellare sotto alle sue dita, tanto quanto il suo.
"Lui... mi ha detto che
eri m-morto" sussurrò mentre la sua voce si incrinava e le lacrime le
riempivano gli occhi.
"Mi ha detto c-che... come ha
potuto?" Disse, mentre le lacrime iniziarono a scenderle lungo le guance
"Come hai potuto?" Precisò.
House allungò la mano verso la sua spalla,
accarezzandola leggermente, ma lei lo spinse via.
"Come hai potuto farmi questo?"
Urlò, colpendolo forte col palmo della mano sul torace mentre le lacrime
scivolavano lungo le sue guance "Come hai potuto farci questo?" Ripeté ancora, colpendolo ancora forte sul petto.
Ancora. E ancora. E ancora.
"Cuddy..."
La prese per i polsi e li tenne stretti
mentre i suoi occhi pieni di lacrime incontravano i suoi. Il suo sguardo lo
ferì più di quanto avessero fatto i suoi schiaffi.
"Come hai potuto..." Ripeté mentre
la sua voce si incrinava del tutto, rimpiazzata dai singhiozzi mentre
l'attirava a sé e la stringeva tra le braccia, lasciando che nascondesse il
viso contro il suo petto e singhiozzasse nella sua maglietta.
"Mi dispiace così tanto" sussurrò
nei suoi capelli, stringendola talmente forte che pensava di poterle fare male.
Rimasero così per quelli che avrebbero
potuto essere solo secondi, o minuti, o ore. A nessuno dei due interessava. Lei
voleva solo perdersi nel calore delle sue braccia e lui nel suo profumo.
"Mi disp-" Ripeté, continuando ad
accarezzarle la schiena, non finendo quella parola mentre lei gli metteva le
dita sulle labbra, accarezzando leggermente con il pollice il suo labbro
inferiore.
La guardò mentre si mordeva il labbro, spostando
poi la mano ad accarezzare la pella liscia della sua guancia, guardando la sua
stessa mano.
"Io..."
Fece improvvisamente un passo indietro,
lasciando cadere il braccio lungo il fianco, sospirando e scuotendo la testa,
portandosi poi una mano sulla fronte. House guardò la sua mano che tremava e
che adesso nascondeva l'azzurro dei suoi occhi, mentre lei faceva un altro
passo indietro. Mentre il suo sollievo si trasformava in rabbia.
"Cuddy"
House allungò una mano verso il suo braccio
nell'istante in cui la vide barcollare e perdere leggermente l'equilibrio, ma
lei non gli permise di toccarla, ritraendo il braccio e allungandolo invece
verso l'unica sedia di quella stanza, appoggiandosi allo schienale con la mano,
ma senza sedersi, prima di guardarlo ancora.
"Hai fatto in modo che tutti credessero
che fossi morto..." Sussurrò, in quella che era allo stesso tempo una
constatazione e una specie di domanda. "Come hai potuto farlo, House? Come
hai potuto farmi una cosa del genere?"
Non rispose, continuando semplicemente a
guardarla dritto negli occhi. Per un momento fu tentato di sviare il discorso, di
chiudersi a riccio come aveva fatto tante volte o, addirittura, di attaccarla,
dicendole che il mondo non girava intorno a lei e che, per una volta, quello
che aveva fatto non aveva niente a che fare con lei. Ma non ci riuscì. C'era rabbia nei suoi occhi, ma soprattutto dolore. Lo stesso dolore che
aveva sentito mentre leggeva quella lettera.
"Non l'ho fatto a te, Cuddy" Disse, vedendo chiaramente le sue spalle che si
irrigidivano leggermente al tono fermo e in parte secco della sua voce.
"Wilson..." Sussurrò in tono più
morbido, guardandola mentre la confusione nei suoi occhi lasciava il posto alla
consapevolezza e le sue labbra si aprivano leggermente a quella realizzazione.
House scosse la testa e distolse lo sguardo,
guardandosi la punta dei piedi e inspirando profondamente prima di aprire la
bocca per parlare ancora.
"È stato... non so, Cuddy... mi
conosci... avevo fatto una cosa stupida e... per colpa del mio essere il
peggior amico del mondo avrebbe vissuto i suoi ultimi mesi da solo... sarebbe
morto da solo... io non avevo più niente, Cuddy. Solo lui. E lo stavo lasciando
morire da solo. Per una volta ho fatto qualcosa di altruistico. Beh, almeno dal
suo punto di vista..." Disse scuotendo la testa e passandosi a sua volta
una mano sul viso.
"Wilson e Foreman... loro mi hanno
visto in quell'edificio pochi minuti prima che crollasse per le fiamme. Non ero
io. Il corpo che è stato ritrovato era quello di un povero tizio suicida. Io...
io sono semplicemente rimasto a guardare mentre tutto crollava... come la mia
vita... e... non so... ho solo colto l'attimo..."
Si
fermò per qualche secondo, guardandola ma non incontrando i suoi occhi. Il
labbro serrato tra i denti e la sua mano stretta allo schienale della sedia di
fronte a lei.
"Qualche giorno dopo ho partecipato da
lontano al mio stesso funerale. Tu non eri là, Cuddy. Neanche per un ultimo
saluto. E quella era l'ultima prova di cui avevo bisogno per sapere di averti
persa per sempre"
La guardò mentre un quasi soffocato 'oddio' sfuggiva dalle sue labbra, e
sperò che decidesse finalmente di sedersi su quella dannata sedia. Non lo fece
ovviamente. Testarda di una donna!
Alzò semplicemente gli occhi, guardando dritto nei suoi.
"Io..." sussurrò ancora "...
io non ero là perché..." Si portò una mano sulla bocca mentre la
realizzazione di quanto il destino avesse giocato sporco con loro la investiva.
"Decidemmo semplicemente di godere di
quello che ci restava. Morì quattro mesi dopo" disse, guardandola mentre
si mordeva di più il labbro e i suoi occhi si riempivano di nuovo di lacrime
"È stato lui a scegliere Boston per il suo ultimo respiro. Dopo la sua
morte... beh, sono tornato in prigione. Mi conosci... più nemici che amici... e
così... beh, in realtà io non ricordo nulla, ma pare che dopo solo poche ore di
libertà un tizio detto Big Joe mi abbia spaccato la testa e ho riaperto gli
occhi quattordici mesi dopo."
La guardò. La mano tremante ancora sulla
bocca.
"Lui lo sapeva..." sussurrò senza
guardarlo.
"Cosa?"
"Wilson sapeva che ero a Boston"
Precisò, alzando gli occhi e incontrando il suo sguardo.
House scosse la testa e accennò un sorriso
al pensiero di come Wilson fosse sempre
stato Wilson...fino alla fine. E Cuddy scosse a sua volta la testa.
"Quello che non sapeva era che io..."
Lo guardò e si morse di nuovo il labbro, abbassando poi lo sguardo.
Non si mosse, ma lo ringraziò mentalmente
per i pochi passi che fece verso di lei. Non avrebbe saputo dire se avesse
sentito il brivido che il leggero tocco della sua mano sul suo braccio era
stato sufficiente a scatenare, ma lei sentì rabbrividire lui nell'esatto
istante in cui la sua mano trovò la sua, ancora stretta attorno al suo
braccio.
"Non puoi neanche immaginare che
inferno sia stata la mia vita da quel giorno..." Sussurrò, sentendo
immediatamente il suo senso di colpa a quelle parole mentre cercava di ritrarre
la mano dal suo braccio. Ma non gli permise di farlo, stringendo la sua mano e
tenendola ferma dov'era.
"Non mi perdonerò mai per
quello che ti ho fatto, Cuddy. Non ho scuse per quello che ho fatto. E non ne avrò mai. E- "
"Sta' zitto, House" disse come aveva fatto tante volte in passato da dietro quella scrivania del Plainsboro. Il tono della sua voce in assoluto contrasto con il modo in cui il suo pollice accarezzava la sua mano ancora sul suo braccio.
"Non puoi neanche immaginare che inferno sia stata la mia vita da quel giorno... senza di te" Sussurrò ancora, allentando la presa della sua mano sullo schienale della sedia e voltandosi completamente verso di lui.
Cuddy guardò la sua stessa mano muoversi lentamente lungo il braccio di House finché le sue dita trovarono la sua mano, intrecciandosi con le sue.
"Non posso credere che per tutto questo
tempo... Dio, eri solo a pochi passi da me. In realtà... eri sotto ai miei piedi visto che quel
reparto è esattamente sotto al mio" Disse, scuotendo la testa e alzando lo
sguardo, guardandolo dritto negli occhi.
La mano di Cuddy sfiorò la guancia di
House. Sospirarono entrambi a quel contatto, che ricordò a entrambi l'ultima
volta in cui lei aveva fatto lo stesso, quella volta accarezzando la sua barba.
E le sue labbra trovarono quelle di lui. Le sfiorò con le sue,
chiudendo gli occhi e assaporando quella sensazione. Il respiro di House si mescolò col suo, e la sua mano trovò a sua
volta la sua guancia, accarezzandola con il pollice prima di far scivolare la
mano lungo il suo collo e la sua spalla, avvolgendole poi leggermente la vita.
Le loro labbra si schiusero leggermente e le loro lingue si trovarono l'un
l'altra nel più dolce dei modi. Lentamente. E profondamente.
La strinse più forte a sé. Non aveva nessuna
intenzione di lasciarla andare via stavolta. Non che lei volesse essere in
nessun altro posto comunque.
Cuddy
sorrise mentre si separava da lui solo per prendere fiato, continuando a
sfiorare le sue labbra.
"Come mi hai trovata?" Gli chiese,
allungando ancora la mano verso la sua guancia e accarezzandolo.
House scosse la testa, e stavolta non riuscì
a non accennare un sorriso.
"Non sono stato io a trovare te. Un
piccoletto dagli occhi azzurri e più R nel suo nome di quante riesca a
pronunciarne ha trovato me" Disse, mentre gli occhi di lei si spalancarono
improvvisamente.
"Cosa...? ... G-Gregory?" Gli
chiese incredula guardandolo mentre sorrideva all'espressione sul viso di lei.
"È... è... beh, almeno ho fatto qualcosa di buono, Cuddy" Disse, guardandola negli occhi mentre il suo labbro iniziò a tremare.
"È sveglio" Disse ancora guardandola mentre sorrideva nonostante la lacrima che scivolò lungo la sua guancia "E... hai fatto un bel lavoro"
"È un
terremoto" Replicò, mordendosi ancora il labbro.
"Ti aspettavi qualcosa di diverso?" Rise guardandola mentre una risata sfuggiva anche dalle labbra di lei nonostante le lacrime che le scendevano sulle guance.
Le baciò la fronte, prendendole il viso con entrambe le mani e asciugandole le lacrime con i pollici.
"Come puoi
non essere arrabbiato con me?" Gli chiese. Il suo senso di colpa talmente
tangibile che poteva quasi toccarlo come stava toccando le sue lacrime.
"Per non
esserti disfatta dell'unica cosa buona che ho fatto?" Rispose, guardandola
mentre si mordeva il labbro "Lui è il regalo più bello che potessi farmi,
Cuddy" Aggiunse mentre lei distoglieva lo sguardo per un istante,
incontrando poi ancora i suoi occhi e accennando un sorriso.
"Lui è il regalo più bello che tu potessi fare a me" Disse, accarezzandogli ancora la guancia.
Baciò ancora la
sua fronte e prese la sua mano, accompagnandola vicino al letto e allungandole
il disegno che era appoggiato sul comodino. Cuddy guardò quel foglio per un
istante e poi alzò gli occhi a guardare lui... abbassando poi di nuovo lo
sguardo a guardare quel 'Ti voglio bene.
GrEgorY' mentre stavolta un turbinio di emozioni ebbe la meglio su di lei,
obbligandola a sedersi sul letto. E chiuse gli occhi non appena realizzò cosa
fosse quel foglio. E a cosa si riferisse quella frase sul biglietto da visita.
Quel... 'Vorrei che non fosse così, ma
non posso farne a meno' non era solo quello che lei gli aveva detto quella
notte nel suo appartamento... Quella era la sua risposta al suo 'Mi ama ancora come io amo lui?'
"È vero, Cuddy?" Le chiese risvegliandola dai suoi pensieri e in pratica leggendole la mente "Mi ami ancora?" Precisò sedendosi sul letto accanto a lei.
"Oh Dio... sì" Rispose, mettendo una mano sulla sua e l'altra sulla sua guancia.
Le prese il suo viso con entrambe le mani e la guardò negli occhi, asciugandole un'altra lacrima con il pollice.
"Il postino me l'ha restituita" Disse, mordendosi il labbro "Nel... nella parte mancante ti dicevo dove potevi trovarci se... beh, poi, Wilson mi ha chiamata e... niente aveva più importanza. Io non... non ero là, House, al tuo funerale, perché ho... ho partorito nostro figlio cinque ore dopo quella telefonata" Sospirò, ma non distolse lo sguardo, continuando a guardarlo negli occhi "Mi dispiace così tanto..."
Fu lui a trovare le sue labbra stavolta, sfiorandole con le sue prima di approfondire quel bacio.
"Resta qui stanotte..." Sussurrò, appoggiando la fronte sulla sua e aprendo gli occhi incontrando i suoi.
"Stanotte..." Ripeté, continuando a guardarlo "E... cosa succederà domani, House?" Gli chiese, guardandolo dolorosamente negli occhi.
"Non lo so..." rispose, scuotendo leggermente la testa mentre lei annuiva e gli accarezzava ancora la guancia, non distogliendo gli occhi dai suoi.
"Cosa vuoi, Cuddy?" Le chiese, continuando a guardarla, assaporando la sensazione della sua mano sulla sua pelle.
Cuddy sorrise, scuotendo ancora leggermente la testa e guardando la sua stessa mano mentre lo accarezzava.
"Di nuovo la tua barba" Rispose con un sorriso mentre un sorriso compariva anche sulle labbra di lui.
"Beh... questo è già un inizio" Rispose, continuando a sorridere al suo tentativo di mantenere le cose su un piano leggero e guardandola negli occhi.
"Non voglio restare qui stanotte, House..." Disse ancora "So cosa vuol dire stare con te, e so cosa vuol dire stare senza di te e... l'unica cosa che voglio sei tu... stanotte e domani e la notte dopo..." Lo guardò dritto negli occhi "Ma non è questo il punto. Non ci sono più solo io. Il punto è... tu ci vuoi, House?" Abbassò lo sguardo mentre il suo pollice le accarezzava la guancia di nuovo, e sospirò "Io... io ti ho già perso una volta e Dio sa quanto non voglia perderti di nuovo ma..."
"Allora
siamo in due, Cuddy" Rispose mentre lei alzava lo sguardo incontrando di
nuovo i suoi occhi "Amo te. Voglio te. Non so cosa ne sarà della mia vita
da adesso in poi, Cuddy, ma so che ti voglio nella mia vita. Vi voglio nella
mia vita. Tutti e tre" Disse, accarezzandole ancora il viso "So che
non può essere facile. Non ho neanche un lavoro... non ho niente..." disse,
guardandola negli occhi e sfiorando le sue labbra con le sue.
"Hai noi" Rispose, mentre stavolta furono gli occhi di lui a velarsi di lacrime.
Annuì,
mordendosi il labbro per evitare di essere travolto dalle emozioni, mentre la
semplicità e, allo stesso tempo, la forza di quelle due parole lo spiazzarono
come mai niente aveva fatto prima. Il pollice di Cuddy liberò quel labbro e lo
sfiorò invece con le sue stesse labbra, assaporando la strana sensazione della
morbidezza della sua bocca contro la sua. Una sensazione strana, ma non nuova. La stessa sensazione del loro primo
bacio, tanti anni prima. Le loro lingue si trovarono l'un l'altra in un
modo talmente naturale che non poterono fare a meno di lasciarsi semplicemente
andare, perdendosi in quel bacio. Un bacio in cui più si perdevano, più
ritrovavano se stessi. Erano così diversi adesso, eppure ancora così simili a
quei due studenti. Nonostante gli eventi della buona e della cattiva sorte, erano
di nuovo al punto di partenza.
"Questo posto ti suonava in un certo senso familiare?" Sussurrò Cuddy, accennando un sorriso mentre continuava a sfiorare le sue labbra.
House sorrise a sua
volta, sapendo esattamente a cosa si riferiva. All' 'Arbor' di quel 'Arbor Inn Motor Lodge'.
"Dove tutto è iniziato" Sussurrò a sua volta, succhiandole il labbro e mandandole stavolta un brivido nel basso ventre.
Il
suono di un
messaggio in arrivo sul cellulare di Cuddy spezzò
l'incantesimo, ma continuò a
indugiare sulle sue labbra per un momento prima di alzarsi in piedi
e cercare il cellulare nella sua borsa, ancora abbandonata vicino
alla porta.
Sorrise a quel messaggio, alzando poi gli occhi e non potendo evitare
di
sentire il suo disagio e leggergli il pensiero.
"Non è quello che credi" Disse, sedendosi di nuovo accanto a lui e appoggiando la mano sul suo ginocchio.
"Non sono nato ieri, Cuddy" Replicò in tono ironico "Sei una bella donna. Sarebbe stupido da parte mia pensare che nessun uomo abbia piacevolmente esplorato la tua vagina in questi anni, facendoti gemere e urlare"
Una piccola risata sfuggì dalla bocca di Cuddy. Non l'avrebbe riconosciuto se non avesse usato una delle sue esplicite e colorite espressioni invece di chiederle semplicemente se stava o era stata con qualcuno.
"Oh beh, in
realtà qualcuno l'ha fatto" Disse, guardandolo mentre guardava la mano
appoggiata sul suo ginocchio, evitando il suo sguardo "Sono sicura dei
gemiti. Penso di aver urlato anche, ma a dir la verità non ricordo molto bene"
disse, ripagandolo per la sua gelosia, ma prendendogli il mento perché la
guardasse negli occhi "Ma non sono sicura che spingere qualcuno fuori
dalla propria vagina possa essere annoverato come piacevole esplorazione."
Disse accennando un sorriso all'improvviso cambio di espressione sul suo viso, passandogli
contemporaneamente il cellulare. E House non poté fare a meno di sorridere a
sua volta alla vista di quella foto. Gregory, addormentato e rannicchiato
contro un'altrettanto addormentata Rachel.
"È diventata grande..." Sussurrò solo, continuando a guardare la foto. Lo era davvero. E il velo di tristezza nella sua voce le fece stringere il cuore.
"Sono come la banda Bassotti a volte. Una volta è riuscito a convincerla a dormire sotto al mio letto. Con i sacchi a pelo e tutto il resto. Hanno aspettato che la babysitter si addormentasse sul divano. Ha quasi avuto un attacco di cuore quando ha trovato i loro letti vuoti e non riusciva a trovarli da nessuna parte" Disse sorridendo e scuotendo la testa, indicando poi la foto che era ancora sullo schermo "Ecco perché non riesco più a trovare una babysitter disponibile e perché adesso chi sta con loro mi manda ogni volta una di queste" Disse ancora, sorridendo al sorriso che comparve sul viso di House.
"Oh beh, l'ultima volta che te l'ho chiesto non è finita bene, ma... ti serve un babysitter?" Disse in tono scherzoso facendola ridere.
"Dipende..." Rise mentre un sorriso malizioso compariva anche sulle sue labbra "Fornisci servizi extra?" Gli chiese, guardandolo negli occhi e vedendolo sorridere a sua volta.
House si passò la lingua sulle labbra, facendo scivolare poi la mano dalla sua guancia al suo collo, baciandola leggermente sulle labbra e poi baciandole la guancia e il collo.
"Mettimi alla prova" Sussurrò nel suo orecchio, baciandola poi dietro l'orecchio e sentendola rabbrividire.
Non rispose, ma si strinse di più a lui, tenendogli ferma la testa mentre continuava a baciarle il collo, assaporando quella sensazione e sdraiandosi poi sul letto, tirandolo sopra di lei.
L'ultima volta che un uomo era stato sopra di lei l'aveva spinto via prima che avesse il tempo di slacciarle il reggiseno. Appena la sensazione del suo mento liscio contro la sua pelle l'aveva fatta tornare consapevole di chi fosse in realtà l'uomo che la stava baciando.
"Cosa c'é?" le chiese, sentendo la sua esitazione e alzando la testa per guardarla.
"Ti amo" Sussurrò, accennando un sorriso appena le sue labbra trovarono le sue e la sua mano accarezzò la pelle liscia della sua guancia "Ma... non stavo scherzando" Sussurrò, mordendosi il labbro "È passato tanto tempo dall'ultima volta che ho..."
"Per
fortuna posso dire lo stesso, Cuddy. A meno che tu non stia pensando che abbia
provato l'altra sponda..." Disse, guardandola negli occhi con uno sguardo
malizioso "Sai? Ci avevo anche pensato ma il piccolo Greg non ne voleva affatto sapere del culo peloso e
tatuato del mio compagno di cella. Per il tuo invece -"
La sua mano gli schiaffeggiò
la spalla talmente forte che un 'ahia' rimpiazzò
l'ultima parte di quella frase, prima
che quella stessa mano trovasse la sua nuca obbligando House a chinare la testa
e le sue labbra a trovare di nuovo le sue.
"Sta' zitto e baciami, idiota" Sussurrò, incontrando per un istante il suo sguardo malizioso finché la sua lingua nella sua bocca le fece chiudere gli occhi e un gemito di piacere sfuggiva dalla sua bocca.
Le era mancata
così tanto la sensazione delle sue mani sulla sua pelle... e adesso le sembrava
così familiare. Il suo corpo rispondeva alle sua dita come uno
strumento suonato da un musicista esperto. E anche quello di lui. Non avrebbe
mai pensato che avrebbe avuto la possibilità di sentirsi di nuovo così. Essere di
nuovo una cosa sola con lei era qualcosa che andava oltre le sue aspettative. Non
solo la bruciante passione che li aveva travolti così tante volte. I loro
respiri affannosi riempirono la stanza. Non la bruciante passione che li aveva
travolti così tante volte. Assaporarono ogni attimo, ogni carezza, ogni bacio,
ogni gemito. Era amore. Solo amore.
Guardò il suo corpo nudo stretto al suo e le accarezzò i capelli, ascoltando solo il suo respiro ormai tranquillo e baciandole i capelli, coprendo poi entrambi con il lenzuolo.
Come
riusciva a
farlo sentire così? Era stato un uomo morto, ed era tornato ad
essere un 'vivo' che si era sentito morto ogni giorno dal giorno della
morte di Wilson... finché
lei non aveva attraversato quella porta. Se avesse avuto ancora un mimino dubbio
adesso non ne aveva più. Lei era la sua vita. E aveva intenzione di fare
qualsiasi cosa per non incasinare tutto un'altra volta.
"Oh beh, credo proprio che dovrò farla ritirare" Disse sfiorando le sue labbra con le sue e guardandolo con uno sguardo malizioso.
"Bene" Disse, guardandola con uno sguardo ancora più malizioso, mordendole leggermente il labbro inferiore e succhiandolo tra le sue stesse labbra "Anche se, Cuddy, in realtà non me ne frega un accidenti di dover stare 180 metri lontano da te..." sussurrò, girandola di nuovo sotto di lui e accarezzandole l'anca "... se posso stare 18 centimetri dentro di te" disse, spostandosi sopra di lei mentre lei alzava gli occhi al cielo e sorrideva.
"Non cambierai mai, vero?" Disse, sorridendo sulle sue labbra e accarezzandogli i capelli sulla nuca.
"Lo vorresti davvero?" le chiese, succhiandole ancora il labbro e guardandola negli occhi.
"No. Assolutamente no" Rispose, trovando di nuovo le sue labbra in un altro lungo bacio.
...
FINE
...
Beh, questa è la fine di questa storia, così come l'avevo pensata all'inizio. Sono perfettamente consapevole che le cose non possano essere così semplici dopo un atto di violenza domestica, ma non posso fare a meno di cercare di dare a questi due il loro lieto fine.
Allo stesso tempo però questo non è davvero il finale della storia... Qualcuno mi ha già chiesto un epilogo quindi.... epilogo sia ;)
Saranno pochi capitoli che pubblicherò a parte. Una sorta di mini sequel. Alla fine non ho cambiato il rate di questa storia (mi dispiaceva che il cambio di rate impedisse magari a qualcuno di leggere la fine), ma il sequel sarà invece immancabilmente rosso! ;)
Quindi... a presto. Il sequel si intitolerà POST SCRIPTUM.
Vi aspetto là!