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Autore: Eneri_Mess    24/02/2017    4 recensioni
Dazai osserva il proprio profilo allo specchio. Non è una novità vedersi nudo, spoglio delle bende, con i lividi violacei intorno al collo, le cicatrici sulle braccia. Ma per una volta il suo biasimo non è rivolto ai tentativi maldestri di liberare la vita dai propri confini fisici. Le linee nere del suo tatuaggio sono immobili. Una sequela di zeri senza più alcuna utilità.
[Tentativo di Soulmate un po' controverso][Oda/Dazai][Dazai/Chuuya]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cow-t, quarta settimana, missione di crisi.
Prompt: Vuoto
N° Parole: 1905

Premessa: voleva nascere come Soulmate, del tipo con i "tatuaggi a orologio"; è finita in maniera molto meno romantica del previsto. Non ha senso °w°'' 


Sylvia Weis: How does anyone live like this?
Will Salas: You don't generally sleep in.

[In Time (2011)]





 

Ci sono due cose su cui Dazai sa di non poter fare affidamento: la sua capacità di portare a termine un suicidio e il tatuaggio che dovrebbe indicargli quando si troverà di fronte la sua anima gemella.

Per uno che corteggia la morte a giorni alterni, la ricerca della persona con cui sentirsi completo è più un passatempo e non un vero obiettivo. Trovarla potrebbe significare rinunciare al suo desiderio più grande, a meno di non riuscire a convincere la sua metà a compiere un nobile e affettuoso doppio suicidio d’amore.

La prospettiva è mutata quando ha incontrato Odasaku e il suo orologio ha pizzicato, lì dov’è tatuato all’altezza del cuore. Gli sembra di sentire i secondi rintoccare insieme al sangue nelle tempie, in una cadenza che va aumentando, sempre più veloce nelle volte che si trovano vicini, quasi gomito a gomito, le mani trattenute intorno al bicchierino della staffa.

Dazai si chiede come gli altri esseri umani affrontino quello che sta succedendo a lui. Il tempo che si approssima allo zero, di giorno in giorno, con la consapevolezza che succederà qualcosa di inevitabile. Come si riesce a vivere tutti i giorni così?

Non è indifferente a Odasaku. Anche nel caso non sia lui la sua anima gemella, è certo che proverebbe comunque qualcosa, un qualsiasi sentimento tra l’ammirazione e l’attrazione fisica.

Capita una sera che si sfiorino nel brindare e il tatuaggio gli mozzi il fiato con una scossa languida lungo la schiena. Forse, ironicamente, ha tirato troppo la corda, ha esasperato il destino. Quando è in bagno e si slaccia la camicia, vede i numeri scivolare uno dietro l’altro.

… 6, 5, 4, 3, 2, 1, 0, 59, 58, 57, 56, 55, …

Non si parla più di anni, né di mesi, né di giorni. A malapena di un’ora, mentre i secondi sono talmente veloci, i minuti regrediscono come corolle di fiori in un timelapse dal giorno alla sera.

Accade a casa di Odasaku.

Dazai registra qualche dettaglio dalla penombra creata dall’aura giallognola di un paralume; una camera essenziale, armadio, letto e scrivania. Un quaderno aperto, una penna abbandonata sulle pagine. Oltre le imposte della finestra c’è un panorama buio e tempestoso, puntinato dalle luci della città come fari di coste lontane. L’odore è quello del tabacco, della colonia e del bourbon. Dieci metri quadrati ricolmi dell’essenza di Odasaku che gli annebbino la mente. Si lascia spogliare e lo spoglia a sua volta. I baci sono dolciastri, al sapore di liquore; le dita scorrono nei capelli bagnati di pioggia fredda, gocce su una pelle che diventa bolente man mano che i vestiti diminuiscono.

Mentre si lascia torturare sotto l’orecchio, sulla curva della mandibola, lievi raschiamenti di denti e labbra, Dazai gli passa il palmo sul petto, sotto la clavicola, sullo stesso inconfondibile tatuaggio di cui il fato fa dono a tutti.

Anche lì i numeri sono in caduta libera; mezz’ore che si apprestano a quarti d’ora, un conto alla rovescia più veloce dei respiri, del sangue. Odasaku lo distrae, lo riporta a sé, lo circonda di sé, gli scioglie le bende con le labbra e gli bacia le cicatrici. Dazai pensa che potrebbe morirne dolcemente, con ironia e poi « ah » con desiderio. Non trova possibile come qualcosa di così confuso e pesante, di due corpi uniti assieme, riesca a fargli dimenticare il vuoto che ha dentro e renda meno effimera l’esistenza circostante.

L’attrazione è però troppa, forse più curiosità, e socchiude gli occhi per cercare ancora quel tatuaggio sul torace spoglio di Odasaku, l’orologio uguale al suo. Comprende appena che quello scadere sia per lui, che sia dedicato a lui, un regalo troppo costoso che non ha idea di come accettare.

Rimangono solo una manciata di secondi in fondo a una fila di zeri.

19, 18, 17, 16, 15…

Perde il contatto visivo, inarcando la schiena e rimanendo preda di un’onda di sensazioni.

Si aggrappa alle ciocche cremisi del compagno, combattuto sulla soglia del piacere, ma riapre gli occhi un’ultima volta. Il bisogno di osservare la tangibilità, il realizzarsi di un sentimento tanto decantato, è troppo.  

4, 3, 2, 1… 0.

Il mondo si dissolve tra le braccia di Odasaku insieme alla coscienza.   


Dazai osserva il proprio profilo allo specchio. Non è una novità vedersi nudo, spoglio delle bende, con i lividi violacei intorno al collo, le cicatrici sulle braccia. Ma per una volta il suo biasimo non è rivolto ai tentativi maldestri di liberare la vita dai propri confini fisici. Le linee nere del suo tatuaggio sono immobili. Una sequela di zeri senza più alcuna utilità.

Poi eccolo, l’ultimo numero muta, come il primo minuto della mezzanotte, e diventa un uno.

In un secondo.

Un’insinuazione.

Un dubbio che torna zero prima che nasca il pensiero del perché?

Ha già osservato quel fenomeno altre volte, le mattine che si sveglia nel letto di Odasaku, il lenzuola a coprirlo fino al mento e le sue braccia intorno al corpo.

Sente uno strano senso di disagio strisciargli sulle spalle, allungare mani invisibili sul proprio petto, dare come una schicchera a quell’ultimo zero che, in un battito di ciglia è di nuovo un uno, e nel successivo è tornato quello che dovrebbe essere. Quello che dovrebbe restare fino alla fine della sua vuota esistenza.

È così che funziona: nasci con un orologio sottopelle, una sorta di contapassi che è un pensiero sempre presente e condizionante, un grillo parlante malizioso che ti fa giudicare le persone ancora prima di conoscerle. Sarà lui? Sarà lei? E anche se trovi qualcuno con cui stai bene, non è detto che sia l’anima gemella in grado di darti un senso, di saldare i pezzi di te che la vita si diverte a dividere e smembrare.

Dazai si copre il tatuaggio con una mano e torna a osservarsi. Non cambia nulla, né fuori né dentro. È sempre lui, ma ora con un’espressione che i suoi sottoposti sanno interpretare come rabbia criogenica, quella che lo porta a uccidere senza emozioni a intralciargli la strada. Occasioni molto rare, c’è da dirlo. E che ora sia rivolta verso il suo doppio nello specchio potrebbe stare a significare che sia arrivato il giorno che tanto ha ricamato. È così furioso che i palpiti del sangue nelle orecchie riecheggiano come singulti pietosi.

Perché quella beffa? Perché quel dubbio proprio con Odasaku?

Odasaku non merita i suoi dubbi.

Odasaku ha la capacità di scacciarli con la carezza di due dita. Si prende cura delle ferite della sua anima come se fosse nato per farlo.

Se è quello il modo di ripagarlo, si chiede mentre da un cassetto tira fuori rotoli di bende nuove, sente che merita davvero di farla finita.

Con la coda dell’occhio osserva quell’uno fedifrago ricomparire e sparire un’altra volta. Nello stomaco, la voglia di fare colazione viene stritolata dall’incipit di un dolore reale che sa di rimorso.

Il tatuaggio finisce coperto da un bendaggio non essenziale, ma Dazai sa che se rivedrà quell’uno ancora una volta vomiterà.      




 

Sono passati quattro anni e Dazai è diventato così bravo a bendarsi il tatuaggio sul petto senza guardare, una routine quotidiana, che neanche se ne ricorda più. Sa che talvolta pizzicherà, come sa che inevitabilmente pioverà.

Semplicemente lo ignora, relega qualsiasi barlume di pensiero lì dove siedono rimpianti e rimorsi a conversare. Semplicemente, tutti i giorni chiude quella porta invisibile prima che possa spalancarsi e trascinarlo dal basso, divorandolo, seviziandolo lasciandolo vivo. Non ne fa neanche uno dei motivi per cui tentare di suicidarsi. Farebbe troppo male e lui non vuole soffrire nel passaggio.

In fondo, non tutta la vita ruota per forza intorno alla ricerca dell’anima gemella. Un dì ti imbatti in un ragazzino che muore di fame, scopri che è la tigre mannara a cui stai dando la caccia, ed ecco che improvvisamente le tue giornate sono di nuovo piene.

Dazai non potrebbe mai dimenticare Odasaku, non dopo averlo osservato spegnersi tra le proprie braccia, il disgusto di sé per non aver fatto abbastanza e salvarlo; ha il suo ultimo consiglio più inciso nella pelle di qualsiasi cicatrice.

Quello è l’unico segno di cui ha bisogno nella vita; non un orologio guasto che da quattro anni pizzica convinto che lì fuori ci sia ancora qualcuno per lui. Qualcuno di più di quello che ha già, che si è costruito, con cui si è circondato per essere la persona migliore promessa a Odasaku, quella dalla parte giusta. Il ruolo ha iniziato anche a piacergli, c’è più allegria, più empatia, poco sangue, meno odio.

Lui davvero, ogni giorno che inconsciamente si trova a massaggiarsi il petto sopra il cuore, si ripete che non ha bisogno di altro, di qualcun altro, che anzi, il suo obiettivo dovrebbe essere quello di non avere proprio più nulla, nemmeno la coscienza di sé.

Quindi Dazai la ignora, cerca di soffocarla sotto una maschera di beffa e sicurezza, quella vertigine che lo coglie risalendogli ogni organo di cui è composto quando vede Chuuya palesarsi sulle scale delle prigioni.

Ignora il brivido che si arrampica fino alle sue sinapsi per essere tradotto in una consapevolezza non richiesta. Anche se non può vederlo, lo sente. Sente di nuovo il conto alla rovescia entrare in quel vortice discendente che non gli provoca più curiosità, ma delusione e impotenza verso di sé, verso quei sentimenti che vorrebbe controllare.

Non lui, non Chuuya, pensa quasi con angoscia, mentre para il suo pugno all’ultimo e finisce sbattuto contro la parete di mattoni. Il colpo gli paralizza il respiro ed è un attimo in cui la realizzazione sparisce e lui prova solo un dolore più forte e più vero.

Perché un altro dolore come quello di Odasaku non potrebbe sostenerlo. Un’altra presa in giro da cui il suo cuore è uscito rattoppato non la vuole.

Non con Chuuya, che non è un estraneo, non è un nemico, anche se i fronti sono differenti.

Non vuole soffrire per lui. Non vuole far soffrire lui, come ha sofferto Odasaku, per cui non è riuscito a essere abbastanza.

Ci sono altre cose in ballo. C’è Atsushi a cui si è affezionato; c’è l’Agenzia, che quasi chiama casa; ci sono le giornate noiose in cui lambiccarsi su nuovi modi per togliersi la vita e venire poi redarguito da Kunikida per la nullafacenza. Non c’è spazio per la sua anima gemella.

Quando la mano di Chuuya gli stringe la gola e gli mozza il respiro, il suo tatuaggio sotto la camicia, sotto le bende, è incandescente. Sentire lo scorrere dei giorni, delle ore, dei minuti, è come avere una pressione che scava e scava nel suo torace. I secondi, i peggiori, il cui ritmo impenna all’improvviso, sono graffi che si aprono e si rimarginano uno dietro l’altro.

9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1, 0, 59, 58, 57-

Fa male perché si ostina a non accettarlo. Se invece di resistere si lasciasse andare come tutti...

Ma poi si concentra su Chuuya, e Chuuya lo sta guardando con occhi che non sono solo specchio di tutto il casino che sta succedendo in città. Non sono solo di risentimento per la sua decisione di mollare la Port Mafia e lui, il suo partner. Non per quei lunghi quattro anni di silenzio.

Nel suo sguardo, come nella sua presa, c’è la stessa torturante consapevolezza che avverte Dazai.

Sembra che, dopo così tanto tempo, siano d’accordo su qualcosa.

Qualcosa che, senza bisogno di promesse verbali, ignoreranno fino a quando il conto alla rovescia non si sarà azzerato.






#SalvaLaVeggente #SalvaIlMondo

Nefelibata ~

 
   
 
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