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Autore: Piuma_di_cigno    24/02/2017    2 recensioni
Cassidy ha solo sedici anni quando precipita in un burrone per riprendere il cappello di sua sorella. E' lì che un angelo compare per portarla via, ma lei non è pronta ad andarsene e così lo convince a stipulare un patto: la sua salvezza in cambio dello svolgimento di una missione per lui. Ma riuscirà a portarla a termine? E sarà così facile, visto e considerato che se rivelerà il suo segreto a qualcuno la sorte che è riuscita a evitare tornerà a prenderla? Come farà Cassidy a non dire alla sua famiglia quello che le è successo quel giorno, come farà ad opporsi alla volontà di un angelo che rimarrà con lei giorno dopo giorno, notte dopo notte? Il suo tempo per vivere non è ancora scaduto...
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il patto

Serviamo liberamente perché amiamo liberamente, giacché dipende dalla nostra volontà amare o meno; da essa dipende se stiamo in piedi o cadiamo.
-John Milton

Rimasi immobile, un po' piangendo, un po' cercando disperatamente di tenermi in equilibrio sul ramo che nel frattempo aveva smesso di scricchiolare; qualcosa, non sapevo che cosa, mi diceva che era l'angelo a tenere lui e me in bilico tra la salvezza e le fauci del fiume.

Lo fissavo implorandolo di pietà, di lasciarmi tornare indietro da mia sorella, perché sapevo che lui aveva il potere di farlo. Fluttuava immobile a mezz'aria e nonostante l'aspetto fosse quello di una persona normale se l'avessi visto in giro per strada mi sarei di sicuro voltata a guardarlo: la luce che emanava era qualcosa che si insinuava nel mio cuore e mi impediva di pensare lucidamente, mi faceva venire voglia di mollare quello stupido ramo e tendere le braccia verso di lui per lasciarmi portare ovunque desiderasse.

Invece strinsi la presa su quella minuscola speranza di salvezza e vi affondai ostinatamente le unghie: lassù c'era mia sorella. C'erano la mia famiglia e la mia vita, c'era tutto quello che amavo e avevo amato e io non avrei lasciato niente di tutto questo.

“Ciao Cassidy.” quando l'angelo parlò i miei progetti vacillarono e per un folle istante la sua voce mi parve talmente bella e melodiosa che quasi di loro spontanea volontà le mie dita iniziarono a mollare la presa per tendersi verso di lui. Quando però sentii il vuoto sotto di me sbattei le palpebre e conficcai nuovamente le unghie dov'erano prima.

“Sono venuto a prenderti. È arrivato il momento.”

Per la prima volta da quando l'avevo visto, parlai: “No!”

L'angelo mi osservò per un istante, poi mi tese una mano.

“Vieni con me Cassidy.” impotente sentivo il desiderio di andare con lui, sentivo di poter volare con lui, che se avessi lasciato quel ramo sarebbe andato tutto bene, ma poi sentii che le mie dita stringevano qualcosa e mi accorsi di avere ancora in mano il cappello di mia sorella. Quasi inconsapevolmente l'avevo tenuto con me per tutto quel tempo, come un talismano.

“No.” ansimai di nuovo. “C'è mia sorella”

“Lo so. Starà bene, vedrai.” continuò lui con voce melliflua “Ora devi venire con me. Andrà tutto bene.”

“No che non andrà tutto bene!” strillai esasperata “Fammi tornare da lei!! Io non ho nessuna intenzione di venire con te!” urlai con tutto il fiato che avevo in gola, ignorando quella vocetta nella mia testa che mi diceva di restare con lui.

L'angelo parve sorpreso. Non sapevo come potessi capirlo visto che a malapena aveva cambiato espressione, ma di fatto era stupito. Mi fissò per un istante, interdetto, poi si ricompose e iniziò ad avvicinarsi a me; il mio primo impulso fu quello di avvicinarmi a mia volta anche se la parte cosciente di me voleva che mi allontanassi, voleva fuggire il più lontano possibile da quella che in realtà non era altro che una minaccia per la mia vita.

“Cassidy” mormorò l'angelo allineando il suo viso al mio e fluttuandomi davanti. “Oh, Cassidy.”
Ogni volta che ripeteva il mio nome era una pugnalata nel cuore. Non potevo seguirlo ma lo volevo. Cavoli se lo volevo.

“Sono venuto a prenderti, devo farlo” continuò lui, “E' ora ormai. Non puoi più rimanere qui.”

“Co-cosa? In che senso?” le lacrime mi inondavano il viso, e le unghie mi facevano talmente male che sembrava stessero per staccarmisi dalle dita a forza di conficcarle nel ramo.

La voce dell'angelo non aiutava.

“Non posso spiegarti” rispose lui “ma il tuo destino e quello della tua famiglia si separano qui.” mi tese una mano “Lascia il ramo. Sarà come se nulla di tutto questo fosse mai esistito...”

La proposta per quanto atroce riusciva a suonare allettante e meravigliosa: la sua voce melliflua mi faceva sentire quasi capace di volare e tuttavia non potevo fare a meno di riflettere sulle sue parole. Perché non potevo rimanere con loro? Con la mia famiglia? No, no, no. Il mio posto era lì.

“Non verrò con te” sussurrai con voce tremante “Non ora.”

“Sì invece.”

“Almeno spiegami.” implorai allora guardandolo negli occhi con un supremo sforzo di volontà. Scoprii che erano violacei, ricordavano le pervinche, i fiori che mia madre aveva piantato nell'aiuola davanti a casa.

Si tinsero di una sfumatura color tempesta quando gli chiesi di spiegare e le sue sopracciglia si aggrottarono, come se riflettesse intensamente. Qualcosa mi diceva che da quella sua riflessione dipendeva il mio destino.

Infine, ricambiò il mio sguardo.

“Credo di poterlo fare, se lo desideri.”

Rimasi in silenzio così lui proseguì: “Hai esaurito il tuo tempo qui e la tua vita ora è necessaria altrove. Io sono stato mandato a prenderti.”

“Chi ti ha mandato?”
“Non posso dirtelo.” corrugò di nuovo le sopracciglia “Forse non lo so nemmeno io.”

“E allora perché dovrei voler venire con te?” singhiozzai io. “Ti prego, ti prego, ti prego lasciami tornare dalla mia famiglia. Non voglio morire...”

“Invece verrai con me. Sarai tu a volerlo. Tu lo vuoi.”

E aveva ragione.

La sua voce, il suo aspetto, la sua luce, i suoi occhi, tutto di lui era meraviglioso e rassicurante, tutto mi invitava ad abbandonare il ramo e a precipitare nel vuoto pur di renderlo felice e di stare con lui. Tutto in me gridava di seguirlo, di accettare, ma quel tutto non era abbastanza.

C'era qualcosa dentro di me che mi arpionava al ramo, alla salvezza e alla vita tutto insieme. L'amore per gli altri, forse.

Spinta da quella nuova ispirazione, tentai di salvarmi: “Pensa alla mia famiglia. Pensa a quanto soffriranno. Se proprio vuoi condannare me, almeno non condannare loro. Ti prego.”

Quella frase fece riflettere anche me e mi portò a ripensare alle ultime parole che avevo detto ai miei genitori: non voglio tornare a scuola. Insignificante e banale, tutti gli studenti lo dicevano alla fine delle vacanze, ma adesso... E se loro avessero ricordato questo di me? Era stupido pensarlo, perché sapevano che lo dicevo solo così, per dire, ma...

“Non è una condanna. Il tempo guarisce tutte le ferite e la sofferenza serve da insegnamento.” rispose l'angelo con voce perentoria. Non avevo speranze di replicare, però tentai lo stesso: “Allora... Allora lascia almeno che io dica loro addio. Dammi il tempo di dire loro addio. Solo di salutarli.”

“Sarebbe ancora più doloroso così. Non ha alcun senso. È meglio un taglio netto, Cassidy.”

“Ti prego. Ti darò tutto quello che vuoi.”

Inaspettatamente l'angelo sorrise divertito e fu come se l'intero mondo si fosse tinto di pura luce.

“E cosa potrei mai volere da te? Da un'umana?”

“Io... Io non lo so” balbettai, “ma posso cercare di darti quello che vuoi. Ti prego. Dammi il tempo di un addio e io ti darò quello che vuoi” singhiozzai. Avevo perso il conto di quante volte ormai l'avevo pregato, ero fuori di me. “Ti prego” lo supplicai di nuovo, come se quelle fossero le parole magiche... E forse lo erano.

“Va bene Cassidy. Ami gli altri. Li ami tanto da rifiutare di seguirmi, tanto da rifiutare di ascoltare il richiamo di un angelo. Allora aiuta gli altri.” fissò gli occhi nei miei con un'intensità tale da stordirmi “Posso darti due mesi per dire loro addio, ma in quei due mesi dovrai aiutare le persone in ogni modo possibile, oltre l'immaginabile umano. Dovrai renderle felici, anche se questo comprometterà te o la tua salute. Dovrai fare e dare tutto il possibile per loro.” mi tese di nuovo la mano. “Ora abbiamo un patto?”

Non sapevo cosa sarebbe successo, davanti a me si spalancava l'ignoto, ma sapevo che ero disposta a tutto pur di avere ancora due mesi di vita, e così, ora sicura che non sarei precipitata, staccai la mano dal tronco e la strinsi alla sua.

“Abbiamo un patto.” confermai.

Spazio autrice: ciao a tutti! Pubblico il secondo capitolo prima di quanto osassi sperare, visti i numerosissimi impegni della settimana! Cassidy ha infine stipulato un patto con questo angelo misterioso, ma si è resa davvero conto di cosa questo implichi? :) E soprattutto del fatto che questo angelo le starà sempre attaccato alle costole? Mi sa che devo cambiare le caratteristiche della storia e inserire romantico tra i generi *.*
Se avete domande o qualche parere, lasciatelo pure nelle recensioni, sarò felice di rispondervi!
Baci,
Piuma_di_cigno.

   
 
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