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Autore: FaNgIrL_97    24/02/2017    4 recensioni
E chi lo ha detto che essere genitori sarebbe stata una passeggiata? Christian Grey non di certo. Sarà facile per lui ed Anastasia, crescere due figli adolescenti in preda agli ormoni?
Venitelo a scoprire!
P.S: IL RATING POTREBBE CAMBIARE!
Genere: Fluff, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Phoebe Grey, Theodore Grey, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Ormai il danno è fatto, Phoebe.- Cameron si accovacciò insieme a me. -Ma se pensi davvero di finire in guai grossi, allora dovresti inventarti qualcos'altro. Potresti dire a tuo padre che Sarah è svenuta proprio mentre vi stavate per mettere a letto.-
Gli rivolsi un sorriso riconoscente. -Grazie, Cam. Ma suppongo che non servirebbe a molto. Mio padre non ci metterebbe niente a scoprire la verità vendendo te, Alexander e i genitori di Sarah.-
-Quindi ti darà una punizione con i fiocchi?-
-Non so se possa ancora essere chiamata punizione.- Risi. -Non mi farà più uscire di casa. Magari neanche per farmi andare a scuola.-
-Davvero?- Spalancò gli occhi. -Ne sarebbe capace?-
Ci riflettei un attimo e sospirai. -Non lo so. Forse si, forse no. Ma comunque adesso posso anche scordarmi la libertà vigilata.-
-Mi dispiace, Phoebe.-
-Non importa.- Accennai un sorriso. -Me la sono cercata.-
Lui si morse un labbro, cercando di reprimere un sorriso. -È vero. Te la sei cercata.-
Alzai gli occhi al cielo e mi tirai su. -Secondo te, Alexander è riuscito a parlare con Sarah?-
-Immagino di sì.- Si strinse nelle spalle. -O a quest'ora sarebbe ritornato qui.-
-Sarebbe divertente poter diventare zia.-
Cameron restò a bocca aperta ed io scoppiai a ridere difronte la sua espressione.
-Che c'è? È ancora troppo presto, per dirlo?-
-Allora neanche tu vuoi che abortisca.-
-Non vado particolarmente pazza per i bambini piccoli.- Constatai. -Però sono d'accordo con te. Non è giusto ucciderli.-
-Non vai particolarmente pazza per i bambini piccoli, però troveresti divertente diventare zia?-
-Oh, eccome! Una cosa è vedere i marmocchi un paio d'ore al giorno, un'altra è averli sempre tra i piedi. Preferisco essere zia che mamma.-
-Non vuoi avere dei figli tuoi, un giorno?-
Sbuffai sonoramente. -No. Assolutamente no.-
-Perché mai? I bambini sono delle creature meravigliose.-
-Già. Ma non sei tu a dovertelo portare dentro la pancia per ben nove mesi. Non sei tu a dover ingrassare, e poi... parliamoci chiaro: io non ho intenzione di far uscire un bambino da... beh, da lì sotto.-
Cameron mi fissò sbigottito, per poi scoppiare a ridere. -Beh, sono tutte delle giuste argomentazioni, immagino.-
-Certo che lo sono.-
-Magari cambierai idea.-
-No, non credo.-
Cameron tornò ad essere serio. -Quindi, se tu fossi stata al posto di Sarah, avresti abortito?-
-Non avrei potuto farlo, perché mio padre mi avrebbe uccisa prima.-
-Sono serio, Phoebe.-
-Che importa?- Abbassai lo sguardo. -Non sono io ad essere incinta.-
Le porte del corridoio si spalancarono, rivelandomi la figura di papà, accompagnata da quella di Taylor. Entrambi lasciarono andare un sospiro di sollievo, non appena mi videro. 
-Phoebe!- Esclamò papà, raggiungendomi. -Dio, sono morto mille volte...-
Le sue parole rimasero sospese nell'aria non appena si accorse di Cameron. 
-Salve Mr.Grey.- Sorrise, leggermente incuriosito. -Salve Taylor.-
Papà gli rivolse un'occhiata gelida che lo fece vacillare, prima di rivolgergli un secco: -ciao.-
-Stavamo aspettando che lasciassero uscire Sarah.-
-Ma cosa le è successo?-
Lanciai un'occhiata nervosa a Cameron e mi strinsi nelle spalle. -Beh, è... rimasta incinta.-
Papà impallidì e fece un passo indietro. -Ma... ma che dici?-
Annuii nervosamente e vidi che anche Taylor era sbiancato. -Suppongo che la manderanno molto presto a casa.-
-Incinta...-
-Già.-
-Com'è potuto succedere?-
Lo fissai, indecisa se mettermi a ridere o a piangere. -Credo che sia avvenuto allo stesso modo grazie al quale tu e mamma avete avuto me e Teddy.-
Cameron sbuffò in una risatina ma, quando papà lo fulminò con lo sguardo, si ricompose immediatamente.
-Non posso credere che tu lo abbia fatto entrare!- Ringhiò Bernard, raggiungendoci. -Quel dannato ragazzo ha messo incinta nostra figlia!-
-Ed è per questo che devono parlare. La decisione non spetta a te.-
-Certo che spetta a me! Sono suo padre!-
-Ti prego, non dare spettacolo.-
-Spettacolo?- Ripeté lui, sbigottito. -Mia figlia è incinta e tu ti preoccupi del fatto che io non dia spettacolo?-
Vidi papà impallidire, quasi sentitosi in colpa. 
-Salve, Christian.- Disse gentilmente, la mamma di Sarah. -Mi dispiace che tu sia dovuto venire a quest'ora.-
-Non c'è problema.- Mormorò. -Come sta Sarah?-
-Per fortuna bene. Ci ha fatto prendere un bello spavento.-
-Bene!- Sbottò il marito. -Oh, vai al diavolo.- Uscì di corsa dal corridoio principale. 
-Mi dispiace. Bernard non l'ha presa troppo bene...-
-Ha bisogno di qualcosa?-
-No. Potete pure andare a casa. Noi stiamo portando via da qui Sarah.- Sorrise. -Ero solo venuta a riferirvelo.-
-Passerò domani a trovarla!-
Papà strinse le labbra in una linea sottile, ma non disse nulla. 
-Certo, tesoro. A domani. Buonanotte.-
-Ora andiamo a casa, Phoebe.-
-Dobbiamo accompagnare Cameron, prima.-
Cameron spalancò gli occhi. -Non ce n'è bisogno. Chiamo mia madre.-
-Non farla uscire di casa a quest'ora.- Lanciai un'occhiataccia a papà. -Non è un problema, per noi, accompagnarti.-
-Certo.- Sibilò papà. -Nessun problema.-

-Grazie mille, Mr.Grey- mormorò educatamente, Cam. -Ci vediamo lunedì, Phoebe. Buona serata Taylor.-
-A lunedì, Cam.-
Lui mi scoccò un sorriso radioso, prima di chiudere la portiera della macchina e dirigersi verso casa sua. 
-Sembra educato.- Borbottò papà. -Non mi piace.-
Le mie sopracciglia scattarono all'insù. -Non ti piace perché è educato?-
-Quel ragazzo nasconde troppe cose, Phoebe.-
-Ne abbiamo già parlato. Ti prego, non ricominciare.-
-No, non ricomincerò. Ho una questione ben più importante da risolvere.- Mi lanciò un'occhiata gelida. -Puoi anche dire addio alla tua vita sociale.-
Alzai gli occhi al cielo e guardai fuori il finestrino. -L'ho già fatto.-
-Bene.- Mormorò lui, terribilmente calmo. -Ti avevamo avvisata, Phoebe, e tu hai deciso di sfidarci comunque.-
-La mia non era una sfida nei vostri confronti. Mi stavo solo divertendo.-
-Avresti potuto benissimo divertirti anche seguendo le regole.- 
-È facile per te, dirlo.- Sbuffai. -Avrei davvero voluto vedere cosa avresti provato tu, alla mia età, ad essere sempre seguito. Ad avere la consapevolezza che i tuoi genitori sapessero ogni cosa di te.-
Papà rimase in silenzio, quasi come stesse riflettendo sulle mie parole. Era difficile decifrare la sua espressione.
-Voglio solo che tu sia al...-
-Al sicuro.- Continuai io. -Lo so. Ma non c'è bisogno di tutto questo. Vorrei che tu e mamma vi comportaste da genitori normali, non da maniaci del controllo.-
Papà fece un sorrisetto, facendomi irritare. -Maniaci del controllo, eh?-
-Già. È esattamente ciò che siete.-
-Non possiamo comportarci da genitori normali se hai un serial killer accanto e uno squilibrato a piede libero.-
Gli lanciai un'occhiataccia. -Cameron non è un serial killer! E di Jack non c'è stato alcun avvistamento. Le vostre sono solo scuse, papà. Il controllo c'è sempre stato, fin da quando sono nata.-
-Ti senti in trappola?-
-Mi sento soffocare.- Incrociai le braccia. -Molto spesso, tra l'altro.-
-Non posso fidarmi di te, Phoebe.-
-Oh, al diavolo la fiducia- Sbottai. -Ho sedici anni, papà! È normale che io mi comporti così! Vorrei davvero poter vedere cosa combinavi tu, alla mia età, e rinfacciarti tutto!-
Papà sbiancò ed io, presa dalla rabbia, ignorai il protocollo e saltai giù dalla vettura prima che qualcuno venisse ad aprirmi.
Non era delle regole che mi lamentavo, ma del loro comportamento appiccicoso. Non m'importava di aver trasgredito le regole. Era la volta buona che capissero che non potevano tenermi in una campana di vetro.

Ciò che restava della notte, lo passai in bianco. Tentare di prendere sonno era inutile: la mia mente stava ancora elaborando ciò che era accaduto alla mia migliore amica. Provai anche a chiamarla ma, essendo le tre passate, il suo cellulare era staccato. Ammetto che una piccola voglia di comporre il numero di Cameron l'avevo, ma decisi di reprimerla. Papà aveva smesso di rivolgermi la parola e di mamma, non appena ero tornata, non c'era nessuna traccia. 
L'indomani fu ancora più complicato. Mamma e papà sembravano davvero essere arrabbiati. Nessuno dei due mi degnò di uno sguardo quando mi alzai, ma colsi comunque l'occhiataccia che papà mi gettò non appena decisi volutamente di saltare la colazione. 
-Vorrei andare a trovare Sarah.-
Papà finse di essere interessato a ciò che trasmettevano in TV, quindi, senza guardarmi, disse: -chiedi a Taylor di accompagnarti. Tra un'ora devi essere a casa.-
-In realtà, pensavo...-
-Non mi interessa sapere cosa pensavi.- Mi bloccò lui, mostrandomi il palmo della mano. -Tra un'ora devi essere a casa.-
Strinsi le labbra, per evitare di urlargli contro una vagonata di cose che non avrebbero aiutato affatto a migliore la situazione. Piuttosto, girai sui tacchi e mi diressi all'ufficio di Taylor. 
-Taylor?- Chiesi, dopo aver bussato. 
Lui mi rivolse un sorriso tirato. -Si?- 
Capii immediatamente che doveva essere arrabbiato con me. Deglutì e lo guardai negli occhi. -Puoi accompagnarmi da Sarah?-
-Devi chiederlo ai tuoi genitori.-
La me interiore avrebbe voluto alzare gli occhi al cielo, ma si trattenne. -Si. Devo essere a casa tra un'ora.-
-Dimmi quando sei pronta, allora.-
L'avevo fatta davvero grossa. Sospirai. -Si, certo.-

La porta della camera di Sarah era chiusa. Cosa molto strana. Lei non la teneva mai chiusa. Decisi di bussare ma di entrare senza aspettare la risposta.
La sua esile figura, dapprima rannicchiata nel letto, si alzò di scatto. -Oh, Phoebe... ciao.-
-Ciao.- Risposi guardinga, chiudendomi la porta alle spalle. -Tutto bene?-
-Si, si. Non ti ho sentita arrivare.-
-Davvero?- Aggrottai la fronte. -Ho suonato al campanello.-
Lei restò in silenzio e abbassò lo sguardo, senza dire nulla.
Feci un passo avanti, a disagio. -Allora...?-
Gli scintillanti occhi verdi di Sarah raggiunsero i miei, un po' incerti. -Io e Alex... vogliamo tenerlo, Phoebe. Vogliamo tenere il bambino.-
Sorrisi. -Sapevo che avreste preso la giusta decisione.-
-Non sei arrabbiata?-
-Perché dovrei esserlo? Te l'ho detto che ti avrei appoggiata, indipendentemente da ciò che avresti deciso.-
-È solo che...- distolse lo sguardo. -Sedici anni e incinta, eh?-
-Beh...-
-Sarò lo zimbello di tutti. Diventerò grassa e facilmente irritabile.- Ammise. -Ma non potevo ucciderlo.-
-Sarah, il fatto che tu ed Alex vi stiate prendendo la responsabilità di prendervi cura di un bambino, vi rende migliori di moltissime altre persone. Questo vi fa onore.-
Lei tornò a guardarmi, facendosi sfuggire una lacrima. -Ma io non voglio condannare anche Alex, a questo destino. Un bambino è una bella responsabilità e lui è ancora così giovane...-
-Alex ti ama, Sarah.- Incrociai le braccia. -Quante volte dobbiamo ancora ripetertelo, prima che tu lo capisca?-
-Anch'io lo amo.-
-Allora non respingerlo!- Mi sedetti accanto a lei. -E poi, non sarai da sola. Ci sarò anch'io ad aiutarti a crescere il mio futuro nipotino.-
-Futuro nipotino?- Rise. -Vuoi farlo davvero?-
-Si. Lo vizierò come una brava zia.-
-E se fosse una bambina?-
-Allora vizierò una bambina.- Risi. -Te lo prometto.-

Quando ritornai a casa mia, trovai solo Gail in cucina. Decisi di tentare a parlare almeno con lei e vedere se ce l'avesse con me o meno. 
-Ciao, Gail.-
Lei alzò lo sguardo da ciò che stava preparando e mi sorrise. -Ciao, Phoebe! Come sta Sarah?-
Mi sedetti in uno degli sgabelli rossi davanti il bancone della cucina e decreterai che forse, almeno lei, non ce l'aveva con me. -Bene. Un po' stanca, forse.- Sorrisi leggermente. -Ha deciso di tenere il bambino.- 
-È una bella responsabilità, però.-
-Si, ma io e Alexander la aiuteremo, e la sua famiglia non si tirerà indietro, anche se suo padre non l'ha presa molto bene.-
-È normale che sia arrabbiato.- Disse. -Non pensi che abbia ragione?-
-Relativamente. La colpa non è di Alex.-
-Questo giovanotto è anche venuto qui, qualche volta, non è vero?-
-Si.- Risi. -Era comunque un amico di Teddy. È grazie a lui che Sarah l'ha conosciuto.-
-Non sembra un cattivo ragazzo.-
-No, non lo è.- La guardai dritta negli occhi. -Te lo assicuro.-
-'Giorno, Gail.- Mormorò papà, raggiungendoci in cucina. -A tavola tra mezz'ora?-
-Certo, Mr.Grey.-
-Non sei venuta ad avvisarmi sul fatto che fossi tornata.-
Addentai una mela. -Sono sicura che ci abbia pensato Taylor, a farlo.-
-È un compito che spetta a te, non a lui.-
-Oh, mi dispiace, capo.- Ironizzai. -Cercherò di fare più attenzione, la prossima volta.-
Lui mi guardò per un attimo, prima di girarsi e avviarsi verso il suo ufficio.
-Dov'è mamma?-
-È uscita con le tue zie. Dovrebbe ritornare a momenti.-
-Okay...-
Lui respirò bruscamente e si passò una mano tra i capelli. -Okay.-

-Allora,- disse Cameron. -come va con i tuoi genitori?-
Sbuffai e mi gettai sul letto. -Male. A malapena mi rivolgono la parola, e lo stesso vale anche per Taylor.-
-Forse potresti provare a chiedergli... che so io... scusa, ad esempio.- Ironizzò. -Sarebbe un passo verso la pace.-
-Ah, ah, ah.- Alzai gli occhi al cielo. -Davvero spiritoso. Vuoi fare la mia voce della coscienza, adesso?-
-Si. Te ne servirebbe proprio una.-
-Okay, sapientone. Secondo te dovrei scusarmi perché loro non fanno altro che controllarmi?-
-No. Dovresti scusarti perché sai che, anche se ti avevano dato la loro fiducia, tu hai deciso di rovinarla, mentendo ad entrambi.-
-Oh, andiamo! È stata solo una stupida festa! Non è che volevo ritirarmi alle prime ore del mattino.-
-Già. Ma così facendo ti sei bruciata la tua unica possibilità.- Rispose. -Ci hai pensato? Se magari avessi fatto ciò che avevi promesso, i tuoi genitori avrebbero accettato a diminuire il controllo su di te, perché sapevano di potersi fidare.-
Ebbi un attimo esitazione. Che Cameron potesse avere ragione? "Ma no!" Gridò la me interiore. "Non avrebbero diminuito comunque il controllo!"
-Non penso che sarebbe stato così semplice. Non con i miei genitori, almeno.-
-Beh, dovresti comunque provare a scegliere la via più semplice, invece che complicarti la vita e ottenere una punizione.-
-È quello che mi ha sempre ripetuto mio fratello, più o meno.-
-Ne sono onorato, allora.- Rise. -Sono sicuro che tu sia molto più furba di così, Phoebe.-
-Beh, comunque è ormai troppo tardi.-
-No, non è mai troppo tardi per aggiustare le cose.-
Alzai gli occhi al cielo e guardai il mio cellulare. -D'accordo, grazie per i tuoi preziosi consigli. Vedrò di farne tesoro. Mio fratello mi sta chiamando, ti dispiace se stacchiamo?-
-No, per niente. Fammi sapere come andrà.-
-D'accordo. Magari ti chiamo più tardi.-
-Lo spero.-
Sorrisi e attaccai senza rispondergli, componendo subito il numero di mio fratello. 
Lui rispose già al primo squillo. -Phé! Stai bene?-
-Certo.- Aggrottai la fronte. -Perché non dovrei?-
-Oh mio Dio- gettò un sospiro di sollievo. -Non lo so. Ma che diavolo è successo? Ho sentito papà, oggi, ma era di fretta e ha iniziato a dire cose a caso.-
-Si. Credo che sia sconvolto.- Dissi, cautamente. -Sarah è incinta.-
Restai in ascolto, cercando di comprendere la reazione di mio fratello. Lui infatti, restò in silenzio per un minuto intero, completamente sconvolto, suppongo.
-Stai scherzando?-
-No. Non questa volta.- Sospirai. -Sarah è davvero incinta, Ted.-
-Merda.- Ringhiò lui. -Com'è possibile? Io le affido la tua sicurezza e lei mi resta incinta? Di Alexander?-
-Si, di Alexander. Ma aveva preso la pillola del giorno dopo- spiegai. -Ma a quanto pare non ha funzionato.-
-E adesso cosa faranno?-
-Hanno deciso di tenerlo.-
-Sul serio?- Chiese, sbigottito. -Hanno davvero intenzione di crescere un bambino?-
-Non saranno soli.-
-Questo lo so, ma... sono ancora dei bambini, Phoebe.- 
-Si, ma non sono menefreghisti. Sapevo che non avrebbero mai ucciso loro figlio.-
-Che situazione del cavolo.-
-Beh, pensala così: tra poco meno di nove mesi, super giù, diventeremo zii.-
Lui scoppiò a ridere. -Non posso credere che tu l'abbia detto! Visto e considerato, anche, che i bambini non ti piacciono.-
-Sono carini, quelli neonati.-
-Si, certo. Ti ci vedo a fare la zia, sai?- Rise. -Saresti proprio perfetta.-
-Non farti strane idee. Mi va bene avere un nipotino soltanto, per ora. Ai tuoi figli ci penseremo più in là.-
-Peccato. I tuoi nipotini sarebbero potuti essere delle bombe sexy.-
-Aspetta a dirlo. Hai ancora un sacco di tempo per invecchiare e procreare bambini brutti.-
Lui rise. -Che cattiva. E io che ti avevo chiamato per farti una proposta...-
-Che proposta?-
-Il prossimo weekend vieni qui da me?-
-Solo io?-
-Si, solo tu. Il venerdì sarà l'anniversario di mamma e papà. Non gli dispiacerà avere la casa tutta per loro.-
-Okay. Ma prima devo avere il consenso dei padroni.- Sospirai. -Ti faccio sapere più tardi.-
-Da quando chiedi il consenso?-
-Da quando papà mi ha messa in punizione.-
-Punizione? Perché?-
-Perché ho mentito sull'orario in cui sarei tornata dalla festa di ieri. Lui, ovviamente, ha mandato qualcuno a spiarmi e lo ha scoperto.-
-Ti avevo detto di non andare a nessuna festa, Phoebe!-
-Già. E io ci sono andata comunque e adesso né mamma né papà mi rivolgono più la parola. Aggiornami su qualcosa che non so già.-
-Non sei simpatica.-
Qualcuno bussò alla porta della mia camera. -Aspetta un attimo, Ted.- Dissi. -Si?-
Mamma aprì la porta e guardò all'interno della stanza. -Vieni a mangiare?-
-È mamma?- 
-Si, è lei.-
-Dai, passamela. Glielo chiedo io per il weekend.-
Mamma aggrottò la fronte quando le passai il cellulare.
-È Teddy.-

A pranzo, la prima a rivolgermi la parola fu mamma. 
-Vuoi andare da Teddy, nel prossimo weekend? Oppure puoi restare dalla nonna.-
-È una domanda che ha già una risposta, o posso scegliere davvero?-
Papà mi lanciò un'occhiata fulminante che non mi fece scomporre per niente. Ormai mi ero abituata alle sue occhiatacce.
-Mi piacerebbe andare da Teddy, si.-
-Bene.- Ringhiò papà. -Luke verrà con te.-
-Solo lui?- Ironizzai. -Wow, grazie!-
-Adesso basta, Phoebe!- Scattò mamma. -Non siamo noi ad essere dalla parte del torto, questa volta.-
Le parole di Cameron mi risuonarono in testa e quindi, grazie a lui, decisi di restare saggiamente in silenzio. A fine pranzo, però, decisi che non mi piaceva la situazione, così parlai: -su una scala da 1 a 10, quanto siete arrabbiati con me?-
-Undici.- Risposero all'unisono, i miei genitori. 
-Perché?-
-Perché ci hai mentito, Phoebe. Ci hai detto di essere a casa quando in realtà eri ancora alla festa.-
-Ma anche voi lo avete fatto quando avete detto che non avreste mandato nessuno a controllarmi. Eppure io non sono così arrabbiata, perché ormai ci sono abituata.-
-Per fortuna ho mandato qualcuno a controllare- ringhiò papà. -Non ce lo avresti detto, in caso.-
-Certo che no. E neanche voi lo avreste fatto, al posto mio. Credo che questo termine si chiami... "essere adolescente." Dovreste studiare più psicologia.-
-C'è una linea sottile tra l'essere adolescente e l'essere in pericolo, Phoebe. Le bravate giovanili stanno bene solo in un contesto normale, non in uno come il nostro, con un pazzo in giro.-
-Okay. Hai ragione, papà.- Mi arresi. -Mi dispiace di avervi mentito. Non avrei dovuto farlo.-
-Bene.-
-Adesso non sono più in punizione?-
-Neanche per idea. Ti puoi comunque scordare la tua libertà.-
Spalancai la bocca. -Che cosa? Ma ti ho detto che mi dispiace.-
-Non me ne faccio nulla del tuo dispiacere, Phoebe.-
Mamma gli diede una gomitata e si rivolse a me con tono più conciliante. -Quello che voleva dire papà... è che apprezziamo che tu abbia capito di aver sbagliato, ma dobbiamo essere sicuri che una cosa del genere non succederà più. C'è in mezzo la tua vita, Phoebe. Non possiamo rischiare.-
Sospirai pesantemente e guardai mamma dritta negli occhi. -Sarebbe bello avere una famiglia normale. Una che si preoccupi di non riuscire a pagare le bollette a fine mese, piuttosto che avere il terrore che un pazzo possa uccidere tutti.-
   
 
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