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Autore: ___Page    25/02/2017    1 recensioni
"Trafalgar Law aveva un problema.
Un piccolo, compatto e decisamente incontenibile problema che non sapeva mai come gestire, il che era al di fuori della sua comprensione perché Trafalgar Law sapeva sempre qual era la cosa giusta da fare e come comportarsi, in ogni situazione.
Ma Trafalgar Law non l'avrebbe cambiata per niente al mondo."
A metà tra una long e una raccolta. Hope you'll enjoy.
*FF partecipante al Crack's Day indetto dal forum Fairypiece-fanfiction&images*
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Koala, Trafalgar Law
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Trafalgar Law non amava particolarmente i luoghi caotici.
Se avesse cercato un posto dove passare una serata piacevole, quello non sarebbe stato di certo il suo genere di locale. Musica a palla, luci soffuse, gente ubriaca.
Ma Trafalgar Law aveva solo voglia di un drink prima di andare a riposare e gli serviva un posto dove chi lo conosceva fosse dalla sua parte e chi non lo conosceva gli prestasse poca attenzione. Ragion per cui, quello era decisamente il locale giusto.
Una settimana prima lo avevano quasi beccato ma, dal momento che stava concludendo un grosso lavoro, per un grosso acquirente, per un mucchio di soldi, non poteva semplicemente fare i bagagli e andarsene per un po’ dalla città, strategia vincente di quando le cose prendevano una brutta piega e lui si ritrovava con le spalle un po’ troppo vicine al muro.
Mantenere un basso profilo era sicuramente l’opzione migliore. Da sette sere non tornava a casa sua ma dormiva in giro per Raftel, cambiando sempre hotel e portando con sé solo la sua inseparabile valigetta con dentro il materiale di base per poter lavorare. I vestiti li comprava nuovi giorno per giorno. Non poteva rischiare di farsi prendere per recuperare qualche maglietta e dei pantaloni.
Quella sera non aveva ancora scelto l’hotel e proprio su quell’annosa questione stava riflettendo quando, nel fare una panoramica del locale, i suoi occhi si posarono su una scena interessante.
Trafalgar Law era una persona curiosa per natura. Credeva nel vivi e lascia vivere, non si immischiava negli affari altrui ma come spettatore non poteva negare di trovare molto interessante lo studio delle persone. Era un’attività in cui era sempre stato abile e che gli aveva permesso di diventare un così bravo falsario e truffatore. Leggere la vittima, capire cosa voleva e adattarsi per infine ottenere ciò che, di fatto, voleva lui.
Uno strumento di sopravvivenza la maggior parte del tempo ma anche un piacevole passatempo in qualche occasione. In quella occasione, per esempio. Si mise comodo sullo sgabello, i gomiti appoggiati al bancone, sorseggiando il proprio cocktail. 
La ragazza stava sbagliando tutto. Anche se, doveva spezzare una lancia in suo favore, si era amalgamata benissimo, sembrava davvero una cameriera del locale. Solo un occhio allenato come il suo, solo una persona abituata a vivere costantemente sotto falsa identità come lui avrebbe potuto notare che era una poliziotta sotto copertura. Si guardava intorno in modo troppo analitico, zero preoccupazione per le mance e non l’aveva ancora vista bere nemmeno uno shot.
Senza contare i suoi evidenti tentativi di attirare l’attenzione e le voglie di Jack The Drought. Era precisamente in questo che stava sbagliando tutto. Per fortuna Jack e i suoi erano troppo rincitrulliti per rendersi conto che nessuna ragazza sana di mente avrebbe spontaneamente cercato di infilarsi tra le lenzuola di uno di loro, rozzi e puzzolenti com’erano. A meno che suddetta ragazza non avesse un secondo fine, certo.
L’avevano scelta bene, questo doveva concederlo a chiunque le avesse assegnato quella missione. Piccola ma formosa, spigliata ma sensuale. Proprio come piacevano a Jack. E questo Law lo sapeva perché faceva parte del suo lavoro saperlo.
Il problema? Jack era troppo abituato a ottenere tutto ciò che voleva con uno schiocco di dita. Quando si trattava di conquistare una donna, gli piacevano le sfide e la ragazza era fin troppo palese e amichevole nello sventolargli davanti il sedere, coperto solo da un paio di striminziti calzoncini verde lime. Avesse ancheggiato a quel modo mentre serviva il tavolo di fronte alle poltroncine che sempre venivano tenute riservate per Jack, sicuro che lo spacciatore non avrebbe avuto occhi che per lei.
Cosa poi la ragazza sperasse di ottenere una volta sedotto Jack, Law non riusciva a immaginarlo. Jack non l’avrebbe mai portata nel suo covo e più la guardava più Law non aveva dubbi che si trattasse di un’agente alle prime armi, probabilmente alla prima missione importante. Con un disperato desiderio di portarla a termine con successo e dimostrare il proprio valore.
Cosa di cui Law sinceramente dubitava parecchio. Era una pivella, non avrebbe mai ottenuto ciò che sperava e gli faceva anche un po’ pena a dirla tutta. E, visto che non ero nemmeno certo che sarebbe arrivata all’alba e che indubbiamente non era lì per lui, che anzi probabilmente se anche si fosse presentato lei non avrebbe comunque capito con chi stava parlando, non si preoccupò di mantenere un così basso profilo quando lei si avvicinò al bancone con un’espressione delusa sul volto.
«Tre vodka lisce e scotch con ghiaccio.» ordinò la finta cameriera, sbattendo il vassoio sul bancone proprio accanto al gomito di Law e sbuffando.
Law sorseggiò ancora qualche attimo il proprio Moscow Mule, prima di piegare il capo verso di lei. «Sei troppo espansiva.» le disse, lapidario.
La giovane, lunghi capelli castani e grandi occhi indaco, si girò sorpresa verso di lui.
«Prego?» chiese, fingendo di non capire.
«Se vuoi sedurlo devi fare la difficile, fargli credere che sia stato lui a scegliere te, dargli l’impressione di averti conquistata nonostante il tuo disinteresse. Caccia senza essere cacciatrice.»
La giovane lo squadrò simulando indignazione, per prendere tempo, e Law non poté negare che in fondo se la cavava bene. Sarebbe potuta essere un ottimo agente. Peccato le avessero affidato una missione così pericolosa dalla quale probabilmente non avrebbe fatto ritorno.
«Io non so di cosa tu…» cominciò la ragazza.
«Sai benissimo di cosa sto parlando.» la interruppe deciso, guardando direttamente dentro i suoi grandi occhi blu-viola, truccati a regola d’arte e in tinta con i fosforescenti calzoncini.
La ragazza stette a fissarlo perplessa ancora un paio di secondi prima di lasciar cadere la maschera e sollevare un sopracciglio, scettica. «Solo perché a te piace cacciare non significa che tutti gli uomini la pensino come te.»
Anche Law sollevò un sopracciglio, riflettendo la sua espressione. «Hai ragione. Infatti la tua tattica sta funzionando benissimo.» ribatté atono e la finta cameriera sgranò gli occhi, stavolta indignata per davvero. Law ebbe l’impressione, per un brevissimo attimo, che stesse per gonfiare le guance come una mocciosa imbronciata e piegò un angolo della bocca verso l’alto, prima di indicare verso Jack con un cenno del capo. «Guarda.» la invitò, accostando di più il capo a quello di lei per farsi sentire nonostante la musica e nonostante fossero entrambi voltati verso Jack.
L’omone stava praticamente spogliando con gli occhi un’avventrice del locale che, oltre a essere impegnata a flirtare con un tizio, sembrava anche infastidita dalle attenzioni dello spacciatore, almeno a giudicare dallo sguardo di fuoco che gli lanciò a un certo punto, stufa delle sue insistenti occhiate.
«E quella non è neppure il suo tipo. Troppo alta e secca. Tu sei tutto un altro livello, ti manca solo il giusto approccio. Fa come lei e lo avrai in pugno.»
La ragazza osservò la scena con attenzione e poi si sollevò pronta a ributtarsi nella mischia, lasciando perdere la vodka e lo scotch che intanto il barman aveva preparato su sua richiesta.
«Okay, ho capito!» affermò mentre si allontanava. «Grazie Law!»
«Prego.» rispose lui, osservandola dirigersi decisa verso Jack, con un ghigno saputo che si trasformò in una smorfia interdetta quando finì di metabolizzare le parole della finta cameriera.
Lo aveva chiamato per nome. Ma lui non si era presentato.
Lei conosceva il suo nome. Conosceva il suo nome perché sapeva chi era. E sapeva anche che faccia avesse.
Merda!
Questo non era assolutamente previsto!
Okay non era lì per lui, okay era troppo concentrata sul proprio obbiettivo per preoccuparsi di qualunque altro criminale presente nel locale ma non andava affatto bene.
Alla faccia del basso profilo!
Inutile stare a maledirsi per l’errore commesso, comunque, sarebbe stata solo una perdita di tempo.  Ora doveva preoccuparsi di levare le tende il più in fretta possibile. Prese un ultimo sorso di Moscow Mule, piazzò una banconota da 5 berry di fianco al boccale ancora pieno per un quarto e si diresse deciso all’uscita.
Ficcò le mani nelle tasche della giaccia di pelle e a malapena controllò che arrivassero macchine prima di attraversare, diretto verso la macchina dell’Oro Jackson Car, il servizio di autonoleggio comunale di Raftel. L’aveva tenuta prenotata per pigrizia, lui che pigro non lo era per niente, e non avrebbe potuto esserne più felice di così.
Si accostò alla piccola vettura, inserì veloce il codice che il database dell’O.J.C. gli aveva inviato via SMS, salì in macchina e si prese un attimo per tirare un profondo sospiro di sollievo, occhi chiusi e nuca posata al poggiatesta.
«Dunque, dunque… Trafalgar Law.»
Law sobbalzò e si girò di scatto, spalmandosi contro finestrino e portiera. A occhi sgranati la osservò finire di infilarsi la giaccia di pelle sopra lo striminzito top nero che, con i pantaloncini verde lime, completava la divisa da cameriera.
Il fiato corto per lo spavento e la sorpresa, Law la squadrò da capo a piedi un paio di volte.
«Come hai…»
«Sì Usopp, è salito, puoi cambiare il codice della macchina e bloccarci dentro?» proseguì lei mentre toglieva le extension, rivelando un auricolare nell’orecchio sinistro e un caschetto spettinato e sbarazzino.
La serratura della macchina scattò, come se la minivettura avesse vita propria, e lo schiocco riportò Law alla realtà. Il moro afferrò la maniglia e provò a tirare, la parte più razionale del proprio cervello che gli faceva notare che ormai era tardi. Provò anche con il finestrino ma, naturalmente, il vetro non si mosse di un millimetro.
Tra il panico e la furia, si rigirò verso di lei che aveva raccolto il proprio zainetto di ecopelle nera e vi stava riponendo le ciocche di finti capelli, con nonchalance, come se non ci fosse niente di strano in quella situazione. Come se lei fosse esattamente dove doveva essere.
E in effetti era proprio così che stavano le cose e Law aveva fatto esattamente il suo gioco. Si capiva che era salita in macchina pochi attimi prima di lui ma non c’era traccia di sollievo o affanno sul suo volto. Aveva calcolato tutto alla perfezione.
Altro che pivella.
«Devo ammettere che pedinarti non è stato facile. Fortunatamente non c’è database al mondo che possa resistere al fascino di Usopp…» s’interruppe un momento prima di riprendere la parola, rivolgendosi chiaramente a chiunque fosse in comunicazione con lei dall’altra parte «Ma è la verità! Nessun complimento gratuito, davvero!» esclamò mentre estraeva dallo zainetto un sacchetto di carta bianca. «Comunque devo ringraziarti per aver confermato la tua identità con questa fuga, per niente sospetta aggiungerei, non sai quanto mi hai semplificato il lavoro. Soprattutto facendoti chiudere qui dentro. Mandorla caramellata?» offrì, inclinando appena il sacchetto verso di lui. Law rispose con un’occhiata omicida. «No? Okay!» si strinse nelle spalle la ragazza, recuperando un paio di appiccicosi frutti per sgranocchiarli di gusto. «Oh e sei stato davvero molto dolce a volermi aiutare pensando che fossi una pivella alle prime armi. Mi hai anche fatto vincere cento bigliettoni, Izo e Ace erano convinti che fosse una pessima strategia ma io non sono male a leggere i profili, Dragon dice che sono una delle più brave alla BNW. Non so se sia vero ma con te ci ho di sicuro azzeccato.» si fermò un istante per bere un sorso d’acqua da una borraccia, ignorando, o forse proprio ignara, l’espressione scioccata del moro. «Ora, veniamo agli affari.» riprese, come se niente fosse, mettendo in bocca altre quattro mandorle. «Noi abbiamo bisogno di informazioni e tu hai bisogno di non finire in galera. Sappiamo che stai lavorando per Doflamingo e c’è una squadra di agenti speciali al Quartier Generale che, ah te lo giuro guarda, non sta più nella pelle all’idea di mettergli le mani addosso! Scalda il cuore vedere quanto la sola idea li rende felici, credimi! Quindi, ecco la proposta. Tu ci aiuti a incastrare il biondo criminale dal dubbio orientamento sessuale e con la malsana ossessione per i boa rosa e noi faremo finta, per questa volta, che i tuoi reati di falsificazione, associazione a delinquere, truffa, frode ed evasione fiscale siano soltanto un gigantesco disguido. Che ne dici?» domandò con un sorriso, porgendogli la mano.
Sconvolto e arrabbiato, Law spostò gli occhi dalla mano di quella che, ora lo sapeva, era un agente speciale dei servizi segreti di Raftel al suo viso, di nuovo alla sua mano, ancora la suo viso.
«Se stai pensando di scappare mi sembra giusto informarti che ci sono cinque volanti della polizia a mia completa disposizione posizionate nei punti nevralgici del quartiere, pronte a partire a una mia parola. Cinque, come i giorni trascorsi prima che subentrassi io, ognuno finito con un tentativo fallito di catturarti, il capo della polizia non ha osato controbattere.» ci tenne a spiegare, facendo il gesto del numero anche con la mano. «Ovviamente prima dovresti trovare il modo di uscire dalla macchina ma poi a piedi non avresti molte chance. E scappare con la macchina e prendermi come ostaggio… mmmmnon te lo consiglio tanto.» mosse il capo da un lato all’altro. «Usopp ti ha sotto controllo e può tracciarti ovunque. Ma sappi che nel caso non mi opporrò.» incrociò le braccia sotto il seno e si appoggiò al sedile con la schiena, sospirando trasognata. «Ho sempre voluto sapere cosa si prova ad avere la Sindrome di Stoccolma.»
Il silenzio calò denso nella piccola vettura. Law era oltre lo shock, definirlo basito sarebbe stato un eufemismo, non riusciva nemmeno a muoversi mentre metabolizzava le ultime fulminee informazioni con cui la ragazza lo aveva tempestato, consapevole che l’ultima frase voleva essere una minaccia. E doveva ammettere che funzionava alla perfezione.
L’aveva appena conosciuta e già era terrorizzato all’idea di doverci trascorrere del tempo insieme, figuriamoci scappare per un numero indefinito di giorni portandosela dietro.
L’aveva fregato.
Lui, il grande truffatore e falsario, si era appena fatto fregare da una ragazzina, tutt’altro che alle prime armi, era vero, ma pur sempre una ragazzina. Che, a quanto pareva, lo aveva rintracciato, catturato e incastrato in meno di quarantott’ore.
La stava ancora fissando basito quando la giovane agente gli tese di nuovo la mano. «Allora? Affare fatto o no?»
Con un ultimo moto di ribellione, Law lanciò un’occhiata fuori dal finestrino. Non aveva scampo, lo sapeva. O sceglieva lei o sceglieva la galera. Solo che in quel momento non era poi così sicuro di quale fosse il male minore.
Riluttante, avvolse la sua piccola mano pallida con la sua più grande e bronzea.
«Affare fatto. Ma sia chiaro, vi aiuto con Dofla e poi me ne torno alla mia vita di sempre. Niente future collaborazioni né strane proposte.»
Non era nemmeno detto che avrebbe dovuto lavorare proprio con lei. Forse, con un pizzico di quella fortuna che sembrava averlo momentaneamente abbandonato…
«Andata! Io comunque sono Koala! Meglio che tu lo tenga a mente visto che dovrai fare coppia con me fino alla fine del caso, partner!» 







Angolo dell'autrice:
E, alla fine della tirata, Koala nella sua testa ha pensato "Boom!".
  
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