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Autore: ___Page    25/02/2017    4 recensioni
"Nessuno di loro se ne accorse. Nessuno di loro lo vide entrare.
Seppero di essere nella merda solo quando riconobbero la sua voce.
«Portuguese, Monkey, Trafalgar e Surebo.» mormorò Vergo, calmo e atono. «Punizione.»"
*Fan Fiction partecipante al Sfigaship&Crack's Day indetto dal Forum FairyPiece-fanfiction&images*
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Starring: Cora-san, Hannyabal, Koala, Nefertari Bibi, Portuguese D. Ace, Perona, Sabo, Trafalgar Law, Vergo.
Con la partecipazione straordinaria di: Monkey D. Rufy.
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ATTENZIONE: Storia contenente coppie strane. Il Forum consiglia la lettura a un pubblico con alto tasso di sospensione dell'incredulità. Può presentare tracce di latte e frutto a guscio.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Koala, Perona, Portuguese D. Ace, Sabo, Trafalgar Law
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Raftel High School - Le Cronache'
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Raftel High School – Primo piano –Tra il corridoio Est e il corridoio Sud
Ore 13.49
 
Law sapeva di potercela avere solo con se stesso per la situazione in cui si trovava.
Certo non era stato lui a giocare al piccolo piromane in un luogo pieno di materiale infiammabile ma aveva capito sin dal primo momento, solo vedendo l’espressione che Portuguese aveva dipinta sul volto quand’era entrato nel laboratorio, che non sarebbe potuta finire che male.
Quando poi si era aggiunto anche Monkey all’equazione aveva capito, perché la matematica non è un’opinione, che il risultato sarebbe stato una mastodontica cazzata. E la serie di eventi gli aveva anche regalato un ultimo spiraglio per fuggire, quando i due imbecilli avevano iniziato a lanciarsi una pallina di fuoco, ma lui, cocciuto, lo aveva ignorato.  
Ma come avrebbe potuto prevedere o immaginare mai nella vita che di tutti i professori, inservienti e tecnici di laboratorio, che si aggiravano per la scuola, proprio Vergo li avrebbe beccati e messi in punizione proprio quel pomeriggio che, guarda caso, la guardia in aula punizione la faceva lui? Perché ovviamente, se l’unica nota positiva della punizione era che avrebbe avuto molto tempo e molto silenzio per proseguire con lo studio, la presenza di Vergo rovesciava completamente la medaglia. Semplicemente non poteva farsi vedere dal professore di chimica mentre preparava l’interrogazione di chimica su un testo che non era quello ufficiale, che suddetto professore di chimica aveva oculatamente scelto per i propri alunni. Lo avrebbe usato contro di lui e lo sapeva.  
Law non era tipo da credere al fato ma in quel momento non poté non pensare che la sfiga ci vedeva davvero bene e forse si era pure un po’ affezionata a lui.
Rassegnato, svoltò l’angolo ma si arrestò in cima al corridoio quando vide che i suoi tre compagni di prigionia erano già in attesa davanti all’aula punizione.
Non li conosceva di persona ma Ace e Sabo potevano vantare una fama che li precedeva, costruita faticosamente bravata dopo bravata, punizione dopo punizione, sospensione dopo sospensione. Fama che, tra l’altro, loro fratello minore sembrava già intenzionato a eguagliare e possibilmente superare, con l’aiuto del suo gruppo di amici, nonostante avessero appena iniziato il primo anno. Ora, non si fosse trovato lì per il motivo per cui si trovava lì, Law non avrebbe permesso al pregiudizio di condizionarlo. Ma dal momento che si trovava lì precisamente per il motivo per cui si trovava lì, era piuttosto incline a credere alla conclusione prevenuta a cui era giunto a causa delle voci su di loro, cioè che Ace e Sabo fossero due imbecilli senza speranza. Due imbecilli senza speranza con cui si apprestava a trascorrere le successive tre ore.
Trattenne un sospiro e riprese ad avanzare, l’espressione impassibile.
Koala era tutt’altra faccenda. Anche lei la conosceva solo di vista e di fama, perché caporedattrice del One Piece, ma un’idea sulla sua persona non aveva mai avuto modo di farsela. Se avesse dovuto giudicare da ciò che vedeva in quel momento sembrava una che sapeva il fatto suo, perché dal basso del suo metro e sessanta riusciva a risultare incredibilmente imponente mentre ascoltava Sabo e Ace spiegarle qualcosa, le mani sui fianchi e la disapprovazione, mista a incredulità, negli occhi.
«Quindi vediamo se ho capito bene…» la sentì commentare, ormai a portata d’orecchio. «Voi due vi siete lanciati una pallina in fiamme nel laboratorio di chimica che, notoriamente, contiene ogni genere di sostanza infiammabile e/o potenzialmente esplosiva che rientri nei limiti della legalità.» ricapitolò Koala, la voce carica di ironia. «Magari domani potete provare a correre bendati nel campo di atletica durante l’allenamento di lancio del giavellotto.»
Law dovette farsi violenza per non ghignare.
«Tu non capisci il punto Koala!» ribatté Sabo, ancora pompato dal delirio di onnipotenza. «Noi quelle fiamme le abbiamo tenute in mano, senza scottarci! Abbiamo letteralmente giocato con il fuoco!»
Koala sgranò appena gli occhi e il suo sguardo divenne lievemente vitreo. Unito al sorriso che le stirava le labbra, l’insieme le dava un’aria vagamente psicotica e non che Law non potesse comprendere la sua apparente ma del tutto plausibile voglia di omicidio. Prese un profondo respiro, chiaramente per calmarsi, prima di ricominciare. «Sabo…»
«Ehi Koala!»
Con una calma che non poteva essere un semplice dono innato ma che Law immaginava avesse affinato alle riunioni di redazione, di cui facevano parte alcuni tra i soggetti più ingestibili del liceo, Koala si girò verso Ace.
«Dimmi.»
«Ti hanno mai detto che sei davvero un capo molto koalificato?!» le domandò, sorridendo con aspettativa.
Lo stomaco di Law si ribellò con violenza. Non aveva mai desiderato così tanto che qualcuno gli tirasse una botta in testa e ponesse fine alle sue sofferenze ma al tempo stesso era curioso di vedere come Koala l’avrebbe presa. E fu con infinita delusione che si accorse che l’espressione della ragazza si era improvvisamente addolcita fino a diventare quasi sognante.
«Oh Ace! Grazie!» mormorò coinvolta.
Law non riusciva a concepire come le fosse potuta piacere quella freddura. A meno che non soffrisse anche lei di quello strano male per cui il novanta per cento delle ragazze della Raftel si scioglievano in mollicciosi ammassi rosa al profumo di fragola di fronte al sorriso di Portuguese D. Ace. Che in parole povere si poteva tradurre con “altro che tosta, questa è fessa”.
«Ora mi sanguinano le orecchie ma grazie! Grazie per avermi ricordato perché mi rifiuto di farti presenziare alle riunioni di redazione!»
“O forse no…”
«In quanto a te.» tornò seria, abbandonando il tono svenevole e puntando minacciosa il dito contro Sabo. «Ti rendi conto di cosa significano queste tre ore di punizione, vero?»
Sabo si strinse nelle spalle. «Che Vergo non capisce la nostra epicità?!»
Koala si irrigidì, ormai a un passo dal perdere il controllo. «Significa che non potrò mandare la lista degli articoli a Cora-san entro le quattro di oggi e quindi, grazie a te, tutto il mio ammazzarmi di settimana scorsa per uscire in tempo sarà stato vano perché tanto comunque dovremo ritardare la pubblicazione del prossimo numero! Che dal momento che Febbraio ha solo ventotto giorni, significa che saltiamo il mese!»
 Sabo sussultò e sgranò gli occhi, tornando finalmente sul pianeta terra e ricordando che c’erano tante altre cose oltre al laboratorio di chimica, la polvere di mica e il fuoco. Portò una mano alla nuca e sorrise con malcelato imbarazzo. «Ah. Ehmmm… eheh… Beh mi spiace ma immagino che non sia così grave no?» commentò, ritrovando la propria baldanza. «Possiamo sempre uscire con due numeri a Marzo!» propose, con l’aria di uno che aveva appena pensato una genialata.
Koala fu scossa da un fremito. «Non è così grave, eh?» domandò con calma, riflettendo sulle parole dell’amico. Poi, senza alcun preavviso, la ragazza si lanciò contro il compagno e lo afferrò per i baveri della camicia, scaraventandolo schiena al muro, preda di una spaventosa metamorfosi. «Lo è, dannato imbecille! Eccome se lo è! Non possiamo uscire con due numeri a Marzo capito?!?» lo aggredì, scuotendolo con forza inaudita. «E sai perché?! Perché se usciamo a Marzo due volte il giornalino diventa bimensile ma siccome è registrato come mensile non potremmo venderlo senza un permesso speciale! E tu pensi che di questi permessi si occupi Cora-san?! Mh?!?!»
«S-scommetto di no…» ribatté Sabo con voce strozzata, dal momento che Koala aveva preso a premere le mani, ancora strette intorno ai baveri della sua camicia, contro la sua trachea.
«No esatto! Se ne occupa Magellan di questi permessi speciali e indovina un po’ chi, nel caso, dovrebbe andare a parlare con Magellan?!? Prova a indovinare!!!»
«Cora-s… Cora-san?»
«Io, Sabo!!!»
«K-Koala mi s… stai soff… focando…»
«Ma va?! È proprio quello l’obbiettivo! Te lo faccio vedere io cos’è giocare con il fuoco!»
«Surebo, lascia andare Monkey o ti spedisco dal preside.» mormorò una voce atona, annunciando l’arrivo di Vergo, che si apprestò ad aprire la porta con tutta calma, come se nessuna delle sue studentesse stesse tentando di perpetrare un omicidio ai danni di uno dei suoi studenti ad appena due passi da lui, il che la diceva lunga sull’equilibrio mentale del professore, o forse solo sulla sua etica.
«Quanto tempo mi lascia per valutare l’offerta, professore?» chiese Koala a denti stretti, senza accennare a lasciare andare Sabo.
«Tre secondi.»
1…
2…
3…
Per un attimo Law credette che Koala avrebbe scelto Sengoku. Ma Koala non poteva permettersi di finire dal preside con un richiamo formale, fattole mentre aspettava di iniziare una punizione. Sengoku forse non l’avrebbe sospesa, perché Koala, nonostante il suo otto in condotta, rimaneva una delle migliori studentesse della Raftel, ma sollevarla dalla direzione del giornalino per almeno due settimane, per non azzardare un mese intero, sarebbe stato il minimo. E Koala non poteva lasciare il One Piece nelle mani di Sabo neppure per un giorno, figuriamoci un mese.
Così, con uno sbuffo e una certa riluttanza, Koala mollò la presa e si allontanò da Sabo che si affrettò a immettere quanta più aria nei polmoni poteva per recuperare. 
«Che hai da sogghignare, Trafalgar?»
Law, che nemmeno si era accorto di stare ghignando, si voltò vero Vergo, il volto tornato una maschera di serietà, con uno sguardo carico di disprezzo che rifletteva quello dell’insegnante per lui.
Senza una parola, entrò in aula punizione e si diresse a una coppia di banchi in fondo alla sala, trucidando Vergo con gli occhi mentre si sedeva ed estraeva il libro di storia. Oltre al fatto che sul loro manuale di chimica non c’era niente da studiare che non sapesse già a menadito, mai e poi mai avrebbe dato a Vergo la soddisfazione di farsi vedere preoccupato per l’imminente interrogazione. Aveva già aperto al capitolo sulla Guerra dei Vertici che la sedia del banco gemello del suo fu scostata con una certa violenza quando Koala si sedette accanto a lui.
Law si girò a guardarla, nascondendo il proprio stupore, e gli bastò un’occhiata per capire che l’obbiettivo di Koala era essere lasciata in pace. Con lui a destra, l’armadio a sinistra e il muro dietro se anche qualcuno si fosse seduto di fronte a lei non avrebbe potuto importunarla in alcun modo perché, essendo quella l’aula punizione, chi voltava le spalle alla cattedra non passava inosservato come accadeva durante una lezione normale. Eppure Sabo sembrava dell’idea di volerci provare comunque, o almeno così sospettò Law quando il biondo si sedette proprio nel banco di fronte a quello di Koala. Fece una panoramica della stanza, vide che Ace aveva optato per un banco a metà aula vicino alla finestra e tornò alla propria lettura.
Resistette solo pochi secondi prima di cominciare a sentirsi a disagio. Percepiva lo sguardo di Vergo puntato addosso e si irrigidì per un attimo prima di imporsi la calma e smuovere le spalle per scaricare la tensione. Non avrebbe perso le staffe comprandosi un biglietto di sola andata per la sospensione, non gliel’avrebbe data vinta. 
 Sollevò la testa di scatto quando Vergo tamburellò rumorosamente con le dita sulla cattedra, pronto a rimangiarsi la parola. Ma Vergo, una volta tanto, non ce l’aveva con lui e Law si bloccò nel bel mezzo di qualunque poco rispettosa reazione il suo cervello gli avesse appena suggerito. Il professore stava guardando l’orologio, in attesa, e, dopo circa mezzo minuto o poco più, spostò lo sguardo sull’uscio, attese ancora una manciata di secondi e fece per alzarsi in piedi. Proprio nel momento in cui la porta dell’aula punizione si apriva, lasciando entrare, ore quattordici in punto, l’ultima studentessa attesa per quel pomeriggio.
Stivaletti stringati, parigine a righe bianche e nere, maxi maglia scura con maniche a tre quarti che cadeva giù da una spalla, capelli rosa, rossetto ciliegia, espressione perennemente scocciata.
Dalla posizione svaccata in cui era, Ace si raddrizzò di scatto sulla sedia. Perona li osservò uno ad uno, con disgustata incredulità, prima di sospirare rassegnata. «Magnifico.»
 

 
§

 
Raftel High school – Primo piano – Aula punizione
Ore 14.28
 
A Vergo il turno di guardia in aula punizione non faceva né caldo né freddo, come quasi tutto nella vita. Era diventato insegnante seguendo il flusso degli eventi che lo avevano portato a diventarlo, non per vocazione. Di conseguenza tutte le supposte gioie della docenza, come trasmettere alle nuove generazioni i valori importanti, prepararle alla vita, aiutare ciascuno a trovare la propria strada, lui non le provava. Fortunatamente, allo stesso modo, tutti gli inconvenienti che la professione implicava, fra cui appunto il turno in aula punizione, non gli arrecavano alcun fastidio.
La sola cosa che forse riusciva a smuoverlo, e non in positivo, era la mancanza di rispetto e in particolare il vizio di alcuni allievi di non rivolgersi a lui con l’appellativo “professore” completo. E se già faticava a giustificare quelli del primo che non lo sapevano o quelli affetti da ADHD che lo dimenticavano, quando il discorso verteva su studenti che di proposito non gli tributavano il rispetto a lui dovuto, per provocarlo, Vergo non faceva segreto che avrebbe volentieri reintrodotto le punizioni corporali. Ma purtroppo per lui era nato in un’epoca troppo civilizzata, che mal tollerava le punizioni corporali, e così Vergo si vendicava a modo suo.
Al contrario di quel che si sarebbe potuto pensare conoscendo questo suo lato più sadico, quando sorvegliava gli studenti in punizione Vergo non era affatto rompiscatole. Non per un ritorno di coscienza né per pigrizia ma per semplice consapevolezza che per chi finiva in quell’aula era già una punizione più che sufficiente essere lì. La fauna di quel pomeriggio ne era uno splendido esempio.
Portuguese era notoriamente iperattivo, dover stare seduto per tre ore avrebbe rasentato la tortura per lui, perciò tutto ciò che Vergo doveva fare era assicurarsi che non si addormentasse. Surebo odiava non poter disporre del proprio tempo come meglio credeva senza contare che, da quanto aveva capito, quella punizione sarebbe costata la mancata uscita del suo tanto adorato rotocalco scolastico. Mihawk provava un malessere quasi fisico a respirare la stessa aria del resto del mondo e, dopo l’intera mattinata a scuola, non poter finalmente rifugiarsi nella solitudine di camera sua per altre tre ore avrebbe messo a dura prova la sua sanità mentale. Monkey era l’unica incognita ma, francamente, non gli interessava; avere il fratello minore che si ritrovava era già una punizione a vita di per sé. Il pezzo forte, però, era Trafalgar. Potergli affibbiare personalmente una punizione, nel giorno in cui era il suo turno di sorveglianza, tre giorni prima della sua interrogazione di chimica era quanto di più piacevole e soddisfacente Vergo non provasse da anni.
Ora, qualcuno avrebbe potuto dire che Vergo odiava Law e quel qualcuno non avrebbe sbagliato. Vergo odiava quel ragazzino arrogante, indisponente, irrispettoso e pieno di sé con ogni cellula, atomo e quark del proprio corpo. Odiava chi ne tesseva le lodi e l’intelligenza ed era intimamente convinto che la professoressa Scarlet non fosse in grado di intendere e di volere da quello scrutinio in cui si era impuntata per salvarlo dal sette in condotta.
Vergo odiava Law ed era risaputo che si trattava di un odio reciproco ma c’era poco da fare, perché era lui il professore, lui che teneva in mano la penna, lui che compilava il registro e nulla raddrizzava la sua giornata come abbassare la sua media assurdamente alta, soprattutto se si considerava quante poche ore studiava al giorno e quanta poca attenzione prestava in classe, o scombinargli i piani.
E, dal momento che i piani glieli aveva scombinati eccome, per quel giorno aveva fatto la propria parte e quindi poteva anche rilassarsi. O meglio, avrebbe potuto se Portuguese non fosse stato così molesto.
«Portuguese, vuoi finirla di muoverti, agitarti, cercare di non farti vedere mentre provi ad attirare l’attenzione di tuo fratello e, possibilmente, respirare ed esistere?»
Ace si girò verso la cattedra con il sorriso spalmato su tutta la faccia. «È che prof…» cominciò. Vergo si irrigidì. «…essore devo studiare storia dell’arte e sono una capra in quella materia.»
«Solo in quella?» domandò Vergo, tono ed espressioni neutre, ignorando volutamente lo sbuffo di risa sfuggito a Monkey.
Ace posò un gomito sullo schienale della sua sedia e piegò il capo di lato. «Più che in altre. Avrei proprio bisogno di una mano.»
«Studia altro.» lo liquidò Vergo prima di tornare a leggere il thriller poliziesco che si era portato da casa.
«Non ho portato altri libri.» si strinse nelle spalle Ace.
Vergo tornò a scrutarlo da dietro le lenti fumé dei suoi occhiali da vista, valutando. Portuguese poteva essere una bella spina nel fianco quando si impegnava e lui non voleva farsi rovinare quelle tre ore di rilassante lettura da un ragazzino che non sapeva mai quando era bene fermarsi. Era certo che Portuguese avesse con sé altri libri e stesse facendo la scena ma valeva davvero la pena spendere energie a discuterne?
No, decisamente no.
Comunque se pensava che ci sarebbe cascato e gli avrebbe permesso di trascorrere quelle tre ore a “studiare” insieme a suo fratello, aveva capito male.
«Surebo…»
«Non ci penso proprio.» ribatté Koala, senza nemmeno lasciar finire l’insegnante e senza tantomeno sollevare la testa da quale che fosse il testo che stava studiando. «Sono qui per causa sua, non lo aiuto nemmeno se mi paga.» affermò caparbia, voltando una pagina.
Vergo prese un profondo respiro, che si poteva interpretare come un tentativo di imporsi la calma, esasperazione, rassegnazione e che in realtà era semplicemente un profondo respiro, posò gli occhi su Monkey che fingeva disinteresse verso quanto stava accadendo e tornò a immergersi nella propria lettura.
«Mihawk, aiuta Portuguese.»
Vergo non sollevò il capo quando Perona emise un suono strozzato, tra lo scioccato e l’arrabbiato, e se lo avesse sollevato avrebbe beccato in pieno Ace che esultava.
Ma Vergo non sollevò il capo e continuò a non sollevarlo nemmeno quando Perona protestò. «Perché io?!»
«Mi dicono che sei molto brava in storia dell’arte e sei l’unica che posso affiancare a Portuguese, dal momento che Surebo si rifiuta. Ora datti una mossa se non vuoi un altro richiamo formale con conseguente sospensione.»
Perona sgranò gli occhi profondamente indignata, aprì e richiuse la bocca un paio di volte, indecisa se valesse la pena o meno incassare una sospensione e rischiare il sette in condotta per rispondere a tono a quel despota di Vergo, serrò le labbra, gonfiò le guance, mugugnò stizzita e sbuffò, prima di decidersi ad alzarsi e sedersi nel banco attaccato a quello di quell’imbecille dal cranio vuoto e sorriso mozzafiato, noto ai più come Portuguese D. Ace.
Sorriso mozzafiato che, per altro, le stava rivolgendo.
Perona lo fissò basita qualche secondo, il viso contorto in una smorfia un po’ schifata.
«Ehi, ciao.» la salutò lui, ammiccante e suadente.
Perona mandò gli occhi al cielo.
Sarebbero state due ore e mezza molto lunghe.
  
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