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Autore: coffee girl    25/02/2017    1 recensioni
Una modern AU sui nostri John e Paul adolescenti.
Dal primo capitolo:
"È buffo quando bastano uno sguardo diverso e una piccola insignificante frazione di secondo a cambiare tutto ciò in cui si è sempre creduto. Eppure non è proprio in questo modo che gli eventi destinati a cambiare per sempre la nostra vita prendono forma?"
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon, Paul McCartney
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Vaffanculo!
Quella parola gli risuonava ancora prepotente nelle orecchie, sebbene fossero passate alcune ore da quando Paul l’aveva mollato sul marciapiede, alla fermata del bus, senza neppure l’ombra di una spiegazione e con le idee più confuse che mai. Paul non si era mai rivolto a lui in quel modo in nessuna delle loro liti passate. Da quando il suo migliore amico si era trasformato da dolce ragazzino con le guance un po’ paffute a tipo incazzato dalle reazioni imprevedibili?
Se già aveva in testa un casino a causa dei suoi sentimenti contrastanti, a quel punto, per John, era pure peggio perché non capiva cosa fosse successo. La persona che l’aveva sempre compreso senza bisogno di parole, questa volta era proprio quella che si rifiutava di parlargli.
Poi un’idea gli attraversò la mente: il bacio. John l’aveva praticamente forzato a baciarlo nei bagni della scuola solo qualche giorno prima. Certo! Stupido John! Probabilmente Paul se l’era presa tanto per quel motivo. In fondo come dargli torto? A Paul piacevano le ragazze e adesso era anche fidanzato con Jane Asher: era ovvio che non avesse nessuna voglia di essere baciato da un maschio. Molto probabilmente aveva trovato il tutto parecchio disgustoso.
Eppure, se ripensava a quegli attimi in cui, dopo un primo momento di esitazione, l’amico aveva risposto al bacio… beh, John avrebbe potuto giurare che quella fosse tutto tranne la tanto temuta reazione di disgusto. E poi c’era stata quella settimana in cui gli aveva chiesto aiuto. C’erano stati momenti in cui gli era quasi sembrato che Paul traesse piacere da quei baci. No, era impossibile. Forse non provava piacere, ci metteva solo impegno. Paul era uno preciso e aveva uno scopo: non fare la figura dello stupido con Jane Asher e, proprio grazie a lui, ci era riuscito fin troppo bene.
In ogni caso John si era comportato da idiota e, come suo solito, aveva agito in modo avventato. La realtà era che gli mancavano i pomeriggi trascorsi insieme a suonare nella sua cameretta e a tentare di comporre canzoni seduti sul letto, occhi negli occhi. La realtà era che gli mancava Paul. Sapeva che avrebbe dovuto scusarsi e già questo, per uno con il suo carattere, era di per sé difficile ma questa volta, c’era un ostacolo insormontabile quanto oggettivo: come avrebbe potuto fare, se l’amico non si lasciava neppure avvicinare? Mentre camminava, gli venne la nostalgia di un posto in cui non andava da qualche tempo e, per la precisione, da quando aveva litigato con Paul. Quando arrivò, tutto infreddolito, sentì subito aria di casa non appena ebbe varcò la porta del piccolo confortevole locale ed incrociò gli occhi di Ringo che se ne stava ad asciugare una serie di tazze dietro al bancone mentre Mo le sistemava con ordine sulla credenza alle loro spalle.
«Ehi!»
«John, è un piacere. E’ da un po’ che non ti fai vedere.»
«Già. Sono stato… impegnato.»
«E Paul oggi non viene?» gli domandò subito Ringo con l’aria da innocente di cui lui solo era capace.
«Paul. Lui no. Oggi no.»
Ringo rimase in silenzio in attesa e, la sua pazienza, fu alla fine premiata. Mo gli aveva dato alcuni buoni consigli su come gestire questi due testoni.
«Abbiamo litigato. In realtà è Paul ad essere arrabbiato con me.» Se ne uscì John all’improvviso e del tutto inaspettatamente. Ringo capì subito che doveva essere arrivato al limite se non riusciva più a fingere che tutto andasse bene, mascherando i suoi sentimenti con qualche battuta idiota.
«Cosa gli hai fatto?» Gli venne spontaneo di domandare.
«Ecco, come al solito. Perché devo sempre essere io ad avere fatto qualcosa?» Sbottò.
«No, non volevo dire nulla del genere, è solo che sei stato tu a dire che è arrabbiato con te e poi Paul non mi ha mai dato l’impressione di una persona che se la prende con qualcuno senza un valido motivo.» Parlare con John e stare a tu per tu con le sue insicurezze era come camminare su un campo minato, ma forse, ancora una volta, Ringo era riuscito a non provocare scoppi.
«In effetti potrei avere fatto qualcosa di stupido. Di molto stupido.» Ammise un costernato John qualche attimo dopo.
Solo stupido? Si ritrovò a pensare Ringo, mentre gli tornava in mente il viso tutto rosso e piangente di Paul quando era corso da lui e Mo a raccontare loro che John, dopo averlo baciato nei bagni della scuola, la sera stessa, aveva fatto sesso con una ragazza conosciuta in un pub giù al porto. Il problema di Ringo era che doveva trovare un modo per fare ragionare John senza tradire la fiducia che Paul aveva riposto in lui raccontandogli il suo segreto. Se era certo dei sentimenti di Paul perché glieli avevano rivelati le sue stesse parole, allo stesso modo, il suo istinto, gli diceva che poteva esserlo anche di quelli di John. Il perché fosse andato a cercare una ragazza al pub rimaneva un mistero, forse semplicemente uno dei tanti colpi di testa di John, ma questo non cambiava il quadro generale della situazione. La realtà era che il ragazzo se ne stava seduto al bancone con l’espressione di un cane bastonato da quando era arrivato.
«Se sai di avere commesso una sciocchezza, basterà che provi a scusarti.» Tentò di incoraggiarlo.
«Ho provato a parlargli, fa di tutto per evitarmi, non risponde neppure ai messaggi e, a scuola, se ne sta sempre incollato a quella stupida ragazzina o a quell’Harrison.
«Il ragazzo che suona la chitarra?»
John annuì con una smorfia triste.
Bingo! Era geloso. Ringo ne era assolutamente certo.
«Senti, qualsiasi cosa sia successo, devi andare da lui e trovare un modo per parlargli.»
 
***
 
John decise di seguire il consiglio di Ringo ma, come previsto, Paul non venne neppure alla porta, si presentò al suo posto Mike solo per dirgli che il fratello era impegnato e non aveva nulla da dirgli. Mentre Paul lo vedeva allontanarsi dalla finestra della sua camera, ricevette un messaggio.
 
Mi dispiace. Non so cosa mi sia preso, mi conosci e lo sai che a volte mi comporto in modo idiota e faccio soffrire le persone a cui tengo di più.
Quello che so è che mi manca il mio migliore amico. Perdonami, se puoi.
 
Perdonarlo? Quante volte l’aveva perdonato o era passato sopra al suo carattere impossibile da quando si conoscevano? Paul aveva perso il conto. Ma infine si trattava di John con tutte le sue insicurezze, le piccole attenzioni che solo lui riusciva ad avere per Paul, i suoi lati geniali, la loro musica e l’idea di perdere la sua amicizia faceva più male di tutto, anche di dovere fingere di non provare quei sentimenti che erano diventati un fardello troppo ingombrante.
Nonostante tutto, il messaggio di John rimase senza risposta sia per quel giorno sia per tutto il seguente fino a quando non giunse il week-end quando Paul, che non aveva fatto altro che passare ore ed ore a ripensare più e più volte alle parole di John, prese la sua decisione: gli avrebbe detto la verità. Uscì che era già buio e pioveva a dirotto, non che fosse una novità nei cupi inverni di Liverpool. Camminò fino a Mendips, incurante dell’acqua e, solo quando fu arrivato a destinazione, con il dito già premuto sul campanello, realizzò che era sabato sera e che, di sicuro, John non sarebbe stato in casa, ma fuori a spassarsela con una ragazza o a bere birra con Stuart in qualche bettola puzzolente. Non che la seconda ipotesi lo consolasse molto, Stuart, se possibile gli piaceva sempre di meno e non capiva che cosa John ci trovasse in lui. Non solo Paul era geloso delle ragazze, ma adesso temeva anche che, dopo tutto quello che era successo tra loro, John avrebbe potuto preferire l’amicizia di Stuart alla sua.
Come aveva potuto ridursi in quello stato penoso?
Quei pensieri gli fecero male come se gli avessero appena inferto una coltellata nel centro del petto, ma ormai aveva suonato e non poteva certo scappare via. Era pur sempre un ragazzo ben educato.
Dopo qualche secondo sentì un rumore di passi avvicinarsi alla porta.
«Paul McCartney, cosa ci fai qui a quest’ora e per giunta bagnato fradicio? Su entra, se cerchi John è di sopra.»
Paul si disse che, se persino Mimi non aveva avuto il coraggio di fargli una ramanzina, a causa dell’orario, doveva avere un aspetto proprio pietoso.
John era in casa. Non con una ragazza e neppure con Stuart! A quel pensiero il suo cuore fece una capriola.
Salì le scale con il cuore che gli scoppiava nel petto. Bussò piano e poi rimase lì, immobile, fino a quando non fu John ad aprirgli la porta. La stanza sapeva di alcool e fumo mescolati all’odore acre della pioggia. E poi sapeva di John. Paul inspirò a pieni polmoni e fu come ritornare a casa.
«Paul ma cosa? Sei bagnato fradicio! È sabato, non dovresti essere con Jane a quest’ora?»
«I-Io…» disse prima di essere scosso da violenti brividi di freddo.
«Va bene, ne parliamo dopo o ti prenderai una polmonite. Prima devi metterti qualcosa di asciutto.»
John rovistò in un cassetto da cui estrasse una felpa e un paio di pantaloni della tuta.
«Ecco, questo dovrebbe andare bene.» Disse lanciandogli gli indumenti.
 
Paul iniziò a cambiarsi, il silenzio rotto solo dal ticchettio della pioggia sui vetri. Per un attimo si incantò a guardare le gocce che scivolavano veloci sulla finestra, fu il rumore sordo di un tuono a riscuoterlo e far sì che riprendesse ciò che aveva interrotto.
 
Non era la prima volta che dormivano l’uno a casa dell’altro, ma da quando erano diventati ragazzi, era accaduto sempre meno spesso. E non era neppure la prima volta che John vedeva il suo migliore amico con indosso la sola biancheria intima, eppure quella sera, fu come guardarlo per la prima volta. Paul era dannatamente bello con quel viso dolce, la carnagione così chiara, resa ancora più pallida dal freddo, le gambe lunghissime e il fisico asciutto. Ma diamine, era pur sempre Paul, il suo migliore amico e John doveva assolutamente darsi un contegno. Quei pensieri insensati non l’avrebbero portato da nessuna parte.
 
Una volta che Paul ebbe indossato gli indumenti asciutti, si sedettero entrambi a gambe incrociate sul letto di John. Paul, che non aveva ancora riacquistato la temperatura corporea tremava appena ma era abbastanza perché John se ne accorgesse.
«Stai bene?»
Paul annuì debolmente.
«No che non stai bene, stai tremando.»
Scosse ostinatamente il capo e si chiuse in una sorta di mutismo fino a quando, dopo qualche minuto di silenzio, in cui aveva soppesato per la milionesima volta le possibili alternative, optò per la verità, non senza un peso che gli gravava sul cuore come un macigno.
Sapeva che avrebbe potuto perdere il suo migliore amico, ma era certo che sarebbe stato inevitabile, anche se avesse continuato a mentire e, come se non bastasse, avrebbe anche fatto la figura del vigliacco. Il fatto che tutta quella storia con Jane fosse una colossale menzogna sarebbe venuto presto alla luce e allora John avrebbe cominciato a farsi delle domande e sarebbe venuto da lui a pretendere le risposte.
Paul si fece coraggio e iniziò parlare.
«I-io ti ho mentito.» Di gran lunga sputò fuori senza troppi giri di parole. «Non c’è mai stata nessuna Jane. Cioè Jane c’è, però io non sono innamorato di lei, ma di un’altra persona che… beh che non potrò mai avere.» Concluse con un filo di voce e il tono sconfitto mentre inclinava il capo e iniziava a fissare il copriletto nella speranza che l’amico non si accorgesse del rossore che imperlava le sue guance.
John di fronte a quelle parole sgranò gli occhi.
«Non sei innamorato di Jane Asher?» Domandò come se temesse di non avere capito bene e sentendosi subito dopo un perfetto cretino per quanto si sentiva sollevato da quella rivelazione. Che cosa gli stava accadendo? «È la tua ragazza.»
«Non più.»
«E quest’altra persona lo sa?» Azzardò John solo in seguito, concedendosi per un attimo di sperare.
 
«No, non lo sa.» Tagliò corto Paul con le guance che stavano andando letteralmente a fuoco. Ringraziò mentalmente il fatto che la stanza fosse avvolta dalla penombra, così forse John non se ne sarebbe accorto.
Lo spiraglio di speranza nel cuore di John si allargò un poco.
«Forse dovresti dirglielo.»
«Sarebbe inutile.» Rispose Paul incapace di trattenere una lacrima.
«Non puoi saperlo.» Insistette John, raccogliendola con la punta del dito e lasciandolo poi scorrere sul viso del suo migliore amico.
«E poi è una cosa sbagliata perché lui...»
Lui.
Fu quel minuscolo pronome di sole tre lettere a dargli la conferma definitiva. E quella che era nata come una debole speranza, avanzò prepotente illuminandogli il viso.
«No, non lo è.» Sussurrò unendo finalmente le loro labbra in quel contatto inconsapevolmente tanto agognato.
Solo allora sentì Paul rilassarsi sotto quel tocco leggero e sorrise sulla bocca del compagno. Fu un bacio completamente diverso da tutti quelli che si erano scambiati nel periodo in cui aveva chiesto a John di aiutarlo perché sapeva di consapevolezza, di amore, di casa.
 
Qualche minuto più tardi erano entrambi distesi, uno accanto all’altro, sul letto di John.
«Stai bene?» Domandò il più grande.
«Sì. Credo di sì. E tu?»
«Sì. Anche io. Senti, non ho delle risposte per quello che sta succedendo tra di noi, insomma io e te che ci baciamo e tutto il resto. Sai qualche sera fa sono uscito con Stu, siamo andati al pub, giù al porto, abbiamo conosciuto delle ragazze e io…»
«Lo so che hai fatto sesso con quella ragazza, me lo ha raccontato Stu.» Lo interruppe Paul, la voce carica di sofferenza al ricordo di quelle parole che l’avevano ferito nel profondo.
«No no, io non ci ho fatto proprio nulla, non so cosa abbia pensato Stuart perché ci siamo separati, ma devi credermi non è successo niente quella sera, non potevo, riuscivo solo a pensare a te e se devo essere sincero mi fa una paura tremenda perché beh, noi non siamo due...» John quella parola non riusciva proprio a pronunciarla.
«No, non lo siamo.» Gli sussurrò Paul, ancora sconvolto dalla bella notizia appena ricevuta. Questa rassicurazione bastò a John a trovare il coraggio per continuare.
«Ma di una cosa sono sicuro: non c’è proprio niente di sbagliato. Fino a che siamo io e te Paul, come può essere sbagliato?»
Paul annuì, cercando la sua mano e intrecciando le loro dita. La realtà era che anche lui aveva paura, tanta paura. Paura del futuro, di come avrebbero gestito quel sentimento fin troppo ingombrante per due adolescenti, di che fine avrebbe fatto la loro amicizia se non avesse funzionato, paura dei pettegolezzi a scuola se qualcuno fosse venuto a sapere di loro ma in quel momento, nonostante tutto, non avrebbe voluto essere in nessun altro posto perché era esattamente dove desiderava essere, con l’unica persona che lo sapesse rendere davvero felice.
John sembrò avere intuito tutti i suoi dubbi.
«Sarà il nostro segreto… beh, insomma, fino a quando non saremo pronti a condividerlo. Ti fidi di me?» Gli soffiò John sulle labbra.
«Sempre.»
 
ANGOLINO DELL’AUTRICE
Ed eccoci qui al capitolo finale. Sono contenta di essere riuscita a concludere questa storia anche se sono certa che un pochino mi mancherà… Un grazie immenso a Paola per essere la mia beta e perché senza il suo costante incoraggiamento non credo che l’avrei neppure iniziata a pubblicare. Per finire un grazie a tutte le persone che hanno letto, condividendo con me questa avventura.
Alla prossima,
Alex
 
 
 
   
 
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