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Autore: La Chiave di Do    26/02/2017    1 recensioni
"E poi aveva amato e baciato Rose, sapeva come amarla, era abituato ad amarla in quel modo puro e bruciante che gli faceva desiderare di essere il suo scudo contro il mondo e la sua spada contro il fallimento, che la voleva libera e serena come una giornata di sole. Improvvisamente si ritrovava a dovere imparare da zero, ad amarla con una nuova mente e con un nuovo corpo che lo forzavano su percorsi e memorie mai immaginati: un nuovo modo di amarla, di guardarla, di pensarla."
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Doctor - 1, Doctor - 10, Rose Tyler
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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He was a big Bad Wolf
(L'impero del lupo)

 

 

Watch him rising, see him howling!
And he sucked her and sucked her dry.

(…)

Owooooo!

 

“Oh mio Dio, sono lupi mannari!”

Era a malapena riuscito ad abbassare la leva per decollare prima che Rose lanciasse la testa all'indietro e lanciasse un grido stridulo e modulato contro la cupola della TARDIS, facendolo riecheggiare in diverse tonalità mentre pavimento iniziava a ondeggiare. Si era ripromesso di non darle corda al riguardo, ma vederla così genuinamente divertita fece crollare le sue difese istantaneamente. Le lanciò uno sguardo di sottesa complicità dal lato opposto della console, con contorno di quel sorrisetto obliquo che sembrava piacerle. E ululò. Il collo allungato verso l'alto, le labbra protese, le mani a coppa attorno alla bocca per amplificare il suono, ululò a piena voce come un bambino che gioca e come una bestia che piange. Rose rise, e fra le risate ululava ancora, come sfidandolo a fare di meglio.

La TARDIS, rotolando nello spazio-tempo, s'imbizzarrì senza preavviso: Rose trovò un appiglio, il Dottore, pur ben più abituato di lei a quei capricci, crollò miseramente a terra, evitando per un soffio di sfregiarsi sulle grate sostenendosi con le braccia. Come il lupo che stavano imitando, si ritrovò a quattro zampe. Ringhiò di frustrazione in risposta all'urto che probabilmente gli avrebbe provocato un paio di ematomi sulle ginocchia e di escoriazioni sui palmi.

Rose accorse, preoccupata; lui la fermò immediatamente, il capo ancora chinato a guardare il pavimento e la mano protesa.

“Dottore, stai bene? Ti sei fatto male?”

Il Dottore costruì un nuovo ringhio, sordo e crescente dal fondo della gola, e mentre il ringhio montava alzò lo sguardo verso di lei, uno sguardo nero e famelico, uno sguardo da lupo. Rose fissò quello sguardo con reverenziale curiosità, incerta se spaventarsi o stare al gioco. Lui avanzò carponi di due passi, lei in piedi indietreggiò di altrettanti. Il ringhio si gonfiò di fiato e gli uscì dalle labbra come un fumo minaccioso. Poi, finalmente, alzò la testa al cielo e vi lanciò un ultimo, glorioso ululato.

Rose sentì un brivido scorrerle da una vertebra all'altra, dall'alto verso il basso, in un'ondata simile al movimento dei cani che scrollano di dosso la pioggia. In quel brivido la percorsero sentimenti avversi, del tutto involontari; li mascherò alzando un sopracciglio, fingendosi scettica, e accennando un sorriso asimmetrico.

Si avvolse una ciocca di capelli biondi fra l'indice e il pollice, arrotolandoceli nervosamente mentre tentava di mantenere il contatto visivo, come se potesse strizzarci fuori le immagini che le si accumulavano senza logica in testa e lasciarle gocciolare via. Il medio si unì alla danza di intrecci e nodi. Iniziò a fantasticare sconnessamente, ricordando distintamente il tracciato della lingua del Dottore sul legno liscio della parete della biblioteca e costruendo al riguardo svergognate ipotesi. Immaginò per qualche motivo che il Dottore stesso fosse un lupo mannaro o una qualche bestia selvatica impossibile da addomesticare; improvvisamente si pensò regina, non una regina come Vittoria, una regina di certe fiabe, vestita di diamanti e ricami dorati sul corpetto, capace di incantare gli uomini col solo sguardo e di parlare agli animali della foresta; si pensò con in mano la spada che la Regina aveva usato per nominarlo Cavaliere, ma al posto di posargliela sulla spalla gliela puntava sotto il collo, costringendolo ad alzare la testa, a deglutire nervosamente e ad ammansirsi spontaneamente sotto il suo controllo.

Quel che non sapeva era che al contempo il Dottore stava a sua volta tremando nel tentativo di non spezzare il filo che legava il suo sguardo al proprio: su quel filo correvano immagini analoghe e opposte a quelle, immagini che si era abituato ad associare a lei, ma che ancora lo turbavano come un piacere proibito, come un biscotto rubato da un bambino direttamente dal vaso di vetro che la mamma ha nascosto sul fondo della credenza. Le immagini non erano fantasie costruite sul palcoscenico della realtà, ma veri e propri ricordi recenti: una fotografia di Rose nella penombra, le labbra schiuse nell'affanno e nella paura e la fronte imperlata di sudore per lo sforzo di divellere la catena dalla parete; e dannazione, in quella fotografia Rose portava le catene ai polsi e lo giudicava con occhi di fuoco per la sua esitazione a liberarla subito, per volere godere di quell'immagine conturbante ancora un momento. Ricordava distintamente il suo grido di terrore quando il lupo aveva tentato di gettarsi su di lei, e quel grido gli aveva spremuto nel corpo ogni goccia di adrenalina che potesse reggere: sentiva che ancora non aveva finito di scorrere via, che di lì a un paio d'ore sarebbe morto di fame e di sonno per quella sbronza chimica.

Rose. Dama Rose del Powell Estate: una nomina per la quale una larga fetta di sé rideva di gusto e che un'altra ancor più grossa trovava vagamente intrigante. Il Dottore tentò di ripescare dai ricordi di una vita precedente l'immagine di Rose in abiti vittoriani, e gli sovvenne un vestito di seta e velluto rosso e pizzi neri che, pure lungo fino alle caviglie di certo la Regina Vittoria avrebbe profondamente disapprovato per la scollatura squisitamente ampia e le braccia nude dal gomito in giù. No, non sarebbe stato un vestito adatto a una dama, ma quanto volentieri l'avrebbe rivista così agghindata, con tanto di acconciatura piumata...

Rose allungò lentamente una mano, prima raccolta in un accenno di pugno, poi, per fasi, schiusa come un incerto fiore ai primi caldi; gliela posò sulla testa, senza peso, immergendola nei riflessi di quel castano incostante. Non la mosse neppure in un accenno di carezza, semplicemente gli toccò la testa come in una tacita benedizione.

Il Dottore sbuffò. “Non è divertente se non hai almeno un po' di paura” si lamentò mettendosi in ginocchio, una mano a torturarsi la nuca.

“Ma io ho paura” rispose Rose con un sorriso. Poi gli abbandonò l'ombra di un bacio sulla scriminatura dei capelli. E aveva paura, davvero.

 

I'm looking down below,
see a lupine child.


 



Questo capitolo è stato un vero parto. Un po' perché forse inizialmente volevo saltare questa puntata, un po' perché è la prima volta che si vedono i personaggi interagire e temevo che creare un'interazione e stroncarla con l'introspezione risultasse pesante e rallentasse troppo la narrazione. Infine ho il sospetto di essere fint* un filino OOC, ma sarete voi a confermarlo o a negarlo. Mi scuso per l'attesa ma ho avuto serie difficoltà con la parte centrale, che pure era quella da cui ero partit*. In conclusione non ne sono troppo convint*.

Ho una notiziola che forse vi farà piacere: il caro Nick Cave, che ci sta accompagnando ancora con un brano dei Grinderman, Mickey Mouse and the Goodbye Man (che forse presagisce proprio l'arrivo di Mickey nella prossima puntata, chissà), mi darà l'onore di officiare la messa il 7 novembre ad Assago, e io ho prenotato l'inginocchiatoio. Eurini ben spesi.

   
 
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