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Autore: Elsker    26/02/2017    1 recensioni
Il pianeta EXO, in seguito a quello che era sembrato la fine del mondo, si è completamente trasformato. Tutti i continenti e le isole che prima erano lontani tra loro si sono avvicinati fino a formare un unico continente.
La maggior parte dei sopravvissuti è rimasta nella propria terra per sfruttare tutte le risorse che essa
ha da offrire, abbracciando la speranza di trovare l'armonia e la quiete di un tempo.
Diciotto anni dopo, ritorna il disordine anche nell'ordine che erano riusciti a stabilire dopo la catastrofe e dodici ragazzi, provenienti da diversi luoghi, scoprono di avere dei poteri e il dovere di salvare l'albero della vita.
Dodici ragazzi, dodici destini intrecciati, uniranno le loro forze per compiere un lungo viaggio, combattendo i demoni che infestano quel mondo come dei fantasmi e le tenebre che si annidano nella loro anima per raggiungere un traguardo che tutti loro dovranno desiderare perché venga compiuto.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Chanyeol, Chanyeol, Lu Han, Lu Han, Nuovo personaggio, Sehun, Sehun, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prefazione #1


 

Questa storia è nata grazie a un ragazzo, il cui nome mi è stato rivelato solo nel bel mezzo del viaggio che ho intrapreso con lui e che voi scoprirete presto. Penso che, come me, lo apprezzerete per la limpidezza del suo cuore e i suoi modi gentili.

Non dimenticherò mai i suoi occhi, che sembravano cogliere tutto con uno sguardo. Quegli occhi che parevano scavarti dentro, ma che allo stesso tempo rivelavano un'anima così ingenua ed innocua.

Non so di preciso come sia accaduto e, a pensarci bene, fino al momento in cui ho iniziato a scrivere questa storia ero convinta che si trattasse di un sogno, ma le sensazioni che quel viaggio mi ha lasciato dopo il risveglio sono rimaste troppo vivide perché in questi anni possa aver dimenticato quel ragazzo, il mondo che mi ha mostrato e la storia che mi ha narrato.

Una notte, come spesso accadeva, mi ero addormentata sulla scrivania della mia camera con il viso appoggiato al mio blocco di appunti, in una mano una biro e nell'altra una stecca degli occhiali.

Mi ero svegliata in una grotta con la schiena appoggiata alla parete e con gli oggetti ancora stretti nei pugni. Mi alzai con cautela, tutta indolenzita. Da sempre sono abituata ai dolori causati dalle superfici e dalle posizioni in cui mi addormento, ma quella volta stavo anche peggio: un suolo roccioso non era esattamente morbido come una sedia da scrivania. Iniziai ad osservare quel luogo sconosciuto: quella grotta non era affatto buia o umida, anzi. L'atmosfera era come quella del soggiorno di casa mia quando, in pieno inverno, il camino era acceso: illuminata e accogliente, calda e intima. La luce proveniva da un fuoco acceso nel mezzo di quell'area circolare, perciò andai a sedermi su una pietra adagiata vicino a quella fonte di calore. Appoggiai le mie cose accanto a me e allungai un braccio verso quelle fiamme che guizzavano tranquille e allegre, beandomi di quel tepore ad occhi chiusi. Pensai che per essere un sogno sembrava tutto molto reale: sentivo ogni crepitio del fuoco e il silenzio che circondava il resto della grotta, per non parlare delle carezze irresistibili del fuoco sulla mia pelle, di quelle che invitano ad avvicinarsi sussurrando la falsa promessa di farti sentire ancora meglio.

«Ah, ti sei svegliata.»

Una voce profonda e gentile mi fece riaprire gli occhi con uno scatto e per poco non caddi da dove ero seduta. Un ragazzo alto e dalla figura slanciata stava davanti ad un tunnel che doveva sicuramente portare all'uscita. Senza aggiungere altro, venne a sedersi con passi misurati di fronte a me e si mise a fissare anche lui il piccolo falò. I riflessi di luce danzavano sulla sua pelle chiara e sul suo viso ovale, dai lineamenti molto morbidi ma ben delineati. La sua altezza e la sua voce profonda contrastavano con la sua faccia da bambino. Cominciai a seguire con gli occhi il movimento delle sue dita sul fuoco, che danzavano come se stessero orchestrando quelle lingue per comporre una dolce armonia, e per poco non mandai un urlo quando vidi che alcune fiamme cominciavano a seguire il movimento da lui disegnato in aria.

«Che meraviglia! Posso farlo anch'io?» mi domandai, rapita da quello spettacolo, cercando di concentrarmi su una fiamma e di farla alzare un po' spostando leggermente l'indice con cui l'avevo puntata.

Il ragazzo di fronte a me scoppiò a ridere. Fui molto colpita dalla sua risata: così genuina e divertita, dolce e spensierata, assomigliava molto a quella innocente di un bambino, che non credevo potesse essere emanata da un'espressione così… non era triste, né afflitta, direi... sembrava più che altro provata da un mucchio di eventi, come se fosse davvero stanco di tutto ciò che aveva passato e che rimpiangesse il tempo che gli era stato rubato.

Notai anche che gli si era formata una fossetta sulla guancia sinistra. Senza pensarci, la indicai e gli dissi: «Ce l'ho anche io, ma dall'altra parte: sembro il tuo specchio!» Sorrisi per mostrargliela e lui mi sorrise a sua volta, come per comunicarmi che apprezzava il fatto che avessi notato quel dettaglio.

«Comunque non è giusto! Perché neanche nei propri sogni si possono avere dei poteri?» commentai, più che altro lamentandomi con me stessa, continuando a fissare ostinata il fuoco.

«Questo non è un sogno.»

Portai lo sguardo sul suo viso e notai che si era fatto immediatamente serio, forse anche con un'ombra di tristezza e di rammarico. Guardando in quei profondi pozzi che erano i suoi occhi, mi venne da chiedermi quanti anni avesse: se l'avessi visto così fin da subito non avrei neanche pensato di paragonarlo ad un bambino. Dal suo volto, dimostrava di averne passate molte, e sofferte altrettante.

«Questo è un viaggio onirico. Il tuo vero corpo è ancora nel posto in cui ti sei addormentata, ma il tuo spirito è uscito da esso ed è arrivato fin qui. Infatti, fra poco scoprirai di sentirti più leggera, perché non più limitata dalla carne o qualcosa di simile...» cominciò a spiegarmi, con voce incerta e malferma, senza mai alzare lo sguardo che manteneva fisso davanti a sé.

«Davvero?!» gli chiesi meravigliata, con il cuore che si gonfiava di un'inaspettata gioia.

«Sì, ma se dovessi tornare troppo tardi potresti... ecco... non ritornare in vita, perché il tuo corpo ora è come una scatola vuota che tende a deteriorarsi se non torna ad essere riempita in un certo periodo. E l'unico modo per tornare indietro è compiere la missione a cui sei stata destinata.»

«Wow!» dissi, fingendo di non essere per nulla impressionata. Mi piaceva l'idea di essere speciale, di essere per una volta così fortunata da compiere un viaggio simile, anche se già piangevo al solo immaginarmi il dolore che avrei provato una volta svegliata sulla sedia.

«E il tempo che passa qui equivale a quello dal pianeta da cui provengo?»

«Non lo so» ammise lui, abbassando il capo come se si sentisse un po' colpa.

«Come “non lo sai”?! Non sei, tipo, la mia guida, quello che sa tutto e che mi dice cosa devo fare?» avevo una brutta sensazione... l'entusiasmo che avevo provato svanì tutto d'un tratto.

«Non sono nulla di tutto questo. O meglio, sì, ma l'ho scoperto da poco, cioè da quando tu sei apparsa magicamente qui facendomi prendere uno spavento! Quel poco che so te l'ho già spiegato e anche io devo ancora metabolizzare la tua presenza. Non credere che sia facile per me» mi comunicò, con un tono lamentoso ed una strana espressione che era un misto di dispiacere e accusa nei miei confronti.

«Oh, bene! Allora partiamo subito! Visto che non abbiamo nulla da fare!» esclamai per dare la carica più a me stessa che a lui, alzandomi e prendendo le mie cose. «Qual è la mia missione?» gli chiesi speranzosa. Non mi aspettavo nulla di che, ma ero terribilmente curiosa.

«Non lo so» rispose in tono secco, sempre con quell'ombra stanca sul viso.

«Eh?» mi appoggiai alla parete e cominciai a dare delle leggere testate per l'esasperazione, ma mi accorsi ben presto che la roccia era molto più dura e ruvida del legno anche in un viaggio onirico.

«In compenso, posso iniziare a mostrarti questo mondo: seguimi» si alzò e cominciò ad avviarsi verso il tunnel da cui era entrato. Mi affrettai subito dietro di lui, anche perché aveva spento il fuoco nell'area circolare, facendo comparire delle piccole fiamme su entrambe le pareti che mostravano la via d'uscita. Seguendolo a pochi passi di distanza, mi resi conto di quanto fosse alto o, come al solito, di quanto fossi bassa io, e pensai che se non fosse stato per la sua figura estremamente slanciata, per quel viso angelico e quella voce così gentile, probabilmente mi sarei presa un bello spavento. Continuai a guardare con meraviglia quelle piccole e graziose fiamme disseminate lungo le pareti che scomparivano man mano che le superavamo.

«È strano che tu non mi abbia ancora chiesto dove siamo o roba del genere, Nix mi ha detto che dovevo prepararmi a rispondere in modo esauriente alle tue domande su questo mondo...» esordì lui, come per spezzare il silenzio rotto solo dai nostri passi e dal nostro respiro.

«Non sono abituata alle domande. In genere mi piace osservare, oppure capire le cose da sola...» ammisi, anche se sapevo che avrei dovuto domandargli chi era esattamente questo o questa Nix, che doveva saperne più di lui.

«Allora, ti dirò le cose che mi sono già preparato. Siamo su Exo, un pianeta che, stando a quanto dice Nix, si trova in una dimensione differente dalla tua. Non so molto sulla teoria delle dimensioni parallele, ma si può desumere che tu venga dal pianeta alternativo del tuo universo. Insomma, se fossimo nell'universo da cui tu provieni, questo sarebbe esattamente il tuo pianeta, visto per come ci assomigliamo fisicamente. Qui, in questo ultimo trentennio, sono accadute moltissime cose che...»

«Quanti anni hai?» lo interruppi, senza neanche rendermene conto: era la prima volta che non riuscivo a stimare l'età di una persona studiando i suoi occhi, e di certo il suo aspetto fisico e i lineamenti del suo volto non facevano altro che confondermi.

«Non devi fare domande su di me...» rispose, dopo essersi ripreso dalla sorpresa.

«Dovrò pur passare del tempo con te, no? È una domanda come un'altra.»

«Non ti piacerebbe scoprirlo da te? Non si vede dal mio aspetto?» e si indicò il viso con una mano.

Mi portai al suo fianco e lo osservai, ma, accorgendomi che avrei potuto metterlo a disagio – io lo sarei stata al suo posto – abbassai lo sguardo quasi subito. «Beh, potete essere immortali, o avere un sistema differente per misurare gli anni, oppure rimanere per sempre giovani... che ne so! Non sono mica sul mio pianeta...» sussurrai, stizzita per il fatto che non me lo dicesse.

«Tu quanti ne hai?» domandò lui con fare pensieroso, facendosi scuro in volto. Distolsi subito gli occhi da quell'espressione sofferente.

«Millequattrocentoottanta...» come al solito non ero riuscita a frenare la mia lingua, che rispondeva sempre prima che la mente potesse formulare qualcosa di sensato.

«Siete molto più longevi di noi! E tu mi sembri ancora giovane! Ti avrei addirittura dato qualche anno in meno di me...» esclamò, con gli occhi spalancati per la sorpresa e fissandomi insistentemente. Solo in quel momento mi resi conto di esser vestita ancora con la tuta da casa e ringraziai il fatto di non essermi cambiata prima di addormentarmi.

«Nix ha detto che di solito ci si arriva con le mani vuote, nei viaggi onirici, ma tu ti sei portata dietro gli occhiali e una biro...» lasciò la frase in sospeso, come se volesse chiedermi il perché, ma rendendosi conto che io di certo non potevo saperlo.

«Mi sono addormentata con questi oggetti in mano e ce li ho forse perché ritengo siano strumenti indispensabili per la mia vita» gli suggerii qualcosa, giusto perché lui pensava che io non lo potessi sapere, ma in quel preciso istante mi ricordai anche il motivo per cui mi ero addormentata sulla scrivania. «Fra tre giorni ho un esame! Ecco cosa stavo facendo! Stavo ripassando e non ho ancora finito! Dobbiamo sbrigarci!» gridai, mettendomi la mano davanti alla bocca. Poiché lui non si affrettava affatto, per la disperazione mi misi a spingerlo dietro la schiena con tutte le mie forze.

Quando arrivammo in fondo al tunnel, mi accorsi che eravamo su di una montagna e che non c'era una strada per discendere da quel luogo, se non una parete rocciosa che sembrava parecchio pericolosa, il cui fondo non si vedeva affatto da quell'altezza.

Lui, intercettando il mio sguardo terrorizzato, mi tranquillizzò e mi comunicò che Nix ci avrebbe accompagnati fino alla valle. Dopo avermi mostrato alcune mappe che aveva disegnato lui stesso in tutti in quegli anni, di cui cercherò di riportare un'idea approssimativa il più fedelmente possibile, partimmo.

Le mappe sono una delle prime cose che mi sono rimaste impresse, perché erano disegnate esattamente come le avrei fatte io: anche se evidentemente lui come me non aveva il dono del disegno, si vedeva che si era impegnato tantissimo.

«Quindi questo è il grande continente su cui abitate? Dove siamo adesso?» gli chiesi, scorrendo con le dita il contorno dei tratti neri che rappresentavano le coste.

Lui, invece di rispondermi, mi prese per le spalle, costringendomi a guardarlo negli occhi, nei quali si era accesa una luce speranzosa che sicuramente nessuno dotato di buon senso avrebbe cercato di spegnere: una persona è sicuramente felice quando le sue iridi luccicano in quel modo.

«Penso che tu ti sia impegnato davvero molto e che la carta che mi stai mostrando sarà la millesima versione che hai cercato di migliorare. Io avrei disegnato nel tuo stesso modo le montagne, le colline e i boschi, e sto prendendo mentalmente degli appunti per questo grande fiume che attraversa il confine tra queste due terre...» prima che potessi finire, lui strinse le mie mani tra le sue, con gli occhi lucidi.

«Prima di te solo Baekhyun ha saputo leggere le mie mappe senza lamentarsi neanche un attimo, mica come quegli ingrati di Lay e Tao, seguiti poi anche da tutti gli altri!» brontolò con me, come se potessi capirlo e condividessi la sua disapprovazione. Io sapevo solo di essere la peggior disegnatrice di mappe che conoscevo e che in quel momento avevo trovato qualcuno al mio stesso livello che però, a differenza mia, si era sempre impegnato duramente.

Sarebbe stato imbarazzante continuare a parlare con le mani legate alle sue, ma grazie al cielo era arrivata Nix, illuminando di colpo l'aria scura che ci stava circondando: il ragazzo, per l'agitazione, aveva spento tutti i fuocherelli che ci giravano attorno. Grazie a quel piccolo scambio di parole, ero sicura che saremmo partiti con il piede giusto: insomma, prima di conoscerci per nome avevamo già trovato qualcosa in comune, il che per lui non era poco!

 

   
 
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