Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: _NimRod_    26/02/2017    2 recensioni
In piedi nello stretto corridoio centrale del treno, il ragazzo guardò il sedile accanto a sé. La tizia con il taglio alla Semola e gli anfibi si esaminava le unghie smaltate di rosso scuro. Era quasi certo ci fosse un girone speciale dell’Inferno riservato unicamente a coloro che nell’ora di punta occupavano la seduta di fianco alla propria con giacca e borsa, costretti per l’eternità a rimanere scalzi, in piedi su braci ardenti, impossibilitati a sedersi per via delle giacche e delle borse inamovibili che ricoprivano ogni superficie rialzata del girone. Aveva un quarto d’ora scarso di treno davanti, era mattina presto e si moriva di caldo: non aveva per niente voglia di mettersi a sindacare e probabilmente dover discutere per uno stupido sedile per una questione di principio.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

Il problema non erano Eugenia e Paolo come persone, conosceva entrambi in modo estremamente superficiale e non poteva certo definirli amici. Ciò che l’aveva innervosito era stato rivedere, in un lampo durato un istante, una replica in versione etero della più ricorrente dinamica tra sé e Michele. Valentino che se ne andava esasperato e Michele che rimaneva a fissarlo inebetito, con la faccia di uno senza la minima idea di cosa sia appena successo.

Valentino era il primo ad ammetterlo: era ipersensibile, esageratamente permaloso e spesso si intestardiva su dettagli che avrebbe potuto lasciar perdere in tutta tranquillità. Si rendeva conto lui stesso di essere un gran rompicoglioni, quando ci si metteva. Tuttavia, piuttosto di tenersi tutto dentro e soffrire, preferiva esternare il proprio disagio, anche a costo di litigare e soffrire ancora di più.

Avevano deciso di chiuderla di comune accordo neanche tre mesi prima, quando Michele gli aveva dato la prova definitiva di non aver capito che tra persone innamorate serve spesso una certa dose di omertà a fin di bene.

 

Per Valentino, l’avere finalmente compreso e accettato fuori da ogni dubbio e imbarazzo il motivo per il quale non riusciva a dare tutto se stesso in una relazione con una ragazza era stato un sollievo: non aveva nulla che non andava come aveva creduto – o finto di credere - fino ad allora, ma semplicemente non era per le ragazze che provava attrazione. A livello concettuale per scopi onanistici, Valentino trovava eccitante la visione di qualsiasi tipo di coppia, così come non aveva mai avuto grosse difficoltà nelle rare occasioni in cui aveva consentito a una ragazza di agire su di lui per via manuale oppure orale. Era pura meccanica e lui era dopotutto in piena età da tempesta ormonale.

Il fatto che passasse la maggior parte del tempo ad arrovellarsi su come trovare scappatoie per non doversi trovare in certe situazioni mentre i suoi compagni di liceo sembrava non vivessero per nient’altro, l’aveva cominciato a preoccupare.

Il problema si era palesato in maniera definitiva quando si era trovato a tutti gli effetti a letto con una ragazza. Il destino, che sa essere tanto spietato quanto banale, aveva voluto tuttavia che l’ultima della schiera di morosine nonché fattore scatenante dell’epifania di Valentino fosse stata Milena, forse l’unica davvero innamorata di lui e non del suo aspetto. Era l’unica sua compaesana della classe del liceo, erano compagni di banco, si facevano andata e ritorno in bus insieme, al pomeriggio si trovavano per studiare. Nonostante avessero fatto le elementari e catechismo insieme, vivessero nello stesso paesino e avessero la stessa età, non avevano mai avuto un rapporto molto stretto prima di iniziare il liceo.

Averla nuda accanto a sé, nel suo letto, e accarezzare per la prima volta le parti intime di una ragazza, accarezzando con la punta delle dita la parte più interna, calda e bagnata… Non gli faceva schifo. Lei era stupenda, sentirla ansimare mentre lo baciava languidamente poteva essere quasi eccitante. Avrebbe potuto continuare così all’infinito. Ma era quasi eccitante, e da lì a poco Milena gli avrebbe chiesto di fare l’amore e lui avrebbe dovuto essere pronto. E non lo era, non lo era nemmeno lontanamente. Avrebbe dovuto iniziare a toccarsi con la mano libera, forse? Sarebbe davvero cambiato qualcosa? La Mile era proprio carina, l’avrebbe coccolata e sbaciucchiata per ore. Era come accarezzare un gattino per fargli fare le fusa. Che avessero un legame d’amicizia troppo stretto per riuscire ad andare oltre? Lei non sembrava affatto preoccupata dalla cosa.

“Mile?” disse Valentino sottovoce, allontanando la bocca dai baci della ragazza.

Lei mugolò sommessamente in risposta.

“Non credo di riuscirci.”

Milena, nel sentire quelle parole, si irrigidì. Valentino doveva inventarsi una bugia, tipo l’essere sotto antibiotici, l’essere stanco e stressato per la scuola. Soffrire di disfunzione erettile. Oppure dirle che non voleva rovinare la loro amicizia. Mi piace un’altra. E’ un periodaccio. Mia mamma sta per rientrare e non voglio che ci scopra. E’ la prima volta anche per me, sono un po’ agitato. Non sei tu, sono io. Ansia da prestazione. Una balla qualsiasi. Se la sarebbe meritata? Esco con le ragazze perché sono loro a chiedermelo e non voglio che ci rimangano male per un mio rifiuto. Parlo con loro ore intere perché non voglio finire in certe situazioni. Però, quello che tu hai da dirmi mi interessa sul serio, Mile. Perché ti voglio bene davvero. E stare con te mi piace. Mi piaci tu. Ma non riuscirei a innamorarmi di te, come di nessun’altra.

Valentino deglutì e decise di essere sincero, anche se era ormai troppo tardi: “E’ come se tu fossi un gattino.”

Si era rivestita in fretta e furia, in lacrime; Valentino l’aveva seguita in boxer, giù per le scale e fino in strada, cercando di fermarla in tutti i modi possibili senza farle del male, ma lei continuava a divincolarsi e a piangere disperata. La riuscì ad abbracciare, lei gli tirò una sberla e lui la strinse di nuovo a sé.

“Lasciami andare”, gemette Milena. Valentino rimase in silenzio, tentando di trovare qualcosa da dire. Sarebbero state tutte stronzate. L’aveva presa in giro, pur sapendo perfettamente ciò che lei provava per lui aveva continuato a tirare la corda. Si sarebbe meritato ben di peggio di uno schiaffo. Lasciò la presa.

E mentre la ragazza diventava sempre più piccola correndo lontano da lui, Valentino rimase a fissarla in mutande sul marciapiede appena oltre il cancello della propria abitazione.

“Cazzo, altro che Beautiful!”

Valentino si asciugò gli occhi con il dorso della mano, si voltò e alzò lo sguardo verso la finestra al secondo piano dalla quale era venuta l’esclamazione.

Michele, sporto sul davanzale della finestra della propria camera con una sigaretta tra l’indice e il medio, gli stava sorridendo divertito: “Vieni su, dai!”

“No.”

Ai tempi, lo stile di Michele consisteva in uno strano misto tra emo e punk: aveva la frangia accuratamente piastrata ma era troppo pigro per ossigenarsi le due dita di ricrescita castana.

“Te ne vuoi stare lì in mutande?”

Valentino annuì. Passava una macchina sì o no ogni ora e i vicini l’avevano visto migliaia di volte in mutande fin da quando era bambino. Michele compreso.

“Vuoi una paglia, almeno?”

Valentino annuì nuovamente, rientrò oltre il cancello, si avvicinò alla siepe che divideva le loro case e prese al volo il pacchetto di sigarette che Michele aveva lasciato cadere dall’alto. Lo aprì e all’interno trovò anche l’accendino.

“Mollato dalla Milena, eh?”

Valentino si sedette sull’erba del minuscolo giardino davanti casa, stringendosi le ginocchia al petto. La girandola piantata nel prato della casa dei vicini oltre la cancellata al di là della strada si muoveva lentamente. Il cane del pissing estremo – come lo chiamavano Valentino e Michele - lo stava fissando con il muso allungato infilato tra le sbarre in ferro battuto: quel bassotto nero si faceva letteralmente la pipì addosso per l’emozione ogni volta che ci si avvicinava, mettendosi a pancia all’aria e cominciando a spararsi getti di urina addosso. Solitamente era esilarante e a Valentino faceva ridere il solo pensiero. Ma non quel giorno.

“Avete litigato?” continuò Michele. A giudicare dal suo tono spensierato, era palese non gliene importasse nulla. Era solo curioso.

“Sì, abbiamo litigato.”

“E per cosa?”

“Le ho fatto credere di essere qualcuno che non sono.”

“Oh, Titti, questo non è proprio da te. L’hai scopata?”

Valentino accese la sigaretta che si era messo tra le labbra, aggrottò le sopracciglia e guardò verso l’alto: Michele gli stava sorridendo e teneva il mento appoggiato al palmo della mano. Di solito non affrontavano certi argomenti, le rare volte in cui capitava Michele era sempre piuttosto evasivo.

“Lo trovi divertente?”

“No, ci mancherebbe. E’ che me l’aspettavo sarebbe successo, prima o poi. Ti sei nascosto per troppo tempo in mezzo al gregge sotto quel costume da agnellino.”

“Ma stai zitto. Credi davvero che dei capelli da stupido ti rendano così originale? Sei uguale a migliaia di altri coglioni convinti di essere unici e fantastici”, sbottò Valentino innervosito.

“Non hai capito. Non si tratta di essere uguali o diversi, i miei sono solo capelli. Non fanno soffrire né me stesso, né gli altri. Anzi, al contrario: mi piacciono e mi fanno sentire bene. Mica perché mi rendono diverso, ma perché ho quindici anni e se non faccio stronzate con i capelli a questa età, non le farò mai più. Dovresti provare anche tu a fare qualcosa che ti faccia star bene. Qualcosa che non ti costringa a piagnucolare rannicchiato in mutande nel giardino davanti casa.”

Valentino sospirò e strappò una manciata di fili d’erba: “L’ho umiliata. Ho cercato di renderla felice e sono solo riuscito a farla piangere.”

Non sentendo più Michele ribattere alla discussione, Valentino alzò nuovamente lo sguardo verso la finestra: non c’era più nessuno. Gettò a terra l’erba strappata e appoggiò la fronte alle proprie ginocchia nude ripiegate contro al petto. Dopo qualche minuto sentì un tonfo sordo alla propria destra e si voltò: sull’erba giacevano un paio di pantaloncini grigi della Nike, un paio di scarpe da ginnastica della stessa marca, una maglietta gialla e blu con la stampa del numero 46 e un casco, il casco che Michele gli prestava sempre quando lo caricava dietro alla sua Vespa gialla fatiscente.

“Alza il culo, Ferri”, disse Michele con tono perentorio, facendo roteare le chiavi del veicolo attorno al dito indice e con il casco stretto sotto il braccio.

Valentino lo squadrò dal basso verso l’alto: “Dove vuoi andare?”

“Ti porto a parlare con la Milena, così ti togli il pensiero e la pianti di fare il tragico. Non mi piaci quando hai delle stronzate per la testa.”

“Non so nemmeno cosa dovrei dirle.”

Michele, che stava masticando vistosamente una gomma a bocca aperta, fece una risatina e inarcò le sopracciglia: “Che sei frocio, magari?”

 

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: _NimRod_