Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |       
Autore: Madama_Butterfly    27/02/2017    0 recensioni
La drammatica storia di una perdita, legata alle crisi di un adolescente egocentrico.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Pioveva, pioveva su Firenze. Pioveva così forte che ogni cosa appariva grigia e spenta, palazzi, case e parchi si confondevano, non si comprendeva dove iniziava o finiva la strada. Pioveva a dirotto, tanto da impedire la visuale a grandi distanze. Si, pare che debba sempre piovere quando le cose si fanno tristi e tragiche. Anche il tempo sembrava soffrire con noi. E io? Io dove mi trovavo, in tutto quello scrosciare di sofferta disperazione? Beh io ero qui, solo a sorseggiare del vino, di qualità scadente, sui gradini di marmo gelido di questo stramaledettissimo istituto. Nulla soffocava il dolore della mia anima, nemmeno il nettare di bacco. Tenevo sott'occhio il mio cellulare sperando di non ricevere quella chiamata. Dopo ore passate a deprimermi sotto la pioggia e sommerso dall'alcool mi accorsi che qualcuno era arrivato dietro di me, perché riconobbi subito il suo odore, e quando vidi la sua immagine riflessa sul marmo saturo di acqua piovana ne ebbi la conferma. Wolfgang era li che mi stava osservando, da chissà quanto tempo. Senza dire nulla si sedette al mio fianco, in una normale situazione l'avrei stretto a me e l'avrei baciato. Ma quella non era una normale situazione, non trovavo romantico un bacio sotto la pioggia quando la mia mente era impegnata su di un'altra persona. Lui sempre in silenzio mi strinse a se, io fissavo il pavimento e senza fare troppa resistenza mi lasciai trasportare nel suo abbraccio. -Charles, sei fradicio, andiamo dentro... potresti ammalarti- mi sussurrò in un orecchio, io non risposi lo strinsi semplicemente. Non mi importava di stare male, una parte di me stava morendo e io non potevo fare nulla per poterla salvare. Mi limitai a sospirare. Nel mentre il mio viso si rigava, da gocce difficili da distinguere dalla pioggia. Solo una persona avrebbe salvato la mia anima, e quella era un ragazzo magro e folle quasi quanto me. Nella mia mente si creò la sua figura e mi parve pure di vederlo uscire dalla grande porta in legno dell'istituto, sul mio volto si accese un sorriso ma subito mi resi conto che era solo un'allucinazione o il riflesso di un ricordo lontano, che mai più sarebbe tornato a me. In quel momento il telefono iniziò a vibrare e io mi staccai immediatamente dalle sue braccia per vedere chi fosse, il mio respiro era affannato e il mio petto era un dolore unico per quanto il cuore batteva velocemente contro il mio sterno. Un sospiro di sollievo mi sfuggì dalle labbra quando lessi il nome di mia madre sullo schermo, lei era preoccupata quanto me per la salute di Egon. Quella donna era l'unica che poteva meritare il mio amore. Mi tenne per alcuni minuti e io scoppiai in singhiozzi, solo lei era in grado di sfilare la mia maschera di arroganza e di follia con una semplicità impressionante, le bastava una parola, solo lei sapeva chi ero davvero. Mi asciugai le lacrime e tornai da Pianista, mi comparve un sorriso nel vedere i suoi lunghi capelli biondi, bagnati, il pittore lo definiva “chioma fatata” avrei pagato con l'anima la possibilità di sentirglielo dire. Mi avvicinai al mio amato musicista a gli accarezzai il viso, eravamo cresciuti. Da ragazzini che scappavano dall'amore eravamo diventati due uomini capaci di gestire le nostre emozioni. Gli sfiorai nuovamente il viso, delicatamente, io in quel momento mi sentivo ancora un bambino in preda alla sua paura più grande. Avvicinai le mie labbra alle sue e lo baciai con delicatezza cercando di cancellare per qualche secondo il pensiero che mi stava torturando da qualche giorno. Le nostre labbra erano unite in un gioco bagnato, da pioggia e lacrime. Non posso sapere ciò che provava il musicista in quel momento, perché mai me lo disse. -forse avevi ragione, entriamo...- sussurrai stringendogli le mani, ero tutt'altro che sobrio e mi girava terribilmente la testa. Wolfgang dovette prendermi di peso e trascinarmi, per potermi portare dentro. Mi portò in camera sua, non voleva lasciarmi nelle mie stanze dove avrei trovato altro vino e un letto maledettamente vuoto per il quale deprimermi. Preparò la vasca con l'acqua calda poi mi tolse gli indumenti fradici, facendo molta fatica, non ero molto reattivo in quel momento, ero molto simile ad un peso morto. Facemmo il bagno insieme. Quel ragazzo si stava dimostrando molto più premuroso del previsto nei miei confronti. La cosa che però mi stupiva era il fatto che non fosse per nulla geloso, o almeno era estremamente bravo a nasconderlo. Era da almeno una settimana che ero freddo con lui, tagliavo tutte le lezioni per ubriacarmi in qualche angolo della scuola, lo evitavo o almeno evitavo ogni tipo di contatto umano. Mentre mi stringeva tra l'acqua calda e la schiuma mi persi in un pianto sordo, troppe emozioni in un solo istante, non ero in grado di sostenere tutto quel peso da solo e solo in quel momento me ne resi conto. Il contatto con il suo corpo perfetto era estremamente piacevole, mi sentivo parte di una realtà meravigliosa tra le sue braccia. Quella sera finimmo per fare l'amore, dopo tanto tempo di distanza. A Wolfgang non importava che il suo compagno di stanza ci vedesse dormire uno stretto all'altro, così ci addormentammo o meglio io mi addormentai. Il giorno seguente lo trovai che mi stava osservando tacito con un sorriso delicato tatuato su quel suo viso di porcellana. -mi sei mancato...- sussurrò semplicemente prima di riempirmi la bocca con il bacio del buon giorno. Io ricambiai, ma ero nuovamente sobrio e questo significava che ero in grado di ragionare, pensare e ricordare. Così mi sono allontanato dalle sue labbra e lo guardai con un'espressione malinconica e leggermente distante, la vita è troppo fragile, si questo e ciò che mi passava nella testa. - scusa...- Sussurrai, mi facevo pena da solo. Mi sentivo inutile e imponente. Eravamo tutti immersi in una terribile reazione a catena. Io stavo male per il mio migliore amico ma allo stesso tempo stavo facendo del male al mio compagno. Per me vi erano solo tre persone al mondo importanti e che amavo più di ogni altra cosa, la prima era mia madre e subito dopo di lei vi erano Wolfgang ed Egon. Sapere che uno dei tre mi stava per abbandonare mi stava distruggendo l'anima. Il mio desiderio in realtà era quello di prendere le mie persone importanti e portarle con me in un luogo dove non esista né morte né malattia. Il musicista aveva compreso ogni cosa, e i suoi occhi non erano ne severi ne accusatori nei miei confronti anzi erano carichi di comprensione, avrei voluto perdermi in quello sguardo. Dopo quel giorno cercai di non isolarmi del tutto, anche se era terribile, l'unica persona che volevo al mio fianco era Egon e la sua arte, ma lui non poteva essere li con me. Vedere gli altri ragazzi che scorrazzavano per l'istituto con quei volti allegri e spensierati era qualcosa di indescrivibilmente angosciante, ero invidioso della loro serenità. Mi stava lacerando l'anima quella situazione. Il pittore era ancora vivo, anche se la diagnosi dei dottori era stata chiara e terribile. Gli mancavano pochi giorni di vita, ma la cosa peggiore era che doveva passarli a letto perché era troppo debole per muoversi o fare qualsiasi altra cosa. Proprio lui che amava vestirsi bene e fare il coglione con me, bevendo vino e facendo chissà quale disastro per l'istituto, era costretto all'immobilità di una stanza di ospedale con una terribile mantellina azzurra a pallini verdi. Io andavo a trovarlo ogni santo giorno anche solo per qualche minuto, la maggior parte delle volte dormiva o non mi riconosceva, però vi erano anche momenti in cui era lucido e riuscivamo a scambiarci qualche battuta di spirito e ridacchiare, anche se ridendo finiva per vomitare sangue e stare peggio. A lui non importava, diceva sempre che se doveva morire lo voleva fare ridendo e io ero l'unico che voleva al suo fianco. Ottobre, che mese interessante. Gli alberi cambiano il colore del loro manto, dal verde caldo dell'estate diventano una festa di rossi, marroni e gialli, l'autunno sarà sempre la stagione che rappresenterà il mio amato artista. Il ventinovenne ottobre ero li in quella stanza bianca e fredda, piena di macchine bippanti, lucine, flebo e altri macchinari, ci voleva una stanza solo per Egon. Lo stavano tenendo in vita a forza, anche se tutti sappiamo che quella non può essere definita vita. Io ero seduto accanto al suo letto, su di una poltroncina scomoda e dura, gli stavo stringendo la mano, piangendo silenziosamente, era peggiorato, ora ero sicuro di aver poco tempo per tenerlo stretto a me. Così scoppiai a piangere con più animo ma sempre in silenzio, nessun rumore o verso uscì da me, non avevo intenzione di farmi sentire, specialmente dall'artista. Appoggiai la testa sulla sua mano, mi sentivo così impotente. Quella pelle era talmente consumata dalle medicine che appariva grigiastra e quasi trasparente, si potevano vedere le vene premere in una disperata corsa contro il tempo. In quel momento Egon si svegliò e io rapidamente mi asciugai le lacrime, e lo guardai con un sorriso provato. Il suo volto incavato presentava un sorriso allegro, nonostante fosse maltrattato dalla vita lui manteneva la sua allegria e la sua vitalità. -ma che cazzo stai facendo? Non dirmi che il grande coglione Charles Chianiski sta piangendo per me? Dai non fare la femminuccia... non è la fine del mondo- Eccolo li nel suo solito ironizzare, stava rendendo banale una situazione che non lo era per nulla, ma lui era fatto così non voleva farsi vedere cupo e vinto nemmeno davanti alla morte. La sua voce era così flebile che mi si fermò il fiato per qualche secondo, e dovetti sospirare e prendere diversi grandi respiri prima di poter rispondere. Era decisamente lucido quel giorno. Feci un sorriso, si sistemai il septum nella speranza di ottenere un'espressione meno preoccupata, naturalmente fu un tentativo completamente fallimentare, ma Egon sembrava apprezzare il mio sforzo di non fargli pesare la malattia. -ma ti pare che io possa piangere? Semplicemente mi è entrata della polvere negli occhi. E poi noi dobbiamo vedere ancora la fine dell'universo insieme... io e te contro il mondo, come sempre...ricordi?- Il giovane pittore sorrise e gli si illuminarono gli occhi alle mie parole, annui semplicemente con la testa, diventava complicato fare qualsiasi forma di movimento. Se non fosse per gli attrezzi medici e per le pareti bianche poteva sembrare una qualunque conversazione tra ragazzi, già ma così purtroppo non la si poteva considerare. Io tremavo e non riuscivo a sopportare la vista del mio migliore amico in quelle condizioni tanto rovinose. D'un tratto io mi sono fatto serio e lui dunque si è incupito, era estremamente difficile vedermi serio. -Egon, io ti amo. Ti amo dal primo istante in cui le nostre strade si sono incrociate, amo il modo in cui ti vesti, il modo in cui mi rubi la fiaschetta del vino, amo svegliarti nel cuore della notte per fare qualche minchiata per l'istituto. Amo la tua fottutissima testa di cazzo... E quando ci siamo baciati e abbiamo fatto l'amore, non l'ho fatto per ingelosire Wolfgang ma perché ti amavo e ti amo. Magari ti amo in maniera diversa ma ti amo. Darei la mia anima per poterti salvare. Però una cosa te la prometto, ti porterò sempre con me, nei miei racconti... nella mia vita... sempre, perché sei dentro il mio cuore e ci resterai per sempre. Qualunque cosa succeda- sussurrai quasi tutto d'un fiato. Avevo gli occhi puntati sui suoi e non mi accorsi che Wolfgang era entrato nella stanza. Il musicista non disse nulla, mi accarezzò semplicemente una spalla. Non vidi la sua faccia, per nulla al mondo avrei staccato gli occhi dal pitore, però mi resi conto che nonostante avesse sentito le mie parole non era affatto geloso, presumo che fosse comprensivo o che l'avesse sempre saputo. Io amavo da sempre Egon solo che non era un'amore come quello che avevo per il compositore. Quella tra me e il pittore era un'amicizia folle e squilibrata, più volte avevamo giocato con il fuoco, ma mai avevamo fatto nulla di ambiguo o equivoco da dopo che io e il musicista ci eravamo messi insieme. -vi lascio soli...- sussurrò il musicista, mi depositò un bacio sulla nuca e sorrise al ragazzo prima di uscire dalla stanza. Io mi alzai senza pensarci e mi avvicinai al pittore, gli accarezzai il volto, terrorizzato dalla possibilità di fargli male, poi avvicinai le mie labbra alle sue e lo baciai delicatamente come mai avevo fatto prima, con lui, fu un bacio profondo ma estremamente dolce, Egon aveva il palato amaro per via delle medicine e del sangue che continuava a perdere, ma io non mi ritrassi, continuai a baciarlo e a stringerlo a me. Il ragazzo dopo un momento di riluttanza ricambiò il bacio e strinse quelle mani secche e gelide alla mia schiena in un abbraccio meravigliosamente eterno. -ti amo anche io e lo sai più che bene... però ti prego fammi un favore... facciamo l'ultima cazzata insieme, portami via da qui... non voglio morire nella stanza di un'ospedale- Mi sussurrò il pittore esausto, staccatosi da quel bacio che ormai era troppo per lui. Respirava a stento e annaspava nelle parole. Io lo guardai sgranando gli occhi. No, no, no... io non volevo che morisse... no... non ero pronto a perderlo, a parole era facile accettare la cosa ma dentro di me era quasi impossibile. Però cosa potevo fare? Morire in una stanza di ospedale non era una degna morte per uno come lui. Chiusi gli occhi per qualche secondo, dovevo ragionare e cercare di non piangere anche se mi era ormai impossibile trattenere le lacrime. Infatti il mio viso si rigò di sottili gocce salate. Tirai su con il naso un paio di volte prima di riuscire a smettere di piangere, gli diedi un bacio sulle labbra e lo strinsi a me. -domani ti farò uscire di qui, tu devi solo resistere ancora qualche ora- Sussurrai accarezzandogli il volto, Egon annui per poi distendersi sul letto stravolto. Era straziante vederlo in quelle condizioni, così indifeso e fragile. Ho aspettato che si addormentasse prima di andarmene. Uscito dall'ospedale trovai il compositore tedesco che mi stava aspettando, io mi abbandonai tra le sue braccia, tremavo e piamgevo peggio di una femminuccia. D'un tratto alzai gli occhi verso il mio amato. Lui mi stava stringendo a se con una dolcezza infinita, mi passava le mani tra i capelli in un religioso silenzio. Madonna, quanto mi erano mancati quei lineamenti marcati e perfetti, mi ero dimenticato di ogni cosa, ero troppo preso dal dolore per vedere quanto, invece ancora c'era di meraviglioso. Io evitavo un legame con lui da diverso tempo ormai, avevo paura di fargli vedere il buco che si stava creando nelle mie viscere, avevo paura di perdere anche lui. -amore, Egon mi ha chiesto di portarlo via da li, non vuole morire dentro quelle quattro mura. E io voglio farlo evadere, ma per una volta non ho il coraggio di fare questa cosa. Aiutami. Portiamolo via da li, facciamogli vedere il cielo un'ultima volta- Dissi singhiozzando, aggrappandomi alla sua giacca. Poi appoggiai la fronte sul suo petto ascoltando il sul cuore, mi persi in quel meraviglioso suono. Il musicista mi strinse così forte da farmi dimenticare per qualche secondo ogni cosa. Smisi di piangere, e iniziai a respirare più lentamente. -va bene, faremo di tutto per farlo uscire. Ma faremo in maniera tale da non finire nei guai. Userò un po' della mia influenza.- Disse semplicemente, mi strinse maggiormente a se. Una cosa era certa, lui sarebbe rimasto sempre accanto a me. Questa consapevolezza mi aiutò a prendere coscienza di me stesso e di riempire parte di quel baratro desolato e fatiscente. - ...ti... Ti ... Amo- Sussurrai con un filo di voce. Poi salimmo su di un taxi e tornammo all'Istituto.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Madama_Butterfly