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Autore: Jump And Touch The Sky    28/02/2017    1 recensioni
-"Per cui, che aveva fatto? La prima cosa che le era venuta in mente, la cosa più intelligente che avrebbe potuto fare... Aveva scritto una letterina a Babbo Natale."-
Uno scherzo cretino. Una studentessa disperata. Una reputazione da salvare. Una strana letterina di Natale. Una serie di fortunate coincidenze. Il Natale di Jared forse non sarà tranquillo come spera...
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-No, no e ancora no. Levatelo dalla testa, non se ne parla!
Valentina non rispose subito. Rimase un attimo indecisa, con il telefono in una mano e l’altra sospesa a mezz’aria, in uno pseudo gesto oratorio mancato.
-Non andremo insieme fino in Lapponia, dove, ti ricordo, fa un freddo terribile, lasciando le nostre calde casette solo per cercare Babbo Natale.- continuò Jared, imperterrito e irremovibile, senza aspettare una sua risposta che di sicuro non gli sarebbe piaciuta.
-Ma…- provò a replicare Valentina, abbassando la mano, ma lui non la fece finire.
-Niente ma. Consiglio di lasciar perdere tutta questa assurda storia, prima che ci conduca sull’orlo del fallimento, e fare finta che niente sia mai accaduto. Io non conosco te, tu non conosci me, Babbo Natale non esiste e il Natale dello scorso anno è filato liscio come l’olio come tutti gli altri anni. E non mi interessa quello che stai per dire, tanto lo so già.
-Aspetta un secondo, io…
-Stai per dire che non possiamo fare finta di niente, che senza Babbo Natale tutti i bambini del mondo saranno infelici, ma be’, sai che ti dico?, che non è affatto vero. Non so come funzioni lì da voi in Italia, ma in America non è il vecchietto di rosso vestito che s’infila nei camini o utilizza tecniche di scasso sofisticate alla Diabolik che consegna i regali, ma sono i genitori, che a notte fonda si alzano e dispongono i pacchetti sotto l’albero di Natale per la gioia dei loro pargoletti. Perciò, Babbo Natale o no, questi bambini saranno felici lo stesso.
Detto ciò, Jared diede per scontato che non ci fosse più niente da dire e stava già per riagganciare il telefono in faccia a quella psicopatica per poi non dover mai più avere a che fare con lei, quando l’italiana si decise a rispondere.
-Fa’ come ti pare. Io andrò in Lapponia e troverò Babbo Natale, che tu lo voglia oppure no.
Subito dopo la linea s’interruppe e Jared si trovò a cercare di far ragionare un telefono muto.
 
 
Aeroporto di Rovaniemi, Lapponia, 23 dicembre
 
-Ah, bene. Pensavo peggio.- commentò Valentina, appena scesa dal volo che da Helsinki l’aveva portata nella fredda Lapponia. Si aspettava di morire congelata all’istante, invece la temperatura le risultava ancora sopportabile.
Si guardò intorno per qualche secondo, fuori dall’aeroporto, poi vide una figura inquietante venirle incontro traballando. Sentendosi in pericolo, decise di allontanarsi con cautela e nonchalance. Forse quel tizio strano non ce l’aveva con lei. Magari aspettava qualcuno che era sul suo stesso volo…
Invece, nonostante si fosse prudentemente spostata, Valentina si rese presto conto che quella specie di abominevole uomo delle nevi si stava dirigendo proprio verso di lei e l’aveva praticamente raggiunta, al che, l’italiana decise di optare per il piano B e chiamare la sicurezza.
Aveva già preso fiato per chiamare aiuto a pieni polmoni, quando lo yeti le tappò la bocca con una delle sue enormi mani guantate mentre con l’altra si scopriva la faccia, sommersa da strati e strati di lana.
-Non peggioriamo la situazione coinvolgendo la polizia finlandese, grazie.
Valentina sgranò gli occhi e bofonchiò qualcosa di dubbia natura. Forse era un’espressione di meraviglia perché aveva riconosciuto il suo aggressore.
-Se fai qualcosa di strano, qualsiasi cosa che possa vagamente somigliare ad un comportamento inusuale, ti giuro che ti trasformo in un pupazzo di neve e nessuno potrà mai più ritrovarti. Sono stato chiaro?- avvertì quest’ultimo, con un sospiro.
Valentina annuì con aria contrariata e lui le permise di parlare.
-Signor Jared Leto, ma come ti sei conciato?- fece lei, appena ebbe la facoltà di aprire la bocca.
Lui alzò gli occhi al cielo.
-E tu?- replicò, facendole segno di voltarsi.
Dietro di lei c’era una porta a vetri che le rimandò l’immagine di due goffi e variopinti omini Michelin.
Uno dei due era Jared, l’altro era lei.
-Be’- disse l’italiana, voltandosi di nuovo verso Jared: -sono venti gradi sottozero, non potevo di certo venire qui con addosso solo una camicia e un paio di jeans.
In effetti, forse aveva esagerato, doveva riconoscerlo.
Canottiera di lana, maglietta, tre maglioni, cappotto super imbottito, due sciarpe (una dentro il cappotto, l’altra fuori dal cappotto), due paia di guanti, cappello imbarazzante che le copriva metà faccia, ragion per cui per guardare Jared doveva reclinare la testa all’indietro, altrimenti non vedeva niente, calze termiche sotto i pantaloni pesanti, due ulteriori paia di calzettoni e scarponi imbottiti, impermeabili, di una taglia e mezza più grandi dei suoi piedi, corredati di solette termiche.
Ci aveva messo mezz’ora per rivestirsi, prima dell’atterraggio.
Jared la guardava con un sorrisetto ironico. Forse non si rendeva conto che indossavano esattamente la stessa quantità di roba ad eccezione di un paio di guanti.
Per evitare di irritarsi troppo, Valentina decise di cambiare discorso.
-Propongo di andare in albergo per poi riposarsi. Domattina, con il sole, andremo da Babbo Natale.
Il sorrisetto di Jared non solo non scomparve, anzi, si trasformò in una specie di ghigno canzonatorio.
-Italiana…
-Eh.
-Siamo al Circolo Polare Artico.
-E quindi?
-Il sole non sorge d’inverno.
L’occhiataccia che Valentina gli lanciò rischiò seriamente di spaventarlo.
-Allora andiamoci subito. Tanto il villaggio di Babbo Natale è a soli tre chilometri da qui.- ringhiò, per poi voltarsi dall’altra parte e avviarsi con aria solenne verso l’uscita.
Uscita che, ovviamente, mancò -perché cappello e sciarpe le restringevano di parecchio il campo visivo-, ragion per cui andò a sbattere contro il muro, appena a un centimetro dallo stipite della porta, e rimbalzò indietro grazie alle imbottiture di cui si era munita, finendo sdraiata per terra.
Jared avrebbe voluto piegarsi in due dalle risate, ma i vari strati che lo proteggevano dal freddo gli impedivano di muovere circa il novanta percento del suo corpo, quindi si accontentò di una sonora risata, a malapena soffocata dalle sciarpe.
Valentina si rese conto che la sua temperatura corporea stava raggiungendo livelli critici a causa della vergogna e della furia che intanto si stavano impossessando di lei. Provò ad alzarsi in piedi ma fallì miseramente, rotolando sul pavimento varie volte prima di riuscire, al quarto tentativo, a tirarsi su.
Nel frattempo, stava sperando con tutte le sue forze che Jared soffocasse per le sue stesse risate.
Dal canto suo, lui non riusciva né a parlare, né a respirare per il gran ridere. Seguì Valentina fuori dall’aeroporto, con le lacrime agli occhi, ignaro dei processi mentali che intanto erano in corso nel cervello dell’italiana, tutti volti a progettare una vendetta spietata.
La vendetta è un piatto che va servito freddo, pensò lei, mentre attraversava con Jared il piazzale antistante l’aeroporto, coperto di neve.
Un piatto che va servito freddo. Già.
Senza preavviso, Valentina si buttò con tutto il suo peso –accresciuto dalla voluminosa massa di tessuti che indossava- contro Jared e lui non ebbe il tempo nemmeno di realizzare cosa stesse accadendo che si ritrovò immerso, di faccia, in un cumulo di neve, mentre l’italiana lo osservava con le mani sui fianchi e un’espressione di malvagia soddisfazione dipinta sul volto.
-Ancora non hai capito che non devi sfidarmi?- fece, con aria di superiorità. Avrebbe voluto darsi ancora più arie facendo swishare i suoi capelli, ma, causa abbigliamento termico di sopravvivenza, non poteva, così dovette accontentarsi di guardare Jared che sputacchiava neve in giro e starnutiva.
 
Un autobus li condusse fino al villaggio di Babbo Natale.
Valentina era, doveva ammetterlo, piuttosto emozionata.
Aveva sempre amato l’atmosfera natalizia e trovarsi in un luogo dove, praticamente, era Natale tutto l’anno, con gli alberi pieni di luci, la neve, le renne e compagnia bella, le faceva uno strano effetto.
Jared passò tutto il viaggio a guardarla storto con la coda dell’occhio, raggomitolato nella sua armatura anti-gelo, senza proferir parola.
Quando scesero dall’autobus, rimasero per qualche minuto a fissare il grande edificio munito di torri e alberi di Natale luccicanti, senza aver chiaro cosa fare.
-E adesso cosa prevede il tuo piano sconclusionato? Entrare lì dentro e iniziare a chiedere a tutti se hanno visto Babbo Natale?- fece Jared, a un certo punto.
Valentina ridacchiò. –Certo che no! ovviamente ho un’idea migliore!- esclamò, mentre la sua risata si smorzava, piano piano. Alla fine guardò Jared con aria spaesata.
-Ma perché, quella non ti sembra una buona idea?- chiese.
Lui si portò entrambe le mani guantate sulla faccia, dimenticando che i guanti erano ancora gelidi dopo la caduta nel mucchio di neve e, di conseguenza, congelandosi anche il naso.
-Certo che non lo è! Andiamo.
-Che cosa hai in mente di fare?
-Entrare e chiedere a tutti se hanno visto Babbo Natale.
Valentina lo guardò interdetta.
-Ma se hai appena detto che… non importa. Mi sembra un buon piano.
Tutti e due si diressero verso l’ingresso, ma non fecero in tempo nemmeno ad aprire la porta che sentirono uno strano rumore proveniente dall’albero di Natale più vicino.
Dapprima si lanciarono un’occhiata inquieta, poi Jared alzò le spalle e fece per girare la maniglia, ma lo stesso rumore lo bloccò.
I rami più bassi dell’albero si muovevano.
-Forse è un gatto.- suggerì Valentina.
-Certo. In mezzo alla neve. Nella notte e nel gelo perenni. Sicuramente è un gatto.- osservò Jared, acido.
Lei si sentì offesa.
-Una lince, magari.
Lui decise di non indugiare oltre in quella penosa conversazione e si avviò eroicamente verso l’albero per scoprire chi o cosa fosse il responsabile di quei movimenti sospetti. Valentina, molto prudentemente, si auto-incaricò di coprirgli le spalle e lo seguì a distanza di sicurezza.
Jared estrasse dall’intrico di rami una scatoletta.
Entrambi la guardarono con sospetto, poi l’americano si fece coraggio e l’aprì, rivelando un mazzetto di chiavi, con un inquietante portachiavi a forma di faccia di renna dal naso fosforescente.
-Che cos’è?- sussurrò Valentina, facendo capolino da dietro la spalla di Jared.
-Chiavi. Forse sono le chiavi di riserva di questo posto. Oppure le ha perse qualche tizio travestito da elfo che lavora qui.
L’italiana prese in mano il mazzo di chiavi e le osservò attentamente.
-Mmm… non mi sembrano chiavi normali.
In effetti le serrature a cui corrispondevano quelle chiavi dovevano essere ben strane.
Una a forma di stella cometa, un’altra a forma di pupazzo di neve, una a forma di albero di Natale… di certo non avrebbero potuto aprire porte normali. In più, c’era anche la chiave, presumibilmente, di una macchina, con tanto di telecomando.
Valentina alzò gli occhi dal mazzo di chiavi con aria solenne.
-Sono di Babbo Natale, non c’è alcun dubbio.
Jared gliele tolse di mano e se le infilò in tasca.
-Certo. Potrebbero essere delle chiavi giocattolo, invece.- la contraddisse, scettico, ma lei non demorse.
-Si vede che non capisci niente. Sono un indizio. Vuole che lo ritroviamo!
-Certo- ridacchiò l’americano, che non era per niente disposto ad assecondare i deliri di quella psicopatica. Non fino a quel punto, almeno. –Senti, persino io mi ero convinto dell’esistenza di quel tizio magico, l’anno scorso, dopo il concerto a Firenze. Inizio però a sospettare che non esista nessun Babbo Natale e nessuna cosiddetta magia a lui correlata.
-Che cosa staresti insinuando? Sentiamo.- lo sfidò Valentina, con aria minacciosa.
Jared le puntò contro un indice accusatore. –Che ti sei inventata tutto tu. Tutto questo, i rapimenti, i ladri stesi al Louvre, queste chiavi, sono tutte parti del tuo piano malvagio per diventare famosa a mie spese. Sei solo un’approfittatrice che spera di ottenere visibilità attraverso i giornali scandalistici.- rispose, perfettamente convinto di quello che stava dicendo, mentre Valentina lo fissava attonita. Non riusciva a credere alle proprie orecchie.
-Scherzi, vero?
-No che non scherzo. Ne ho viste a centinaia come te. Sfruttatrici che rovinano le povere persone famose per farsi notare. E, sai che ti dico?, adesso me ne torno al calduccio a Los Angeles e non voglio avere più niente a che fare con te, sottospecie di sanguisuga pazza.
-Va bene- fece Valentina, stizzita, porgendogli una mano. –Allora dammi le chiavi. Ti proverò che ti stai sbagliando e salverò il Natale da sola.
L’americano estrasse le chiavi dalla tasca del cappotto e gliele mollò con malagrazia.
-Bene. Grazie. Allora addio.- tagliò corto lei, giocherellando con il telecomando della chiave che doveva appartenere ad un qualche veicolo.
Jared le aveva già voltato le spalle per andarsene, quando lei schiacciò per caso il pulsante della suddetta chiave. Incredibilmente, le rispose il segnale acustico dell’apertura delle porte di un’auto.
Valentina rimase di stucco, il suo infuriato accompagnatore si bloccò con un piede sollevato nell’atto di camminare e un’espressione attonita dipinta sul volto.
Fece dietrofront e tutti e due si avviarono verso il retro della casa di Babbo Natale, dove, secondo le loro orecchie, doveva trovarsi un’automobile.
Appena ebbero completato il giro intorno all’edificio, trovarono ad attenderli solo una slitta.
Valentina si guardò intorno, confusa, alla ricerca dell’auto, ma non riuscendo a vederla da nessuna parte schiacciò il pulsante di chiusura del telecomando.
Ci mancò poco che a Jared venisse un infarto.
Il suono proveniva dalla slitta.
I due si guardarono increduli.
Poi, sul volto dell’italiana si disegnò il suo famigerato sorriso della vittoria, solitamente preludio di una serie infinita di prese in giro che avrebbero potuto protrarsi per tutta l’eternità.
-Stai zitta.- ordinò Jared, accigliandosi di colpo.
-Come vuoi.- acconsentì Valentina, salendo sulla grande slitta rossa che qualcuno aveva parcheggiato lì chissà quando.
C’era un interessante quadro comandi, una via di mezzo tra il cruscotto di un’automobile e il quadro comandi di un aereo.
-Spero che la patente B vada bene anche per le slitte magiche.
Jared le corse subito incontro, ma non salì sul malefico veicolo mortifero sul quale quell’incosciente sembrava trovarsi tanto a suo agio.
-Non penserai mica di… guidare… quella cosa!
Valentina non sembrò averlo sentito. Stava studiando con molta attenzione i vari pulsanti.
-A quanto pare è provvista di cambio automatico, non vedo leve… e nemmeno la frizione. Oh, in realtà non vedo proprio i pedali. Il volante devono essere le redini… anche se non ci sono le renne, mah, strano, forse va anche a diesel.
Sull’orlo di una crisi di nervi, l’americano salì sulla slitta e sedette al posto del passeggero.
-Andiamocene da qui prima che sia troppo tardi, ti prego.
-Stai zitto, Jared. Vattene pure, io faccio da sola. Oh, guarda… che strano pulsante.
Jared stava per dirle di non schiacciarlo per niente al mondo, ma lei fu più svelta.
Subito la grossa e pesante slitta di legno si trasformò in una moderna e maneggevole motoslitta, con un semplice ‘bip’ ad avvertire della metamorfosi in atto.
Valentina sembrava estremamente soddisfatta di quello che era riuscita a fare, l’americano un po’ meno.
Lei temette che gli potesse prendere un colpo e cadesse stecchito con la faccia nella neve senza nemmeno un sospiro.
-Vuoi guidare tu?- chiese, anche se non era sicura che fosse una buona idea.
Immediatamente, Jared sembrò rianimarsi. La guardò incredulo.
-Come?
-Ti ho chiesto se vuoi guidare tu. Ce l’hai la patente, no? Guarda che non te lo chiederò di nuovo.
-Fammi spazio, italiana. Ci penso io.
Pochi minuti dopo, Valentina si pentì amaramente di quello slancio di generosità.
Se lei era un pericolo pubblico al volante, lui era molto peggio. Avevano fatto solo un giro nello spiazzo dietro alla casa di Babbo Natale e già avevano rischiato tre volte di schiantarsi contro un albero.
-Che cosa prevede il tuo piano malvagio per ritrovare il vecchio benefattore di rosso vestito?- domandò Jared, fermandosi.
-Non lo so, io invento sul momento.- detto ciò, Valentina si chiuse in un silenzio meditativo che durò per qualche minuto.
-Premi quel pulsante.- ordinò, alla fine della sua riflessione, indicando da sopra la spalla sinistra di Jared un piccolo tasto azzurro dall’aria abbastanza minacciosa.
Lui si voltò a guardarla scettico e un po’ preoccupato.
-E se fosse quello dell’autodistruzione del veicolo?
-Jared- sbuffò Valentina, seccata: -non è un’astronave, e poi i pulsanti di autodistruzione sono sempre rossi.
-Come lo sai?
-In che universo vivi, si può sapere?
Jared sospirò e chiuse gli occhi mentre schiacciava quel malefico bottone.
Si sentì un segnale acustico e la motoslitta tornò alla sua forma precedente.
Valentina emise un borbottio deluso, ma proprio in quel momento la slitta iniziò sollevarsi da terra, provocando l’euforia dell’italiana e gettando Jared nello sconcerto più totale.
-Non ci posso credere…-commentò quest’ultimo, aggrappandosi al parapetto in un moto di terrore.
Dal canto suo, Valentina, che si trovava al posto di comando, pensò bene di prendere in mano le redini.
-Tieniti forte, vecchio mio, stiamo andando a salvare il Natale!- esclamò.
-Io non sono vec…
-Si parte!
Uno strattone alle redini e l’aggeggio malefico partì a razzo in verticale, verso il gelido cielo della Lapponia.
Il grido di paura di Jared risuonò per tutta Rovaniemi.
Alzando gli occhi, solo qualche bambino capì che quel bolide volante era la slitta di Babbo Natale.
Forse perché gli adulti si rifiutavano di credere ai propri occhi.
Quando la traiettoria si fu stabilizzata, Valentina iniziò a rimuginare sul suo quadro comandi.
Per l’ennesima volta schiacciò un pulsante a caso e subito una voce registrata iniziò a dire qualcosa di incomprensibile in una lingua sconosciuta.
-Potresti parlare in inglese, per favore?- azzardò Jared, che ormai era talmente sconcertato da essere pronto a prendere parte a quel gioco assurdo. Valentina gli lanciò un’occhiata soddisfatta che lui s’impose di ignorare.
-Certamente- rispose la voce. –Mi chiamo Olga, e sono un navigatore elfico di ultima generazione. Dire “renna” per un elenco degli itinerari disponibili. Dire “menta piperita” per l’ultimo itinerario richiesto. Dire “aiuto” per aprire il paracadute. Dire “fuggitivo” per scoprire dove si trova Babbo Natale in questo momento. Dire…
-Fuggitivo!- esclamò Valentina, senza nemmeno farla finire di parlare.
Olga il navigatore sembrò offendersi. –Non ho finito. Fammi finire, maleducata.
Jared lanciò a Valentina un sorrisetto di scherno, lei incrociò le braccia e sbuffò, offesa.
-Dicevo, dire “Befana” per attivare l’assetto bellico, dire “Ohohoh” per avviare il pilota automatico. Ora puoi parlare.
-Fuggitivo.- bofonchiò Valentina, ancora accigliata.
-E anche “Ohohoh”, grazie.- aggiunse Jared, per sicurezza.
-Bene. Sincronizzazione coordinate di Babbo Natale in corso. Pilota automatico attivato. Puoi lasciare le redini, sciocca umana.- rispose Olga il navigatore, con la sua voce robotica.
L’italiana mollò stizzita le redini. –Ehi! Si può sapere che ti ho fatto? Sono stata io ad attivarti, fino a prova contraria!- esclamò, mentre Jared se la rideva sotto i baffi.
-Appunto. Hai interrotto il mio sonnellino rigenerante. E poi il tuo amico mi sta più simpatico di te. Ha una voce bellissima.
-Grazie, Olga cara. Anche la tua è molto gradevole.
Valentina si arrese al complotto che era stato ordito contro di lei e decise di tacere.
-Allora fa’ il tuo lavoro e portaci da Babbo Natale, per piacere.- disse, prima di chiudersi nel suo famoso silenzio dell’onta.
-Approfittane per dormire, Valentina. Ti schiarirai le idee, almeno. Forse.- ridacchiò Jared, dandole una pacca sulla spalla. L’occhiata che l’italiana gli lanciò rischiò seriamente di trapanargli la scatola cranica come un raggio laser.
In effetti, poco dopo Valentina si addormentò, non prima di aver osservato a bocca aperta per un buon quarto d’ora l’aurora boreale che nel frattempo era apparsa di fronte a loro, e non poté prendere in giro Jared per aver flirtato con il navigatore lappone di una slitta magica.
 
 
 
 
 
Note dell’autrice

Bene, i capitoli sono finiti. 
Per ora.

Grazie per la pazienza che avete con questa povera ritardataria, diciamo che la puntualità non è il mio forte.
Ma d’altra parte, come mi hanno sempre detto, mi chiamo Valentina, mica Velocina.
*lancio di pomodori E navigatori lapponi*
N…non l’ho inventata io questa battuta, oh! Io la subisco e basta! D:
*corre a nascondersi dentro una botte e non esce più*
   
 
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