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Autore: animedoro    28/02/2017    0 recensioni
Buio vedo intorno a me.
Non so dove sono, non mi è permesso saperlo essendo cieco in questo momento, posso solo sentire il mio respiro, calmo ma curioso, tranquillo ma spaventato.
A un certo punto però le luci si accendono e mi accecano per qualche minuto, permettendomi solo dopo di vedere dove io sia.
Genere: Demenziale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Will Graham
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sogno dell'allodola smarrita




 
Buio vedo intorno a me.
Non so dove sono, non mi è permesso saperlo essendo cieco in questo momento, posso solo sentire il mio respiro, calmo ma curioso, tranquillo ma spaventato.
A un certo punto però le luci si accendono e mi accecano per qualche minuto, permettendomi solo dopo di vedere dove io sia.
 
Una riva di un fiume, sono lì e vedo, sento e odoro questo paradiso.
I fiori brillano per il riflesso dell'acqua, il cielo azzurro colora il disegno, il vento solletica il palato e i rumori della natura mi pizzicano le orecchie.
Un uccellino canta soave e vola su un albero là vicino, zampetta poi verso me guardandomi con quegli occhi neri senza canto, facendomi tremare per la sensazione che mi dà, sconforto.
La natura non sarà mai la mia libertà, le tenebre mi seguiranno sempre.
Faccio dei passi indietro scioccato, non notando delle radici che mi fanno precipitare nel lago ora divenuto un ammasso gelatinoso che mi blocca tra la salvezza e la disperazione, lasciandomi appesantire i polmoni e soffocare in cerca di vita non trovata, così mi rilasso chiudo gli occhi e accetto la mia disfatta, svanendo nel buio.
 
Mi risveglio steso su una soffice neve appena calata.
Non sono bagnato e non ho freddo, mi concedo il lusso allora di rimanere in quella posizione ancora per un po', sereno di vedere la notte con le stelle.
Chiudo le palpebre per riposarmi, ma sento un respiro profondo al mio fianco destro e qualcosa di umido accarezzarmi la mano aperta delle braccia nella medesima posizione.
Mi volto aprendo gli occhi trovandomi di fronte il famoso cervo nero piumato che si accarezza il muso umido sulla mia mano, sostituendo poi la sensazione acquosa per il naso con la sensazione di gelo con gli occhi neri senza luce, bloccandomi il respiro, facendomi ricordare il tentato omicidio di me stesso.
 
Rimaniamo a fissarci per secondi che mi paiono minuti e per minuti che mi paiono ore.
Dopo di che incomincia a camminare, posizionandosi sopra di me fino al girovita, continuando a fissarmi e io spinto da una strana curiosità mi metto a sedere, trovandomi faccia e faccia con lui, per poi fare fronte contro fronte e circondare il suo collo con le braccia per aggrapparmi alla sua maestosità.
 
Sospiro piano sorridendo per non so quale motivo, strofinando il viso con il suo strizzando gli occhi felice di quella sensazione rassicurante.
A un certo punto però sento qualcosa di strano, il cervo si è fatto pesante nelle mie mani, il cervo si è fatto scivoloso e caldo nella mie dita.
Riapro gli occhi e vedo solo la testa di quell'animale, mozzata dal corpo e grondante di sangue che cade macchiando la neve e i miei vestiti sottostanti.
I suoi occhi sono ancora più neri adesso che le pupille sono sparite e questo mi spaventa più di tutto il resto.

Urlo cercando di levarmi il viso del mostro di dosso, ma non ci riesco, scoprendo solo che ciò mi fa letteralmente male al petto.
Abbasso la sguardo e vedo che delle corna mi hanno attraversato il busto, corna che il cervo ha fatto crescere per arrivare a me, dentro me.
Urlo ancora più forte, tremando per il freddo che mi penetra nelle ferite e per la paura, versando lacrime che mi appannano la vista ancora più del calo di zuccheri.
Non ce la faccio, non ho più le forze e allora crollo al suolo e mi lascio dominare da quell'essere, da quella neve e dal sangue meraviglioso che mi circonda, creando un bel letto per perire.
 
Ma mi risveglio, questa volta in una stanza, in uno studio, studio di Hannibal Lecter.
Lui non c’è, non c’è nessuno, solo l'orologio che batte il tempo.
Mi guardo intorno ed è esattamente come l'ho vista l'ultima volta, fredda ma accogliente e mentre cerco tutti i segni  particolari che mi ero segnato in precedenza, sento un altro battere nella stanza, proviene dalla porta che non è più quella di prima.
 
È fatta di legno e vetro appannato, mi avvicino e riesco a vedere la sagoma di Hannibal dietro, vorrei aprirgli, ma per uno strano motivo non ci riesco.
Lui mi guarda lo so, lo vedo dalla luce che il sole fa nella stanza in cui lui si trova, strano qui è notte...
Ma voglio sentirlo e allora poggio la mia mano sul vetro della porta e vedo che dopo pochi secondi anche lui poggia la mano.
 
Mi chiedo perché non entri dato che questo posto è suo e la porta non è sigillata, perciò apro appena la porta per far spuntare la mia mano sinistra che lui afferra e bacia con disperazione per poi pronunciare il mio nome con devozione.
Io ritraggo la mano e chiudo la porta spaventato da me stesso per aver pensato che fosse giusto che facesse così, quando invece dovrei disgustarlo perché è lo Squartatore di Chesapeake.
 
Mi faccio più vicino alla nostra barriera e gli chiedo:
"Perché mi hai fatto questo?"
E lui rimane fermo per darmi poi come risposta un pugno al vetro al centro facendo in modo che il vetro di rimando balzasse verso di me, spaccandomi il naso.
Gemo di dolore, mi butto indietro, verso la scrivania e respiro affannato guardandomi intorno notando che tutto si sta sciogliendo intorno a me e allora non resisto e mi blocco sentendomi tremare come vele, evaporare come acqua e annegare in fine nell'attacco di crisi che è la mia morte.
Cadendo nel soffice riposo dell'aldilà.
 
Sobbalzo nel lettino che mi è stato dato dall'ospedale psichiatrico nella mia umile cella e respiro a pieni polmoni quell'aria ormai a me conosciuta e mi guardo attorno attonito per scoprire che questo è reale e quello di prima no.
Mi porto la mano al cuore e lo sento pulsare vivo e sorrido perché sono ancora qui, a dispetto di quello che gli altri mi hanno fatto credere nel sogno, sono ancora qui e combatterò finché la mia pazzia non sarà davvero reale, nel frattempo io soppravvivrò alle tenebre, nel frattempo io vivo.
 
 
 

 










 
 
Angolo autrice!
Salve gente sono nuova in questo fandom e sono qui a proporvi un sogno e pensiero di Will Graham, inerente alla seconda stagione, in cui lui è rinchiuso nell’ospedale psichiatrico di Baltimora.
Cosa ne pensate? Fatemelo sapere!
A presto!
By animedoro
  
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