Anime & Manga > Daiku Maryu Gaiking
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Autore: BrizMariluna    28/02/2017    5 recensioni
Il Gaiking, il Drago Spaziale e il loro equipaggio vagamente multietnico, erano i protagonisti di un anime degli anni settanta che guardavo da ragazzina. Ho leggermente (okay, molto più che leggermente...) adattato la trama alle mie esigenze, con momenti ispirati ad alcuni episodi e altri partoriti dai miei deliri. E' una storia d'amore con incursioni nell'avventura. Una ragazza italiana entra a far parte dell'equipaggio e darà filo da torcere allo scontroso capitano Richardson, pilota del Drago Spaziale. Prendetela com'è, con tutte le incongruenze e assurdità tipiche dei robottoni, e sappiate che io amo dialoghi, aforismi, schermaglie verbali e sono romantica da fare schifo. Tra dramma, azione e commedia, mi piace anche tirarla moooolto per le lunghe. Lettore avvisato...
Il rating arancione è per stare dal canto del sicuro per alcune tematiche trattate e perché la mia protagonista è un po' colorita nell'esprimersi, ed è assolutamente meno seria di come potrebbe apparire dal prologo.
Potete leggerla tranquillamente come una storia originale :)
Con FANART: mie e di Morghana
Nel 2022/23 la storia è stata revisionata e corretta, con aggiunta di nuove fanart; il capitolo 19 è stato spezzato in due capitoli che risultano così (secondo me) più arricchiti e chiari
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gaiking secondo me'
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RAPIMENTO
 
Pete arrivò davanti alla porta della sala comune e si fermò, incerto. L'indecisione era una di quelle caratteristiche che, generalmente, non gli appartenevano; come l'umiltà, del resto. Eppure, in qualche modo, ora doveva scacciare la prima e mettere insieme una buona dose della seconda. Sapeva che, a quell'ora, in sala comune non c'era nessuno, tranne Sakon; prese un respiro ed entrò.
Il giovane ingegnere stava leggendo, una volta tanto un romanzo, e non uno dei soliti testi di informatica, astrofisica, meccanica aerospaziale o chissà cos'altro. Riuscì a vedere il titolo di sfuggita, Timeline di Michael Chrichton: un bel raccontone di avventura e viaggi nel tempo che aveva letto anche lui.
Sakon alzò lo sguardo dal libro e lo salutò.

 
Sakon

– Ciao, posso fare qualcosa per te?
– Sì: devo parlarti, se hai un minuto da dedicarmi.
Sakon chiuse il libro e si chiese cosa potesse mai avere Pete, da dirgli; dalla sua espressione, sembrava che l'argomento fosse più di natura personale che tecnica.
– Sono qui: spara.
Pete si sedette sulla poltroncina di fronte a lui e si chinò in avanti, con i gomiti sulle ginocchia; si passò le mani tra i capelli, con un gesto che tradiva il suo nervosismo.
– Senti… io… sono negato per certe cose, ma questa sento davvero di doverla fare, anche perché alcuni avvenimenti degli ultimi mesi mi hanno fatto cambiare idea su… alcune questioni, e… insomma, voglio chiederti scusa, Sakon.
– A me? Ma per che cosa?
– Ah, non cercare di indorarmi la pillola, lo sai: ho detto delle cose orribili quando Lisa è morta. Ma dopo più di sei mesi passati a combattere al tuo fianco, dopo averti conosciuto meglio… e aver conosciuto meglio anche gli Zelani… ho capito molte cose, e ho dovuto rivalutare anche Lisa e quello che ha fatto; ho finito per considerare tutto da altri punti vista. Mi dispiace, perdona la mia insensibilità.
Sakon lo ascoltò in silenzio. Onestamente, non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere da Pete, il campione degli orgogliosi. Conoscendolo, pensava che si fosse persino dimenticato delle parole dure che aveva detto quel giorno, così ci aveva messo una pietra sopra, anche alla luce dei cambiamenti che aveva visto in lui, soprattutto negli ultimi mesi.
– Pete… Ti ho perdonato da un pezzo, se proprio vuoi saperlo. E sai perché? Perché tu non somigli più nemmeno lontanamente all'uomo che eri quando sei arrivato qui, anche se puoi sicuramente migliorare ancora. Cioè… come pilota del Drago non sei secondo a nessuno, io intendo come essere umano.
– A volte non so se sia un bene, ho paura che affezionarmi troppo a… agli altri, mi possa…
– …possa cosa? Rammollirti? Esserti d'intralcio quando combatti? Eh, come ti ho detto hai ancora della strada, da fare, ma posso dirti una cosa in cui credo fermamente: i sentimenti per le persone che abbiamo intorno, amicizia, affetto, simpatia e… anche amore, in certi casi, possono darci tanto di quel coraggio da farci fare cose impensabili. I sentimenti ci rendono più forti, Pete, non più deboli.
– Mi sembra di sentir parlare Fabrizia.
– Può darsi… condividiamo diverse idee sulla visione del mondo, io e lei. Adoro quella matta scapestrata.
– La adori… in che senso? – chiese Pete, con un'espressione a metà tra il preoccupato e il curioso.
– Non nel senso che hai appena pensato. Le voglio bene, perché nonostante le batoste che ha preso non ha perso né la voglia di vivere, né i sentimenti, tantomeno il coraggio. E non ha paura di cambiare: lei stessa non è più la ragazzina spaventata e insicura che era all'inizio e ce la mettete davvero tutta, entrambi, per ubbidire all'ordine che vi ha dato Daimonji. Ho visto che ultimamente le fai fare addestramento ai simulatori di volo: le stai insegnando molto e dando ottimi consigli su come concentrarsi e mantenere i nervi saldi; suggerirle di ricominciare a praticare il karate con Fan Lee, poi, è stato un vero colpo di genio. Lei sta imparando, anche grazie a te, a diventare un guerriero; e se tu sei diventato un po' più… umano, il merito è della tua fanciullina, dei suoi cavalli, e della sua… come la chiami, tu? Stupidera. Su questo Doc aveva visto giusto: passare del tempo insieme vi sta rendendo migliori, non puoi dissentire.
– No, è vero; ammetto che con lei ho ricominciato a vedere certe cose con un po' più di leggerezza. Riesce a farmi ridere, e già questa è una cosa insolita; ma riesce addirittura a farmelo fare in situazioni difficilissime. E… non so… se in Yock e Lyra ho rivisto me e Tom, ci sarà un motivo; sei mesi fa, probabilmente, non ci avrei nemmeno pensato. E sul fatto che anche lei sia cambiata, e sia diventata più determinata e coraggiosa, non posso dire nulla; era solo una studentessa di veterinaria con un diploma da artista e un passato tragico alle spalle… e guarda cosa fa, ora!
– E tu eri solo un Capitano dell'USAF presuntuoso e freddo come l'Artico, e guarda adesso cosa fai: ami gli animali e salvi i bambini. Dimmi la verità: è stata lei a dirti di chiedermi scusa.
– Uhm… Sì, ma no… insomma, avevo deciso già da tempo che volevo farlo. Diciamo che Briz si è preoccupata di ricordarmelo, naturalmente precisando di farlo solo quando ne fossi stato convinto, e non perché me lo aveva detto lei.
– Ahah! Questo è proprio nel suo stile! – rise Sakon, che poi, riprendendo la sua solita espressione pacata, proseguì: – Pete, posso darti un consiglio? Vedo che vi tormentate spesso, tu e Briz, vi prendete in giro, e battibeccate continuamente, ma… hai mai pensato di guardarla da un punto di vista diverso da quello della compagna di battaglia?
– Pensi che non lo faccia? Non potrei evitarlo… Credo di sapere alcune cose di lei che alcuni di voi nemmeno si sognano, anche se sono sicuro che tu, Midori e Doc ne sapete altre che non so io. Sulla NGC, per esempio: non mi ha mai voluto dire cosa le succeda esattamente quando combatte.
– E pensi che te lo dirò io?
– Neanche per sogno: spero che un giorno me lo dica lei, ma ho smesso di chiederglielo.
– Posso dirti solo che… tu non hai idea di quello che Briz sta chiedendo al suo fisico, alla sua mente e persino al suo cuore. Come hai detto tu… era solo un'artista sognatrice che studiava veterinaria.
Rimasero in silenzio per un po', poi Pete tornò all’argomento iniziale.
– Sakon… pensi ancora molto a Lisa?
– Ci penso, sì… non come all'inizio, però. Ci sono cose, nella vita, che non puoi cambiare, e a un certo punto… devi lasciarle andare.
Pete ascoltò quelle parole in silenzio, assorto, e se le ripeté nella mente: "Lasciarle andare…" 
Sakon capì che cercava, molto faticosamente, di adattarle a sé stesso. Ricordava il racconto di Tom, e pensò che tutti loro conoscevano la storia dei due fratelli, e della morte dei loro genitori, solo dal punto di vista del minore; nessuno sapeva come Pete avesse realmente vissuto quella tragedia, sapevano solo che, in seguito ad essa, lui era cambiato.
– Pete… una volta, in cui ero un po’ giù di corda, Briz mi ha detto una cosa, una frase che aveva letto in un libro: "Dammi, Signore, la serenità per accettare le cose che non posso cambiare; la forza e il coraggio per cambiare quelle che posso; e la saggezza… per riconoscere la differenza". 
Pete ponderò quella preghiera per un po': non era male, doveva ammetterlo. Era proprio… una cosa da Briz, pensò con un mezzo sorriso, scuotendo appena la testa.
– Alla fine siamo tornati a parlare di lei – commentò.
– Già… e non ti dispiace nemmeno. Dammi retta, Pete, guardala bene, la tua fanciullina, considerala da ogni punto di vista: lei è molto di più della pilota di Balthazar, del nostro giullare di corte o della piccola scapestrata che spara volgarità per sentirsi più dura.
Pete annuì lentamente, e non disse nulla; si alzò e fece per andarsene, quando Sakon gli disse:
– Ehi… grazie, per essere venuto da me, e per le tue scuse: l’ho apprezzato molto – e gli allungò la mano.
Pete gliela strinse, con la convinzione che, quel giorno, aveva perso un semplice compagno di battaglia per trovare un amico.
In quel momento la porta si aprì, e Jamilah mise dentro la testa.
– Ah, sei qui, Prof! Ciao, Pete. Vi disturbo?
– Certo che no, Jami, tu non disturbi mai – disse Sakon.
A quelle parole, Pete ebbe l'impressione di vedere il volto della ragazza assumere una sfumatura rosata sotto la pelle d'ambra, e una luce danzare negli incredibili occhi color acquamarina. Gli sembrò strano aver notato una cosa del genere: di solito lui non era molto attento alle emozioni altrui.
– Senti, Prof… volevo solo dirti che Doc ha bisogno di te, ma senza fretta. Ti aspetto da lui, a dopo – disse Jamilah, con un sorriso tutto denti bianchissimi, fossette sulle guance e occhi luminosi, prima di scomparire di nuovo dietro la porta.
"Questa ragazza è adorabile" pensò Pete "E mi sa che Sakon nemmeno se n'è accorto!"
– Raggiungi Jami – gli disse; poi, usando più o meno le stesse parole che aveva usato Sakon, proseguì: – Posso darti un consiglio io? Guardala bene, la tua collaboratrice: secondo me è molto di più dell'assistente silenziosa e professionale che sembra, anche se continua a chiamarti Prof. Non darla per scontata, potrebbe sorprenderti!
– Lo sai, vero, che prima di conoscere Briz non mi avresti mai detto una cosa del genere? – concluse Sakon, uscendo dalla sala e lasciandolo lì, con quella domanda che aleggiava nell’aria.
Pete si disse che forse l'amico non aveva tutti i torti: da un po' di tempo aveva davvero cominciato a pensare e ragionare su certe cose in modo diverso; lui e Briz si stavano davvero influenzando a vicenda. 
La tua fanciullina, aveva detto Sakon. Ecco, forse in questo si sbagliava… Fabrizia era senz'altro una fanciullina, per lui lo sarebbe sempre stata, ma una cosa era certa: non era sua.
 
* * *

Midori fece un paio di respiri profondi e mise le mani sulla cloche del caccia stellare: la spinse lentamente in avanti e il veicolo acquistò velocità sulla rampa di lancio all'interno del Drago.
Adesso cominciava a capire come si sentissero Briz e tutti gli altri, quando lanciavano Balthazar e gli altri mezzi su quella stessa pista. Pochi secondi, e il caccia schizzò all'aperto, stagliandosi contro il cielo azzurro.
Questa volta non era un addestramento: era una missione di ricognizione dall'alto, con un nuovo mezzo. Nel dischetto che Yock aveva consegnato al dottor Daimonji, avevano trovato informazioni talmente numerose e dettagliate, da essere ancora al vaglio. Molte dovevano essere ancora decrittate, ma grazie ai computer e all'aiuto di Yock e Lyra, Daimonji e i suoi colleghi che avevano in affidamento i due ragazzi, ne avevano già decodificato una buona parte.
C'erano indicazioni su siti terrestri sospetti e su progetti di navi madri e stazioni da combattimento disseminate nello spazio. Molte spie ribelli zelane erano morti, per raccogliere quei dati e farli avere al professor Zenon; lui stesso aveva pagato con la vita la missione di consegnarli ai terrestri, e che poi era stata miracolosamente portata a termine dai suoi coraggiosi figli.
Daimonji aveva scelto ora di affidare a Midori questo compito di ricognizione, poiché riteneva che nessuno avrebbe riconosciuto né il caccia, né il pilota. Doveva solo esplorare una zona, nientemeno che nel deserto del Sinai, indicata nei dati del dischetto come possibile sito di un insediamento zelano nemico. Il dottore aveva anche chiesto a Sanshiro di accompagnarla, visto che il velivolo poteva portare due persone, ma Midori aveva rifiutato, un po' perché non voleva essere ritenuta tanto sprovveduta da aver bisogno di un accompagnatore, un po' perché sapeva benissimo che la presenza di Sanshiro l'avrebbe ulteriormente innervosita.
Si sentiva strana, ogni volta che pensava a lui; non era tanto ipocrita da affermare che non le piacesse, ma era assolutamente d’accordo con le cose che si erano dette con Jami e Briz: era un compagno di equipaggio, erano solo ormoni a palla, avevano altro a cui pensare, e bla, e bla, e bla…
In più, Midori era tormentata da qualcosa che nemmeno lei capiva. Era sempre stata una ragazza alquanto timida e riservata, nei rapporti con l’altro sesso; c’era stato un momento in cui si era persino chiesta se in lei non ci fosse qualcosa che non andava: si era sempre sentita un po’… diversa, rispetto alle sue amiche che erano molto più sciolte e disinibite. Era sicurissima di essere eterosessuale, – e se anche avesse scoperto il contrario, non sarebbe stato certo un problema – non era in questo contesto che avvertiva tale differenza.
Alla fine, aveva dato la colpa di tutto al fatto di essere orfana e di non ricordare nulla delle proprie origini. Ma le sue esperienze con i ragazzi si contavano su una mezza mano e non si era mai sentita coinvolta più di tanto.
Quello che provava per Sanshiro le sembrava assolutamente nuovo, e le faceva paura; non sapeva perché, ma era così. E proprio per questo – e per le ragioni di cui aveva discusso con le amiche – era assolutamente decisa a lasciare il mondo come stava. Anche perché, cosa da non sottovalutare, Sanshiro non aveva mai fatto un mezzo passo che lasciasse trapelare un minimo di interesse verso di lei. Da un lato le dispiaceva un po’, dall’altro si sentiva sollevata: un pensiero in meno di cui preoccuparsi.
Ma adesso, mentre il terreno roccioso, le alture e gli anfratti si dipanavano sotto di lei, venne assalita dalla tensione: forse, affrontare in solitaria quella ricognizione, non era stata poi un’idea così buona.
– Che stupida – mormorò parlando a sé stessa, per farsi coraggio da sola – Avrei dovuto ascoltare Doc… vorrei tanto che Sanshiro fosse qui…
– Presente! – le rispose lui, dal sedile dietro.
– Aaugh! – urlò Midori spaventata a morte, sobbalzando con violenza, gettando un'occhiata dietro di sé e perdendo per qualche secondo il controllo del caccia.
Riportato il mezzo in assetto, la ragazza guardò di nuovo Sanshiro di traverso.
– Non-farlo-mai-più! – gli sibilò – Mi hai tolto dieci anni di vita, disgraziato! Cosa diavolo ci fai qui!?
– Oh, andiamo, non venirmi anche a dire che ti dispiace: hai appena detto che mi avresti voluto qui! Non è stato poi così difficile salire prima di te, senza farmi notare – aggiunse con una nota di autocompiacimento.
– Sì, ma… Ah, niente, lasciamo perdere – sospirò lei – Avrei dovuto immaginarlo, che non vi sareste fidati delle mie capacità.
Ripreso il controllo della situazione, e soprattutto delle proprie emozioni, Midori si chiuse nel silenzio e nella concentrazione. Sapeva che per i ragazzi dell'equipaggio era stata una novità scoprire che anche lei sapeva pilotare un mezzo da ricognizione, ma Sanshiro le era parso il più stupito. Così, senza dirgli una parola, decise che gli avrebbe dato una dimostrazione della sua abilità: all'improvviso cominciò a tirare la cloche verso di sé e a salire verso l'alto, a velocità vertiginosa.
– Ehi, ma cosa…! – protestò il giovane.
– Silenzio, là dietro! – lo zittì Midori perentoria, puntando poi in giù il muso del caccia, facendolo letteralmente precipitare in avvitamento.
– Doriii! Piantala! Sei bravissima, okay? Fermaaa!
La ragazza recuperò l'assetto all'ultimo secondo, sfrecciando poi attraverso il cielo in orizzontale facendo avvitare il velivolo su sé stesso e infilando, uno dopo l'altro, un paio di giri della morte. Sanshiro si aggrappava ai braccioli con tutte le sue forze, e se non fosse stato per le cinture che lo tenevano saldamente ancorato al sedile, chissà dove sarebbe finito.
– Aaaahh! Midori, basta! Sei impazzita!?
La giovane pilota riportò il caccia in posizione e riprese il volo tranquillamente, lasciandosi sfuggire una risata argentina e prendendo un po' in giro l'amico:
– Fabrizia mi ha detto che in Italia, in un parco di divertimenti che si chiama Mirabilandia, c'è una specie di ottovolante, il Katun,1 sul quale provi sensazioni come queste. Ma visto il colore di cui sei diventato, è un'attrazione che non ti consiglio!
– Tu sei matta proprio come la tua degna amica! – esclamò Sanshiro, risistemandosi sul sedile e raddrizzandosi il casco; nonostante le cinture, aveva preso una bella sconquassata – E, per la cronaca, ero convinto già prima che tu fossi un'ottima pilota, non c'era bisogno di… traumatizzarmi così!
– Oh, ma povera stella… e allora come fai sul Gaiking?
– Ma ti prego! Il Gaiking lo guido io!
– Guarda! Questa è la zona che dobbiamo sorvolare e studiare – esclamò Midori che, nonostante il battibecco, non aveva distolto l'attenzione dal suolo.
Passarono a volo radente diverse volte su alcune grandi formazioni rocciose, senza rilevare forme di vita. Midori decise di scendere più in basso, infilandosi in un canalone e zigzagando tra le rocce, ma non trovarono tracce di insediamenti zelani.
– Potrebbero esserci dei sotterranei, delle caverne; forse dovremmo atterrare e andare a vedere a piedi – disse la ragazza, cercando una zona pianeggiante su cui discendere.
– Io penso che dovremmo rientrare e lasciare questo compito al Bazzora, che mi sembra il mezzo più adatto, ma la missione è la tua: mi fido di te.
Midori trovò un piccolo spiazzo e attuò un atterraggio in verticale: non aveva preso minimamente in considerazione il consiglio di Sanshiro. Controllarono le pistole e scesero a terra.
Sembrava tutto calmissimo: non c'era anima viva, silenzio assoluto, a parte i loro passi che scricchiolavano sul terreno polveroso; gli anfratti e le ombre si rivelarono solamente per quello che erano.
Dopo circa mezz'ora tornarono sui loro passi, verso il caccia; si fermarono all'ombra del velivolo, accaldati sotto il sole cocente, e si tolsero i caschi e i guanti.
– Uff, non ne potevo più! – sbuffò Midori, scuotendo i capelli – A quanto pare le informazioni in nostro possesso riguardo a questo sito non sono molto precise.
– Pare proprio di no, magari sono state decrittate male – concordò Sanshiro, cominciando a rilassarsi.
– A questo punto direi che possiamo rientrare. Magari, come dici tu, è meglio un'esplorazione più mirata col Bazzora.  
Midori fece per rimettersi il casco, ma lui la fermò.
– Aspetta, vorrei darti una cosa – disse Sanshiro, togliendo un oggetto da una tasca del giubbotto – Oggi è il diciotto novembre, quindi… domani è il tuo compleanno, no?
– Beh, sì… ma non mi aspettavo regali. E comunque… è come il regalo che abbiamo fatto a Briz: da parte dell'equipaggio, vero?
– Veramente no; quello c'è, ma te lo daremo domani. Questo… è da parte mia.
Midori rimase senza parole, non se l'aspettava proprio: Sanshiro le aveva fatto un regalo! La cosa la intrigò, suo malgrado; e la spaventò, anche.
Prese il sacchettino di stoffa dorata, chiuso da un laccetto dello stesso colore, e lo osservò, sentendo le guance scottare.
– Io… non so proprio come ringraziarti, davvero.
– Intanto aprilo, poi ci pensiamo. Magari non ti piace.
"Sarà difficile. Qualunque cosa sia, mi piacerà per il semplice fatto che me l'hai regalata tu" pensò, senza riuscire ad arginare quel pensiero, e provando subito dopo, di nuovo, una strana inquietudine.
Sciolse il fiocchetto e aprì il sacchettino e, come previsto, si innamorò immediatamente del ciondolo a forma di M agganciato a una catenina d’argento: incastonata in una delle due punte c'era una piccola pietra azzurra che luccicava alla luce del sole.
Finalmente Midori ritrovò la voce e il coraggio di guardare Sanshiro negli occhi: non gli aveva mai visto un'espressione così, a metà tra il tenero e l'imbarazzato.
– Lo adoro – disse semplicemente.
– Bene, sono contento. Perché, sai… l’ho fatto modificare da Sakon: contiene una piccola trasmittente.
– Una trasmittente? Non bastavano gli auricolari con cui conviviamo quasi sempre? – chiese lei.
– Veramente è un po’ diverso… con questo… – a Midori sembrò quasi di vederlo arrossire – Beh, con questo comunichiamo… solo io e te. Ecco l’ho detto! – concluse velocemente.
Il giovane sollevò un polso per mostrarle il proprio braccialetto d'argento che portava da sempre, e sul quale era inciso il suo nome in giapponese: sulla piastrina d'argento, accanto al nome, c'era una piccola pietra azzurra, uguale a quella del ciondolo.
– Ho fatto mettere una trasmittente identica qui.
– Non ci credo! Ma… come ti è venuta in mente una cosa simile?
– Mmm, boh. Magari perché a volte, anche se non possiamo vederci, mi piacerebbe parlarti senza che lo sappia tutta la truppa. È… come un cellulare personale, ma un po' più carino e meno ingombrante.
A Midori sfuggì un sorriso: le orecchie di Sanshiro erano diventate incandescenti. Esistevano ancora ragazzi così? Ecco perché ciò che provava per lui era così diverso dalle sue esperienze precedenti.
Per la miseria: si era davvero presa una cotta con i controfiocchi! Il problema era che questa cosa la spaventava a morte; com’era possibile provare nello stesso tempo due sensazioni così contrastanti?
– Senti… visto che il regalo ti piace, non mi dispiacerebbe riprendere il discorso dei… ringraziamenti – fece lui, avvicinandosi di quel passo che li separava; le accarezzò il viso e abbassò la testa, appoggiando la fronte a quella di lei – Perché sai… io, una mezza idea, ce l'avrei – finì sottovoce.

 
Sanshiro-e-Midori

Midori pensò fugacemente: "Hai capito, questo! Fa il finto timidone!" 
E a quel punto si rese conto, paura o non paura, che se adesso l’avesse baciata, di certo lei non si sarebbe fatta in là.
Chiuse gli occhi e aspettò.
Aspettò un bacio che non arrivò.
Midori sentì Sanshiro irrigidirsi improvvisamente ed entrambi aprirono gli occhi, mentre lui le metteva un dito sulle labbra per farla tacere e si guardava intorno; anche lei aveva sentito qualcosa, e in un attimo erano di nuovo vigili e all'erta.
Il boato ruppe il silenzio del deserto all'improvviso: una strana nave corazzata zelana sfondò una parete di roccia, rivelando un nascondiglio dentro un'altura.
I due si ripararono dietro il caccia, mentre cominciavano a sparare agli Uomini Uccello che erano comparsi all'improvviso attorno a loro. Ne fecero fuori parecchi, ma il fuoco continuo delle loro armi gli impediva di muoversi per risalire sul loro caccia. Ad un tratto, dal mezzo nemico partì un largo raggio infuocato che investì in pieno il loro velivolo. Riuscirono a sfuggire per miracolo a quell'arma micidiale, mentre il caccia veniva letteralmente fuso sotto i loro occhi. Sanshiro riuscì a dare l'allarme al Drago Spaziale, che comunicò il suo arrivo nel giro di pochi minuti.
Purtroppo quei pochi minuti si rivelarono troppi: gli uomini alati spuntavano da tutte le parti e si avvicinavano pericolosamente, sempre di più, avvantaggiati dal fatto che potevano volare.
C'era un'unica via di fuga, lungo il canalone, e decisero di provare: inseguiti dal fuoco nemico cominciarono a correre, quando Sanshiro si avvide che un Uomo Uccello li aveva quasi raggiunti, poco sopra di loro, e si apprestava ad afferrare Midori. Con tutte le sue forze si lanciò contro di lei, facendola rotolare a terra, mentre un letale raggio rossastro partito dall'arma del mutante, lo colpiva a una spalla.
Il dolore fu lancinante e gli si annebbiò la vista.
– Scappa, Midori! – gridò, mentre impegnava tutte le sue forze nel prendere la mira e sparare allo zelano.
L'uomo alato rovinò a terra, e Sanshiro non poté fare altro che la stessa cosa: il sangue gli usciva a fiotti dalla ferita, e insieme ad esso se ne andavano le forze. Midori si fermò per soccorrerlo, terrorizzata, ma lui le gridò di nuovo di scappare.
Lei obbedì, ma fu ben presto raggiunta. La vide difendersi come una pantera, sparando, tirando calci e pugni, atterrando e abbattendo diversi nemici. E intanto, chiamava lui.
Sanshiro riuscì solo a pensare che Midori era in pericolo, e lui non poteva aiutarla. L'ultima cosa di cui fu cosciente, prima di perdere i sensi, furono gli orribili soldati alati che la sopraffacevano, immobilizzandola e portandola via, sollevandola da terra.
E la sua voce, che continuava a chiamarlo.
 
* * *
 
A svegliarlo fu il dolore pulsante alla spalla.
Non era più steso nella polvere del canalone, ma in un letto, nella stanza di primo soccorso del Drago. Con la vista ancora annebbiata, Sanshiro faticò a mettere a fuoco Briz, Sakon, Daimonji e Pete.
– Ehi, come stai? – gli chiese Fabrizia, spostandogli i capelli scuri dalla fronte.
– Dov'è Midori? – chiese lui per tutta risposta.
– Speravamo che ce lo dicessi tu – disse Doc, preoccupato.
Sanshiro si sollevò lentamente, appoggiandosi ai cuscini che Briz gli aveva sistemato.
– L'hanno presa. L'ultima cosa che ho visto erano gli Uomini Uccello che la sollevavano e la portavano via.
– Allora dev'essere ancora viva – commentò Pete, deciso.
– Come fai a dirlo? Non hanno fatto altro che spararci addosso!
– Appunto: allora perché rapirla? Se avessero voluto ucciderla, lo avrebbero fatto e basta, non credi?
Effettivamente il ragionamento non faceva una piega, ma tutti si stavano chiedendo il perché.
– Maledizione… dovevo proteggerla, invece me la sono fatta rapire sotto al naso! Come ho potuto…?
– Ecco, a proposito! – esclamò il solito intransigente Pete – Che diavolo stavate facendo, per distrarvi così durante una missione?
– Stavamo parlando, okay? E non eravamo distratti, ci siamo accorti subito che c'era qualcosa che non andava! – rispose Sanshiro – E tu devi solo stare zitto! Ti sei già dimenticato che poche settimane fa ti sei fatto fregare come un pollo? Se non ci fossimo stati io e Briz, a quest'ora il Drago sarebbe stato bello che andato, perché tu… ti eri distratto!
Briz intervenne: – Ragazzi, ma vi sembra il momento?
Doc prese la parola: – Con ogni probabilità Pete ha ragione, quando dice che hanno rapito Midori per un motivo. Il caccia è distrutto, e la presenza del Drago non è più un segreto. Io penso che dovremmo… aspettare la loro prossima mossa.
– E se volessero torturarla, per farsi dire qualcosa del Drago? – disse Sanshiro – E se poi scoprissero che lei non sa un bel niente di tutto il suo funzionamento? La uccideranno! Se le faranno del male, io…
– Tu cosa? – lo interruppe Sakon – Nessuno può fare niente al momento, tantomeno tu, con quella spalla ferita. E poi gli zelani sanno che le persone che conoscono più a fondo il Drago siamo io, il dottor Daimonji e Pete. Non credo che uccideranno Midori, non prima di averci detto cosa vogliono, almeno. Forse ha ragione Doc: dobbiamo aspettare un segno da loro.
Sanshiro si lasciò ricadere contro i cuscini, con un gemito di frustrazione; non riusciva a credere di essere stato così stupido. Non era capace di condividere il cauto ottimismo degli altri, sapeva solo che Midori gli sembrava perduta, proprio adesso che…
No, non poteva darsi pace, si sentiva in colpa, incapace e totalmente inutile.
– Ascolta, Sanshiro – gli disse Daimonji – Devi accettare il fatto che per il momento non possiamo fare niente. Il dottor Watanabe ha detto che la tua ferita non è grave, ma hai perso molto sangue e devi assolutamente riposare un po’; intanto noi cercheremo di valutare la situazione. Fai come ti dico.
Il giovane assentì, con un'espressione così avvilita che persino Pete si sentì solidale con lui: in fondo Sanshiro aveva ragione, a dire che lui si era fatto ingannare in modo anche più stupido. Si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla sana.
– Ehi… se c'è un modo per riprenderci Midori, lo troveremo, stanne certo.
Sanshiro chinò stancamente il capo, rassegnato, guardandoli poi di sottecchi uscire dalla stanza. Solo Briz rimase, seduta sulla sedia accanto al suo letto.
– Cerca di dormire, devi recuperare un po’ di energie; so che è difficile, ma credo anch'io che possiamo solo aspettare. E non sentirti in colpa, sono sicura che hai fatto tutto quello che potevi per difendere Midori. Non ti avranno ferito per niente, no?
– Mi sono buttato avanti perché non la afferrassero… Il solo pensiero mi ha messo il terrore.
– Non hai niente da rimproverarti: avete reagito tempestivamente, quando vi hanno attaccati.
– Sì, anche se ammetto che ero abbastanza preso da… insomma stavo per…
– Per…?
– Stavamo… per baciarci – confessò Sanshiro.
– Uhuu… questa è una bella novità! – esclamò Fabrizia, stringendogli leggermente una mano e cercando, per quanto possibile, di sdrammatizzare – A questo punto, tireremo fuori a tutti i costi la nostra amica da qualunque posto sia: non posso proprio perdermi un epilogo romantico, con voi due come protagonisti! Quindi, cerca di riprenderti in fretta.
– Okay, ci proverò – disse Sanshiro con un lieve sorriso stanco – Tu riesci sempre ad alleggerire anche le situazioni più tese. Grazie.
– Dai, riposa un po’, adesso, e riprendi le forze. Andrà tutto bene…
Sanshiro chiuse gli occhi, e l'immagine di Midori gli danzò nella mente. Il sangue perduto, la stanchezza e i tranquillanti che aveva in corpo, fecero il resto: lentamente scivolò nel sonno.
Briz gli accarezzò i capelli con un gesto affettuoso.
Come tutti gli uomini, Sanshiro si teneva i sentimenti sepolti nel cuore fino all'ultimo: nemmeno lei era riuscita a decifrarlo prima, men che meno Midori, che le era sempre sembrata molto indecisa, su questa situazione col pilota del Gaiking. E adesso, il destino avrebbe dato ai suoi amici l'opportunità di realizzarlo, quel bacio?
Briz era spaventata e preoccupata quanto gli altri, ma ci sperava; ci sperava davvero tanto.
 
> Continua…
 
 
Nota:
Questo capitolo e il successivo, sono ispirati all’episodio n° 12, “Rispondi, Midori”, sul quale, naturalmente, io ho ricamato un po’, come mio solito. La parte di Sanshiro che si intrufola sul caccia di nascosto e Midori che fa la spericolata, c’è davvero anche nell’anime, così come il rapimento e il regalo del ciondolo con la trasmittente. Naturalmente, invece, al nostro Sanshi, come da copione dell’epoca, non passava nemmeno per la testa di provare a baciare la ragazza (fortuna che ci sono io a pensare a queste cose).
Fra l’altro sono sicura che non fosse nemmeno nel deserto del Sinai, che fosse ambientato l’episodio, ma siccome mi piaceva l’idea, e la fanfiction è mia (sì, mia, miamia!) io ci faccio quel che mi pare.

 
1 Il Katun: ragazzi, se vi capita di andare a Mirabilandia, provincia di Ravenna, provatelo. Io pensavo me la sarei fatta sotto al solo pensiero, e invece, alla mia veneranda età, ho finito per farlo tre volte di fila! È una figata galattica! (Anche se scendi ogni volta con lo stomaco in gola e le gambe che tremano… ops, forse non dovevo dirvelo…)

 
Ah, avete visto nei disegni Sakon, Sanshiro e Midori: naturalmente sono ispirati a com’erano nell’anime, ma con la mia personalizzazione.
Sanshiro lo avevo messo anche al capitolo tre, ma era più in stile anime.
  
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