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Autore: Tefnuth    01/03/2017    1 recensioni
[sequel di Evil mirror].
Da quando è stato imprigionato nel mondo dello specchio, l'unico pensiero che occupa la mente di Tom è il desiderio di vendetta contro Bill. Nulla può distrarlo del tutto da questo chiodo fisso, non gli svaghi che si è creato né la compagnia di una piccola ombra.
Bill, invece, sta assaporando ogni secondo della vita reale portando con sé un gran segreto.
Entrambi pensavano che non si sarebbero mai più rivisti, invece i loro destini torneranno ad intrecciarsi grazie all'intervento di un personaggio misterioso, che offre a Tom la possibilità di vendicarsi.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Mi hai ingannato!” affermò Tom, puntando l’indice destro, dritto come un fuso, contro Miroir.

“Non mi sembra che fossi tenuto a dirti quali fossero le mie ragioni” rispose semplicemente lo spettro di vetro; al suo interno la nube bluastra aveva assunto un’insolita sfumatura rosso-viola, che si mostrava in piccoli lampi.

“Invece si, visto quello che sono venuto a sapere” replicò Tom.

“Lascialo andare. – S’intromise Bill, interponendosi tra l’amico e il nemico. – Volevi me, e ora sono qui”.

“Non posso farlo: ha firmato la sua condanna quando ha rimesso piede qua dentro” ribatté lo spettro, nella cui mano si stava materializzando una sfera di cristallo.

Percependo il pericolo imminente Bill si voltò verso Tom, lo abbracciò e gli sussurrò all’orecchio di pensare al cielo. In seguito ali di vetro comparvero sulla sua schiena, ed entrambi si librarono in aria in un cielo che, poco alla volta, si formava dinanzi a loro sostituendo il vuoto.
“C…com’è?” balbettò Tom mentre si teneva ben stretto all’angelo di cristallo.

“Non ho più controllo su questo posto, ma se mi concentro bene posso ancora modificare il mio corpo. E’ un grosso dispendio di energie, ma non ho avuto altre idee” spiegò Bill sbattendo con forza le sue ali, per andare il più veloce possibile.

Kyaaaaaaah.

Le nuvole sotto di loro tuonarono, e poi si aprirono sputando una sfera che esplose in una miriade di frammenti non lontano dal duo. Alcuni spilli colpirono le ali di Bill, frantumandole, e i ragazzi precipitarono nel vuoto. Prontamente Tom fece comparire il caldo mare in cui caddero e, subito dopo, l’asciutta terraferma (sebbene fosse solo uno scoglio immerso nel vuoto, e non la spiaggia morbida che il ragazzo si era immaginato). Per Tom la caduta aveva comportato solo un temporaneo disorientamento; Bill invece ne era uscito fortemente provato (le incrinature si erano infittite) e non riusciva ad alzarsi.

“Come stai? – Chiese Tom all’amico. – Dimmi qualcosa!”

“Scappa! Esci da qui e rompi lo specchio” sussurrò Bill nel frattempo che l’altro lo aiutava a sedersi.

“Non ti lascio qui, da solo, un’altra volta” replicò immediatamente Tom.

“Piantatela con questi discorsetti. – Li interruppe Miroir, atterrando con la gigantesca forma di un orribile spettro la cui parte superiore era uno scheletro, coperto da un mantello in cui si intravedevano molti volti. – Mi state facendo venire il voltastomaco”.

“Perché?” gli domandò Tom, cercando di prendersi il tempo necessario a trovare un modo per uscire da quella situazione.

“Perché lui era l’unico a poter uscire da qui” rispose Miroir riprendendo la forma umanoide.

“Che vuoi dire?” balbettò Bill, tanto stanco da doversi sorreggere all’amico per restare in piedi.

“Tantissimi anni fa eri proprio come il tuo amico: un ragazzino del mondo reale. L’unico figlio di due genitori che non andavano mai d’accordo. E’ stato facilissimo, per me, avvicinarti e farti credere che fossi un amico. Ah, ricordo ancora quei tempi, quando eri così disperato da passare gran parte delle giornate insieme a me. Ma, come la tua copia, avevi capito che c’era qualcos’altro sotto le mie gentilezze. Per questo ti imprigionai e cancellai la tua memoria, rendendoti una creatura di questo mondo; anche se i tuoi natali ti davano la possibilità di andartene quando ti pareva” spiegò lo spettro fingendo di rimirarsi le unghie delle dita.

“TU MENTI! NON E’ VERO!” sbottò Bill in preda ad un attacco isterico.

“Vero come l’aria che respiri. Se non fossi nato nel mondo reale, ti saresti disintegrato appena uscito da qui. Avrei voluto usare il tuo corpo per andarmene, ma tu sei scappato prima. Il resto è storia”.

Bill si inginocchiò, cercando di sopperire la sensazione di vuoto che stava provando in quel momento

“I…io” balbettò stringendo la mano a Tom, il quale cercò di dargli conforto stringendolo a se.

“Se quello che dici è vero, perché non hai fatto lo stesso con me?” domandò poi a Miroir.

“Tu hai creato un legame con Bill, non con me, per questo non sarei mai riuscito a riservarti lo stesso trattamento né ad usarti come tramite. L’unica cosa che mi sono potuto permettere, purtroppo, è stato di assicurarmi che tu non trovassi un modo per scappare prima che mi mostrassi. Il resto è stato semplice: due paroline e sei andato dove volevo io” ridacchiò Miroir.

“Qui sarà meglio andarsene” pensò Tom, e prima ancora che Miroir potesse dire qualche altra parola, fece apparire dietro di sé un portale. Trascinando Bill ci si infilò dentro, rinchiudendolo ancor prima di potervi creare un mondo al suo interno.

“Credete di poter scappare? – Sussurrò Miroir, rimasto solo sullo scoglio. – Gli darò qualche minuto per riordinare le idee, dopodiché moriranno entrambi”.
Nel frattempo, nella stanza vacua che Tom aveva creato su due piedi mentre attraversava il portale…

“La situazione sta andando di male in peggio. – Affermò Tom, in piedi contro una parete; aveva fatto sì che quella dimensione fosse nascosta da altre, tuttavia sapeva che non avevano molto tempo. – Dobbiamo trovare una soluzione, tu sai niente che ci possa essere utile?” domandò a Bill il quale era seduto per terra, con le ginocchia al petto e lo sguardo perso nel vuoto. Non sembrava che lo avesse sentito.

“Bill? – Tom si avvicinò all’amico. – Ti prego, ho bisogno che mi aiuti” lo supplicò posando le mani sulle sue spalle.

“Non so proprio niente. – Esordì il ragazzo di cristallo a voce alta. – Non ho nemmeno idea di chi sia io”.

“Io lo so: sei il mio amico anzi…mio fratello. Il resto non mi importa. Però adesso ho proprio bisogno che tuti concentri, e che mi aiuti a metter su un piano” ripetè Tom sedendosi vicino a Bill.

“Per far che? E’ praticamente immortale” affermò il ragazzo di vetro, sconsolato e arrendevole.

“E se provassimo a farlo uscire? Praticamente l’ha detto prima: non sopravvivrebbe” ipotizzò Tom, che di perdere le speranze proprio non ne aveva voglia.

“Non è stupido: chiuderà ogni passaggio, e ci impedirà di farne di nuovi” osservò l’altro.

“Ah maledizione, hai perfettamente ragione”.

“Te l’ho detto, non c’è nulla da fare”.

“Sono sicuro che ci sia un modo, dobbiamo solo analizzare la situazione e trovare il possibile punto debole di Miroir” sostenne Tom mettendosi una mano tra i capelli.

“Quale punto debole? – Sbottò nuovamente Bill. – Ha rischiato solo quando mi ha…” si bloccò di colpo.

“Ti ha? Avanti”

“Mi ha cancellato la memoria, e mi ha tenuto in vita, ma avrebbe potuto fin da subito impossessarsi del mio corpo. Forse c’è un motivo valido” suppose il ragazzo di cristallo, sembrava che l’idea gli avesse ridato un po’ di fiducia.

“In effetti non è stata una bella mossa. – Concordò Tom, poi la mente gli si illuminò – E se tu avessi trovato un modo per distruggerlo? Magari nemmeno lui sa come potrebbe morire, e vorrebbe scoprirlo. Ecco la spiegazione: sperava che tu lo portassi alla soluzione, anche inconsciamente”.

“Un po’ difficile, visto che non ho alcun ricordo di com’ero prima” dichiarò Bill meditabondo.

“Dove stavi, quando non eri con me? – Gli domandò Tom. – C’era un posto dove passavi il tempo, da solo?”.

Illuminato da chissà quale spirito, Bill si alzò di scatto, prese per mano Tom e lo condusse attraverso un piccolo portale che portò entrambi in una stanza che il ragazzo del mondo reale non aveva mai visto. Non era molto grande, né aveva un particolare stile, piuttosto sembrava un luogo in cui collezionare diversi oggetti di epoche diverse (una in particolare). A una delle estremità, un letto a baldacchino con l’intelaiatura in legno scuro e le tendine bianche, che faceva coppia con le travi sul…soffitto?

“Che posto è, questo?” chiese Tom guardandosi intorno.

“La mia…stanza privata. – Rispose Bill, titubante perché non sapeva se definire quel luogo una camera da letto oppure no. – Non l’ho creata io, l’ho semplicemente trovata in uno di quei giorni in cui non stavo facendo niente. Non è un granché, non lo è mai stata, ma dopo che ho scoperto che Miroir non poteva entrarci…”

“Hai pensato bene di usarla come rifugio. – Continuò Tom anticipando l’amico. – Visto quello che fa, può darsi che l’abbia creata tu nella tua…vita precedente”. Gli scocciava aver detto quelle ultime due parole, ma non gli era venuto in mente altro.

“Se questo è vero, e se veramente avevo trovato il modo per liberarmi di lui, credo che questo sia l’unico posto in cui potremo trovare delle risposte” ipotizzò il ragazzo di cristallo, mettendosi subito a cercare nell’ammasso di oggetti che aveva accumulato per anni (chissà quanti poi).

Non fu un’impresa facile muoversi tra tutte quelle cianfrusaglie, sembrava quasi che fosse scoppiata una bomba in un negozio di souvenir, e più di una volta Tom si fece male ad una mano; Bill invece, nonostante gli anni passati lontano da casa, si muoveva molto più agilmente anche se continuava a muoversi come se volesse imitare la fibrina che tiene insieme le piastrine (d’altronde era l’unico metodo per evitare che la roba gli cadesse sulla testa). Fu per sopprimere una risata alla nascita, nel vedere quella scena, che Tom guardò sotto al letto dove notò una piccola discrepanza nella tarsia del pavimento.

“C’è qualcosa, qui sotto al letto” esclamò richiamando l’attenzione dell’amico.

Mettendo insieme le loro forze, i due spostarono il pesante pezzo d’arredamento, così che alla luce di una lampada fatta apparire lì a bella apposta si potesse vedere la parte difettata del pavimento: un’evidente incongruenza, come se qualcuno avesse tagliato di netto una parte della pavimentazione.
“Non me ne sono mai reso conto” affermò Bill avvicinando istintivamente la mano a quello che, poi, si dimostrò essere uno specchio che rivelò la propria identità solo quando la mano del ragazzo di cristallo ci finì dentro.

“Questo sì, che è interessante” commentò Tom.

“E’ un portale piccolo: ne sento le pareti con le dita. – Dichiarò Bill, scrutando un po’ fino a che la sua mano non afferrò quello che vi era contenuto all’interno. – C’è qualcosa” aggiunse tirando fuori un piccolo quaderno, con la copertina in pelle rossa e le pagine tutte ingiallite.

Con il respiro affannato per l’ansia, Bill aprì il fragile libricino ed iniziò a sfogliarlo. Su quelle pagine, consunte dagli anni, c’erano appuntati antichi ricordi della vita precedente di Bill: la solitudine causata dalla difficile situazione famigliare; il desiderio di non essere figlio unico; la conoscenza e il rapporto con Miroir, fino alla nascita del sospetto che non tutto fosse come sembrava. Nelle ultime pagine, c’era la triste e ultima dedica dell’umano Bill.
“Quella che pensavo fosse una presenza amichevole, si è rivelata una presenza oscura. Quanto sono stato ingenuo, a fidarmi di uno come lui. Non so cosa voglia, ma da tempo ho compreso che tutto quello che ha fatto doveva solo allontanarmi ancora di più dai mii genitori. Ho il presentimento che, perfino adesso mentre sto scrivendo nella mia camera, mi stia osservando. A nulla è valso infrangere lo specchio che ci ha fatti conoscere: lui è tornato con quello che lo ha seguito. Devo trovare un posto dove lui non possa entrare, per potervi nascondere anche questo diario. In esso c’è il segreto su come distruggere quell’entità, e dal momento che di sicuro non sarò io a porvi fine, spero lo faccia un’altra anima buona e più scaltra di me. Se solo non fossi stato così avido nel voler avere una compagnia; se non fossi stato solo.”
 
Alla fine la piccola autocritica era accompagnata dalla firma del suo autore: William.

“Quindi ti chiamavi William. – Commentò Tom. – E’ un bel nome”.

“Non c’è tempo, ora. – Ribatté Bill sfogliando avanti e indietro le altre pagine del diario. – Dove diavolo HA…HO scritto la soluzione” andava così veloce che un paio di pagine si strapparono (per loro fortuna non erano rilevanti).

“Con calma, o romperai tutto e addio salvezza” esclamò Tom prendendo il diario dalle mani dell’amico. Sfogliando, molto lentamente, trovò un disegno nascosto sotto la copertina. Aveva trovato ciò che cercavano.

“Non è rischioso? – Osservò Bill interrogativo. – E se peggiorassimo tutto? In fondo l’ho scritto quando ero piccolo” domandò mentre un piccolo terremoto li avvertì che Miroir si stava avvicinando.

“E’ possibile, ma non abbiamo alternativa. E poi, se eri anche solo la metà di come sei adesso, confido nella riuscita del piano” affermò Tom riponendo il diario dove era stato trovato.

“Allora troviamo un diversivo, perché ci vorrà del tempo” suggerì il ragazzo di cristallo.

I due lasciarono quella dimensione, e quando alcuni istanti più tardi Miroir riuscì a fare irruzione trovò una copia di se stesso. Stava immobile, al centro della stanza, e sembrava proprio che fosse lì per infastidirlo.

“Tsè. Hanno una bella faccia tosta, a pensare che un simile pupazzo possa fermarmi. – Si disse lo spettro avanzando verso il fantoccio. – Devo ammettere, però che l’idea di questo piccolo luogo non era male”.

Si era già immaginato che avrebbe distrutto quella ridicola imitazione con un sol soffio, tuttavia quando fu lì per trafiggerlo con la mano questo si animò e parò il colpo. Immediatamente dopo, il falso Miroir sferrò un calcio frontale che fece indietreggiare l’avversario. Miroir si dovette prendere alcuni secondi, per riaversi dal colpo subito (mai avrebbe pensato che un fantoccio potesse fargli male) e ricambiò il gesto con una sfera di cristallo. La copia modificò la struttura del proprio braccio, in modo da creare uno scudo, ma la potenza del colpo dell’originale frantumò la sua difesa e, di conseguenza, chi vi stava dietro.
Il fantoccio aveva terminato il suo compito.

“Stupidi stratagemmi del genere non possono fermare uno come me” enunciò fiero Miroir, proprio mentre il suo sguardo si posava sul portale che Bill e Tom avevano lasciato, volontariamente, in bella vista.

Lo oltrepassò, e si ritrovò in una dimensione tutta buia. L’unica fonte di illuminazione era il cono di luce sotto cui stavano i ragazzi.

“Avete finito di scappare, coniglietti? Inizio ad essere stanco dei vostri capriccetti” disse loro lo spettro avanzando di alcuni passi.

“E’ finita per te, mostro!” esclamò deciso Bill.

Infastidito dalla determinazione del ragazzo, Miroir balzò in avanti con la stessa indole di un grande felino, tuttavia quando le sue braccia colpirono i ragazzi questi svanirono nel nulla. Erano solo degli ologrammi ben fatti.

“Non dovevate farmela pagare? – Domandò lo spettro. – Non mi sembra che vi stia riuscendo bene”.

“La pagherai, eccome se lo farai” rispose Bill, anzi uno dei suoi ologrammi che avevano circondato lo spettro e che poi si trasformarono in specchi.

“E questa, che roba è?” si chiese la presenza oscura, che cominciava veramente ad avere paura.

Da uno degli specchi, si dipartì un fascio di luce che colpì Miroir in pieno petto e atterrò sullo specchio alle sue spalle colpendo anche il suo riflesso. Un secondo fascio, da un altro specchio, fece la medesima cosa, poi il terzo e via via tutti quanti.

“STUPIDI MOCCIOSI. – Imprecò Miroir. – Ora vi faccio vedere io” disse, ma quando provò a muoversi scoprì di non poterlo fare.

“Ora non fai più il gradasso, eh?” gli disse Tom, il vero Tom in mezzo a due specchi. In mano aveva una mazza da baseball.

“E’ il momento di saldare il tuo debito” aggiunse Bill, dietro a Miroir. Anche lui aveva una mazza in mano.

“E come farete? – Chiese lo spettro, sogghignando per nascondere il suo timore. – Per ora siete riusciti solo a bloccarmi”.

“Così” affermò Bill prima di rompere uno degli specchi con la mazza.

Nell’istante in cui il vetro si incrinò, e i pezzi ricaddero a terra, Miroir sentì una profonda fitta nel petto: nel punto di congiunzione dei fasci di luce, si era aperta una grossa incrinatura da cui usciva il fumo che costituiva l’interno del suo corpo.

“Aspetta, non ha visto bene. – Dichiarò Tom giocando. – Ora glielo faccio rivedere io” e ruppe uno dei due specchi vicino a lui.

Un’altra incrinatura, questa volta Miroir urlò e iniziò a chiedere pietà.

“Non ne avrai, come non ne hai avuta per tutte le tue vittime” esclamarono insieme i ragazzi, continuando a rompere gli specchi.

Quando tutte le superfici riflettenti furono infrante, Miroir non esisteva più.


“Ci siamo riusciti! – Esultò Tom, alzando le braccia al cielo. – E’ CREPATO!”.

“E’ finita, per sempre” concordò Bill mentre, col piede, spostava gli ultimi resti di Miroir: inutili pezzi di vetro cui, ormai, era stata sottratta ogni forza vitale.

“Adesso possiamo tornare a casa” affermò il ragazzo del mondo reale. Eppure, nonostante la gioia del momento, notò il velo di tristezza che si era posato sul volto di Bill tanto che gli chiese quale fosse il problema.

“Tu puoi tornare. – Precisò il ragazzo di cristallo. – Io no, non così” si stava riferendo al suo attuale aspetto, decisamente non umano.

“Ma che stai dicendo? – Domandò Tom afferrando le spalle dell’amico. – Non puoi restare qui: tu sei come me!”.

“Lo ero. – Lo corresse Bill. - Ho perso il mio aspetto umano, da molto tempo”.

Tom sorrise, perché aveva già pensato ad una soluzione per quell’imprevisto.
“Se è un volto che ti serve, puoi prendere il mio: sarai il mio gemello. – Affermò deciso. – Inoltre, visto che ora sono io ad avere il pieno controllo di questo posto, lo distruggerò per sempre”.

“Ma come spiegheremo agli altri…” il ragazzo di cristallo stava ripensando ai suoi amici, agli amici di Tom.

“CHISSENEFREGA, degli altri. – Sbottò il ragazzo del mondo reale, allargando le braccia. – Troverò qualcosa da dire, ma tu qua dentro non ci resti. Non è giusto per te…né per me”.

Bill non rispose, e si limitò ad annuire.

“Forza fratellino, andiamo” disse Tom, prendendo la mano dell’amico; un piccolo gesto che, seppur insignificante, diede sicurezza al ragazzo di cristallo.
Tenendosi per mano ritornarono alla dimensione 0, dove era ricomparso il portale per il mondo esterno.

“Vai prima tu” disse Tom a Bill spingendolo, con la mano dietro alla sua schiena, verso lo specchio.

“Ne sei sicuro? Forse sarebbe meglio farlo insieme” propose il ragazzo di cristallo, mentre già toccava con mano la superficie liquida.

“Voglio accertarmi che il mio piano funzioni”.

Obbediente e fiducioso, Bill oltrepassò il varco. Nel limbo tra i due mondi, sentì la voce di Tom che diceva
“Lui ritornerà umano, e sarà il mio gemello. Non sarà mai più legato a questo mondo”.
 
Arrivato nel mondo reale, nella sua camera, Bill constatò di aver ripreso l’aspetto che aveva ereditato da Tom: non era più fatto di cristallo, ma di carne e sangue.

“Ora tocca a me” pensò Tom, prima di girare le spalle al varco e gridare al vuoto la frase che avrebbe distrutto quell’universo parallelo.

“Non ho più bisogno di te! Sparisci per sempre” era una cosa che aveva letto nel diario di William, che aveva scoperto che quel mondo era richiamato dalle anime delle persone che provano un disperato bisogno.

Accertatosi che la dimensione degli inganni iniziasse ad implodere su se stessa, crepandosi, Tom si gettò nel portale. Ricadde sul pavimento, ai piedi di Bill che guardava incredulo la sua vecchia casa che spariva. Adesso era veramente finita.

“Grazie, grazie davvero” esclamò l’ex prigioniero stringendo Tom in un fortissimo abbraccio; aveva iniziato a piangere a dirotto, ma non gliene importava. Nemmeno si era accorto che l’amico, mentre era ancora nell’altra dimensione, aveva modificato alcuni particolari che non gli piacevano del suo look: i capelli, che da corti e biondi erano diventati neri e raccolti in lunghi cornraws; i dilatatori ai lobi delle orecchie.

“Ora viene il difficile: mostrarci al mondo” ridacchiò Tom.

“Io avrei un’idea” suggerì il biondo.

[Georg e Gustav]

Coff, COFF.
Aveva rischiato di soffocare bevendo l’acqua, Georg, una volta visto l’ultimo aggiornamento di stato sul profilo facebook di Tom: una foto di lui, con un altro ragazzo. Erano due perfette gocce d’acqua, eccetto per i capelli. L’intestazione dell’immagine era molto esplicita, e non lasciava dubbi sul fatto che fosse reale:
Zwillingsbruder
 
Gustav invece, che era seduto accanto al moro, aveva versato tutto il suo caffè sul tavolino e aveva la stessa faccia di un’emoji stravolta.
C’erano già stati alcuni commenti, a quel post, tutti di colleghi di lavoro di Tom:

“Chi diavolo è quello?” avevano scritto i più.

Anche Georg scrisse il proprio commento, inviando poi la stessa frase come messaggio su whatsapp
“Che storia è questa?”
 
“Ci devi raccontare qualcosa?”
Aggiunse Gustav.

La risposta di Tom arrivò pochi minuti dopo, e fu tutt’altro che esplicativa
“Una storia di quelle che, se potete crederci senza giudicarmi un matto, è proprio da raccontare”.
 
​Nota autrice: Tadann, la storia finisce qua. Mi auguro che vi siate divertiti a leggerla, anche se non è molto lunga. Ringrazio la lettrice che, per prima, mi ha scritto delle bellissime recensioni. Per i nuovi arrivati, come faccio sempre: se vi è piaciuta questo racconto, magari potreste andare a leggere le altre mie fan fic. Alla prossima ;)
 
 
 
 
  
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