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Autore: Akisan    01/03/2017    6 recensioni
A volte il destino riserva sorprese mozzafiato, ricche di avventure e compagni formidabili.
A volte, invece, decide semplicemente di prenderti per i fondelli.
Così, senza neanche sapere bene il perché, Alex si ritrova suo malgrado a fare comunella con un Arrancar con seri problemi di gestione della rabbia, una ragazzina logorroica totalmente priva di buonsenso, e un individuo subdolo che, secondo lei, ha buone probabilità di discendere direttamente dal demonio.
Il tutto in un ambiente ricco di Hollow, gatti, sarcasmo allo stato brado e situazioni equivoche.
Mooolto equivoche.
Genere: Azione, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Jaggerjack Grimmjow, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Rei: «Quindi fatemi capire bene come funziona…»
 
Liz: «Allora, questa è la scenetta di apertura, quella che serve ad introdurre gradualmente il capitolo e possibilmente scusarsi per ritardi, cose strane inserite nella storia ed eventuali incongruenze.»
 
Aramis: «Ma il più delle volte facciamo sketch comici che non c’entrano nulla con la trama nella speranza di strappare qualche sorriso di pietà ed elemosinare approvazione, distraendo l’attenzione dai problemi nominati dal coniglietto.»
 
Rei: «Mentre invece, finito il capitolo…»
 
Liz: «C’è quella di chiusura, che serve per fare in modo che il capitolo non finisca troppo bruscamente, e dove commentiamo gli avvenimenti appena accaduti e ci lamentiamo con Aki su ciò che non ci piace o che non abbiamo capito.»
 
Aramis: «Oppure concludiamo il roleplay iniziato in precedenza nella speranza che non sorgano domande scomode. Aki è un’anima candida che ancora non comprende appieno le sottigliezze della manipolazione del suo prossimo, ma le do comunque dei punti per l’impegno e l’intenzione.»
 
Rei: «E quale sarebbe il criterio secondo cui, quando siamo qui, siamo a conoscenza  di alcuni fatti avvenuti al di fuori del nostro punto di vista, mentre invece di altri no?»
 
Liz: «Aaah, quello credo dipenda al trenta percento dal fattore comico, al venti da quello randomico, e al cinquanta dai capricci di Aki.»
 
Aramis: «Ovviamente questa faccenda riguarda esclusivamente voialtri. Io so sempre tutto.»
 
S: «Non proprio tutto tutto, zuccherino.»
 
Rei: «A questo proposito, un giorno di questi dovresti insegnarmi il segreto delle tue barriere mentali.»
 
Aramis:«Vuoi già liberarti di me?»
 
Rei: «Perché mai dovrei farlo? Adoro averti a spasso per il mio cervello.»
 
S: «Spiacente cugino, ma sono davvero impegnata ultimamente… sai, guardare il futuro, spaventare gatti, tenere d’occhio voi altri… scappare dalla morte…»
 
Rei: «Come scusa?»
 
S: «Scappare dalla sorte.»
 
Rei: «Non hai detto sorte.»

S: «Come? Non ti sent…crrrrrr…segnal..crr…isturbat….galleria!»
 
(S scappa dalla finestra)
 
Rei: «…»
 
Liz: «È questo è un perfetto esempio di scenetta iniziale. Benvenuto nel nostro mondo!»
 
 

 
 
Un enorme grazie farcito di cioccolato e guarnito con panna montata a FantasyAnimeManga96 per aver messo questa storia tra le preferite, a xXfreshXx, Nuala_Chez, MariaChiara6, Ciryata, Tammy1997, Yu Uchiha e francyhae per averla messa tra le seguite, a forever young e francyhae per averla messa tra le ricordate, e a chi legge e basta. Perché l’ho detto? Adesso mi è venuta fame…
 
 

 
Bleach non mi appartiene. Non mi appartengono neanche Urahara, Grimmjow e gli Hollow che vengono molto spesso macinati, maltrattati e in genere usati come carne da cannone in questa storia. Sul serio, se la passano peggio che i guardiamarina nella flotta stellare, cominciano quasi a farmi pena. Sono una brutta persona.
 
 
 

Capitolo 45: Cinquanta Sfumature di Aramis. Presto in onda nei peggiori bar di Caracas.
 
 

C’erano parecchie cose da dire sui viaggi interdimensionali, e la prima era che facevano venire tutti incondizionatamente la nausea.
 
Forse era una distorta sindrome da jetlag, o forse la causa era da ricercare nel fatto che, fino a quel momento, l’esperienza aveva insegnato ad Alex che entrare in un portale (o esservi scaraventata), raramente implicava un miglioramento nel panorama, una volta raggiunta l’altra parte.
 
E con “raramente” intendeva mai.
 
Quindi nessuna sorpresa nel ritrovarsi davanti ad un paesaggio brullo e fumoso, con solo una struttura in pietra di forma conica a interrompere la monotonia dell’orizzonte.
 
Questo posto era quasi peggio dell’Hueco Mundo, e superava di appena un gradino la dimensione\trappola della Caja Negaciòn, giusto perché almeno qui c’era abbastanza luce da poter mettere un piede davanti all’altro senza rischiare di precipitare in una buca senza fondo, o calpestare qualcosa di molliccio e viscido dalla dubbia composizione molecolare.
 
Che bellezza.
 
Il pensiero di dover un giorno morire e finire (forse) nella Soul Society diventava sempre meno allettante.
 
E a proposito di prospettive dalle sfumature paranormali, incredibile ma vero, Aramis sembrava aver deciso di prendere sul serio il suo compito, che al momento consisteva sostanzialmente nel fare da guida turistica.
 
Scioccante, ma sembrava che, per una volta, l’Arrancar dalla mentalità perennemente settata in modalità asilo nido avesse compreso appieno la gravità della situazione.
 
Poi ad Alex ritornò in mente il sacrificio rituale della sua tazza delle Super Chicche.
 
Forse si trattava solo di una momentanea promozione alle scuole materne.  
 
Ma tornando alla spiegazione che Aramis stava fornendo, la struttura conica, che era a dir poco imponente, era la “reggia” di Dania.
 
I prigionieri erano rinchiusi in celle distribuite nei vari piani a seconda di molti criteri, tipo il livello di malvagità, quello di malleabilità e in generale se erano oppure no i favoriti del momento.
 
A detta sua, Grimmjow era un “giocattolo” ancora nuovo e utile, quindi si trovava di sicuro in uno dei piani più alti.
 
Dato che sfondare l’ingresso principale e caricare a testa bassa era un piano decisamente stupido e suicida, e quindi assolutamente fuori questione, decisero di dividersi in due gruppi.
 
Visto che con ogni probabilità Dania stava aspettando l’arrivo di Aramis, stare in squadra con lui era un po’ come spalmarsi di miele e correre nudi in una caverna dove svernavano degli orsi bruni.
 
Tanto valeva disegnarsi un enorme bersaglio sulla schiena e magari nel frattempo calarsi anche i pantaloni fino alle ginocchia e correre con le chiappe al vento.
 
Certo, Aramis sarebbe anche potuto andare per conto suo.
 
Ah ah ah, no.
 
C’era una lista chilometrica di motivi per cui Alex non era d’accordo sul lasciarlo da solo, ma lui la bloccò dopo appena i primi quattro punti.
 
Il ragazzo imparava in fretta.
 
Perciò, per ovvi motivi, toccò a Rei l’ingrato compito, con sua estrema gioia e gaudio.
 
Sistemata la faccenda, entrare non fu particolarmente difficile: la sola funzione delle guardie era tenere i prigionieri dentro, non gli intrusi fuori, quindi non c’erano vedette all’esterno.
 
Perché?
 
Semplice: solo Dania (in teoria) sapeva il rito per entrare in quella tasca dimensionale. Le guardie erano ex prigionieri “promossi”, ma ciò non significava che avessero il permesso di entrare e uscire a piacimento.
 
Comunque, per entrare nella struttura bastò sfruttare una delle larghe crepe che erano presenti a intervalli irregolari lungo i muri esterni.
 
Cattiva manutenzione da parte della padrona di casa?
 
Oh no.
 
Semplicemente, ogni tanto le piaceva illudere qualche prigioniero lasciando che scappasse e “trovasse” una di quelle vie di fuga.
 
La loro espressione, una volta raggiunto l’esterno e compreso appieno che la vera prigione non era la struttura in sé, ma la tasca dimensionale stessa, in effetti doveva essere piuttosto memorabile. 
 
Alex era letteralmente senza parole.
 
Non riusciva a decidere cosa provare: frustrazione per l’incapacità di Aramis di tenere il suo soldatino dentro ai pantaloni e se stesso fuori dai guai, oppure ammirazione per il suo successo nell’averla fatta franca.
 
Probabilmente uno strano e innaturale mix delle due.
 
Ammistrazione.
 
O frummirazione.
 
Fortunatamente, non ebbe troppo tempo a disposizione per ponderare quella questione esistenziale, dato che un’altra ben più pressante si presentò dinnanzi a lei a reclamare la sua attenzione.
 
Perché, beh… esistevano persone che sembravano nate per le missioni segrete.
 
Persone che facevano “professionalità” di primo nome e possibilmente“discrezione” di secondo, e per cui entrare di nascosto in una prigione situata in una dimensione infernale era un gioco da ragazzi.
 
Poi c’erano persone come Liz, che non ne erano minimamente in grado ma che ci provavano lo stesso con entusiasmo.
 
Ecco, forse fin troppo entusiasmo.
 
“Squadra Serpeverde, qui è squadra Grifondoro. Infiltrazione riuscita, ripeto, infiltrazione riuscita. Passo.” 
 
Alex alzò gli occhi al cielo e la afferrò per il colletto per trascinarla con sé dietro un angolo non illuminato dalle torce, pochi istanti prima che una guardia svoltasse nel corridoio.
 
Non era più tanto sicura di aver fatto un affarone nell’aver evitato di finire in squadra con Aramis.
 
Qui squadra Serpeverde” rispose mentalmente Aramis, mentre loro due rimanevano immobili ad ascoltare i passi della guardia che si allontanavano.
 
Quel posto doveva essere ben poco avvezzo alle intrusioni, se perfino la presenza di Liz che faceva la pagliaccia, spostandosi con le movenze di una bertuccia in pieno trip di cocaina e quasi cantandosi da sola la colonna sonora come Kronk, non impediva loro in alcun modo di passare inosservate.
 
“A Rikki Tikki sta venendo un esaurimento nervoso.”
 
“Piantala di chiamarmi così, Hollow.”
 
Sono sicura che lo stare in squadra con te non c’entri nulla con la sua salute mentale.”
 
“Non capisco come le due cose potrebbero essere correlate.”
 
“Hai appena castrato un uomo dopo avergli tappato la bocca con i suoi stessi pantaloni!” gli ricordò Rei.
 
“Non gli ho tolto nulla di cui sentirà la mancanza.”
 
“Per caso la pensa così anche quella guardia le cui interiora sono diventate all’improvviso esteriora?”
 
“Mi sfugge il nocciolo del tuo disappunto.”
 
 “Meno male che dobbiamo passare inosservati, vero?”
 
“No, principessa, voi due dovete passare inosservate. Io devo sistemare un paio di conti in sospeso.”
 
“E questa era la ragione numero cinque della mia lista.”
 
“Avevi promesso di comportarti bene con Rei!”
 
“Infatti a lui non sto facendo niente, coniglietto. Non ancora, almeno.”
 
“Sto rimpiangendo le scelte di vita che mi hanno portato a trovarmi qui con te in questo istante” disse Rei.
 
“Prendi il numerino e mettiti in coda” commentò Alex lasciando andare Liz e facendole segno di seguirla in silenzio. “Cambiando discorso, Aramis, sei proprio sicuro di non poter avvertire Grimmjow?
 
“Certo che no, principessa, esattamente come il mezzo milione di volte in cui me l’hai già chiesto. Continuo a non farlo perché sono così felice di trovarmi di nuovo in questo posto che voglio prolungare il più possibile l’esperienza. Senza contare che Grimmjow è così bravo ad essere discreto, che saprebbe di sicuro contenersi e non sollevare inutili allarmismi, facendo convergere tutte le guardie e l’attenzione di Dania su di sé.”
 
“Disse quello che usa l’intestino delle sue questioni in sospeso per metterle in sospensione fuori dalla finestra.”
 
“E nonostante tutto sono comunque un milione di volte più discreto di Grimmjow.”
 
“Vero.”
 
“Però se davvero qui dentro sono passate settimane intere, significa che lui avrà già tentato di scappare almeno qualche volta” commentò Liz con aria pensierosa. “Il che spiegherebbe come mai ci siano così poche guardie in giro. Sarà stato come avere un alligatore  allo stato brado in un pollaio di galline artritiche. Adesso lo avranno messo in una cella di massima sicurezza, antisfondamento, anti-reiatsu, antisommossa e probabilmente anche antinucleare e anti-apocalisse zombie. Come facciamo a farlo uscire?”
 
“Userò una maledetta forcina per capelli, se necessario.”
 
“È questo lo spirito giusto. Ora scusate, ma nell’altra stanza c’è un’altra di quelle questioni che mi aspetta. Domanda della settimana: può una lobotomia entusiastica recare danno a qualcuno che usa la testa solo per tenere separate le orecchie? Tra poco io e Rikki sapremo la risposta.”
 
Fecero appena in tempo a sentire il gemito rassegnato di Rei, poi il collegamento mentale si chiuse.
 
Alex sospirò, Liz ridacchiò nervosamente, poi senza dire nulla proseguirono.
 
Poco più avanti, un improvviso via vai di guardie le costrinse a nascondersi in fretta e furia in una cella vuota con null’altro da fare che attendere pazientemente che le acque si calmassero.
 
«Che dici, facciamo un po’ di chiacchierata tra donne? » propose Liz in un sussurro dopo dieci minuti di silenzio.
 
«Adesso?» rispose Alex incredula, accennando alle catene ed agli strumenti di tortura incrostati di sangue appesi ai muri.  
 
In un angolo c’era un topo morto con due scarafaggi che lo contemplavano con la stessa intensità e devozione di una setta religiosa di fronte ad una reliquia sacra.
 
Che bello.
 
Liz scrollò le spalle.
 
«Siamo sole, dobbiamo far passare del tempo e tu hai bisogno di distrarti. Senza contare che Aramis per una volta ha altre gatte da pelare e non ci sta ascoltando.»
 
Alex inarcò un sopracciglio di fronte alla noncuranza con cui Liz dismise le attività extracurriculari di Aramis, ma decise di non commentare.
 
Liz aveva un modo tutto suo di digerire le notizie, probabilmente aveva messo la cosa in un cassetto secondario con l’intenzione di tornarci dopo in maniera più approfondita.
 
«Devi davvero lavorare sul tuo tempismo.»
 
«Che posso dirti, sono adattabile.»
 
«No, sei psicolabile. È diverso.»
 
«Come dici? Ti senti triste e sconsolata perché io ho chiaramente vinto il jackpot riguardo e simpatia e bellezza e a te sono rimasti solo acidità e rancore? Fai bene.»
 
Alex le diede un pizzicotto sul braccio. «Va bene, Barbie Caraibi. Perché non parliamo un po’ di Rei?» sussurrò ascoltando con attenzione i rumori provenienti dal corridoio.
 
«E del fatto che Aramis flirti con lui in maniera oscena, giusto?»
 
Alex aprì e chiuse la bocca un paio di volte.
 
Ooookay, no.
 
In realtà avrebbe voluto chiederle cosa pensava di fare in merito alla palese cotta che Rei si era preso nei suoi confronti.
 
Ora però un lieve dubbio cominciò a farsi strada nel cervello di Alex.
 
Possibile che Liz non se ne fosse accorta?
 
Oppure stava semplicemente facendo la finta tonta?
 
E poi… oddio, quell’ammasso di intimidazione e tormento psicologico di cui quel povero ragazzo era quotidianamente vittima per colpa di Aramis, secondo lei era considerabile un flirt?
 
«Ehm, e non ti dà fastidio?»
 
«Beh, non proprio, no. Voglio dire, Rei è davvero carino. E gentile. E paziente. Ci credi che ormai non minaccia quasi più Aramis con la spada? Come si fa ad odiarlo?»
 
Povera me.
 
«Quindi tra te e Aramis è tutto a posto?»
 
«Certo che sì!»
 
«Eppure ti sei ingelosita quando è saltata fuori la storia di Dania.»
 
«Beh, la differenza è che Rei non ha l’abitudine di rapire la gente, che io sappia. E poi è mio amico.»
 
«Liz…» sospirò Alex, ad un passo dal rivelarle la verità. Poi però scosse la testa e decise di dirne un’altra meno imbarazzante per Rei. «Aramis tormenta Rei perché ha paura che tu possa invaghirtene ed è geloso, e più in generale perché non sarebbe Aramis se non infastidisse chiunque nel raggio di cento metri. Dubito fortemente che abbia, ehm, dei disegni reconditi nei suoi confronti.»
 
«Oh… Peccato.»
 
«Seriamente?»
 
«Oh, andiamo! Stai dicendo che non ti verrebbero le caldane se vedessi Grimmjow che si bacia con un bel ragazzo?»
 
«No, mi verrebbero dei marcati istinti omicidi.»
 
«Già, esempio sbagliato.»
 
Gli ultimi passi si spensero in lontananza, e Alex si alzò in piedi.
 
«Pausa finita, è ora di andare.»
 
La loro fortuna cominciò a vacillare dal piano successivo.
 
Due guardie si accorsero di loro, e Alex fu costretta ad atterrarle e mandarle nel mondo dei sogni a suon di cazzotti prima che potessero chiamare dei rinforzi.
 
Mentre trascinavano i corpi privi di sensi in una cella vuota per nasconderli, da una di quelle occupate qualcuno fischiò loro dietro.
 
Liz si sarebbe fermata, ma Alex la costrinse a continuare.
 
Per fortuna in quella sezione le celle erano munite di porte, non di sbarre, il che rendeva facile sia nascondersi, sia ignorare ciò che si trovava al loro interno.
 
Il che, a giudicare dai suoni che si diffondevano frequentemente nell’atmosfera umida e quasi buia, era di gran lunga una benedizione.
 
Aramis non scherzava affatto, quel posto aveva ottime probabilità di diventare la location predefinita dei loro incubi nelle notti a venire.
 
Sempre che fossero sopravvissute alle prossime ore, ovviamente.
 
«Potremmo provare a liberarli» propose Liz ad un certo punto.
 
«No. Primo, sarebbe una perdita di tempo prezioso, e secondo, questa non è brava gente che si faceva gli affari suoi lavorando in campagna e raccogliendo fiori. Dania raccoglie criminali, e dobbiamo già guardarci abbastanza le spalle senza aggiungere il loro contributo.»
 
«Magari ci aiuterebbero per ringraziarci.»
 
«O magari sarebbero obbligati dal loro contratto ad obbedire agli ordini di quella pazza e farci a pezzetti.»
 
«Ti rendi conto che hai appena descritto Grimmjow in entrambe le tue frasi?»
 
«Ecco, ne basta già uno di criminale sotto contratto.»
 
«Come lui nessuno mai.»
 
«Per fortuna.» 
 
Una scalinata quasi infinita dopo, si ritrovarono in un corridoio le cui porte non portavano a delle celle, bensì ad un’unica immensa camera circolare.
 
 Ad Alex e Liz bastò una sbirciatina all’interno per stabilire che la decisione più furba fosse continuare lungo il corridoio il più in fretta possibile e con lo sguardo ben dritto di fronte a sé.
 
«Sembra quasi di essere sintonizzate su un documentario di quelli che spingono i bambini a chiedere “Mamma, come mai quei due leoni sono uno sull’altro come mattoncini delle costruzioni?”.»
 
«Ugh, non ci provare, ti avverto!»
 
«Oggi, su Discovery Channel, osserveremo i rituali di accoppiamento tipici dell’Homo Sapiens sottospecie Carceratus et Guardicus. Come potete vedere, i soggetti non si lasciano scoraggiare dall’ambiente poco ospitale e la temperatura subpolare, ovviando al problema incastrandosi uno sull’altro come pezzi dei mobili di una nota marca svedese…»
 
«Aargh!»
 
Dopo l’ennesima rampa di scale, Alex stava quasi per convincersi che in realtà anche lo spazio fosse distorto ed esistessero solo più scalini infiniti e scenari da incubo di quelli da mangiata pesante, quando una sensazione di familiarità la strattonò allo stomaco.
 
Era flebile, ma era senza dubbio il reiatsu di Grimmjow.
 
«Ci siamo» sussurrò a Liz, che annuì.
 
 «Sì, lo sento anch’io.»
 
Muovendosi cautamente e col cuore in gola, Alex sporse lievemente la testa oltre l’angolo.
 
C’era un drappello circa a metà corridoio, e, grazie al cielo, sembrava che con quel piano si fossero finalmente lasciate i documentari pornografici alle spalle.
 
Alex li contò velocemente.
 
Dieci, armati fino ai denti e dall’aria ben poco amichevole.
 
Uno in particolare aveva un’energia spirituale di tutto rispetto.
 
Liz aveva ragione, molto probabilmente Grimmjow aveva piantato parecchie grane durante il suo soggiorno.
 
Accidenti.
 
Per vedere meglio avrebbe dovuto sporgersi troppo, quindi si voltò nuovamente verso Liz e le fece segno di scendere qualche gradino in modo da poter sussurrare liberamente senza correre il rischio di essere sentite.
 
«C’è qualcosa lì che mi dà i brividi» commentò Liz massaggiandosi le braccia.
 
«È il reiatsu di una delle guardie.»
 
«Scherzi? Non ho mai sentito una cosa del genere, è come se qualcosa mi stesse strisciando addosso! Con questo qui non credo basterà una veloce botta in testa, vero?»
 
«Già, e come se non bastasse, non è da solo. Certo, gli altri sembrano solo pesci piccoli, ma… che stai facendo?»
 
Liz tirò fuori la mano dal marsupio brandendo l’ombrellino viola.
 
«Se ho capito bene, ti serve aiuto.»
 
Alex si limitò a fissarla.
 
«Che stai facendo?» ribadì, stavolta più lentamente e con una spruzzatina di minaccia.
 
«Ti fornisco aiuto.»
 
«Con un ombrello.»
 
«Yes. Ho un’idea» le spiegò piegandosi verso di lei con fare cospiratorio.
 
Che il cielo ci protegga tutti.
 
«No.»
 
«Sì invece.»
 
«Hai un ombrello.»
 
«E tu hai l’abitudine di sottolineare l’ovvio.»
 
«Non andrai lì in mezzo con un ombrello.»
 
«Puoi giurarci che ci andrò. Io ho un ombrello e tu hai questi» le disse indicando la tasca dove Alex aveva messo i tappi per le orecchie. «Se tossisco, è il segnale che devi metterteli.»
 
Alex la afferrò per le spalle. «Liz, non è un gioco. Dimmi cosa vuoi fare.»
 
«No.»
 
«Perché?»
 
Liz chiuse ostinatamente la bocca, ma Alex le lesse comunque la risposta negli occhi.
 
Perché era un piano stupido ed azzardato e, se glielo avesse detto, Alex le avrebbe impedito in tutti i modi di metterlo in atto.
 
-Assolutamente no!- protestò una metà del suo cervello, quella razionale che aveva governato felicemente la maggior parte della sua vita -Non puoi lasciare che si metta in pericolo, è sotto la tua responsabilità, è ingenua ed indifesa…-
 
-Non è indifesa- si intromise con altrettanta veemenza l’altra metà, quella che aveva cominciato a farsi sentire solo da poco e che lei non era assolutamente abituata ad ascoltare –ha lavorato moltissimo ultimamente, e ha fatto anche dei progressi che tu non sei riuscita ad ottenere. Non è una bambina, dalle fiducia.-
 
-Se le accadrà qualcosa di brutto non te lo perdonerai mai.-
 
-Allora non avresti dovuto portarla. È venuta fin qui, lascia che faccia la sua parte. Come pensi che si sentirà se la obbligherai a stare indietro e sarai tu a farti molto male?-
 
-Meglio tu che lei-
 
-E come credi di poterla proteggere se ti ostini a correre tu tutti i rischi? Non rimarrà comunque in balia di questo posto se ti fai infilzare da una spada o rompere una gamba perché sei troppo stanca e testarda?-
 
 -Quindi meglio che succeda a lei? Sul serio?-
 
-No. Si chiama gioco di squadra. Non è sprovveduta, non è indifesa e la sua pelle è resistente quanto la tua. Lascia che ti aiuti.-
 
Prima che il suo cervello potesse decidere di dividersi definitivamente in due e iniziare una rissa da bar all’interno della sua scatola cranica, Alex abbracciò stretta Liz e pronunciò le parole più difficili della sua vita.
 
«Va bene. Fallo.»
 
*
 
Liz non riusciva a crederci che Alex le avesse dato l’okay.
 
D’altra parte non riusciva neanche a crederci di aver avuto un’idea simile. 
 
Era scema perfino per i suoi standard, e il fatto che se ne accorgesse da sola era tutto dire.
 
D’altra parte, chi non risica non rosica, giusto?
 
Eh.
 
Sarebbe stato carino che qualcuno lo dicesse anche al suo stomaco, al cui interno sembrava esserci un bombardamento nucleare in atto.
 
Forse però quello poteva essere un vantaggio.
 
Al diavolo il suo piano, camminare fin dalle guardie per poi vomitar loro addosso era una tattica diversiva geniale.
 
Beh, sarebbe sempre stata in tempo per usarlo come piano B.
 
Per quanto riguardava invece quello A, la faccenda si faceva più complicata.
 
Purtroppo le guardie in questione non erano Hollow, quindi il trucco che aveva usato al cimitero era fuori gioco.
 
Il che era un peccato, perché era quello con cui era più precisa, dato che Grimmjow l’aveva obbligata ad esercitarsi fino alla nausea.
 
Per quanto riguardava invece le altre cose che riusciva a fare con la sua voce grazie ai suoi nuovi poteri… ehm… le cose si facevano più difficili.
 
Le onde sonore erano una questione seria, a quanto pare.
 
Alex poteva rimanere coinvolta.
 
Oppure Liz poteva calibrare male l’energia, e di conseguenza quell’ala del corridoio sarebbe potuta crollare loro addosso.
 
O magari, semplicemente, poteva non succedere nulla.
 
Ecco, quello era il caso due volte su tre.
 
Secondo Grimmjow, era colpa di Liz, che si tarpava le ali da sola per via della sua pessima abitudine di considerare i danni collaterali alle cose e persone che la circondavano come un aspetto negativo.
 
Sciocca, sciocca Liz, che si sforzava di usare i propri poteri correttamente, quando far crollare il soffitto o letteralmente assordare chiunque nel raggio di cento metri sarebbe stato mille volte più efficiente.
 
E soprattutto divertente.
 
Urgh.
 
D’altra parte, se ti affidi agli insegnamenti di qualcuno intitolato l’Espada della Distruzione, non è che poi puoi pretendere.
 
Tuttavia, dato che a differenza di qualcuno, Liz conservava ancora almeno un briciolo di coscienza e buonsenso, per il momento avrebbe lasciato quell’opzione (quella corretta, non far crollare il soffitto) per quando fosse stata più vicina al suo obiettivo.
 
Meno possibilità di sbagliare, in quel modo.
 
O quantomeno, più possibilità per Alex di scansare grossi pietroni provenienti dall’alto.
 
No, no, non doveva pensare così, cattiva Liz!
 
Ci sarebbe riuscita senza timpani rotti e collasso della struttura, punto.
 
Ora restava il problema dell’avvicinarsi senza farsi affettare come un rotolo di kebab.
 
Prima di svoltare l’angolo quindi, si sciolse i capelli, passandoci una mano in mezzo per scompigliarli per bene, si alzò la cerniera in modo che non si vedesse neanche uno sprazzo del suo buco da Hollow, si pizzicò le guance e si mordicchiò le labbra per perdere il pallidume che segnalava il probabile futuro svuotamento della sua cavità gastrica, ed infine fece del suo meglio per assumere l’espressione ebete di chi al posto del cervello ha solo il fischio del vento che passa indisturbato da un orecchio all’altro.
 
Di fianco a lei, Alex alzò gli occhi al cielo e fece finta di vomitare.
 
Come tocco finale, aprì l’ombrello e se lo appoggiò sulla spalla.    
 
Okay, show time.
 
Un bel respiro e svoltò nel corridoio con slancio.
 
L’attenzione dell’intero corridoio si focalizzò immediatamente su di lei.
 
Wooo, quanta… quanta gente!
 
RespiraLizecamminadrittarespiraLizecamminadrittarespiraLizecamminadritta…
 
«Ehi, chi è quella?»
 
«Che diavolo…?»
 
«Ehilà, come va ragazzi?» chiese con aria raggiante salutandoli agitando la mano. «Sto facendo un giro di controllo, tutto a posto qui?»
 
Parecchi di loro si scambiarono sguardi confusi, e quasi tutti sfoderarono la spada.
 
Liz si fermò, appoggiando il peso su una gamba con aria noncurante.
 
Accidenti, era ancora troppo lontana.
 
Coraggio ragazzi, abbassate quelle spade e fatemi avvicinare ancora un po’…
 
Liz schioccò la lingua contro il palato con aria di disappunto.
 
«Oooh, avanti ragazzi, usate gli occhi, se non almeno il cervello. Possibile che debba ripetere questa scena ad ogni drappello che incontro? Eppure dovrei esservi familiare. Però vi capisco, in fondo siete abituati a vedermi in mano a qualcun altro, di certo non a questa insignificante ma comunque bella ragazza» disse roteando l’ombrello con enfasi.
 
Altri sguardi confusi.
 
Cavolo cavolo cavolo, non stava funzionando…
 
«Coraggio signori, non avete sentito le parole della dama?» disse con tono divertito uno di loro, che aveva il volto nascosto nell’ombra dal cappuccio del suo mantello nero. «È stata così gentile da presentarsi qui con un indovinello per alleviare la vostra noia, il minimo che possiate fare per ringraziarla è risolvere questo enigma.»
 
Wow… beh, questa reazione era inaspettata ma ben accetta.
 
Poco importava che questo qui era probabilmente la fonte della sensazione orribile che Liz continuava a sentirsi tutt’ora addosso.
 
Nessuna delle guardie abbassò la spada, ma una di loro parlò con aria incerta.
 
«Per caso sei… il sacro ombrello della Divina Dania?»
 
Liz annuì con entusiasmo. «Bingo!»
 
«Com’è possibile? La Divina Dania non è in possesso di quest’oggetto da settimane. L’ha usato come merce di scambio in un contratto.»
 
Liz ringraziò la sua buona stella di star indossando abiti neri, perché a quel punto stava sudando come una suora novizia dentro uno strip club per sole donne.
 
«Illusi, credete davvero che la Divina si sarebbe separata così facilmente da me? Sapeva benissimo che avrei trovato il modo di tornare da lei, e infatti ho avuto la fortuna, dopo un po’ di tentativi, di capitare tra le mani di un recipiente abbastanza resistente da subire la mia influenza senza rompersi. Non hai idea di quanto possano essere fragili gli esseri umani» concluse lasciando emergere un po’ della sua energia spirituale, sperando che la sua natura in parte umana e in parte qualcos’altro fosse abbastanza per convincerli della storia della possessione.
 
Sarebbe bastato solo avvicinarsi un altro po’…
 
«Che facciamo?» chiese una delle altre guardie. «Informiamo la Divina?»
 
L’incappucciato esaminò Liz da capo a piedi, poi scrollò le spalle.
 
«Perché far finire il divertimento così presto? Hai tanta fretta di ritornare a fissare il muro per le prossime ore?»
 
«N-no, grande Loa, ma…»
 
Le altre guardie trattennero il respiro e fecero un passo indietro.
 
L’incappucciato scosse lentamente la testa.
 
«Che delusione, davvero. Stavate andando tutti così bene, e adesso uno di voi ha dovuto per forza rovinare tutto e dire il mio nome di fronte ad una sconosciuta. Quando imparerete?»
 
«Mi dispiace, io…io…»
 
Loa alzò una mano.
 
«Rilassati, non è niente di grave, no? O almeno non è niente di nuovo. Forza e coraggio, un po’ di tortura non ha mai fatto male a nessuno, fortifica il carattere e insegna a non fare più stupidi errori. Vieni da me diciamo per… ehm… quando finisci il turno?»
 
«T-tra sei ore.»
 
«Molto bene, cerca di non fare tardi.»
 
«I-io… sì, signore.»
 
«Perfetto, dove ero rimasto?»
 
Nel giro di un secondo, Liz si ritrovò puntata una falce al collo.
 
«Temo che ci ritroviamo di fronte ad un dilemma, signorina ombrello» la informò amabilmente Mr Brividi. Liz non l’aveva neanche visto muoversi. «Da una parte vorrei davvero continuare a giocare con te, dall’altra il mio ruolo mi impedisce di lasciar scorrazzare indisturbata la gente per questi corridoi. Se ciò che dici è vero, ora che sei tornata non hai più bisogno di questa marionetta, quindi non ti dispiacerà se ti aiuto a disfartene, giusto?»
 
Okay.
 
Fino a qualche settimana prima, probabilmente di fronte ad un’azione così improvvisa Liz avrebbe fatto qualcosa di estremamente maturo e dignitoso come strillare, fare un salto indietro di qualche continente o direttamente cadere a terra come una pera cotta, ma ormai grazie a Grimmjow si era abituata a ritrovarsi all’improvviso roba affilata e\o contundente a distanza fin troppo ravvicinata, quindi riuscì a rimanere ferma col sorriso stampato in faccia.
 
Certo, dentro di sé stava pregando qualsiasi divinità fosse in ascolto di avere pietà della sua anima, e probabilmente da quel giorno in poi, se fosse sopravvissuta, avrebbe dovuto tingersi i capelli per coprire la ricrescita bianca.
 
Costringendosi a fare il broncio, lo rimproverò dicendo: «Sciocchino, anche se uccidi questo corpo non potrò tornare nelle mani della Divina, o si annullerà il contratto. Così invece posso esserle utile anche a distanza. Ti dispiace?» aggiunse appoggiando due dita sulla falce per spostarla.
 
L’arma rimase dov’era.
 
Che malfidato.
 
«Ehi, vacci piano, se dice la verità e le fai del male la Divina ci farà scuoiare vivi» si intromise una delle guardie.
 
Avevano tutti un’aria nervosa, come se desiderassero con tutti se stessi di essere in qualsiasi luogo tranne che quello.
 
Come li capiva.
 
«Un’ora fa ho avuto l’onore di catturare due intrusi» disse l’incappucciato lentamente, come per assaporare la sua reazione. «Ormai saranno stati portati al cospetto di Dania già da un pezzo.»
 
Poi si chinò verso di lei e sussurrò in tono divertito, ma indubbiamente inteso solo per le sue orecchie: «Non hanno opposto quasi nessuna resistenza, a dire la verità, quindi non li ho maltrattatati troppo. Anche perché uno di loro è uno Shinigami dai capelli rossi che assomiglia in maniera impressionante a qualcuno che conosco.»
 
Liz deglutì ma non rispose.
 
Loa continuò: «Avanti, non vuoi darmi nessuna soddisfazione? Sei uguale all’Arrancar, o si fa tutto alle vostre condizioni, oppure niente. E va bene» continuò sospirando. «Fai pure quello che devi fare. Su, coraggio.»
 
Liz sbatté le palpebre un paio di volte.
 
Sul serio?
 
Il Cupo Mietitore con la falce correntemente puntata al suo collo l’aveva forse appena incoraggiata ad attaccarli?
 
Oh beh, peggio per lui.
 
Le guardie si erano avvicinate a sufficienza, e, anche se Alex era ancora troppo vicina per i gusti di Liz, doveva accontentarsi.
 
Tossì una volta, poi gli si avvicinò ulteriormente, come per rivelargli un grande segreto.
 
Spostando il manico dell’ombrello in modo da proteggersi il collo dalla lama, inspirò profondamente e si mise ad urlare a pieni polmoni.
 
**
 
«Non mi aspettavo di trovarti in compagnia, mio adorato» disse Dania accennando con la mano a Rei, mentre le guardie che li avevano appena accompagnati al suo cospetto uscivano chiudendosi l’enorme porta alle spalle. «Di uno Shinigami, per di più.»
 
Lei era seduta languidamente sul suo trono di ossidiana, cosa probabilmente scomodissima ma che riusciva a far sembrare assolutamente naturale.
 
Aramis stesso aveva parecchia familiarità con quella tecnica, e aveva assunto una posa del tutto casuale a pochi passi da lei, malgrado in verità si sentisse come se le pareti gli si stessero chiudendo addosso.
 
Quanto la sua ansia fosse farina del suo sacco e quanto invece fosse ciò che Dania voleva fargli provare era un mistero, ma restava il fatto che Aramis avrebbe dato molte cose pur di trovarsi da tutt’altra parte.
 
Perché quindi, non solo aveva accettato di farsi coinvolgere, ma aveva addirittura deciso di mettersi così in prima linea?
 
Beh, di certo non per Grimmjow.
 
No, la colpa era tutta di Alex.
 
Accidenti a lei, proprio quel pomeriggio doveva uscirsene con quella dichiarazione di amicizia, parlando come Meiko e inondandolo di buoni sentimenti?
 
Perché, poi, lei e Liz si ostinavano a guardarlo in quel modo così… così… umano?
 
Non c’era altro modo per descriverlo: un’espressione di affetto misto a fiducia e altre cose vulnerabili e soffici che lui non aveva alcuna intenzione di analizzare troppo da vicino, perché in fondo lo facevano sentire profondamente a disagio.
 
Meglio tornare a qualcosa che invece gli riusciva benissimo: mentire.
 
Assumendo un’espressione annoiata, scosse la testa sospirando. «Nessun’altro sano di mente mi avrebbe accompagnato, e lui ha accettato solo perché mi doveva un favore.»
 
«Quindi, dopo questa lunga separazione, hai pensato di portarmi un regalo?»
 
Di fianco a lui, Rei si irrigidì, ma non disse niente.
 
Ottima scelta.
 
«Avanti dolcezza, lo sai che la Seireitei non è di larghe vedute sull’abitudine di rapire i suoi Shinigami.»
 
«Ne sei certo? Per quel che ne so io, in quel covo di perbenisti filo-nobiliari non si è  mai dato molto peso alla perdita di una pedina o due. Loro stessi mandano i loro giovani in seno al pericolo, incuranti delle probabili perdite.»
 
Aramis scrollò le spalle. «Vero, ma questo giovane in particolare ha dei contatti che non ignorerebbero con tanta semplicità la sua scomparsa, e si dà il caso che io abbia lasciato detto a uno di questi come e dove trovarti. Se lui non dovesse tornare, come pensi che reagirebbero gli Shinigami, al pensiero che qualcuno in grado di soggiogare quasi chiunque al suo potere li stia improvvisamente prendendo di mira?»
 
Dania inclinò la testa.
 
Aramis avrebbe voluto sapere cosa stesse pensando, ma non osava sincerarsene.
 
Meno potere le si dava e meglio era, ed entrare nella sua testa voleva dire rendersi estremamente vulnerabili.
 
«Quanto affanno solo per salvare un Arrancar. Ti è così caro?»
 
Aramis sbuffò. «Se con “caro” intendi costoso, allora sì. Mi sta costando parecchio tempo ed energie che avrei speso volentieri altrove. Sarei stato più che felice di lasciarlo in balia delle tue tenere cure, ma purtroppo ho bisogno che lo lasci andare.»
 
«Perché l’essenza della sua anima è legata alla tua? All’inizio pensavo semplicemente che fosse a senso unico, ma ora vedo che anche tu porti la sua impronta su di te, così come lui porta la tua. Non ho mai osservato un simile fenomeno in tutta la mia esistenza, ma se sei venuto fin qui per salvare l’Arrancar, significa che comporta una debolezza per te. Resta qui con me, e forse col mio aiuto riuscirai a liberarti di questo fardello.»
 
Eeeed eccoli giunti al vero nocciolo della questione.
 
Strano che ci avessero messo così tanto tempo.
 
«Anche se così fosse, semplicemente non posso. Io sono allergico sia all’autorità che alla sedentarietà, e mi è fisicamente impossibile avere una relazione fissa con qualcuno. Entrambi siamo annoiati a morte dalla prevedibilità, e il mio rimanere qui alla lunga mi renderebbe uguale a tutti gli altri ai tuoi occhi. Forse non riesci a trovare ciò che cerchi perché stai guardando nel posto sbagliato: in questo luogo sei circondata solo da criminali e poco di buono, Dania. Perché, tanto per cambiare, non ti cerchi una brava persona che ti renda felice?»
 
Per un attimo Dania fu il ritratto dello stupore: sopracciglia inarcate, labbra leggermente aperte, rigidità delle spalle. Tuttavia quel momento passò in fretta, e riacquistò la sua compostezza in un batter d’occhio.
 
«C’è qualcosa di diverso in te, quantomeno in superficie. Stai indossando una maschera nuova, forse?» gli chiese accavallando con grazia le gambe.
 
Pazienza, ci aveva provato.
 
Qualcosa gli diceva che stava per pagare le conseguenze del suo tentativo fallito di risolvere la questione in modo diplomatico.
 
«Lo sai che mi piace mantenere un’aria di mistero.»
 
«Sì, ma il tuo difetto è che a volte ti cali fin troppo nella parte, e tendi a dimenticare te stesso. Forse hai bisogno di un piccolo aiuto, Khaél.»
 
Khaél?
 
Kha…
 
Impulsi, immagini, ricordi e suggerimenti malevoli assalirono tutti insieme e con una forza allucinante Aramis, che tuttavia riuscì per buona parte a dissimulare lo sconcerto e lo sforzo, trattenendosi a stento dal fare un passo indietro.
 
«Uh? Questo è un nome nuovo» riuscì a dire con tono lievemente incuriosito, anche se ovviamente mentiva: quella parola aveva un suono tremendamente familiare. «Non ricordo di averlo mai usato con te, ma d’altra parte nel corso dei decenni ho usato talmente tanti nomi da aver perso il conto.»
 
La pressione dell’attacco psicologico di Dania aumentò ulteriormente, e il pugno chiuso di Aramis cominciò a tremare leggermente per lo sforzo di erigere barriere mentali e in contemporanea mantenere una posa noncurante.
 
«Adoro quando menti, Khaél. Ma d’altra parte non è l’unico dei tuoi difetti. Sei egoista, crudele, codardo e totalmente privo di empatia. Sfrutti gli altri senza alcun rimorso e vivi solo per te stesso. Ma soprattutto, sei assolutamente e inequivocabilmente incapace di amare. Te ne sei forse dimenticato?»
 
La pressione si fece troppo intensa, e Aramis cadde su un ginocchio.
 
Le immagini si fecero più vivide e intense.
 
Tutti i suoi fallimenti, tutto ciò che aveva sbagliato nella vita cominciò a passargli davanti agli occhi in alta definizione e con un’acustica straordinaria.
 
Dania sorrise.
 
Era un sorriso crudele e vuoto, che la rendeva al tempo stesso bellissima e fredda come una statua di marmo.
 
Una volta, tanto tempo fa, era rimasto abbagliato da quella bellezza, e dalle promesse di piacere che quelle labbra sembravano celare.
 
«Vuoi sapere perché questo nome ti è così familiare, Khaél?»
 
No, non lo voleva sapere.
 
Ogni volta che lo sentiva pronunciare era come una coltellata nel cervello.
 
«Perché è il nome con cui sei nato. Khaél è il tuo vero nome.»
 
Le immagini lo sommersero completamente.
 
Il suo tradimento di Meiko e la morte di quest’ultima, non molto tempo dopo.
 
Il freddo e la solitudine degli interminabili anni a seguire.
 
E prima ancora, quando era un semplice Hollow, la sua prima morte…. la sua vita?
 
Una mano ferma e calda gli si posò sulla spalla.
 
Aramis sollevò lo sguardo, emergendo abbastanza dal suo inferno interiore da capire che Rei si era infine fatto avanti.
 
«Hai qualcosa da dire, Shinigami?» gli chiese Dania con un sorriso. «Forse non posso avere la tua anima, ma sento comunque tante cose. Porti in te il peso di peccati non tuoi e la malvagità che vedi negli altri. Sicuramente sei consapevole che ciò che ho detto non è altro che la verità, e che quindi questo è il giusto castigo?»
 
La presa sulla spalla di Aramis si fece più forte.
 
«Su molte cose che riguardano questo Hollow mi trovi perfettamente d’accordo. Egoista, bugiardo e violento sono di sicuro aggettivi adatti a descriverlo. Aggiungerei anche irritante e irresponsabile, senza contare pervertito e narcisista.»
 
Aramis sorrise con fatica. «Così mi farai arrossire.»
 
«Tuttavia, devo correggerti su alcuni punti. Il fatto stesso che sia venuto fin qui smentisce la tua accusa di codardia. Il suo primo pensiero è sempre verso se stesso, e probabilmente non riconoscerebbe il senso del dovere neanche se gli andasse a sbattere contro, tuttavia sa essere leale. In più so per certo che ci sono persone con cui ha stabilito dei forti legami di amicizia e lealtà. Il che è molto più di ciò che si possa dire per qualsiasi Hollow con cui abbia avuto a che fare.»
 
**
 
Alex non aveva mai sentito un suono così straziante in tutta la sua vita, e dire che oltre ai tappi si era anche messa le mani sulle orecchie.
 
Non era tanto una questione di dolore, era più… paura.
 
Sembrava incredibile, ma nel momento stesso in cui Liz si era messa a gridare, Alex aveva avvertito l’impulso quasi irresistibile di fare dietrofront e mettere più distanza possibile tra lei e la fonte di quel suono raccapricciante.
 
A quanto pareva non era l’unica, dato che quasi tutte le guardie lasciarono cadere le armi e si misero a correre in pieno panico verso l’uscita più vicina, ovvero quella dove si trovava lei.
 
Alex si costrinse a staccarsi le mani dalle orecchie e ad intercettarli per mandarli al tappeto uno per uno.
 
Solo Loa era rimasto al suo posto, anche se era indietreggiato di parecchi metri.
 
Liz smise di urlare, e Alex la raggiunse.
 
«Era questa la sorpresa?»
 
«Più o meno» rispose Liz senza fiato. «Accidenti che fortuna, ci credi che finora ero riuscita a farlo solo una volta? Mi sono perfino spaventata da sola!»
 
«Tutto questo è estremamente rassicurante.»
 
«Tu stai bene? Mi dispiace, volevo allontanarmi di più ma il Cupo Mietitore mi ha bloccato la strada, e non sapevo più che fare e allora ho pensato “o la va, o la spacca”, e adesso mi sento in colpa perché sarebbe potuto essere pericoloso, e lui ha detto che hanno catturato Aramis e Rei e…»
 
Alex le mise una mano sulla bocca.
 
«Liz, respira e conta fino a cento.»
 
Liz sollevò un pollice in aria, e Alex si rivolse a Loa, che stava tutt’ora bloccando il passaggio.
 
«La risolviamo con le buone o con le cattive?»
 
«Non sapevo che avessimo qualcosa da risolvere.»
 
Alex gli rivolse uno sguardo eloquente. «Sei in mezzo ai piedi.»
 
«Al contrario, ormai ho completato la mia missione, e ho anche ottenuto quello che volevo, quindi posso ritirarmi.»
 
Accontentati e non fare domande, Alex. Lascialo andare e non essere sospettosa…
 
«Quindi ci lasci passare? Non dovresti catturare gli intrusi?»
 
Dannazione!
 
«Come ho detto, il mio lavoro è finito. Due di voi sono già al cospetto di Dania, e questo significa che li raggiungerete presto, con o senza il mio intervento.»
 
«Vuole dire che arriverà qualcun altro a catturarci?» chiese Liz guardandosi attorno allarmata.
 
«No» rispose Alex cercando di individuare inutilmente il volto al di sotto di quel cappuccio. «Intende dire che saremo noi ad andare da Dania.»
 
Loa si fece da parte.
 
«Colui che cercate è da quella parte» disse indicando con un cenno del capo il fondo del corridoio.
 
Alex e Liz si guardarono brevemente, poi cominciarono a camminare a passo spedito, rimanendo comunque in guardia.
 
Loa non fece alcun cenno di volerle fermare, anche se quando lo superarono la sensazione opprimente del suo reiatsu si fece più intensa.
 
«Ah, a proposito, salutatemi S. E ditele che non può più scappare.»
 
Alex si voltò verso di lui, ma era già sparito.
 
Trovarono Grimmjow in una cella munita di sbarre proprio in fondo al corridoio, e non era esattamente in buono stato.
 
Sembrava svenuto, o forse dormiva.
 
Certo, poteva essere benissimo in coma, contando che neanche la baraonda infernale che avevano appena sollevato, urla di Liz comprese, era bastata per svegliarlo.
 
Coperto di sangue e di contusioni, era letteralmente inchiodato al muro come una di quelle farfalle da esposizione, con anche un paio di catene attorno al torso per buona misura.
 
Esaminando attentamente ogni centimetro di pelle scoperta, notò anche quelli che somigliavano sospettosamente a dei punti di sutura attorno alla spalla sinistra, al di sotto dei quali correva una ferita quasi rimarginata.
 
Oddio… quel braccio aveva tutta l’aria di essersi preso di recente una vacanza dal resto del corpo.
 
Alex si aggrappò alle sbarre della cella.
 
Che diavolo gli avevano fatto?
 
«Forse dovremmo chiedere ad Aramis se sia sicuro svegliarlo» propose Liz mettendole una mano sulla spalla. «Voglio dire, magari ha preso una botta in testa e… »
 
Alex si tolse una scarpa e gliela tirò in testa attraverso le sbarre.
 
«Muovi il culo, razza di cretino imbecille! Non è l’ora del sonnellino!»
 
«Come non detto.»
 
Gli occhi azzurri di Grimmjow si aprirono e, quando sembrò finalmente mettere a fuoco la situazione, fece un sorriso terrificante.
 
«Ce ne hai messo di tempo per unirti alla festa! Che diavolo stavi aspettando, un invito scritto?»
 
«In realtà», si intromise Liz, «è esattamente quello che ci è arrivato. Più o meno.»
 
«Oh, ma guarda chi si vede! E il tuo fidanzato dove l’hai lasciato? È rimasto indietro a fare il coniglio o sta strisciando qui nei dintorni? Giuro che se si è fatto prendere e io ho sopportato tutta questa merda per niente…»
 
«Allora magari la prossima volta fai un po’ più d’attenzione, prima di farti catturare come un fesso da Capitan Porcona e la sua ciurma di pervertiti!»
 
«Ehm, ragazzi…» provò ad intervenire Liz.
 
«Perché non vieni qua dentro a scoprire quanto ho apprezzato le sue attenzioni
 
«Con piacere!»
 
«Ragazzi, forse dovremmo sbrigar…» cominciò Liz, ma poi chiuse la bocca e rimase a contemplare in silenzio mentre, a mani nude e continuando a scambiarsi insulti, da una parte Alex piegava le sbarre della cella, e dall’altra Grimmjow si strappava di dosso quelle che lo tenevano inchiodato.
 
Arrivò prima Alex, che gli strappò via l’ultima dal braccio sinistro, e un attimo dopo si stavano baciando come se non ci fosse un domani.
 
E gran parte del peso che nelle ultime ore aveva impedito ad Alex di respirare liberamente cominciò a dissolversi.
 
**
 
Contraddire il diavolo in persona e mettersi sulla linea diretta della sua parentesi torturatrice probabilmente non era l’idea più brillante che gli fosse venuta in testa ultimamente.
 
Ottimo lavoro, Rei.
 
Per chi poi?
 
Aramis.
 
Ugh.
 
Rei non sapeva cosa lo avesse spinto esattamente ad intervenire.
 
Oltre ad un evidente caso di psicosi acuta, ovviamente.
 
Il loro compito era distrarre il più a lungo possibile Dania per permettere ad Alex e Liz di non essere scoperte, senza contare che Aramis sapeva a cosa stesse andando incontro e gli aveva espressamente detto di lasciar fare a lui e di mettersi in mezzo il meno possibile.
 
Che diamine, quell’Hollow neanche gli stava simpatico!
 
Era troppo… troppo.
 
Aramis era davvero troppo.
 
Non c’era altro modo per definirlo.
 
Troppo bugiardo, troppo scomodo, troppo invadente.
 
Eppure, per qualche assurdo motivo, Liz lo amava.
 
Una mano fredda coprì quella di Rei, che si sforzò di non distogliere lo sguardo da Dania.
 
La cosa ovviamente non le sfuggì, e la donna si distese ancora di più sul suo trono con un’espressione languida.
 
«Vieni avanti, Shinigami.»
 
La mano di Aramis strinse la sua in un silenzioso avvertimento, e Rei scrollò le spalle.
 
«Ci sento benissimo anche da qui.»
 
«Così cauto. O forse dovrei dire protettivo. Sei forse tu la causa del cambiamento che percepisco nel mio amato?»
 
Rei si irrigidì, mentre un’ondata di indignazione e imbarazzo lo sopraffaceva.
 
«Cosa? No!» esclamò cercando di ritrarre la mano. «Non siamo neanche amici. Siamo conoscenti. A malapena. Del tipo che si sopporta poco.»
 
«E allora, se non tu, con chi devo congratularmi? Quali sono queste persone che, secondo le tue stesse parole, lo amano e ne sono a loro volta riamate?»
 
La bocca di Rei si inaridì all’improvviso.
 
Ops, aveva parlato troppo.
 
Aramis si tirò su a fatica, usando la spalla di Rei come supporto.
 
«Lascia in pace la povera mangusta, per favore, o manderai all’aria tutti i miei piani di corteggiamento. Non è ancora pronto per ammettere di fronte al mondo la nostra relazione. Non è vero, Tikki Tavi?» gli chiese con un sorriso malizioso e una stretta stritolante alla spalla.
 
Rei avrebbe voluto dirgli dove poteva ficcarsi la loro relazione, senza contare che non aveva certo bisogno che gli venisse ricordata con tanta delicatezza che per nessun motivo dovevano rendere nota l’esistenza di Liz a quella donna.
 
Ma va?
 
Perciò deglutì a vuoto  e si costrinse a fare buon viso a cattivo gioco.
 
«Ti ho già detto mille volte di non usare quel nome quando non siamo soli, Ho… Aramis.»
 
Per grazia divina le porte alle spalle di Rei si spalancarono proprio in quell’istante, e le guardie che lo avevano spinto dentro vennero catapultate senza troppe cerimonie al centro della stanza, dove rimasero a terra senza muoversi.
 
«Okay gente, la festa è finita!»
 
 
 



 
Angolo della curiosità inopportuna

 
 
Alex: «Non ci posso credere, hai tagliato di nuovo.»
 
Aki: «Non è colpa mia! È Dania che soffre della sindrome di Aramis!»
 
Alex: «Cioè?»
 
Aki: «Cioè vuole stare al centro dell’attenzione e allungare la storia. E poi ci si mette in mezzo anche Loa…»
 
Loa: «Una promessa è una promessa. Pensavi forse che me ne fossi dimenticato?»
 
Alex: «Promessa?»
 
Aki: «Ehm…»
 
Liz: «Ooooh, aria di guai!»
 
Aramis: «Non rubarmi le battute, coniglietto.»
 
Grimmjow: «Silenzio, cretini. Dobbiamo goderci il momento.»
 
Aki: «Ecco, il fatto è che quando ancora stavo pensando alla stesura dello scorso capitolo, sapete, quella che poi è andata perduta e di cui quindi non abbiamo bisogno di parlare…»
 
Loa: «Ooh no, parliamone invece. Lentamente e con voce carezzevole.»
 
Aki: «No, non ce n’è bisogno. In sostanza avevo pensato di farlo apparire, poi è successo quel che è successo e ho cambiato idea, fine della storia. Ma a quanto pare lui non si è rassegnato a rimanere tra le idee scartate e ha voluto fare la primadonna e inserirsi nella storia a tutti i costi.»
 
Alex: «Tutto qui? E dove sarebbe la novità?»
 
Aramis: «Deludeeeeente.»
 
Loa: «Suvvia Aki, puoi fare di meglio. Vuoi davvero privarli di una cosa così importante come la conoscenza di ciò che hanno rischiato? O meglio, di ciò che avrebbero potuto risparmiarsi?»
 
Aki: «Ugh.»
 
Liz: «Dai, diccelo! Dai dai dai!»
 
Alex: «Già, a questo punto sono curiosa.»
 
Rei: «Per me la cosa è piuttosto indifferente.»
 
Grimmjow: «Forza, siamo tutti orecchie.»
 
Aki: «…»
 
Aramis: «Woooo oh oh oh oh! Questa vi piacerà, ragazzi!»
 
Aki: «Grrrr, stattene nella tua testa, tu! E va bene, vi basti sapere che erano coinvolti un combattimento, un incendio e Alex che perdeva un braccio. Niente Dania e Grimmjow torturato.»
 
Alex: «…»
 
Liz: «…»
 
Rei: «…»
 
Grimmjow: «Cos… perché hai cambiato idea?? È quella più furba che ti sia venuta in mente da quando hai cominciato a scrivere, e hai deciso di scartarla? Ma sei deficiente? “Ehi, guardatemi, sono Aki, ho la possibilità di descrivere un combattimento epico con esplosioni, fuoco e sangue, ma preferisco invece far catturare e torturare i miei personaggi fuori campo dove non si corra il rischio di far vedere qualcosa di eccitante neanche per sbaglio”!»
 
Alex: «Ovviamente lui preferisce l’altra idea…»
 
Aki: «Ehi, pronto! Sei stato tu a chiedermi di farti prendere una vacanza e non farti apparire per un capitolo intero, ricordi? Fai attenzione a quello che desideri la prossima volta.»
 
Aramis: «E questo, bambini, è esattamente quello che succede quando decidete di approfittarvi della malattia altrui per il vostro tornaconto.»
 
Rei: «Ma piantala!»
  
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