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Autore: FairyCleo    01/03/2017    5 recensioni
“Vedo che la signora ha buon gusto…” – aveva detto il commerciante, avvicinandosi maggiormente a lei.
“Come?” – Bulma era trasalita, persa com’era nei suoi pensieri – “Ah, sì… Certo”.
Sollevando il capo, aveva avuto modo di osservare meglio l’uomo che aveva davanti. Era uno strano figuro, alto, dinoccolato ed estremamente magro, con la pelle color dell’ebano, la testa pelata e un singolare pizzetto azzurro che terminava in un ricciolo accuratamente acconciato che gli dava un’aria del tutto singolare. Persino la voce di quell'uomo era bizzarra, così come i suoi occhi gialli con le iridi allungate simili a quelle dei gatti. La cosa veramente strana, però, era che lei non lo avesse notato sin dall’inizio. Era come se fosse sbucato dal nulla, ma non era il caso di fare tanto la sospettosa e di farsi tutti quei problemi per un semplice mercante, no?
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 25

Il tormento dell’impotenza

 
“Che cosa diavolo sta succedendo?”.
“Viene dalla stanza dei bambini!”.
“Goten! Trunks!”.
“Cielo! Qualcuno vada a vedere!”.
Quell’orribile, raccapricciante urlo aveva portato il trambusto tra i presenti. Yamcha e Crilin erano stati i primi a sentirlo, ed erano stati i primi ad accorrere, seguiti da Chichi e da Goku, svegliatosi all’improvviso dal leggero sonno in cui era caduto.
“Che cosa è stato?”.
“Non lo so!” – aveva risposto una Chichi in preda al panico ancora intenta a percorrere quel corridoio interminabile – “Fa presto!”.
Una volta arrivati alla soglia della stanza, avevano potuto constatare con i loro occhi quanto accaduto, reagendo esattamente allo stesso modo dei due terrestri accorsi prima di loro.
“Che cosa… Goten… Che cosa è successo?”.
Chichi si era precipitata dal suo piccolo ometto, ancora incerta sulla veridicità della scena che gli si era presentata davanti, abbracciandolo con forza. Finalmente si era svegliato, ma il suo aspetto non lasciava presagire niente di positivo. Aveva le lacrime agli occhi, lo sguardo colmo di mortificazione e rimorso per quanto aveva fatto, e tremava come una foglia, desideroso di buttare fuori tutto quello che si agitava nel suo cuore di bambino.
“Non volevo farlo. Mamma… Mi dispiace tanto” – e, alla fine, non era riuscito a trattenersi, scoppiando in lacrime tra le braccia di chi gli aveva donato la vita.
“Tesoro…” – Chichi era sempre più confusa.
“Scusa, Trunks…” – aveva detto il piccolo, tirando su col naso – “Scusami tanto!”.
Goku non aveva detto niente, osservando ogni cosa con un apparente distacco. Stava cercando di fare luce sulla faccenda, a modo suo, anche se il tutto si stava rivelando molto più complicato del previsto.
Quando lui e Chichi erano arrivati sulla soglia della stanza, avevano visto Trunks sul suo letto, che si contorceva dal dolore, con accanto Yamcha che cercava di soccorrerlo, e sul pavimento, poco lontano, c’era suo figlio, quasi in lacrime. Crilin gli cingeva le spalle con entrambe le braccia, cercando in qualche modo di tranquillizzarlo. Non era necessario essere in possesso di una laurea per capire che Trunks fosse stato vittima di Goten, ma perché suo figlio lo avesse attaccato – qualsiasi cosa gli avesse fatto – non era ancora stato in grado di capirlo.
“Trunks… Sta calmo… Lasciami vedere… Non posso aiutarti se non mi fai vedere. Ti prego, ascoltami” – Yamcha stava facendo del suo meglio per farsi ascoltare dal piccolo saiyan dai capelli lilla, ma le sue suppliche erano del tutto inutili: Trunks era in preda a un dolore che lo stava dilaniando, un dolore che sembrava impossibile da placare, e nessuno riusciva a capire come fosse possibile che Goten ne fosse la causa.
“Tesoro mio…” – Chichi stava accarezzando con dolcezza i capelli del figlio, inspirando forte il suo odore, mentre il suo sguardo, incrociatosi in un primo momento con quello di Crilin, si era posato su Trunks, alla ricerca di qualsiasi particolare o segnale che potesse permetterle di capire cosa gli avesse fatto suo figlio.
“TRUNKS!”.
Bulma e Vegeta erano arrivati poco dopo, il cuore in gola e il fiato corto più per lo spavento che per la corsa. La turchina si era precipitata sul letto, strappando letteralmente suo figlio alle scarse cure di Yamcha, mentre continuava a chiedergli perché stesse piangendo e cosa gli fosse successo.
Ma Trunks non rispondeva. Trunks continuava a gridare e a piangere, quasi fosse incapace di sentire le voci di chi si stava preoccupando per lui.
“Che diamine sta succedendo qui?” – Vegeta sembrava impazzito dalla frenesia – “Ditemi che cosa sta succedendo” – lo aveva sibilato tra i denti, prendendo Yamcha per il colletto del vestito e sollevandolo dal pavimento.
“Ehi… Sta-sta calmo!”.
“Parla”.
“Vegeta” – era intervenuto Goku – “Lui non era presente. Nessuno di noi lo era”.
“TSK” – lo aveva lasciato andare dopo aver udito le parole del saiyan, raggiungendo sua moglie e suo figlio – “Dimmi cosa succede, Trunks. Ho bisogno di sapere cosa ti succede!”.
Nessuno dei presenti si era reso conto che anche il resto degli inquilini di quell’affollata casa erano sopraggiunti, nessuno escluso. Gohan era arrivato insieme a Videl, seguiti da Mr. Satan, C18 e dal resto della combriccola, spaventati e straniti da quanto stava avvenendo.
Con estrema fatica, Bulma era riuscita a far calmare almeno in parte suo figlio, stringendolo e cullandolo come solo una madre era in grado di fare. Trunks continuava a piangere, ma con maggiore veemenza, anche se non riusciva, anzi, non voleva lasciare la presa che aveva sul suo piccolo ma forte braccio sinistro. In un primo istante, presi dal trambusto causato dal pianto dei bambini, nessuno si era accorto di quel particolare che, col senno di poi, non era poi così irrilevante.
“Tesoro… Tesoro… Fa vedere alla mamma cos’hai sul braccio… Su… Fatti coraggio…”.
Dopo aver insistito un po’, e con l’aiuto di un Vegeta che per la prima volta nella sua vita era stato delicato, Bulma era riuscita a fare in modo che suo figlio allentasse quella presa così solida e mostrasse a entrambi i genitori prima, e al resto dei presenti poi, quanto nascondeva con tanto impegno e tanta sofferenza.
“Ma… È un morso!” – aveva esclamato, incredula – “Questo è un morso” – e non aveva proseguito per evitare che i presenti la prendessero per matta, limitandosi a scambiare un’occhiata più che eloquente con suo marito, provato e stranito almeno quanto lei.
A quelle parole, Goten aveva cominciato a singhiozzare con più forza, nascondendo il viso tra il petto di sua madre.
Non c’erano dubbi, ormai. Quel morso, quello strano morso che brillava di una luce verdognola, gli era stato sicuramente impresso dal suo amico Goten.
“Dobbiamo parlare” – era stato Goku a proferire parola, con un tono serio che non gli apparteneva – “E dobbiamo farlo subito”.

 
*
 
I momenti successivi erano stati inspiegabili, quasi ovattati. Almeno per Vegeta, Bulma, Goten, Trunks e Chichi.
Il re dei saiyan aveva preso suo figlio tra le braccia senza fiatare, portandolo in bagno e reggendogli la testa mentre la madre cercava di lavare via il verde e il sangue da quella ferita dall’aspetto infernale.
Goten continuava a rifiutarsi di parlare, così come Trunks. Troppo scosso da quello che gli era capitato, aveva finito con il calmarsi e addormentarsi, ma il suo era un sonno agitato, fatto di dolore e incubi spaventosi, un sonno che i suoi genitori non avevano potuto evitare. Vegeta non aveva aperto bocca, un po’ per lo shock di vedere il suo unico figlio in quello stato, un po’ per la frustrazione che, silenziosa come un serpente, si stava insinuando in lui. Che fosse colpa di Goten, non c’erano dubbi. Per qualche ragione non impossibile da immaginare, il secondogenito di Goku e Chichi aveva inferto quello spaventoso morso a suo figlio, morso di cui temevano l’esito più di ogni altra cosa al mondo, forse, più di Vickas stesso.
Non solo quel bastardo aveva fatto in modo che Trunks diventasse la vittima sacrificale e Vegeta il suo carnefice, no. Quella bestia era riuscita a infliggere ancora più dolore e sofferenza a quella famiglia così unita ma così sfortunata.
Ma Vegeta non si preoccupava solo per suo figlio. Vegeta temeva che sua moglie, stanca, provata e distrutta sin nell’animo da quel susseguirsi di tragici eventi, fosse sul punto di crollare. La conosceva sin troppo bene, ormai. Certo, forse, ciò non sarebbe stato del tutto un male. Solitamente, dopo aver pianto e urlato a squarciagola, sua moglie risorgeva, come una fenice dalle sue ceneri, più forte e più determinata di prima. Ma quella situazione era più complicata delle mille che avevano dovuto affrontare in precedenza, e sembrava che non ci fosse modo di evitare il peggio, nonostante stessero facendo di tutto per provare a farlo.
Chichi continuava a stringere suo figlio in maniera convulsa, quasi stesse tentando di proteggerlo. Vegeta cominciava a pensare che la mora temesse un suo scatto d’ira e le sue funeste conseguenze, e ciò non aveva di certo contribuito a farlo stare tranquillo. Avevano ancora paura di lui, ne era certo. Nonostante fosse stata lei stessa a difenderlo, in un certo qual modo, era ugualmente spaventata da lui e dal suo imprevedibile modo di fare, a volte criptico, a volte sin troppo esplicito e poco attento al benessere altrui. Ma non poteva biasimarla. Goten aveva morso Trunks, e nonostante non gli fosse neanche passato per la mente di accusarlo o rinfacciarglielo, capiva perfettamente il suo punto di vista.
Per questa ragione, aveva lasciato che lei e la sua famiglia, accompagnati da Videl e da Mr. Satan, si chiudessero in una sala e parlassero di quanto accaduto, in modo da poter cercare di comunicare col bambino e confermare i loro sospetti
Trunks, addormentato, aveva preso il posto occupato poco prima da Goten sul divano posizionato in cucina, con accanto sua madre, Yamcha e Vegeta. Gli altri, più o meno sollevati di vedere i propri familiari in condizioni migliori, avevano preso posto attorno all’ampia tavola rotonda, nel più totale silenzio, incapaci di provare anche solo lontanamente a darsi una spiegazione.
Bulma aveva gli occhi gonfi e rossi. Lo sforzo di trattenere le lacrime cominciava a farsi sentire, così come la necessità di fare qualcosa di più concreto per uscire da quella assurda e terribile situazione. Avrebbe tanto voluto che suo marito le stesse più vicino, ma Vegeta sembrava paralizzato dallo svolgersi degli eventi. Il forte saiyan che aveva sposato cominciava a dare segni di cedimento, nonostante provasse a mascherarlo in ogni modo. Non era quello il momento di stare divisi, di erigere un muro. Credeva di averglielo dimostrato poco prima, in camera da letto. Ma lui non sembrava aver recepito il messaggio. Suo malgrado, Vegeta si era chiuso ancora più in se stesso, limitandosi a osservarli senza dire o fare nulla. E, a quel punto, la turchina non aveva neanche più provato ad avvicinarsi a lui, limitandosi ad accettare il conforto di chiunque fosse stato così gentile da offrirglielo.
Così, quasi le avesse letto nel pensiero, Yamcha si era fatto coraggio e aveva sfidato l’autorità che la presenza di Vegeta imponeva loro, stringendo con dolcezza la spalla di quella donna che aveva sperato, molto tempo addietro, di prendere per moglie. Colta alla sprovvista, Bulma era sobbalzata, voltandosi a guardare chi aveva davanti. Non ce l’aveva più fatta, scoppiando a piangere disperatamente tra le braccia di chi aveva dimostrato di essere al suo fianco.
“Non fare così…” – aveva sussurrato lui, lievemente arrossito e intento ad accarezzarle la spalla – “Troveremo una soluzione”.
“Yamcha ha ragione, Bulma…” – Crilin si era alzato e le si era avvicinato, cercando di sorridere e di infonderle un po’ di forza – “Ne verremo a capo, in qualche modo”.
E, di lì a qualche istante, un brusio di voci si era propagato per la stanza, le voci di chi non era stato abbandonato e non avrebbe abbandonato a sua volta chi si trovava nel bisogno.
Nel vedere quella dimostrazione di affetto, l’amore e il sostegno dei suoi amici, le lacrime di dolore si erano tramutate in parte in lacrime di gioia.
“Grazie…” – aveva singhiozzato in qualche modo – “Grazie di cuore”.
Eppure, era un’altra la persona che avrebbe voluto ringraziare, ma in quel momento, non ne aveva alcun motivo. Perché Vegeta, il suo Vegeta, sembrava diventato una perfetta, immutabile, imperturbabile statua di marmo.

 
*

Goku, Gohan e Videl avevano lasciato Goten alle cure di sua madre. Finalmente, il bambino sembrava essersi calmato, ma si era rifiutato di uscire dalla stanza. Non si sentiva pronto ad affrontare Trunks, né i suoi genitori. Avrebbe dovuto dare spiegazioni che neppure lui conosceva, e non voleva farlo in prima persona. Non ancora, almeno. Sarebbe diventato un interrogatorio, più che una confessione, e aveva preferito restare rintanato sotto le coperte, a piangere in silenzio a fasi alterne, timoroso di aver fatto qualcosa di irreparabile. Per scoprire la verità, aveva lasciato che suo padre leggesse nella sua mente, ma non aveva osato chiedere. A giudicare dallo sguardo che aveva fatto, qualsiasi cosa avesse visto doveva essere stata terribile. Per questo motivo, aveva lasciato che suo padre si caricasse il peso di una sua colpa e spiegasse agli altri quanto era accaduto, nella speranza che si potesse trovare una soluzione.
Quando Goku era entrato nella stanza, aveva cercato di fare il meno rumore possibile per sondare la situazione, ma era stato inutile. Il suo ingresso silenzioso era stato percepito da tutti i presenti che, impazienti, attendevano il responso del saiyan.
Così, aveva preso posto al tavolo accanto a C18 e agli altri, cominciando a raccontare quanto aveva avuto modo di apprendere.
Era stata tutta opera di Vickas, ma questo già lo sapevano tutti. Era stato il modo in cui aveva agito a rivelarsi del tutto particolare. Perché il verme schifoso con cui avevano a che fare non aveva agito in prima persona, no Signore. Si era fatto aiutare dal suo servitore, lo strano uomo che avevano conosciuto i bambini e che aveva venduto il medaglione a Bulma, e lo aveva fatto sfruttando l’influenza dell’aura malvagia del suo padrone, aura che in qualche modo aveva provato a intaccare anche l’integrità di Gohan. Non aveva idea in che modo ciò avvenisse, sapeva solo che era accaduto e basta. Il perché avesse agito in quel modo così subdolo, coinvolgendo Goten oltre che Trunks, non riusciva proprio a capirlo. Forse, voleva punirli. Forse… Forse non era il caso di fare ipotesi. Sapeva solo che quel morso avrebbe avuto delle conseguenze, e non aveva avuto bisogno di vederlo da qualche parte per scoprirlo.
“Possiamo solo aspettare e sperare in meglio” – aveva detto, concludendo così quel discorso. Avrebbero solo dovuto aspettare il risveglio di Trunks e provare a fargli qualche domanda. Ma la sera stava calando, e il bambino aveva sofferto troppo per sperare in un suo imminente destarsi.
“Spero che la notte ci porti consiglio e possa aiutarci a fare luce su questa situazione” – aveva aggiunto, mostrandosi forte. Ma mai come allora avrebbe voluto parlare con il suo caro vecchio amico re Kaioh.

 
*
 
La notte e il suo manto di stelle avevano avvolto quel mondo così devastato, ma la loro luce non era stata abbastanza confortante per il piccolo Goten, svegliatosi nel cuore della notte nello stesso lettone in cui dormivano i suoi genitori. Era tutto sudato e lo stomaco cominciava a brontolargli per la fame. Se avesse voluto, gli sarebbe bastato svegliare la sua mamma e la fame si sarebbe placata, ma non aveva avuto il cuore di farlo. Per questo motivo, era sceso dal letto ed era uscito dalla stanza in punta di piedi, per poi andare in cucina e prendere qualcosa da mangiare, ma una volta varcata la soglia, gli si era fermato il cuore.
Trunks dormiva sul divano e Bulma, la povera, sfinita Bulma, si era addormentata con la testa sul tavolo e le braccia penzoloni.
Trattenere le lacrime era diventato difficile. Si sentiva in colpa. Era uno strazio dover assistere a quella scena, perché ne era, anche se involontariamente, il diretto responsabile. Improvvisamente, il piccolo saiyan aveva dimenticato i morsi della fame, e si era precipitato in camera da letto dei suoi per prendere la coperta che sua madre aveva lasciato sulla sedia accanto all’armadio e posarla con delicatezza sulle spalle di Bulma. Poi, senza neanche rendersene conto, si era avvicinato a Trunks e si era steso sul divano, accanto a lui, facendosi piccolo piccolo mentre si accoccolava su un fianco. Aveva voglia di piangere, ma non poteva farlo. Lui doveva prendersi cura del suo amico, doveva essere pronto se Trunks avesse bisogno di aiuto.
Ma il piccolo non aveva fatto i conti con le emozioni che aveva provato e con la stanchezza che gli avevano causato, finendo con l’addormentarsi dopo pochi minuti senza rendersi conto che Trunks, il suo migliore amico, suo fratello, aveva aperto gli occhi per un breve istante e gli aveva sorriso, felice di non essere più solo.

Continua…
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Ragazze/i,
Continuo a chiedervi scusa per il ritardo, ma sono ancora senza modem che, per la cronaca, doveva arrivare giorno 24. Sono arrabbiata nera.
Ma potete perdonarmi, no?
Capitolo di passaggio, ovviamente.
Regalatemi Goten!
Bacini
Cleo
 
   
 
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