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Autore: Light_Girl    01/03/2017    1 recensioni
Bianco. Come una matita su un foglio di carta si stava disegnando un paesaggio. Prati, alberi, erba. Era tutto grigio, un paesaggio grigio, come se fosse stato disegnato su un foglio di carta bianco. Allison girò su se stessa e osservò quello strano luogo. Era silenzioso e una brezza d'aria fresca le faceva ondeggiare dolcemente i capelli mossi. Sollevò lo sguardo: un cielo completamente bianco, luminoso come nelle più belle giornate di sole, era sopra di lei. Rimase incantata da quell'atmosfera, così calma e piacevole.
"È bellissimo" pensò. O almeno così credeva prima di percepire una voragine aprirsi sotto di sé, sentendosi trascinare con prepotenza da una forza oscura che le fece gelare il sangue nelle vene al solo contatto.
[...]
Passò un dito sopra la cucitura sul vestito della bambola. Vi era incisa una "E" al contrario, simile al numero tre, "M", "I" e un segno, una specie di simbolo, forse una croce.
Genere: Azione, Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clockwork, Jason the Toy Maker, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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-Claustrophobic

 

 

Allison era seduta su una piccola sedia di legno vicino a una piccola finestra. Osservava le gocce di pioggia gareggiare sul vetro e il cielo cupo e grigio, grigio come i suoi occhi. Non sapeva nemmeno cosa stava aspettando, perché stava aspettando.

Esatto, Ally. Perchè stai aspettando? Da quanto tempo?

Sospirò. Stava per alzarsi, ma qualcosa la bloccò. Mal di testa. Sentiva come un suono di interferenze, un ronzio, abbastanza forte, che la fece lamentare sottovoce. Ally aveva il presentimento che lo Slenderman c'entrasse qualcosa con questo. Infatti bastò poco per permettere a Ally di riconoscere una figura familiare venirle incontro nella penombra. Lui, senza ombra di dubbio. Dietro di lui comparvero altre figure. Una doveva essere Toby, la ragazza ne era certa. Le restanti non poteva vederle bene, si trovavano in un punto troppo oscuro della stanza. Allison li osservò spostando lo sguardo da Toby e gli altri due all'Uomo Alto, spiazzata e intimorita.

Circondata, Ally...

Poi gonfiò il petto facendosi coraggio.

«Io… vorrei chiedervi una cosa perché sono sicura che sia mio diritto saperla.»

Poi si alzò, fronteggiando le figure e venendo sovrastata dall’altezza dello Slenderman. «Perché sono qui?» domandò cercando di mostrarsi sicura.

L'essere in smoking non si scompose.

"Questo lo saprai quando sarà il momento giusto, mia cara. Te l’ho già detto.”

Sul viso della ragazza si dipinse un’espressione di stupore e disappunto misti a un pizzico di ansia e paura.

«Cosa?! E quando caspita sarebbe il momento giusto? Mi avete portata via da casa mia, guidata in un bosco enorme del quale non sapevo nemmeno l’esistenza inseguiti dalla polizia e rinchiusa in questa sottospecie di villa abbandonata che cade a pezzi ma che voi definite un posto sicuro. Ho accettato di fidarmi di voi, vi ho seguiti fin qui. Questo perché sono coinvolta in qualcosa che non conosco, qualcosa che mi riguarda. Vi sto semplicemente chiedendo di spiegarmi di cosa si tratta, è mio diritto» disse tutto d'un fiato.

Quali diritti?

"Qui non esistono quelli che tu chiami diritti, ma solo gli ordini, mia cara Allison. Ed essi sono imposti dalla creatura che hai davanti."

  Si sentì improvvisamente spaventata. Sentiva che lui la stava fissando, quella situazione e quella creatura le incutevano terrore. Quei tentacoli non le erano mai sembrati così spaventosi, neri come le tenebre, si confondevano con lo smoking e l’oscurità dietro di sé. Le sue braccia esageratamente lunghe terminavano con grandi artigli affilati; la continua sensazione che quell’essere la stesse osservando nonostante la mancanza degli occhi era angosciante. Quella creatura doveva essere frutto della sua immaginazione. Stava diventando pazza, vedeva cose che non esistevano. Era scientificamente impossibile che esistessero cose come… quello. Ciò che aveva davanti, a pochi centimetri di distanza, era irreale. Doveva esserlo.

Sei passata alla fase di negazione?

"Posso percepire il tuo terrore. Non nasconderlo. Posso penetrare nella tua mente, distruggere tutte le barriere che crei attorno ad essa. Sei sicura che ciò che vedi sia irreale come lo hai appena definito?"

La nausea la assalì senza alcun preavviso facendola accasciare sul pavimento. Tossì violentemente e vomitò, non riuscendo a fermarsi in tempo. Nessuno intervenne, Allison rimase distesa sul pavimento in uno stato confusionale e un mal di testa infernale, disorientata e spaventata. La creatura si chinò su di lei e cominciò ad accarezzare la sua testa con le mani artigliate, con movimenti che sarebbero dovuti essere dolci e lenti, ma che raschiavano il pavimento per l’eccessiva lunghezza producendo un suono disturbante che riecheggiava nella sala. Toby, nel frattempo, aveva abbassato la testa, fissando con odio l’Operatore. Masky e Hoody erano rimasti in disparte, nella penombra.

«Dopo questo… sarà tutto finito, vero?» la voce di Brian era bassa e fredda; tremava leggermente, lasciando trapelare un senso di incertezza.

“Probabilmente.”

Toby assottigliò lo sguardo, cupo. Tim scosse la testa, fremeva di rabbia davanti all'indifferenza di quel mostro. Indifferenza di fronte alle loro vite. E il forte rumore della pioggia che batteva contro i vetri, coprendo ogni altro suono, furono l'ultima cosa che Ally sentì prima di perdere definitivamente i sensi.

 

 

 

 

Bianco. Tutto bianco, completamente. E in mezzo a quel bianco, la figura di una ragazza. I capelli erano castano scuro e lunghi, gli occhi color nocciola. Allison le si avvicinò con cautela, ma a passo svelto. Una volta raggiunta si accorse che la stava guardando con un sorriso sulle labbra.

«Ciao… Ally» la salutò. L’altra chinò il capo di lato.

«Chi sei tu? Ci conosciamo?»

La ragazza accennò a una risatina. «In un certo senso, io sono parte di te e tu di me. Però chiamami Clockwork

Rimase in silenzio per qualche attimo. «Questo non...»

«Capirai tutto tra non molto. In fondo, manca poco tempo

L’immagine di Clockwork cambiò radicalmente in pochi attimi: si crearono delle cuciture ai lati della bocca - che si curvò in un inquietante sorriso -, l’occhio sinistro iniziò a sanguinare; il bulbo oculare venne staccato e sostituito da un orologio che entrava perfettamente nello spazio vuoto. L’occhio destro era diventato verde e brillava di una luce malsana. In pochi secondi tutto cominciò a dissolversi in un uragano di immagini confuse e il ticchettio insistente di un orologio.



«Tic toooc, tic toooc, tic toooc... Eheh...»

 

 

 

 

 

 


Una risata, bassa e appena accennata. Era tutto ciò che rimaneva di quella famiglia. Tutto ciò che rimaneva dopo urla e schizzi di sangue. Tutto ciò che rimaneva dopo aver aperto il rubinetto e aver lasciato scorrere l'acqua, dopo aver soffocato con violenza le vittime. Ben fece qualche passo verso la stanza dove era situato il computer. Lo fissò per qualche attimo, ignorando il cadavere di un bambino steso in terra in una pozza di sangue, il quale era schizzato anche sulle pareti bianche, mettendolo ancora più in evidenza. Sullo schermo del computer si aprì un nuovo documento di scrittura su Word. Il ragazzo continuò a guardare verso lo schermo con un'espressione quasi neutra, ma con il sorriso sempre presente sul volto. Mentre, però, piangeva.

 

Perchè è l'unica cosa che sai fare.

 

Sul foglio bianco apparve una scritta: "Siete andati incontro a un destino terribile, non è vero? Come il mio..."

Le lampadine si spensero, lasciando solo la debole luce dello schermo a illuminare quel macabro spettacolo.

 

 

—*-*_*-*_*-*—

 

 

Ally si alzò di scatto, guardandosi intorno con circospezione. Si trovava in una stanza piccola e buia. Le pareti erano rovinate, come le altre, del resto. Esse sembravano quasi bruciate in diversi punti dove assumevano una colorazione nerastra. Non seppe spiegarsi nemmeno lei il motivo, ma si sentì in trappola all'improvviso nel solo notare una porta chiusa nella stanza in cui si trovava. Voleva uscire e subito. La sua claustrofobia le stava dando fin troppi problemi, lo sapeva. Non notò la presenza della bambola, Emi, appoggiata a uno scaffale, troppo occupata a cercare di raggiungere l'uscita, di aprire la porta. La trovò chiusa a chiave. Il suono della maniglia che veniva abbassata ripetutamente e il rumore nauseante del lucchetto che non le permetteva di uscire le trapanavano le orecchie.

La porta non si apriva. Di conseguenza, lei non poteva uscire. Questi furono gli unici pensieri sensati che riuscì ad articolare, mentre i suoi occhi saettavano da una parte all'altra della stanza, in cerca di una qualunque uscita.

Panico, Ally?

«E-Ehi, fa-fatemi uscire da qua! Per favore, fatemi uscire!» Provò a battere i pugni contro la porta, qualsiasi cosa per farsi sentire. «Slenderman! Fammi uscire, dannazione!!»

Nessuna risposta. Nessuna risposta. Sperava con tutta se stessa in quel momento di poter risentire la voce metallica della creatura rimbombare nella sua testa, ma non accadde nulla. Insomma, davvero era caduta così in basso? Aveva più paura di uno spazio chiuso rispetto allo Slenderman e tutti gli altri? Aveva più paura di uno spazio chiuso che del liquido rosso gocciolante dalle accette di Toby e del sorriso agghiacciante di Jeff?

«Ehi» la "salutò" qualcuno.

Allison non si voltò nemmeno, rimase immobile a tremare come una foglia vicino alla porta, quasi fosse gelosa dell'uscita. Lo sconosciuto chinò la testa di lato nell'oscurità, osservando attentamente Ally. «Claustrofobia?» constatò.

«Fammi uscire» disse solo la ragazza, che era vicina ad avere un altro attacco di panico.

«Non posso. Lui mi ha detto di controllarti.»

«FATEMI USCIRE, DANNAZIONE!» urlò la ragazza, schiacciandosi contro la porta, cominciando a graffiarla con le unghie.

«Ehi, non vorrai costringermi a cucirti quella bocca, vero?» Una risatina appena accennata accompagnò quella frase. «Sto scherzando. Lui mi ucciderebbe seduta stante se lo facessi. Sarebbe magnifico se mi uccidesse davvero, non credi?»

Poi fece qualche passo avanti, permettendo a Allison di vederlo. Indossava una maschera bianca, una bocca e degli occhi neri disegnati su di essa, con tanto di sopracciglia.

«Ti conviene calmarti. Oppure gli altri penseranno che ti sto facendo del male. Vuoi farmi fare questa brutta figura?»

Ally stava ascoltando solo una parte di ciò che stava dicendo quel ragazzo con la maschera. Il suo unico pensiero era uscire. Non poteva fare altro che tremare e stringersi nelle spalle, vittima della sua paura.

«Perché mi avete chiusa qui dentro?» riuscì ad articolare.

«Non lo so. Lui dice, io eseguo. Devo eseguire...» l'ultima frase, appena sussurrata, Ally non riuscì a sentirla.

«Voglio uscire, ho paura...» mormorò, osservando le pareti e premendo la schiena contro la superficie della porta. Avrebbe voluto solo pensarlo, ma quella frase era uscita fuori dalla sua bocca senza nemmeno che lei se ne rendesse conto.

«È necessario, dice l'Operatore. Dove c'è paura e terrore, l'Operatore domina, dice. L'Operatore controlla. L'Operatore...» il tono di voce sembrava quasi assente, come se non fosse a conoscienza di ciò che stava dicendo. Ally sentì bussare alle sue spalle e trasalì.

«Tim, falla uscire. L'Operatore dice che non ha funzionato.»

   
 
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