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Autore: SarcasticColdDade    02/03/2017    1 recensioni
Yuki Yoshimura è un medico, dedita alle sue routine e ad una vita tranquilla. Il suo unico scopo nella vita è sempre stato quello di aiutare gli altri, per non sentirsi mai un peso. Dentro di sé però sa di essere diversa dagli altri: non sa perché, come non sa se lo scoprirà mai. Almeno fino all'incontro con uno strano uomo.
O meglio, un demone.
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis, Un po' tutti
Note: Cross-over, Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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 “Io e il Padroncino siamo stati spesso coinvolti in faccende come questa, ma stavolta ho come l’impressione che andremo ancora di più alla cieca”. Queste erano state le esatte parole di Sebastian mentre eravamo ancora in carrozza, diretti alla residenza dei Norton.
Potevo vedere chiaramente la preoccupazione nei suoi occhi, e questo mi faceva sentire per qualche motivo preoccupata. In quel momento, avrei voluto stringere la sua mano, ma sapevo che agli occhi di tutti quel gesto sarebbe stato eccessivo.
Soprattutto perché davanti a me avevo Mey-Rin, perfetta nel vestito che avevamo acquistato insieme.
Per evitare di pensare troppo, ad un certo punto avevo semplicemente preso ad esaminare la mia maschera: aveva del verde, che si intonava perfettamente al mio vestito, ma per lo più era bianca, di forma ovale, in modo da coprire tutto il viso.
Sarebbe stato difficile addirittura riconoscersi tra di noi, stasera.
- C’è un motivo se le maschere coprono l’intero viso? - avevo chiesto a Sebastian a bassa voce, confusa dalla forma ovale.
- Immaginavo avresti intuito questo particolare – aveva risposto lui, con un sorriso che sembrava decisamente compiaciuto, prima di rivolgersi a Ciel – Padroncino? - aveva domandato, come per chiedere il permesso.
- Parla pure – era stata la sua unica risposta, col solito tono annoiato.
Con un cenno d’assenso, allora, Sebastian aveva preso a parlare. - I Norton soffrono di una rara malattia, denominata malattia di Lyme – aveva mormorato, con tono deciso – E’ una rara malattia che colpisce la pelle, tra le altre cose, e che porta alla comparsa di eritemi che finiscono per sfigurare il volto – aveva aggiunto – Per questo le maschere – aveva poi concluso.
- La malattia è contagiosa? - aveva chiesto quasi immediatamente Finny, improvvisamente pallido.
- No, non è possibile contrarla tramite chi ne è affetto – aveva risposto Sebastian – Quindi potete stare tranquilli – aveva aggiunto, rivolgendosi questa volta a tutti quanti.
Nel giro di mezz’ora avevamo finalmente raggiunto la Residenza, scendendo dalla scomoda carrozza che ci aveva accompagnato.
La prima cosa che faccio una volta in piedi è stiracchiarmi appena, cercando di dare nell’occhio il meno possibile.
- Che nessuno si allontani troppo dagli altri, e se dovete farlo, fatelo sempre in coppia – mormora subito Ciel, in tono autorevole – E che nessuno agisca di sua spontanea iniziativa – aggiunge, e per un momento mi sento il suo sguardo addosso. Si, decisamente ce l’ha con me – Andiamo – conclude, indossando la sua maschera prima di superarci, chiaramente a capo del gruppo.
Tutti a nostra volta indossiamo la nostra maschera, prima di seguirlo velocemente.
La Residenza dei Norton è immensa -ovviamente- e decisamente gremita di persone. Quando facciamo il nostro ingresso, riceviamo il benvenuto da un cameriere vestito interamente di bianco, maschera compresa: il fatto che anch’essa sia bianca da un tono inquietante a tutto l’ambiente, anche se non mi spiego bene perché.
Tutti i volti che incrocio sono impossibili da scrutare, in quanto quasi interamente coperti.
- Mi domando cosa scopriremo stasera se neanche riusciamo a riconoscere i Norton – mormoro a Sebastian, lasciando andare il lembo del mio vestito che avevo trattenuto per salire il gradino della Residenza.
- Credimi, li riconoscerai – risponde – Fra non molto faranno la loro entrata in scena – aggiunge.
- Teatrali? - gli domando.
- Parecchio – risponde – Nonostante le tante voci su di loro non perdono occasione per mettersi al centro dell’attenzione – aggiunge, afferrando poi due calici traboccanti di champagne, porgendomene uno.
- Probabilmente lo fanno per sembrare il più normali possibili – ammetto – Molte famiglie ricche organizzano balli a livello mondano, avranno colto semplicemente l’occasione – mormoro subito dopo, sorseggiando il mio champagne mentre ci facciamo largo nella folla.
- Immagino che uno dei motivi sia questo – risponde, bevendo a sua volta – Solo che loro hanno decisamente più cose da nascondere rispetto agli altri – aggiunge.
Sto per rispondere a quelle veritiere parole, quando invece un tintinnio di bicchiere mi porta sollevare il capo verso la grande scalinata: è proprio in quel punto che, infatti, stazionano 6 persone, i cui volti sono coperti interamente da maschere decisamente più inquietanti delle nostre.
- Buonasera a tutti – mormora l’uomo al centro, anche se la voce appare ovattata per via delle maschera - ..e benvenuti al ballo annuale della famiglia Norton! Detto questo...bevete, mangiate e godetevi la serata! - grida, letteralmente, sollevando poi il calice che tiene tra le dita.
- Le loro maschere fanno quasi paura - ammetto immediatamente, continuando a guardarle persino una volta che si sono confusi con la folla.
- Sono decisamente più appariscenti delle nostre - ammette a sua volta Sebastian - Te l'avevo detto - aggiunge, stringendosi poi leggermente nelle spalle.
Non ho idea di quanto durerà il ballo, so solo che per parecchio tempo non facciamo altro che girare per le varie sale della Residenza, guardandoci intorno il più possibile, in cerca di "qualsiasi particolare anomalo", come ci aveva ordinato Ciel.
Ad un certo punto le cose sono talmente normali che persino io comincio a dubitare sul fatto che i Norton nascondano qualcosa. Questo ballo sembra un semplice...ballo.
Per certi versi mi sento quasi delusa.
- Ciel Phantomhive - una voce che non conosco interrompe i miei pensieri, costringendomi al contempo a fermarmi al mio posto.
Mentre ero soprappensiero Mey-Rin, Finny e Bard ci hanno abbandonato su ordine di Ciel, allontanandosi per ispezionare a loro volta la Residenza.
Ora, di fronte all’uomo in maschera ci siamo solamente io, Sebastian e Ciel, ovviamente. So che è un Norton a causa della maschera, i cui dettagli sono terribilmente simili a quelli di un volto qualunque, a parte il fatto che sembrano una sorta di caricatura: i zigomi sono alti e il bordo intorno agli occhi eccessivamente incavato. Per non parlare del fatto che sono completi di un paio di baffi bianchi chiaramente finti.
- Mi permetta di presentarmi – aggiunge allora l’uomo, di fronte al silenzio di Ciel – Il mio nome è Roy Norton, al vostro servizio – continua poco dopo, tendendo la mano coperta interamente da un guanto bianco.
- Il piacere è tutto mio – risponde Ciel, allungando la mano a sua volta per poi stringerla con fare deciso – Come vedo, sa già chi sono -.
- Come si fa a non conoscere il Cane da Guardia della Regina, del resto? - risponde il signor Norton con fare decisamente sarcastico.
Ciel fa quello che può per non apparire annoiato com’è: è chiaro che non gli importa di conoscere i Norton, vuole solo sapere cosa nascondono.
- Devo darle retta – risponde infatti qualche secondo dopo, rivolgendo un sorriso cordiale al diretto interessato – A quanto ho capito questo ballo è stato organizzato per beneficenza, dico bene? - gli chiedo poi, rivelando un dettaglio che non conoscevo. E neanche Sebastian, si direbbe.
- Dice bene, ho recentemente comprato un orfanotrofio poco fuori Londra, e desidero riportarlo al suo antico splendore – ammette. A tutti gli effetti sembra un semplice filantropo.
Solo in quel momento ricollego il suo nome alle poche ricerche che ero stata in grado di fare per conto mio: Roy W. Norton era il capofamiglia, accusato in passato della morte di un bambino di 9 anni in una delle loro fabbriche.
Guardarlo negli occhi, all’improvviso, è diventato molto più inquietante.
- Generoso da parte sua – sono le prime parole di Ciel – Se è così che stanno le cose non esiterò a fare una mia offerta – aggiunge, con un cenno del capo.
- Ne saremo felici – risponde l’uomo, bevendo dal calice che aveva tenuto in mano fino a quel momento – Ora, se vuole scusarmi, avrei delle questioni di cui occuparmi...essere al comando non è sempre divertente! - aggiunge, esplodendo poi in una risata che di normale ha ben poco.
Reggendo il suo gioco, Ciel ride a sua volta. - Nessun problema, incantevole Residenza, comunque -.
- Mai come quella dei Phantomhive – risponde, talmente in fretta che persino Ciel è confuso da quelle parole – Buon proseguimento -.
Senza rispondere, Ciel lo segue con lo sguardo, rivolgendosi poi subito dopo a Sebastian. - Pensi che la mia famiglia avesse a che fare con i Norton in passato? - gli chiede, presumendo che possa sapere qualcosa al riguardo.
- Non saprei, padroncino – risponde lui – Ma posso di certo scoprirlo – aggiunge in fretta, per non deludere le sue aspettative. Sappiamo entrambi che troverà qualcosa, se c’è davvero qualcosa da trovare al riguardo.
- Sai vero che Roy Norton è stato accusato non molto tempo fa della morte di un bambino di 9 anni, vero? - domando a Ciel di punto in bianco, incapace di rimanere in silenzio.
Sicuramente sarà a conoscenza di quel dettaglio, ma non si sa mai.
- Abbassi la voce – risponde solo.
- Non ho urlato – rispondo di getto.
- Lo sa – risponde Sebastian per lui – E’ stata una delle prime cose che abbiamo scoperto dei Norton, in fondo la notizia è circolata su tutti i giornali – aggiunge, nello stesso momento in cui tutti e tre ci fermiamo in un angolo della stanza, stufi di passare da una stanza all’altra senza mai trovare niente.
- Quell’uomo è inquietante – ammetto – Si è mai saputo se quella storia aveva un fondo di verità? - domando, ad entrambi.
- No – risponde duramente Ciel, scuotendo poi appena il capo – I Norton sono una famiglia potente, anche se fosse...avranno sicuramente insabbiato tutto – aggiunge.
- Allora cosa cerchiamo di preciso stasera? - chiedo, sul punto di sfilarmi la mia maschera. Comincio a sentirmi un po’ intrappolata.
- Qualunque cosa, ogni movimento particolare – è la sua unica risposta.
- Beh, il signor Norton ha detto che aveva delle faccende da sbrigare, perché non seguirlo? - propongo, pensando che probabilmente quella è la strategia migliore.
- Perché Roy Norton non è di certo il tipo che si sporca le mani – mormora Sebastian, sorridendo nel frattempo agli invitati che ci passano vicino – No, dopo lo scandalo di quel bambino ha cercato di farsi notare il meno possibile, dedicandosi piuttosto alla beneficenza, la facciata perfetta -.
- Facciata? - domando, notando soprattutto il cenno d’assenso di Ciel – Che intendi? -.
- Intendo che di certo non fa quello che fa per fare del bene – risponde – C’è qualcosa sotto -.
- Pensi di poterti recare all’orfanotrofio di cui parlava? Non sarà difficile scoprirne il nome e la posizione – mormora Ciel.
- Lo farò domani stesso – risponde – E no, tu non vieni – aggiunge, bloccando le mie parole prima che possano essere anche solo pronunciate.
Quando fa così a volte mi spaventa: il pensiero di accompagnarlo si era appena fatto largo nella mia mente quando aveva parlato.
- Potrei esserti d’aiuto – sbuffo, sorseggiando poi il mio champagne.
- O potresti dare nell’occhio curiosando in giro come fai sempre – risponde, girandosi a tre quarti verso di me, dando così parzialmente le spalle a Ciel dietro di lui.
- Cosa ci sarà mai da curiosare in un orfanotrofio? - domando, rendendomi conto che in quel momento stiamo bisticciando come una coppia di vecchi sposi.
- Magari niente, ma tu trovi sempre un buon motivo per curiosare – è la sua unica risposta.
- Fate con comodo, voi due – ci riprende Ciel, nello stesso momento in cui sto per rispondergli per le rime ancora una volta.
Di scatto, ci voltiamo entrambi in quell’esatto momento. Mi rendo conto solo allora che fino a quel momento l’abbiamo semplicemente escluso dalla conversazione, come se niente fosse
- Ci scusi, non volevamo – rispondiamo in coro, chinando appena il capo nella sua direzione.
- Che succede tra di voi comunque? - ci chiede, improvvisamente con interesse, e non come fa di solito. Sento le mie guance prendere fuoco subito dopo la sua domanda, e per la prima volta dall’inizio della festa sono felice di indossare una maschera che mi copre quasi completamente il viso.
- Che succede? - sbottiamo entrambi, di nuovo in coro.
Non ho idea di come si senta Sebastian al riguardo, per quanto riguarda me, sono decisamente in imbarazzo: non avevo neanche mai pensato che Ciel potesse sospettare che ci fosse qualcosa tra di noi.
- Potete anche smetterla di fingere – risponde lui, girando ulteriormente il dito nella piaga – Pensate davvero che non avessi i miei sospetti? - ci chiede, rivolgendo una lunga occhiata ad entrambi.
Noi, dal canto nostro, non possiamo far altro se non scambiarci un veloce sguardo, cercando di capire in quella frazione di secondo come comportarci.
Notando il nostro silenzio, è Ciel stesso a riprendere a parlare. - Conosco bene il mio maggiordomo, so quando nasconde qualcosa – ammette, mentre Sebastian torna nella sua solita posizione impeccabilmente dritta – E poi chiunque sarebbe in grado di avvertire la tensione che c’è tra di voi – aggiunge, facendo sobbalzare entrambi con quelle parole, soprattutto per l’enfasi con cui aveva sottolineato la parole “tensione”
Dio, che imbarazzo.
- Padroncino.. - mormora Sebastian, facendo per dire qualcosa.
- Non è un problema, Sebastian – risponde lui – Siete liberi di fare quello che volete con la vostra vita, a patto che entrambi continuate a fare del vostro meglio nel proteggere la mia – aggiunge, rendendo ben chiare le sue idee.
Ancora una volta, ci scambiamo un veloce sguardo, confusi sul fatto che sia stato così semplice andare avanti su quell’argomento.
Stringendoci appena nelle spalle, torniamo a guardarlo. - Come sempre – risponde Sebastian.
- Come ha detto lui – rispondo io, chinando nuovamente il capo nella sua direzione - E ora vado un momento al bagno, se volete scusarmi – aggiungo, incapace di reprimere la voglia di allontanarmi da entrambi per un momento, almeno.
E poi devo davvero andare al bagno.
Quando faccio per allontanarmi nessuno dei due ha da ridere, nemmeno Sebastian, che invece mi ero già immaginata fare una sorta di scenata.
Una volta lontana da entrambi torno finalmente a rilassarmi, prendendo addirittura un altro calice di champagne dal vassoio di uno dei camerieri.
Lo butto tutto giù senza neanche pensarci, continuando poi a farmi largo tra le persone in cerca del bagno più vicino: non ho voglia di chiedere, perché in fondo Sebastian ha ragione sul mio talento naturale per il curiosare. Ne approfitterò per guardarmi ulteriormente in giro, e magari nella folla ritroverò anche Mey-Rin, Bard e Finny.
Tenendo ancora un lembo del vestito sollevato, in maniera da non sporcarlo, esco dalla sala principale della Residenza dei Norton: qui già comincia ad esserci meno gente, e la cosa mi fa sentire decisamente meglio.
Sorrido a tutte le persone che mi passano accanto, e presa dalla ricerca del bagno mi trovo improvvisamente in un lungo corridoio: qui, al contrario del resto della casa, non c’è assolutamente nessuno.
Questa parte della casa è completamente illuminata, e sembra quasi non avere fine: una parte del mio cervello mi grida di tornare indietro, ma ovviamente non è la parte alla quale do retta. Con fare determinato, inizio in quello stesso momento a camminare, continuando a tenere il mio vestito.
“Magari qui c’è un bagno”, penso innocentemente tra me e me, ma la realtà è che muoio dalla voglia di scoprire qualcosa di losco su questa famiglia.
Mi sono rifiutata di indossare scarpe con il tacco, quindi faccio decisamente poco rumore camminando, ma questo non mi impedisce di essere cauta.
Cammino dritta davanti a me finché non sento delle voci, che mi costringono a bloccarmi sul mio posto: mi appoggio così ad un muro che fa angolo, nascondendomi finché non raccolgo abbastanza coraggio per guardare oltre.
- Le prime donazioni sono già arrivate, signore – mormora qualcuno, probabilmente un uomo della servitù.
- Ne sono felice – risponde proprio il signor Roy. Mi sembrava di aver riconosciuto la sua voce, solo che questa volta non indossa alcuna maschera – Chi non farebbe una donazione per un orfanotrofio, in fondo? - domanda lui, con fare retorico, sistemandosi poi la giacca.
Da così lontano non riesco a notare i dettagli del suo viso, ma so per certo che ha qualcosa che non va, in particolare sotto l’occhio destro, dove vedo quelle che sembrano una lunga serie di macchie.
“Eritemi..”, penso tra me e me, come del resto ci aveva detto Sebastian mentre eravamo nella carrozza.
- Ha perfettamente ragione, signore – risponde l’uomo accanto a lui, che per fortuna non mi ha ancora notato.
Questa conversazione è troppo normale, possibile che davvero non ci sia niente di losco sotto questo ballo?
Sto quasi per andarmene, anche un po’ impaurita dal fatto che possano scoprirmi. E anche un po’ perché devo davvero andare in bagno.
Scuoto leggermente il capo, facendo poi per tirarmi indietro.
- Come procede l’altra faccenda, invece? - domanda il signor Roy, abbassando leggermente la voce nel pronunciare quelle parole – Spero bene – aggiunge poco dopo, con tono duro, come di rimprovero.
- Procede bene signore, i bambini sono tutti in piena salute – risponde il cameriere, facendo poi un cenno d’assenso con il capo.
- Bene, ci servono al pieno delle loro forze – sono le sue ultime parole, prima di prendere dalle mani dell’uomo la maschera che aveva indossato per tutto il ballo, calcandola nuovamente sul viso prima di allontanarsi verso la parte opposta del corridoio.
“Bambini? Pieno delle loro forze?”, penso tra me e me, confusa da quelle parole. Forse non significano niente, forse parla semplicemente dei bambini dell’orfanotrofio, preoccupato per le loro condizioni…oppure no. In ogni caso devo dirlo immediatamente a Sebastian.
Facendo un passo indietro, mi assicuro che nessuno mi abbia vista, pronta a tornare nella sala principale come se niente fosse.
Sto ancora camminando all’indietro, tuttavia, quando urto qualcuno: pietrificata, mi blocco immediatamente sul posto, indecisa se voltarmi o meno per affrontare l’ospite inatteso.
Prima di farlo, prego silenziosamente che si tratti di Sebastian: se devo scegliere tra il minore dei mali, preferisco una sua strigliata ad un padrone di casa arrabbiato.
- Mi scusi, cercavo un bagno.. - mormoro, facendo per voltarmi – Devo essermi persa.. - aggiungo, restando poi improvvisamente muta di fronte alla persona che ho davanti.
Tanto per cominciare è privo di maschera, e so che è un Norton perché il suo viso è terribilmente sfigurato, non ai livelli leggeri del signor Roy. Mentre lo fisso senza parole, faccio un passo indietro.
Gran parte del viso è completamente coperta di croste rosse e sporgenti, come di chi si gratta troppo a causa di un prurito eccessivo. In alcune parti del viso la pelle è talmente consumata che ho quasi paura di vedere l’osso al di sotto.
- Ahm.. - mugugno, a corto di parole per la prima volta nella mia vita.
- Cosa c’è? Le faccio per caso paura? - mi domanda, con quella che sembra un’aria innocente. Tuttavia, so bene che, qualunque siano le sue intenzioni, non sono di certo buone.
- No, cercavo solamente.. -.
- Un bagno, certo… - continua lui al posto mio, con tono annoiato – Come se non avessi mai sentito questa scusa – aggiunge un secondo più tardi, cambiando completamente espressione. Prima che possa reagire a quelle sue parole, vengo colpita fortemente alle spalle da qualcuno. Il colpo è così forte che perdo conoscenza quasi immediatamente, riversandomi sul pavimento.

***

Un vento leggero mi sveglia dal mio torpore, ma nonostante quel dettaglio fondamentale, ci metto un po’ a capire che sono all’esterno della Residenza Norton. Sono seduta a terra, con le spalle al muro, con i polsi legati e le gambe piegate.
Lo spazio dove mi trovo è illuminato da una singola luce, e in lontananza sento ancora i rumori della festa: non devo essere molto lontana, penso velocemente, guardandomi allo stesso momento intorno.
- Bentornata tra noi – mormora una voce alla mia sinistra, costringendomi a voltarmi all’istante. E’ lo stesso uomo dal viso sfigurato, solo che stavolta è solo.
- Non ha portato qualcuno per colpirmi stavolta? - domando, irritata. Sento il ciondolo bruciare contro la mia pelle. L’altra è irritata da questa faccenda.
- Qui non è lei a fare le domande – mette subito in chiaro, mentre apro e chiudo gli occhi quasi come un tic, cercando di non pensare al mal di testa atroce che ho in questo momento – Piuttosto, vuole dirmi perché stava spiando mio padre, signorina Yoshimura? - mi chiede.
“Come diavolo fa a conoscere il mio nome?”.
“Ah bene, uno dei figli del signor Roy”.
- Non stavo spiando nessuno, mi sono trovata lì per sbaglio – ammetto, rendendomi conto che in parte è la verità.
- Certo – è la sua unica risposta – E dovrei crederle perché? - mi chiede.
- Perché sono una donna di parola? - domando, esagerando col sarcasmo probabilmente.
Come avevo pensato, infatti, il mio fare spiritoso non gli piace. - Non penso sia nella posizione per scherzare – mi mette in guardia, semplicemente perché non si è accorto che mi sono appena liberata dalle corde che mi trattenevano.
Per di più con me ho il coltello che mi ha dato Sebastian, posso tranquillamente uscire da questa situazione con le mie stesse forze.
Guardandolo meglio, sospetto per un secondo che non sia il tipo che solitamente colpisce alle spalle degli sconosciuti: forse è il più piccolo della famiglia e vuole solo mettersi in mostra col grande capo.
- Mi dispiace – mormoro, solamente per mandare avanti la mia farsa – Ma mi dispiace di più per il fatto che i suoi nodi.. - aggiungo, mostrando le mani slegate - ...erano veramente pessimi – concludo, con una smorfia d’orgoglio sul viso, contro la sua espressione stupita
- Come..? - bofonchia.
- Ah, senza offesa – aggiungo, giusto per non sembrare maleducata. Come avevo pensato, quest’uomo da solo non è in grado di fare male ad una mosca – Adesso gradirei tornare dentro, qui fuori si gela – aggiungo, con tono estremamente pacato.
La sua espressione muta nuovamente nel giro di un secondo, trasformando lo stupore in rabbia come se nulla fosse. - Guardie! - grida allora a pieni polmoni – Guardie! - è costretto a ripetere una seconda volta, mentre mi preparo al peggio.
Faccio per andarmene, ma in quello stesso momento, dall’unica porta che mi garantiva un possibile rientro nella proprietà, escono due uomini: sono entrambi della servitù, dal momento che riconosco la divisa, ma al contrario di quelli che servivano lo champagne, sono armati fino ai denti.
- Cosa vuole che facciamo, signore? - gli domanda uno dei due.
Senza neanche pensarci due volte, l’uomo sfigurato mi indica, tornando a guardarmi con gli occhi fuori dalle orbite. - Uccidetela! - ordina subito dopo, facendomi trasalire per un momento.
Senza attendere oltre, sfilo il pugnale che mi ha consegnato Sebastian dal suo fodero di pelle, pronta a difendermi.
A quella vista, entrambe le guardie scoppiano in una risata lugubre, giusto un secondo prima di sfoderare della spade decisamente più grandi della mia misera arma.
- Fatevi sotto – ringhio, senza darmi per vinta. Sono pronta a battermi, non ho intenzione di morire per mano di dei tirapiedi.
I due uomini, entrambi decisamente più alti di me, sono quasi alla mia portata ormai e per questo motivo mi metto subito in posizione, come mi ha insegnato Sebastian.
Schivo il primo affondo senza problemi, riuscendo addirittura a ferire il braccio di uno dei due con un colpo deciso: la mia lama sarà anche piccola, ma a giudicare dal sangue che sgorga è parecchio affilata.
- 1 a 0 per me – li prendo in giro, mentre sento l’adrenalina salire ad ogni secondo che passa. Non pensavo che sarei mai stata in grado di fare qualcosa del genere.
Un improvviso spostamento d’aria cattura tuttavia la mia attenzione, anche se cerco di non dargli peso. Probabilmente non è niente, e non è di certo il momento migliore per distrarsi.
Facendo un passo all’indietro, schivo infatti un altro affondo, stavolta da parte dell’uomo che non ho -ancora- ferito: ora sembrano decisamente arrabbiati.
- Due uomini contro una donna? - grida qualcuno, una voce sicuramente femminile. Presa alla sprovvista comincio a guardarmi intorno, scovando alla fine la diretta interessata in piedi sul ramo di un albero appena sopra la mia testa. Nella penombra non riesco a definirne i lineamenti, ma è sicuramente qualcuno che non conosco.
Scuotendo il capo, aggiunge: - No, non mi sembra per niente giusto -.
- Chi sei? - grida l’uomo sfigurato – MOSTRATI! - urla subito dopo, con quello che sembra un ordine dettato dal panico.
- Farò di meglio – risponde la donna misteriosa, prima di eseguire una perfetta capriola in aria, atterrando in piedi esattamente di fronte a me.
Guardo la sua schiena con aria confusa per qualche secondo, prima di mormorare: - Si può sapere chi diavolo sei? -.
Finalmente allora, si volta a guardarmi, rivelando un viso ovale incorniciato da dei lunghi capelli neri: le labbra sono rosse e sottili e gli occhi brillano di un arancione quasi spettrale. La somiglianza con Sebastian per un momento mi lascia senza parole.
- Sono i rinforzi – risponde, dandomi le spalle, e prima che possa rispondere si è già messa all’opera con le due guardie, stendendo prima quella che avevo ferito e poi l’altra, mettendo alla fine fuori gioco persino l’uomo sfigurato, il tutto a suon di calci e pugni.
Con i tre uomini a terra, stringere il pugnale tra le dita mi sembra quasi inutile.
“Cosa diavolo è appena successo?”, è la prima cosa che penso, ma i miei pensieri vengono subito interrotti dal suono di una porta che si apre -una porta che fino a quel momento non avevo neanche notato- dalla quale esce Sebastian, nero in volto e decisamente in vene di urlarmi contro.
- Cosa diavolo è appena successo? - sbotta, come se mi avesse appena letto la mente.
A corto di parole, mi limito ad indicare la donna misteriosa dell’albero, la quale in quell’esatto momento è impegnata solamente a sistemarsi il vestito.
Distogliendo lo sguardo da me, Sebastian si concentra per mia fortuna su di lei, restando tuttavia senza parole a sua volta. - Abaddon? - mormora poi solamente.
...eh?
La diretta interessata reagisce positivamente a quel nome, voltandosi nella sua direzione.
- Ciao fratellino – mormora allora, pulendosi un residuo di sangue rimastole sul collo – E’ bello rivederti – aggiunge, mentre non posso che guardarla a bocca aperta.
“Fratellino?”.

  
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