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Autore: flama87    02/03/2017    1 recensioni
Ogni trecentosessantacinque anni, il Dio Sole sceglie una donna mortale da sposare e la indica ai fedeli con il suo Stemma. Quando il tempo è giunto, gli abitanti del regno di Lactea sono obbligati a consegnarla all'Ordine, il quale permetterà alla Dama Bianca di convolare a nozze con la divinità.
Eppure della Ventiquattresima Sposa non vi è alcuna traccia, il tempo del Viaggio di Nozze è oramai vicino. Impauriti davanti all'idea d'infrangere l'antica alleanza e non volendo incorrere nelle ire divine, il Sovrano di Gennaio e il Sommo Cardinale d'Agosto daranno il via a una caccia agli eretici sanguinosa e cruenta.
E se fosse la Sposa a non voler essere trovata?
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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Fin dalla sua fondazione, Alcyone era stata come un piccolo fungo immerso in una grande giungla. Adagiata placidamente sulle sponde del lago delle Pleiadi, si era ingrandita molto lentamente se confrontata alle città confinanti. Distante all’orizzonte ma ben visibile stava Aldebaran, capoluogo dell’emisfero del Toro; la città delle dune, le cui mille torri si elevavano fin quasi alle nubi, danzava come presa da una strana melodia per coloro che vi si avvicinavano attraversando il grande deserto delle Iadi; divenuta così grande che Alcyone sembrava trovarsi direttamente sotto le sue possenti mura, anziché essere distante chilometri.
I primi fondatori di Alcyone furono un gruppo di mercanti, scappati da Aldebaran al tempo della Grande Sete durante la Danza Solare numero quattromila; si avventurarono verso est e si narra che quivi il Dio Sole indicò loro la presenza del lago delle Pleiadi: una ricca area boscosa, nel bel mezzo del deserto, nascosta agli occhi degli avventurieri da incantesimo chiamato miraggio, lo stesso che faceva sembrare Aldebaran più vicina di quanto non fosse in realtà.
Col passare delle Danze, Alcyone venne conosciuta come il Bazar del Sud. Non vi era una sola spezia o merce pregiata che non passasse dai banconi dei suoi mercanti. Vi fu istituto durante la Danza Solare numero quattromilatrecentottanta anche il famoso Comizio dei Mercati, che raccoglieva sotto la sua ala tutti coloro che vendevano o compravano merci. Ciò nonostante, mentre le vicine Elnath e Alheka crescevano a loro volta, Alcyone rimase sempre una località contenuta e non superò mai del tutto i confini imposti dal miraggio, tale che quest’ultimo lo si poteva considerare un vero e proprio muro di cinta. Lo stesso ingresso alla città era segreto tra tutti i mercanti, tanto che allo scoppio della Caccia alla Luna al volgere della Danza Solare numero cinquemilanovecentosettantaquattro, l’ingresso per Alcyone scomparve per oltre trecento danze. Al termine del lungo periodo di isolamento, i mercanti decisero di istituire un ordine cavalleresco che potesse difenderli. L’Ordine dei Cavalieri divenne col passare delle danze perse la sua natura originaria e molti di coloro che originariamente facevano parte della scuola di Alcyone divenne mercenari che servirono i nobili di tutto il regno.
Per questo la graziosa Alcyone, adagiata sulle sponde del lago delle Pleiadi, nel bel mezzo del deserto delle Iadi, stava come un fungo in una giungla: i problemi del mondo, tutto ciò che accadeva fuori dal miraggio che la proteggeva, a malapena scalfivano la sua tranquillità; una città di commercio per i commercianti, dove l’unica vera valuta era il danaro e perfino Dio poteva essere venduto e ricomprato.
 
La dea Artuma era seduta su di una panca, guardando il via vai affollato delle persone che si disperdevano nel bazar. Volti privi di espressione, quasi cancellati, poiché per lei non avevano quasi nessun valore. Di lì a poco, vide un giovanotto inciampare davanti a lei e si alzò per aiutarlo.
«Stai bene?» chiese, stranamente cortese.
Il fanciullo si pulì il viso arruffato e sporco di terra, alzando lo sguardo e sorridendole.
«Ora sto bene, grazie!»
Sfiorò delicatamente le sue guance con il dorso della mano, carezzandone la pelle delicata. Quindi, con un tono pregno di malinconia aggiunse: «Tutti noi vorremmo riabbracciare le persone a noi care scomparse: non a tutti è concesso ma tu ti sei ampiamente guadagnato questo privilegio. Hai atteso così a lungo per rivedere tuo padre, vuoi far tardi proprio adesso?»
Con un gesto deciso ma aggraziato, la dea indicò al fanciullo il cavaliere che, dall'altro capo della strada, stava chiamandolo a gran voce. Non appena lo vide, o ancor prima di realizzare chi fosse, il ragazzino corse come mai in vita sua e gli fu presto tra le braccia. A cingere le spalle di entrambi, con moto d'affetto, stava sorridente il fratello del cavaliere nonché zio del giovane.
Così il trio si avviò verso la luce che ora inghiottiva l'intera città e lentamente la sgretolava, finché di loro non rimase più niente.
Ora sola nella sua piccola stanza grigia, la dea Artume alzò lo sguardo per ammirare la Grande Casa del Cosmo, tanto bella quanto impietosa.
«Buonanotte (addio), Sebastian».
   
 
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