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Autore: not_clivford    02/03/2017    0 recensioni
STORIA INTERROTTA
Scende la pioggia su Miami, bagnando tutto ciò su cui si posa.
Scende la pioggia su Miami, creando pozzanghere nelle quali ci saltano i bambini e facendo diventare il terreno fangoso.
Scende la pioggia su Miami, bagnando le persone prese alla sprovvista che, senza ombrello, corrono alla ricerca di un rifugio.
Scende la pioggia su Miami, bagnando una giovane coppia che ha appena litigato, portando via, insieme al vento, le parole urlate e le lacrime versate.
Scende la pioggia su Miami e un'altra storia d'amore ha inizio, nata dal nulla, nata da un gesto casuale che ne farà parte fino alla fine di essa.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Alcuni ragazzi stavano improvvisando una band nell'aula d'orchestra e stavano cercando una canzone da suonare, ma non riuscivano a decidersi. Thomas e Michael facevano parte di quella band, insieme ad altri due ragazzi che Alexis non conosceva. Inizialmente volevano fare un brano degli AC/DC, ma il cantante aveva subito detto di non essere in grado di imitare la voce di Brian Johnson, e lì era iniziato un dibattito su chi fosse stato il miglior cantate del gruppo tra lui e Bon Scott. Il bassista aveva proposto The sound of silence dei Disturbed, ma non avevano il permesso di toccare il pianoforte, quindi l'idea fu subito bocciata.
Alexis propose quindi di suonare qualcosa dei Green Day e l'idea fu ben accolta, se non fosse per il fatto che i ragazzi non sapessero quale canzone suonare. 
Tre quarti d'ora dopo l'arrivo della "band" nell'aula, iniziarono finalmente a suonare, scegliendo Revolution Radio, una delle canzoni appena rilasciate dal gruppo americano. Alexis, nel frattempo, si era messa a studiare Nothing Else Matter e, quando alzò lo sguardo notando i ragazzi che si apprestavano a iniziare, si lasciò sfuggire un "Era anche ora!".
Michael si fece scrocchiare il collo e, dopo aver ricevuto un cenno d'assenso da parte di tutti gli altri ragazzi, diede il tempo, facendo iniziare la canzone.
Thomas si fece trovare pronto e, appena il batterista finì di dire "four", cominciò a suonare il riff iniziale.
Il chitarrista fu subito seguito dal bassista e infine dal cantante che, contrariamente a quanto ci si poteva aspettare, dimostrò di avere una voce niente male.
Thomas, di tanto in tanto, si aggiungeva come seconda voce, suonando con tranquillità la chitarra, al contrario di tutti quegli esaltati che pensano di essere degli Dèi solo perché sanno suonare gli accordi di Highway To Hell (che, per la cronaca, sono sempre gli stessi quattro o cinque ripetuti).
Alexis, attenta osservatrice come sempre, si mise a guardare attentamente sia Michael che Thomas, notando come quest'ultimo si mordesse leggermente la lingua ogni volta che doveva fare un passaggio complicato.
Michael invece aveva un'altro tipo di tic; faceva ciondolare la testa a tempo mentre con le labbra contava la scansione delle battute.
 
We will be seen but not be heard
We are the songs of the destroyed
We are, revolution radio
 
La canzone finì con l'accordo finale suonato da Thomas, facendo applaudire Alexis.
«Devo ammetterlo, mi avete stupita» commentò la ragazza alzandosi in piedi «Ora però devo andare, quindi mettete voi a posto tutto il casino che avete fatto» concluse poi alludendo a vari cavi sparsi vicino al palco e ingarbugliati fra di loro.
Alexis, in pochi minuti, fu fuori dalla scuola, con una sigaretta tra le labbra e le mani in tasca. Si avvicinò al suo motorino parcheggiato vicino al muro dell'istituto e ritirò la tracolla nel contenitore posteriore, togliendo il casco che ci aveva messo dentro. Si tolse la chitarra dalla spalla, sistemandola vicino a sé, e si appoggiò al muro prendendo il suo cellulare dalla tasca posteriore dei jeans, proprio mentre questo iniziava a squillare.
«Hey Lexis» 
La voce di Dylan la fece sorridere, mentre prendeva una tiro dalla sua Marlboro.
«Quanto ancora vi dovrò dire di non chiamarmi "Lexis"?» chiese sorridendo la ragazza.
«Tanto sai già che ti chiameremo così in qualunque caso» ribatté l'altro facendole alzare gli occhi al cielo «Comunque, ti ho chiamata per sapere se tu, Michael e Thomas foste liberi adesso
«No» rispose immediatamente Alexis «Io sto andando da Jack»
«Ancora? Non ci sei stata ieri?»
Un silenzio assordante seguì a quella domanda, con Alexis che terminava la sua sigaretta e Dylan che capiva quello che la cugina non voleva dirgli.
«Lexis. Quanto a settimana?»
«Cinque» sussurrò la ragazza lasciando che la sigaretta scivolasse via dalle sue dita cadendo per terra.
«E prima della ricaduta?»
«Due. Al massimo tre»
«Sono passate due settimane. Perché non me l'hai detto?»
«Io...scusa Dylan, io...» Alexis iniziò a singhiozzare, senza riuscire a trattenere le lacrime che le scendevano copiose dagli occhi. Si coprì la bocca con una mano cercando di soffocare un minimo il rumore del pianto, mentre Dylan, mortificato, cercava di tranquillizzare la cugina
«No, Lexis, non sono arrabbiato con te, stai tranquilla...»
«Non fa niente, Dyl, devo andare»
«Alex-»
La voce del ragazzo fu fatta tacere da Alexis che, semplicemente premendo un'icona sullo schermo del suo smartphone, aveva chiuso le porte ad un'altra persona.
Si lasciò cadere per terra, con le lacrime che si mescolavano alla pioggerellina leggera che aveva appena iniziato a cadere, cercando invano di calmarsi.
Michael uscì da scuola proprio in quel momento, alla ricerca di Alexis. Appena la vide per terra a piangere però, non le andò in contro. Si incamminò verso casa sua facendo finta di non averla vista, non volendo assolutamente sapere cosa le fosse successo.
La ragazza si alzò, pochi minuti dopo, da terra, tremante, con ancora le guance segnate dalle lacrime. Si rimise la chitarra sulle spalle e si infilò il casco, salendo poi sul motorino e mettendolo in moto.
Arrivò finalmente da Jack, accompagnata da quella pioggerellina leggera che non sembrava avere intenzione di infittirsi.
La ragazza entrò finalmente nello studio dello psicologo, facendo sorridere l'uomo al suo interno che, come sempre, stava seduto alla sua scrivania.
«Temevo che non saresti più venuta»
«Ho avuto...qualche problema?»
«Parliamone» propose Jack alzandosi «Ti va?»
Alexis annuì quasi impercettibilmente, sedendosi poi sul divanetto per spiegare al suo psicologo quello che era successo poco prima. Non parlarono solo di quello; lei gli spiegò anche di come non riuscisse più a passare molto tempo con i suoi amici e di come li stesse lentamente allontanando.
«Qualcuno di loro sa della tua situazione psicologica?»
«No. Nessuno di loro.» rispose Alexis scuotendo un poco la testa «Non riuscirei mai a dirglielo»
«Perchè non ci provi?» chiese Jack «Buttati. Non hai nulla da perdere, in fondo sono tuoi amici»
Continuarono a parlare di quello fino a quando la famigliare sveglia suonò e Alexis dovette andarsene.
Quando uscì dal palazzo poté notare come, le nuvole che prima coprivano il cielo, erano scomparse, mostrando il tiepido sole autunnale che faticava a trasmettere calore.
La ragazza spostò la sua attenzione al suo cellulare che teneva in mano, camminando col corpo leggermente storto per non far cadere la chitarra che teneva, grazie agli spallacci della custodia, sulla spalla sinistra. Non guardava dove stava andando, infatti si scontrò contro qualcosa, o qualcuno, questo non seppe dirlo fino a quando una mano la prese per il braccio evitandole di cadere. Sempre la stessa persona - che Alexis proprio non riusciva ad identificare - con un gesto fluido della mano libera, le afferrò saldamente l'altro braccio, facendole riprendere l'equilibrio. Quando si ristabilì, riuscì a mettere a fuoco la persona davanti a sé, riconoscendo in essa Thomas.
«Che ci fai qui?» chiese Alexis perplessa.
"Buffo come la mia risposta sia sempre la stessa" pensò Thomas prima di dire:«Potrei farti la stessa domanda»
«Io, ehm...» farfugliò la ragazza cercando inizialmente una scusa. Poi però ripensò alle parole di Jack.
"Buttati"
Alexis prese un respiro profondo, guardando di sottecchi Thomas che sorrideva in attesa di una sua risposta.
«Ero dallo psicologo. Jack West, non so se lo conosci» spiegò.
«Oh, sì, lo conosco» intervenne il ragazzo mantendo il sorriso sul volto «Ci stavo andando giusto ora»
Alexis rimase spiazzata da quelle parole.
E lei lo notò, notò come il suo sorriso non illuminava più i suoi occhi, notò come quest'ultimi non trasmettevano più la spensieratezza che lo caratterizzava. Ma soprattutto notò come il blu dei suoi occhi si fece più intenso e lì capì; capì come si stava sforzando di non pensare al passato mentre tratteneva le lacrime.
In quel momento capì quanto Thomas fosse forte, mentre lei rimaneva a crogiolarsi nel suo dolore senza pensare a chi le stava intorno.
«Ci vediamo domani a scuola?» chiese poi la ragazza evitando il suo sguardo.
«Si...» rispose lui con voce incrinata «...Ci vediamo domani...»
 
~~~

HEY EVERYBODY!
Also, questo capitolo è muy corto but il prossimo dovrei pubblicarlo in meno tempo.
Ma perché ho scelto il linguistico?
Anyway
SI INSTAURANO LEGAMIIIIH
Cosa nasconde Thomas?
Perché Michael è così idiota?
Ah, queste domande difficili!
Tanto ci vorranno ancora un bel po' di capitoli prima che accada qualcosa nella storia, per adesso siamo ancora in una situazione iniziale (in senso figurato).
See ya!
   
 
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