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Autore: melloficent    03/03/2017    0 recensioni
[Shin Soukoku Week, perchè amo quei due insieme più di quanto li ami singolarmente]
27/02 ; day one: moonlight "Atsushi era l’unica persona accanto alla quale si fosse mai addormentato, con la luce della luna che illuminava entrambi come un placido conforto."
28/02; day two: highschool "Atsushi era un grande punto interrogativo, un enigma che Akutagawa non riusciva a svelare."
1/03 ; day three: birthdays "Il suo compleanno non era mai stato un giorno particolarmente importante per Akutagawa."
2/03 ; day four: hogwarts "Nella lista delle cose che Akutagawa odiava c’erano, nell’ordine: i Grifondoro, chi non riusciva a non ficcare la propria appendice nasale in faccende che non gli riguardavano e le persone che non gli lasciavano la sua privacy."
3/03 ; day five: feline "L’unica nota dolente era il suono persistente e meccanico che sembrava sentire solo lui."
4/03 ; day six: the town where the wind blows "Non aveva idea di cosa provasse per lui, non sapeva nemmeno chi fosse, ma era diventato una presenza indispensabile nella sua vita."
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atsushi Nakajima, Ryuunosuke Akutagawa, Un po' tutti
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The various fragrances of tea
 
prompt: feline ; hunger games
shin soukoku week, day 5
kinda one-sided? ; comico, slice of life
guest star: Gin aka dispensatrice di buoni consigli e sorella dell’anno
(forse sono andata un po’ fuori tema ma mi stava davvero mandando in crisi, perdonatemi)
 
 
 
 
Le mani di Atsushi erano sempre calde, sembravano sciogliere almeno un po’ il ghiaccio di cui sembrava fatta la sua pelle.
Si infilavano tra i suoi capelli, li tiravano piano e la cosa gli avrebbe dato fastidio, in altre occasioni.
Ora c’erano i deboli ansiti di Atsushi e la sua schiena che si inarcava, sinuosa come il corpo di un felino.
Atsushi era come un felino, gli ricordava un gatto in molti aspetti e certamente anche in quel momento.
Aveva le guance scarlatte per l’imbarazzo, ed era una cosa assolutamente adorabile.
Akutagawa non trovava le persone adorabili, non c’era nessuno che reputasse particolarmente bello.
Però Atsushi, in quel momento, era bello, in un modo capace di togliergli il fiato.
Suggellò la pelle chiara delle clavicole con studiata violenza, in modo da non fargli male.
Akutagawa non aveva conosciuto altro che violenza, ma con Atsushi voleva provare a essere migliore.
Per Atsushi.
L’albino strinse le gambe attorno al suo bacino, ansimando più forte.
Avrebbe potuto rimanere così in eterno.
L’unica nota dolente era il suono persistente e meccanico che sembrava sentire solo lui.
 
La sveglia non gli era mai sembrata tanto fastidiosa come in quel momento.
Akutagawa cercò di spegnerla, constatando che per la prima volta dopo tantissimo tempo era stato svegliato dall’allarme acuto.
Era parecchio infastidito, in un primo momento non ricordava nemmeno perché.
Poi i ricordi del sogno di quella notte riaffiorarono come una doccia fredda.
Che era quello di cui avrebbe avuto bisogno in quel momento, tra l’altro.
Sentiva le guance che prendevano rapidamente colore, e quello non sarebbe mai dovuto succedere.
Non sarebbe dovuto succedere nulla di tutto quello che aveva sognato, perché Atsushi in fondo era un po’ come la sua nemesi.
Si odiavano, o quantomeno ogni occasione era buona per litigare o lanciarsi frecciatine.
Non si dovrebbero fare quel genere di sogni su qualcuno le cui uniche interazioni erano quelle.
Non poteva sognare, magari, di buttarlo giù dalle scale?
Sarebbe stato un sogno quantomeno rassicurante su quello che provava per Atsushi.
(fastidio, ira, voglia di prenderlo a calci. Solamente quello)
La doccia fredda sembrò l’autopunizione più giusta che potesse trovare, anche quando l’acqua gelida gli fece scappare un’imprecazione tra i denti.
 
Gin, quando non era alla Port Mafia, sembrava un’altra persona.
Più affabile, più femminile e più carina; a primo acchito sarebbe sembrata una ragazzina comune, senza nessun aspetto in particolare.
Akutagawa conosceva quegli occhi indagatori fin troppo bene per pensare che Gin, al di fuori della Port Mafia, fosse una ragazzina senza nulla di speciale.
Perché quegli occhi, dello stesso grigio metallico dei suoi, erano capaci di leggergli dentro come nessuno sapeva fare.
E, ovviamente, doveva farlo nei momenti meno opportuni.
-avanti, che ti è successo?- chiese con un mezzo sorriso sghembo, sedendosi scompostamente sul piccolo divano del soggiorno.
-nulla, assolutamente nulla.- borbottò Akutagawa per tutta risposta.
-e siediti composta.- aggiunse guardandola male. Come da copione.
Gin rimase seduta nel medesimo modo, guardando il fratello maggiore con un’espressione concentrata e assorta.
Akutagawa ebbe il sincero terrore che avesse capito tutto.
Scacciò subito quel pensiero dalla mente, non era poi così palese.
-sembri odiare il mondo più del solito da stamattina. Ti sei svegliato al suono della sveglia, cosa che non succedeva da quel giorno che sei rimasto sveglio quarantotto ore di fila. L’acqua della doccia era gelida e ho rischiato di andare in ipotermia. Avanti, che hai sognato?- chiese la più piccola, allargando di poco il sorriso furbo.
Akutagawa sottovalutava sua sorella, decisamente.
-io? Nulla. È stata una notte senza sogni, sì.- ribattè convinto. O almeno, così sperava di sembrare.
Non c’era modo che sua sorella se la bevesse. E infatti.
-non ci crederebbe nemmeno un bambino, Ryu. Sono tua sorella, con me dovresti confidarti!- borbottò la ragazza, incrociando le braccia al petto.
-cosa ti fa pensare di essere stata promossa a mia psicanalista personale?- chiese calmo il fratello.
Non poteva fare la sorella minore normale, cercare di farlo adirare e rubargli tutti gli effetti personali che possedeva?
Non che lo facesse già, in realtà.
-sto cercando di aiutarti, visto che hai la sfera emotiva di un cucchiaino e ti ci vogliono anni per capire da solo quello che provi. E quando lo fai, inizi a negare fino alla morte.- rispose Gin, avvicinandosi appena a lui.
Akutagawa sospirò e le fece poggiare la guancia sulla sua spalla. Era l’unica persona in cui riponesse così tanta fiducia, forse perché aveva passato tutta la vita a proteggerla.
-ho sognato Jinko.- disse fin troppo velocemente e con una tonalità troppo bassa.
Gin, però, aveva capito tutto. Non aveva nessuna abilità, ma i sensi molto più affinati delle persone comuni.
-il nuovo sottoposto di Dazai-san?- chiese la ragazza, e quando sentì il fratello irrigidirsi ebbe la conferma che fosse lui.
-e cosa provi per lui?- lo incalzò, con un tono che faceva capire perfettamente dove andasse a parare.
Dannata Gin e dannato lui che gliel’aveva detto.
-odio. Ira funesta. Voglia di prenderlo a calci in faccia. Solo questo.- sibilò quasi Akutagawa, mentre la sorella lo guardava accondiscendente.
-ne sono sicura.-.
Era anche sicura che prima o poi sarebbe uscito dalla sua fase di negazione.
 
Il corpo di Atsushi era felino, sentiva la schiena sinuosa inarcarsi sotto i suoi tocchi, e il ragazzo reclinare la testa all’indietro, lasciando scoperta la gola costellata di segni violacei.
Sembrava un felino, letale e agile.
Come una tigre, e la cosa era anche coerente.
Lo sentì trattenere un gemito, nel groviglio delle lenzuola nelle quali non si capiva dove finiva lui e dove iniziava Akutagawa.
Atsushi era come una droga, creava dipendenza allo stesso modo e sembrava elevarlo al Paradiso e farlo sprofondare nel baratro dell’Inferno.
E ne bramava di più, sempre di più.
Gli unici rumori che si sentivano nella stanza erano i cigolii del letto e i loro ansiti.
Poi venne la sveglia a rompere l’incanto.
 
 
 
melloficent says
Della serie: quando potresti scrivere una lemon ma ti vergogni come una ladra anche solo per questa roba, parte seconda.
Più la guest star “non ho rispettato il prompt perché facevano un po’ schifo”.
Chiedo umilmente perdono, i pomodori sono lì di fianco.
E tecnicamente dovrei scappare, quindi chiudo qui.
Al prossimo capitolo,
-Akemi
                                                                          
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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