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Autore: njaalls    03/03/2017    1 recensioni
Meritano di provare quei sentimenti?
Meritano di paragonare la loro storia e i loro baci, incasinati e superficiali, a quelli di un amore apparentemente forte come quello dei loro amici? Eva si sente quasi sporca a pensare che il loro interesse nato in maniera puramente carnale e superficiale, possa essere paragonato a qualcosa di così grande quanto lo è la devozione di Even per Isak. Non crede di poter competere, o forse è solo lei che dovrebbe smettere di credersi inferiore agli altri.

[Raccolta Chriseva]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non so se sia la one shot (o flash fic? è abbastanza breve rispetto ai miei soliti standard) più corretta per inizare questa raccolta di os sulla coppia Chriseva/Mohnstad, se possa incentivare a leggere ancora di più, o se invece sia stata una idea pessima e ne avrei dovuta scegliere un'altra. Sinceramente, non so proprio se sia stata una mossa appropriata, oppure no, ma ormai ho deciso di pubblicare e basta, quindi spero che sia gradita e che piaccia.
L'intera raccolta si basa sui prompt che trovo su internet e che catturano la mia attenzione (e la mia fantasia), la maggior parte li prendo da tumblr, ma dei suggerimenti non saranno respinti.
Non ho idea di quante ne scriverò, o se mi stuferò presto, ma, comunque sia, fino ad adesso ne ho tre e mezza pronte per essere pubblicate e penso che proverò a rallentare, postandone una a settimana, in modo da darmi il tempo di trovare l'ispirazione e scrivere durante i ritagli di tempo.
Qualsisi feedback è gradito, sia qui come recensione, che sulla pagina che gestisco su Herman (
link), dove potrete mandare messaggi diretti o commenti, per farmi sapere cosa ne pensate.
L'ambientazione di questa os è la s2, dopo lo scontro con la Yazuka.

Buona lettura. <3

 


Prompt: “It’s cute that you tried to protect me and all, but you’re like a foot* shorter than me, you know?”
* un piede sarebbe 30 centimetri, ma per attinenza ai personaggi ho ridotto a 10.

 

Le luci delle vetture della polizia cominciano a dare un po' fastidio ad Eva, che le fissa, quasi sentendosi obbligata a farlo, pur di non prestare troppa attenzione all'ufficiale che sta prendendo i suoi nominativi.
Si stringe nel cappotto rosso e fa così freddo che non si sente più le mani, mentre risponde non troppo spaventata alle domande che le vengono poste. Più che altro scocciata. Sua madre non si arrabbierà troppo, o almeno così spera.
«Mi sa dire cosa è successo tra i due gruppi?» chiede il poliziotto di mezza età, lanciandole un'occhiata lunga, quasi volesse studiare la sua reazione ad ogni domanda e ad ogni risposta. Eva deglutisce e si stringe nelle spalle.
«Quello che le ho già detto»
«Sì, ma—»
«È minorenne, non potrebbe farle tutte queste domande» è la voce che si staglia tra le altre e cattura l'attenzione della rossa, intervenendo al posto suo.
I capelli ramati di Eva svolazzano sul cappotto dello stesso colore, mentre gli orecchini a forma di cerchio si agitano avanti e indietro, sbattendo più volte contro la mascella. Si morde un labbro, quando Christoffer la affianca, nella sua uniforme da Russ rossa e la felpa grigia dei Riot. Le mani in tasca cercando di ostentare più sicurezza di quanta ne abbia, in quella situazione caotica e confusionaria: William ha appena rotto una bottiglia in testa ad una persona ed Eva si sente a disagio, mentre la polizia la torchia, come se potesse ricavare dalla sua bocca ogni singolo instante dello scontro. Forse potrebbe, ma non lo farà, perché ha visto tutto, ma continua a ripetere che, no, non era presente al momento dello scontro e che, , era arrivata quando i due gruppi avevano già iniziato a picchiarsi. Non vuole mettere nessuno nei guai, specialmente William, per quanto il suo gesto sia stato avventato, violento, sconsiderato.
«Sto solo prendendo i nominativi» insiste l'ufficiale, alzando un sopracciglio in direzione di Chris, quando automaticamente Eva gli rivolge un'occhiata quasi felice. «E poi ha detto di non aver visto nulla, quindi nessun problema, no?»
«Qualsiasi cosa abbia o non abbia visto, ha solo diciassette anni. Non può chiederle più di poche domande di rito» fa presente Chris, mordendosi il labbro inferiore con gli occhi socchiusi e l'aria annoiata.
«Sto facendo il mio lavoro, ragazzino» lo rimprovera l'ufficiale, accarezzandosi un istante in baffi folti. «E nessuno di voi sembra voler collaborare. Senza contare che non potrebbe bere e sono certo che se le facessi un test, risulterebbe—»
«Giuro che non ho visto nulla» ribatte Eva di slancio, portandosi una ciocca dietro i capelli e forzando un sorriso. L'idea che le possano fare un test per scoprire se abbia bevuto non la spaventa, quanto l'idea che sua madre venga a scoprire delle sue feste sfrenate e violente con i ragazzi del terzo anno. Non essendo mai presente in casa, non è una di quelle mamme severe, o rigide, ma Eva è piuttosto certa di volerla tenere fuori dalla sua vita. Almeno in quel contesto. «Ora posso avere indietro i miei documenti?»
Una lunga occhiata e il poliziotto annuisce rassegnato, lanciando uno sguardo sospettoso e infastidito a Chris, come se gli avesse appena mandato all'aria i piani. «Va bene. Ma torna a casa, ragazzina»
Quando fa segno che possono andare, scribacchiando qualcosa su un foglio di carta, Eva e Chris si voltano contemporaneamente e si allontano fianco a fianco. Il passo è lento, ma non troppo, perché vogliono andare via di lì, ma sono anche curiosi e spaventati da tutta quella gente che lì intorno sta parlando con più agenti della polizia. Copriranno le spalle a William, come hanno appena fatto loro? E i ragazzi della Yazuka?
Eva cerca le sue amiche con lo sguardo e manca solo Noora, andata via subito dopo l'inizio della rissa: Sana è poggiata con Chris Berg contro una macchina della polizia, l'aria arrabbiata e le braccia incrociate al petto, mentre poco distante Vilde risponde palesemente terrorizzata alle domande di un poliziotto. Teoricamente, non potrebbero fare troppe pressioni sul suo gruppo di amiche, in quanto minorenni, ma Sana e Chris sembrano essersela cavata alla grande, quindi crede che Vilde sarà la prossima ad essere lasciata andare.
«Grazie per essere venuto in mio soccorso» dice distrattamente a Christoffer, prima di voltarsi a guardarlo. Gli sorride, ma lui si guarda intorno curioso, forse un po' preoccupato. Eva lo nota dalla vena sulla fronte, oltre che dalle sopracciglia aggrottate.
«Avevamo iniziato qualcosa che ora vorrei finire» è la risposta che riceve comunque, prima che scuota le testa e si concentri sulla ragazza che la affianca. Fino ad un'ora prima erano appiccicati, le bocce una sull'altra e gli occhi chiusi, mentre lei gli si sedeva sulle gambe, con l'intento di usarlo e, sì, divertirsi un po'. «Il mio è stato un gesto istintivo»
Eva sorride, guardandolo con la coda dell'occhio, mentre il passo si abitua automaticamente a quello di lui. «Siamo nel bel mezzo di un interrogatorio e tu pensi che ci apparterremo da qualche parte a continuare la nostra pomiciata che, vorrei precisare, tu hai interrotto?» domanda, franca, ammiccando con un altro sorriso e un'alzata di sopracciglio.
Lui si sfiora la guancia con le punte gelate delle dita, prima di fermarsi e guardarla stretta nel suo cappotto rosso.
«No» ammette, allungando una mano verso il viso di Eva. Le scosta in maniera gentile una ciocca di capelli dal viso e lei sa che è una tattica. Lo capisce dallo sguardo che è troppo morbido e gli occhi troppo languidi. Poi poggia il palmo sulla guancia della rossa e non glielo dice, di essere perfettamente cosciente di ciò che crede di poter fare, ma piega appena il capo, facilitandogli il gesto. «Potrei accompagnarti a casa però» 
«Se la tua idea è quella di entrare prima in casa—» mormora Eva, trattenendo una risata e parlando con voce calcolatamente bassa. Spera risulti sensuale. «Poi nel mio letto e infine nelle mie mutande, allora scordatelo»
Chris si arresta, non sorpreso che Eva possegga così tanta schiettezza, ma basito che la stia cacciando fuori adesso, nel bel mezzo di una festa andata a rotoli, dopo un quasi interrogatorio con la polizia e sopratutto quando lui è completamente impreparato. Rimpiazza velocemente la sorpresa e le sorride, lasciando scivolare lentamente le dita tra i capelli rossi. «Hai davvero questa idea di me?»
È una spallata quella che li distrae dalle loro occhiate misuratamente languide e dai loro corpi che, non lo vogliono ammettere, sono attratti come calamite. 
Christoffer si volta e «Oh, scusa, non ti avevo visto» è il commento volutamente calmo, ma con un filo di giusto sarcasmo, di un ragazzo che non ha nulla di familiare, mentre si porta indietro un ciuffo di capelli. È della Yazuka.
Eva lo osserva, da dietro le spalle di Chris, allungandosi quando basta per scorgere la sua figura alta, ma non troppo. La rossa alza un sopracciglio, forse un po' infastidita: non sa se per l'interruzione, o se per le cattive maniere dell'ultimo arrivato. Forse per entrambe le cose. 
«Schistad, il tuo amico potrebbe passare così tanti guai, cazzo» continua il ragazzo, circondato da un paio di amici silenziosamente divertiti. Nessuno li guarda, nemmeno un poliziotto, quindi è bene mantenere tutto ben avvolto nel silenzio e in parole pronunciate con tono basso, ma mirato. «Sarebbe un peccato non averlo più tra i piedi»
Chris si tende, le sue spalle si tendono, così come il resto del corpo, la vena sul collo che improvvisamente si rende visibile e le labbra che si schiudono per prendere dei respiri profondi. La mano di Eva scivola sul braccio di Christoffer Schistad coperto dalla felpa grigia del Riot Club, mentre lo appoggia come farebbe un'amica. No, lascia fare a me.
«È una minaccia?» chiede allora atona. Quando tutti gli occhi si spostano su di lei, alza un sopracciglio, cercando tutta la sicurezza che è certa ci sia da qualche parte dentro di sé. Prova ad imitare le spalle dritte e la faccia tosta di Noora, quando tempo prima aveva ammutolito William con due frasi e qualche occhiata glaciale, di superiorità. Lui era rimasto un po' sconvolto, sorpreso e senza parole da tanta spavalderia. Ora, Eva spera di fare lo stesso effetto, anche senza un rossetto rosso, provocante ed adulto a coprile le labbra. «Siamo in un campo pieno di poliziotti pronti a vederci sbagliare e tu che fai? Ci minacci?» domanda ancora, superando di un passo e poi un altro Christoffer. Lui la segue, più che altro per evitare che finisca in guai da cui è meglio tenersi lontani, anche se Eva non ne sembra convinta nemmeno un po'. «Se voi parlate, noi parliamo. Se William finisce nei guai, voi finite nei guai. Non sarà difficile costruire una storia in cui io ero presente in giorno in cui avete attaccato briga e pestato a sangue Chris. Voi direste la vostra su ciò che è successo oggi e io sarei la prima a testimoniare contro di voi, che siete piombati qui, durante la nostra festa, fino a prima del vostro arrivo assolutamente tranquilla. Noi perderemmo William, sí, ma voi perdereste un bel gruppetto di ragazzi codardi che in realtà ne hanno seguiti tre, di sorpresa, pestandoli a sangue. Ora, non me ne intendo, ma sono piuttosto certa che anche il vostro possa essere considerato reato. Devo sperare anche che sia punibile dalla legge?»
È silenzio. La sincerità di Eva lascia tutti senza parole e Christoffer con un sorrisino compiaciuto, che non sfugge ai ragazzi della Yazuka. Si ficca le mani in tasca e aspetta che parli, ma quando crede che Eva mantenga il contatto visivo con il terzo ragazzo, la vede perdere rigidità e la spavalderia mostrata fino a pochi secondi prima. Eva è una forza della natura in ogni caso, ma per essere cattiva, deve volerlo e anche lo sconosciuto della Yazuka sembra notarlo, perché abbozza un sorriso.
«Tienila a bada, Schistad» è il commento di quello che crede si chiami Erik, ma non potrebbe giurarlo. Sinceramente, meno ha a che fare con la Yazuka, meglio è.
«È proprio qui davanti a te. Puoi dirlo direttamente a lei» risponde Chris, facendo un cenno con il mento ai capelli ramati di Eva e al suo cappotto rosso. Se c'è una cosa che non lascerà succeda, è che la ragazzina non si prende la sua dose di sicurezza e spavalderia che le appartengono e sono sepolte lì, da qualche parte sotto i suoi inutili complessi di inferiorità e i sorrisi gentili, anche quando non dovrebbero. «Che c'è, hai paura che ti smonti come ha fatto cinque secondi fa? Può rifarlo se vuoi, meglio di me»
Ancora silenzio e poi ci sono i ragazzi della Yakuza che danno loro le spalle, le espressioni contrariate e le suole delle scarpe che scricchiolano sulla ghiaia. Quando Eva fronteggia Chris, ha le guance più rosee del solito, il labbro inferiore incastrato tra i denti e gli occhi bassi.
Christoffer ride, grattandosi la nuca. «È stato carino che tu abbia cercato di proteggermi e tutto» dice vispo, alzando un sopracciglio e avvicinandosi quanto basta darle una spallata amichevole. «Ma sei dieci centimetri più bassa di me, lo sai, vero?»
Eva non può evitare di roteare gli occhi, prima di rispondere con divertimento, tutt'assieme meno spavalda, ma più rilassata. «I comuni mortali dicono grazie, ma immagino che per sia un passo troppo in basso per te»
Lui trattiene una risata, ma quando poi è troppo, le scoppia a ridere in faccia senza scrupoli e con una fila di denti bianchi in mostra solo per lei. Le passa un braccio intorno alle spalle e «Cazzo, sì che ti accompagno a casa, stalker» e nel raggio di dieci metri, tutti si voltano a guardarli.
Il viso di Eva va in fiamme.

 

  
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