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Autore: Ghost Writer TNCS    04/03/2017    3 recensioni
Leona è nata con un potere terribile e straordinario, una forza inarrestabile originata nel cuore più profondo dell’Inferno, capace di sbaragliare qualsiasi avversario. Un mostro.
Alphard non è nemmeno nato: lui è un ibrido, il prototipo di un nuovo tipo di supersoldato. Un esperimento.
Insieme si sono diretti su Shytia, un pianeta devastato dalla guerra civile e ora saldamente nelle mani di criminali senza scrupoli, e lì hanno fondato una gilda: la Brigata delle Bestie Selvagge. Ma hanno bisogno di una grande impresa per riuscire ad emergere, per dimostrare quanto valgono.
Un giorno vengono a sapere che Adolf O’Neill, il fuorilegge che controlla la vicina Traumburg, è entrato in possesso di un antico artefatto dal valore inestimabile. Ucciderlo vorrebbe dire liberare la città, ma anche e soprattutto poter saccheggiare la sua ricchissima collezione.
Prima però dovranno trovare degli alleati: qualcuno abbastanza folle da voler attaccare la roccaforte di O’Neill insieme a loro. Qualcuno che abbia la stoffa di una Bestia Selvaggia.
“Non siamo eroi, ma se avete bisogno di un eroe, chiamateci.”
Domande? Dai un'occhiata a http://tncs.altervista.org/faq/
Genere: Azione, Fantasy, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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14. Eroi e mercenari

«Mi consegni il materiale necessario a trasformarmi in una marionetta, o sarò costretta a ucciderla» ordinò Leona con sguardo inflessibile.

Ulysses, colto di sorpresa, si sforzò di sorridere. «Come dice, scusi? Non credo di capire…»

La felidiana gli piantò una mano sul petto e senza tanti complimenti lo schiacciò contro il muro più vicino. «Non me lo faccia ripetere.»

Il treant la fissò per alcuni secondi, fiero e determinato, poi lanciò uno sguardo in direzione di Kael. «Evidentemente qualcuno ha di nuovo cambiato schieramento. Le consiglio di fare attenzione, signorina Asterion: prima o poi tradirà anche lei.»

Il coleotteriano rimase fermo e in silenzio. Non aveva intenzione di dare spiegazioni, soprattutto in quel momento.

«Non si preoccupi, mi occuperò anche di lui» dichiarò Leona, impassibile. Fece forza con il braccio e il petto di Ulysses cominciò ad emettere dei sinistri scricchiolii, così simili a quelli di un ramo sul punto di spezzarsi. Il treant, che sapeva di non avere alcuna possibilità di liberarsi, non riuscì a nascondere una smorfia di dolore.

«Sto ancora aspettando.»

Alcuni Boia portarono le mani alle armi, ma il loro capo li sgridò apertamente: «Fermi! Non avete speranze contro di lei!» La sua voce era fioca, gli mancava il fiato: i treant erano creature fatate, tuttavia anche loro avevano la necessità di respirare. «Jayden, vai a prendere la cassa e portala subito qui.»

Il goblin deglutì, e dopo un attimo di esitazione corse verso l’ascensore. Come gli altri membri della banda, non voleva che il suo leader venisse ucciso.

Leona allentò leggermente la presa, e questo permise a Ulysses di riprendere a respirare normalmente. La giovane si stava guardando incontro, controllando che qualcuno non cercasse di fare movimenti strani; il treant capì subito che doveva approfittare di quel momento per cercare di farle cambiare idea. «Cosa pensa di fare? Senza di me Traumburg sprofonderà nel caos. Io sono l’unico che può dare ordine e stabilità a questa città, io sono l’unico che può salvarla. Se mi uccide, nessuno potrà evitare un’altra guerra.»

La felidiana lo guardò in silenzio, lo sguardo freddo e la mano salda per non dargli la possibilità di fuggire. «Mi spiace, ma hai dimenticato di considerare un dettaglio: noi non siamo i buoni e non abbiamo nessuna intenzione di fare gli eroi. Le uniche cose che mi interessano sono i soldi e la fama; per quanto mi riguarda, Traumburg può anche venire distrutta dalla guerriglia che si scatenerà dopo la morte di O’Neill.»

L’ascensore si aprì e il goblin uscì con la cassa in finto legno che tanto era costata alla sua banda.

«E allora sei anche peggio di me!» esclamò Ulysses con uno scatto d’orgoglio. «Credevo fossi migliore della feccia di questa città, ma mi sbagliavo. Sei tale quale a O’Neill!»

Kael prese la cassa e poi si voltò verso la felidiana, in parte curioso di sentire una sua eventuale risposta.

Leona non ribatté immediatamente, si concesse qualche istante per dare più enfasi alle sue parole: «Ti sbagli, io sono diversa da lui. E lo sai perché?» Premette la mano sul petto e di nuovo il viso legnoso di Ulysses si contrasse in una smorfia di dolore. «Potrei uccidervi tutti con le mie mani, mentre voi non potreste farmi un graffio nemmeno se mi attaccaste tutti insieme. E tu sai bene che è così.»

Il treant, che quasi non riusciva più a respirare, implorò mentalmente che la sua agonia finisse. Quando finalmente la felidiana lo lasciò, lui scivolò lungo il muro fino a terra.

«Non voglio incontrarvi mai più» affermò la giovane. «Andatevene, lasciate questa città. O’Neill di sicuro proverà di nuovo a uccidervi, quindi è anche nei vostri interessi non essere nei paraggi. Ma se provate di nuovo ad intralciarci, O’Neill sarà l’ultimo dei vostri problemi.» Uno ad uno guardò negli occhi i presenti per far capire loro che non stava scherzando, poi si voltò e lasciò l’edificio insieme a Kael.

Il coleotteriano rimase in silenzio per un po’ mentre si allontanavano, poi decise che erano abbastanza distanti e diede voce ai suoi dubbi: «Ti odieranno e faranno di tutto per vendicarsi, proprio come quegli altri. Lo sai, vero?»

Leona sospirò. «Sì, è molto probabile. Il fatto è che…» Scosse il capo e si voltò verso di lui. «Non ce la faccio ad uccidere una persona così, per… per precauzione pensando che poi potrebbe causarmi problemi. Magari ti sembrerò una codarda, ma se lo facessi, non riuscirei più a guardarmi allo specchio.»

«Non penso che tu sia una codarda» ribatté Kael. «Ciononostante temo che prima o poi ci metteremo nei guai agendo in questo modo. Non mi fraintendere, ti riconosco come capo e rispetto la tua decisione, mi permetto solo di esprimere il mio parere.»

«Certo, e io rispetto il tuo parere. Ma non voglio versare più sangue del necessario.»

Raggiunto uno spiazzo abbandonato, deviarono dal marciapiede e il coleotteriano appoggiò la cassa sui resti di alcune macerie. Fece comparire una bomba, la attivò e la depose sulla superficie di finto legno prima di allontanarsi. Dopo pochi secondi il timer arrivò a zero e fu come osservare una singolarità dimensionale: lo spazio venne attraversato da una vibrazione e si distorse, risucchiando ogni cosa nel suo raggio d’azione.

Non ci furono esplosioni. Quella era una bomba a disgregazione, e gli unici suoni che produceva erano un crepitio al momento dell’attivazione e poi uno sbuffo quando ormai era tutto finito. Il suo effetto era semplice e devastante: cancellava ogni cosa nello spazio sferico intorno a sé, trasformando la materia solida e liquida in gas.

«Davvero non ti senti almeno un po’ un’eroina?» le chiese Kael dopo che si furono rimessi in marcia. «Ne avresti tutta l’aria.»

Leona scosse il capo. «Tempo fa ci pensavo, ma ormai ho capito che non fa per me. Essere un eroe vuol dire mettersi in gioco per aiutare gli altri, anche a costo di subirne le conseguenze. Un poliziotto che ogni giorno si impegna ad arrestare criminali pur sapendo che un solo proiettile basterebbe ad ucciderlo: quello è un eroe. Se davvero fossi un’eroina, farei tutto ciò che è in mio potere per salvare Traumburg, girerei la città per catturare ogni criminale e sbatterlo in cella, ma io non sono così. Io sono più il tipo di persona che raderebbe al suolo l’intera città se servisse a salvare i miei compagni, senza preoccuparmi dei danni per gli altri. E questo decisamente non è da eroi.»

Il coleotteriano rimase in silenzio.

«Ulysses ha ragione,» proseguì la felidiana, «quello che stiamo per fare getterà Traumburg nel caos, ma ormai non possiamo più tirarci indietro, non voglio tirarmi indietro. La BBS è una gilda di mercenari, facciamo solo quello che ci conviene… però sarei felice se questo potesse servire a migliorare le cose. Ucciderò O’Neill, a quel punto la città avrà la possibilità di salvarsi da sola. E se avranno bisogno di noi, sapranno dove trovarci.» Rimase in silenzio qualche secondo, poi si voltò verso Kael: «Immagino sarai un po’ deluso.»

L’insetto le lanciò un rapido sguardo. «In realtà no. In fondo ho scelto di restare dalla tua parte proprio perché sei così.»

«Allora, di cosa volevi parlarmi?» chiese la felidiana sollevando la sua bottiglia. Si trovavano nella stanza della giovane perché Kael aveva chiesto di discutere con lei in privato, senza che Alphard o Gardo’gan potessero sentirli. Come gli altri locali dell’edificio, l’arredamento era molto essenziale: un letto, un paio di mobiletti e un tavolo con due sedie. Del resto tutti i vestiti della giovane erano riposti nella grande cabina armadio adiacente, oppure abbandonati un po’ ovunque in attesa di essere lavati.

«Questa mattina sono stato dai Boia Tagliagole e ho parlato con Ulysses Dąbriński.»

Quella rivelazione stupì non poco Leona, che allontanò la bevanda dalla bocca.

«Non ci girerò intorno: ci sono andato per capire se mi conveniva restare con voi o se mi conveniva passare dalla loro parte.»

Lei sollevò un sopracciglio per quell’ammissione così sfacciata. «Devo dedurre che hai deciso di stare dalla nostra parte?»

Kael rimase un attimo in silenzio. «Sì, voglio stare con te e con la Brigata.» Di nuovo tacque per qualche istante. «L’altro ieri ci hai raccontato di te, della tua squadra di basket all’accademia, e poi mi hai chiesto se volevo raccontarvi qualcosa. Beh, la verità è che io vengo da una famiglia ricca, ho frequentato scuole prestigiose e i miei genitori non avrebbero avuto alcun problema a farmi avere un lavoro comodo e redditizio. Ma quella vita non mi ha mai attirato. Ero il classico ragazzino pieno di soldi che sognava di fare il criminale per gioco. E alla fine i miei “giochi” mi hanno fatto arrestare.» Serrò i quattro pugni e guardò altrove. «Avevo coperto di vergogna i miei genitori, eppure loro erano ancora disposti a pagarmi i migliori avvocati pur di evitarmi la prigione. Ma non ho voluto accettarlo, ero troppo orgoglioso. È per questo motivo che sono finito a Pryzonn.» Sollevò il capo verso di lei, come per guardarla negli occhi. «Ti chiederai perché te lo sto raccontando proprio adesso. Beh, perché io sogno ancora una vita di avventure, senza autorità, senza costrizioni. Se mi unissi ai Boia Tagliagole, loro sfrutterebbero la tua forza per prendere il controllo della città, ti trasformerebbero in una marionetta ai comandi di Ulysses Dąbriński, e magari mi ringrazierebbero per l’aiuto dandomi una bella casa nuova e un comodo incarico nella gestione della città. Ma come ti ho già detto, non è questo ciò che voglio.»

Leona, che aveva ascoltato attentamente le parole dell’insetto, non nascose una punta di stupore. «Devo ammetterlo, non pensavo fossi così… ribelle.»

«Io non pensavo che avessi la stoffa del capo» ribatté Kael, impassibile. Si strinse nelle spalle. «Mi sono ricreduto.» Aprì una mano e da un gorgo fece comparire il rilevatore multifunzione che aveva acquistato a Tradefield. «Il puntino colorato indica un insetto-spia: si trova nel piano terra, gli altri li ho catturati per portarli dai Boia Tagliagole e convincerli a spiegarmi il loro piano. Ho fatto credere a Ulysses Dąbriński che sto dalla loro parte, quindi fai finta che questa discussione non sia mai avvenuta. Sarebbe meglio se non dicessi nulla nemmeno ad Alphard e Gardo’gan.»

 La felidiana ci rifletté un attimo, poi annuì. «D’accordo, non lo dirò a nessuno.»

«Sai, te l’ho già detto, comunque sono davvero felice che ti sia unito alla Brigata» affermò Leona. «Insomma, sono molto giovane per essere il leader di una gilda, quindi mi fa piacere che ci sia tu a consigliarmi.»

Kael fece un leggero mugugno d’assenso. «Però guarda che non sono così vecchio.»

«Hai ragione, scusa, mi sono espressa male. A proposito, quanti anni hai?» Dato il suo esoscheletro, le risultava difficile farsi un’idea precisa dell’età del coleotteriano.

«Ventiquattro.»

La felidiana si bloccò, tanto che pure l’insetto dovette fermarsi.

Lei lo guardò dritto in faccia. «Sul serio?»

Kael allargò le quattro mani e annuì.

Leona scosse il capo e riprese a camminare, non per questo meno incredula. Fino a quel momento aveva pensato al coleotteriano come a un trentenne o più, invece aveva quasi la sua stessa età. Non riusciva a capacitarsene.

Anche quanto si furono riuniti con Alphard e Gardo’gan la sua espressione era alquanto turbata, al punto da preoccupare gli altri due membri della Brigata.

«C’è qualche problema?» le chiese subito l’ibrido. Ormai era tornato adulto e con tanto di barba incolta, i capelli però ci avrebbero messo ancora parecchio tempo per tornare lunghi come prima.

«No, niente, è tutto a posto» lo rassicurò Leona cercando di tornare presente a se stessa. «Abbiamo distrutto il materiale, da quel punto di vista non dovremmo avere altri problemi. Ho detto ai Boia di lasciare la città, ma non so se è stata una buona idea.»

Lo spadaccino le sorrise. «Non ti preoccupare, hai fatto quello che ritenevi meglio, è per questo che mi piaci. E poi anche noi abbiamo la pellaccia dura!»

Rincuorata dalle parole di Alphard, la giovane riuscì finalmente a mettere da parte quella piccola ma fastidiosa insicurezza che lo stupore per l’età di Kael aveva solo momentaneamente nascosto. «A voi com’è andata?»

«Siamo riusciti a metterci d’accordo con un mercante» rispose prontamente l’ibrido. «Ha detto che parte tra una mezzora scarsa: se ci siamo bene, se no ci lascia a terra.»

«Leona, davvero ce ne andiamo?» le chiese per l’ennesima volta Gardo’gan.

La felidiana annuì. «Tu devi ancora riprenderti dalla ferita, e tutti e quattro abbiamo un bersaglio disegnato dietro alla testa. Se lasciare in vita Ulysses è un rischio, restare in città è praticamente un suicidio. E un buon capo deve essere in grado di capire quando è il momento di ritirarsi.»

***

O’Neill tagliò una piccola fetta di torta farcita e la assaporò con calma, sperando che quel trionfo di gusto alleviasse i suoi tormenti.

Danray era tornato con una mano rotta dopo il suo attacco alla base della BBS: non era la prima volta che veniva ferito durante una missione, ma non si aspettava una simile complicazione. Evidentemente Leona Asterion era perfino più forte di quanto avessero ipotizzato.

Sospirò, afflitto. Non per via del licantropo – ormai le sue ferite erano già state sanate –, ma per la depressione di cui soffriva da anni. Il suo era un malessere subdolo e perpetuo dovuto ad una combinazione di fattori che andavano dalla monotonia della sua routine quotidiana fino al divorzio dalla donna che amava e alla conseguente impossibilità di vedere suo figlio.

Dopo la fine della guerra civile alcuni suoi subordinati gli avevano suggerito di prendere parte agli scontri per la spartizione dei territori e lui aveva deciso di assecondarli, sperando che quella nuova campagna lo aiutasse a lasciarsi alle spalle la fine del matrimonio.

La presa di Traumburg era stata festeggiata come un grande successo, si era illuso che il potere avrebbe guarito le ferite del suo cuore, ma l’effetto era durato poco. L’idea di consolarsi col cibo era maturata solo qualche tempo dopo, e con essa la sua pancia prominente. Lui infatti era un supersoldato geneticamente modificato, il suo corpo necessitava di molto più cibo di un elfo normale, tuttavia il suo stile di vita sedentario non gli permetteva di bruciare tutta l’energia che assimilava.

Guardò fuori da una finestra, scrutando i palazzi oltre la cinta di mura che proteggeva la sua villa.

Gli abitanti di Traumburg credevano che Aaron O’Neill fosse solo un grasso elfo pigro e menefreghista che manteneva il potere solo grazie alla forza dei suoi subordinati, e probabilmente avevano ragione. Non gli importava nulla della città e di tutto il resto, l’unico motivo per cui difendeva la sua posizione era la quantità enorme di denaro che ne ricavava, alimentata da piccoli incrementi sui prezzi dell’energia, dell’acqua potabile, dei trasporti, dei commerci e di tutto quanto avveniva in città. Tutti quei soldi gli permettevano di vivere nel lusso, in attesa che arrivasse qualcuno abbastanza forte da porre fine alla sua esistenza miserabile.

Già, ormai non aspettava altro che la morte, ma il suo istinto di soldato lo portava a fare di tutto per rimandare l’inevitabile.

Mise in bocca l’ultimo pezzo di dolce, quindi lasciò che il suo maggiordomo robotico portasse via il piatto vuoto.

Danray non era un tipo che esagerava, quindi se aveva definito Leona “un mostro alla Hannibal”, voleva dire che la felidiana era davvero abbastanza forte da rivaleggiare con il suo asso nella manica, il Mostro Bianco.

Incrociò le dita sulla pancia piena e chiuse gli occhi, abbandonandosi sull’alto schienale della poltrona imbottita.

Il suo responsabile dello spionaggio lo aveva informato che la felidiana e i suoi uomini avevano lasciato la città, ma il suo istinto di soldato gli suggeriva che quella fosse solo un’abile strategia per fargli abbassare la guardia.

Era davvero curioso di scoprire la prossima mossa della sua avversaria.



Note dell’autore

Ciao a tutti!

In questo capitolo sono emersi diversi nuovi dettagli sui protagonisti, inoltre i Boia Tagliagole sembra siano destinati ad uscire di scena (ma non spariranno del tutto, avete la mia parola!). A proposito: quanti si immaginavano che Kael e Leona avevano quasi la stessa età? :P

Finalmente ho anche presentato un po’ meglio il “vero cattivo” della storia. Spero che i suoi drammi esistenziali vi abbiano sorpreso almeno un pochino.


Ora un paio di “comunicazioni di servizio”: ho rinominato la reeb in birra (tanto la birra si può fare con qualsiasi cereale) e ho rinominato le Arti di Combattimento in arti marziali (perché alla fine sono praticamente sinonimi).


Bene, per il momento è tutto.

Appuntamento a metà marzo per il prossimo capitolo (è ora di passare all’attacco!).


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