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Autore: Hi Fis    04/03/2017    1 recensioni
Breve one shot incentrata sulla rivelazione di Blackwall per chi è e per ciò che ha fatto e delle reazioni a questo, focalizzandosi sull'Inquisitrice.
Genere: Dark, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blackwall, Inquisitore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Se un uomo rinuncia davvero alla vita, egli non temerà più nulla.
Così il saggio sa essere vero: perché in che altro modo si può fermare un uomo pronto a morire pur di ottenere ciò che vuole, se non uccidendolo? Tuttavia, è almeno altrettanto vero che l’intensità con cui si persegue il proprio fine poco ha a che fare con il suo valore … o la certezza della sua riuscita: un malvagio può riuscire nel suo intento se è abbastanza determinato, e viceversa un giusto fallire.
Thom Rainier non ha più dubbi a riguardo: per la prima volta da anni, lui sa. È un malvagio: lo sa, e finalmente lo accetta. È un malvagio e ora vuole morire: non ha più paura di ammetterlo. Ha smesso di scappare e nascondersi dai suoi ricordi: questa è la fine del suo viaggio. Perché Thom conosce il bene, conosce il male, e la differenza tra i due: sa di aver compiuto il male, ormai troppi anni fa. È troppo tardi per rimpianti e lacrime … ma non ancora abbastanza per non fare la differenza. E alla fine è per questo che ha deciso: perché qualcun’altro non andasse alla forca per i suoi crimini, a danzare per la folla il ballo dei piedi nel vuoto. Sì, solo per questo si è deciso a gettare la maschera e gridare il suo nome, il suo vero nome d’assassino, spogliandosi della comoda identità dietro cui si era rifugiato per così tanto tempo. Il Creatore sa se ormai non gli era venuta a nausea comunque: perché per ogni giorno passato in cui ha compiuto il bene, il ricordo della sua colpa diventava più vivo. I ricordi sono stati un topo, messo a rodere sul fondo della sua anima fino a che non è rimasto più nulla. Quando gli era arrivata la notizia di quell’impiccagione, a Thom era sembrato come se la decisione fosse stata presa da qualcun altro tanto tempo fa: come se la sua intera vita non avesse avuto altro scopo che condurlo a quel momento e a quel destino. Thom si è arreso al giogo del fato… ma non ha mancato di notarne la feroce ironia: la vita di Blackwall sarebbe finita sulla stessa aspra nota su cui era cominciata e, ancora una volta, Thom sarebbe fuggito da coloro di cui aveva profanato la fiducia. La sola differenza, è che questa volta l’avrebbe fatto per andare incontro al suo destino, piuttosto che sfuggirgli...
Come sarebbe stata migliore Thedas, se il vero Blackwall fosse sopravvissuto e Rainier morto in quell’agguato! Di quella fine Thom non ha colpa, eppure…
Strano davvero a pensarci: ancora prima di lasciare Skyhold, si era immaginato tutto con la chiarezza che a volte hanno solo i sogni. La piazza principale di Val Royeaux, gremita dei suoi probi ed onesti cittadini, venuti da ogni dove ad osservare la forca, il boia e il loro cupo mestiere, sotto un cielo color acciaio gravido di pioggia, che appesantisce le vesti e scivola sulle maschere. Il pubblico adatto per assistere alla fine di un uomo che si libera delle catene della menzogna.
E quando è arrivato a Val Royeaux, vedere la sua visione concretizzarsi in modo così preciso, fino ai verdi freddi degli abiti della folla, non lo ha nemmeno stupito: perché avrebbe dovuto, di fronte ad una prova così esplicita della correttezza della sua scelta? Di fronte al testamento della sua determinazione?
Anche la cella dove lo hanno rinchiuso è proprio come l’aveva immaginata: umida, buia e sporca. Un luogo gravato dai troppi pensieri degli occupanti che vi si sono susseguiti, nessuno dei quali si è mai fermato a lungo: Thom non sarà l’eccezione, ma con questo fatto è in pace. Finalmente, il rimorso ha smesso di tormentarlo e ora l’unica cosa che gli manca davvero è il suo coltello e un pezzo di legno con il quale intagliarlo: come figlio di un falegname, non si è mai rassegnato a restare con le mani in mano. E fino a quando è rimasto a Skyhold, c’era sempre qualcosa da fare…
Thom cerca di bandire quel pensiero, e gli altri che subito lo seguono, ma è difficile: perché l’unica cosa che non aveva previsto, l’unica persona che non avrebbe dovuto esserci alla sua pubblica confessione, era stata proprio Sua Grazia, l’Inquisitrice. Impossibile non notarla tra la folla, perché semplicemente le è impossibile nascondersi: il massimo che può fare è provare a restare in disparte, ma anche quello le riesce difficile. La sua gente non è davvero stata fatta per passare inosservata…
Thom non aveva dovuto guardarla in volto, non aveva nemmeno voluto per la verità, per sapere che Tâlan lo stava fissando con molta attenzione, in attesa di scoprire perché esattamente fosse fuggito da Skyhold come un ladro. Non per un furto però, ma per il più vile degli assassinii Thom se ne era andato: nonostante questo, vederla quasi era bastato a fermarlo. I lamenti dell’uomo che stava per essere impiccato per un crimine che non gli apparteneva però, avevano ricordato a Thom perché si trovasse in quel luogo, la sua colpa ed infine la differenza stessa tra bene e male. Era andato avanti: era salito da solo sul patibolo, in verità il posto che gli spettava. Si era rivelato e fatto riconoscere per quello e per chi era. Aveva spiegato la sua colpa, indifferente a coloro che tra la folla avevano iniziato a chiamare il suo nome, e al perché…
E ora attendeva che il suo destino si compisse nel buio di quella cella: quanto poteva restargli ancora?
 
***
 
Si era addormentato, come solo i colpevoli possono: ci vuole uno speciale tipo di crudeltà, o di colpa, per riuscire a trovare sonno all’ombra della forca. Un innocente non riuscirà mai a dormire invece, un po’ come accade a certi uccelli che chiusi in gabbia smettono di cantare.
L’ha svegliato, stranamente, il profumo d’aria fresca: un odore puro e indiluito, come può esserlo solo dopo la tempesta più furiosa. Un melange così ricco da sfidare e vincere gli oscuri confini della sua cella, nonostante la sua estraneità al luogo: basta un respiro, e i polmoni gli si riempiono come di nettare. Ma quando si siede sul pagliericcio:
“Per le fiamme di Andraste!” è l’unica imprecazione che gli viene alle labbra e la sua voce risuona stranamente acuta tra le mura di freddi mattoni, specie quando colpisce il muro con la nuca.
Ci mette qualche istante ancora a capire di aver strisciato col culo sul pavimento, fino a raggiungere l’angolo più lontano dall’entrata. Una reazione istintiva: puro terrore, che gli ha infiammato il cuore e gelato il petto allo stesso tempo.
“… Non proprio.” risponde chi lo guarda e il ricco contralto, con il suo esotico accento sulla seconda vocale, scivola tra le sbarre come le note di un organo, marciando su carne e ossa allo stesso modo. Chissà perché non si aspettava che sarebbe venuta a trovarlo… o forse in realtà lo sperava.
Thom non dice nulla, non alza lo sguardo: non vuole. Ma Tâlan Adaar non è stata posta in questo mondo per essere ignorata: in verità è impossibile perfino pensare di farlo. Così, lei gli dà tempo restando in silenzio, fino a quando è Blackwall stesso che non può evitare ai suoi occhi di raggiungerne i piedi nudi e la silverite degli schinieri, risalendo la figura fino alla cima: come sempre, ci mette molto tempo.
Per la prima volta gli sembra di vederla davvero… o forse piuttosto di capire davvero la persona che ha davanti.
 
In Qunlat, Talan significa “verità”, nel suo significato più proprio ed assoluto: il kith di Tâlan tuttavia, l’enclave di ribelli Tal-Vashot in cui è cresciuta, ha deciso di imporle un accento in più, in modo da distinguere la verità-che-si-crede, dalla verità-che-è.
Il loro scherno ai dogmi più ottusi: Shok ebasit hissra. Meraad astaarit, meraad itwasit, aban aqun. Maraas shokra. Anaan esaam Qun. - La lotta è un’illusione. La marea sale, la marea cala, ma il mare resta immoto. Non c’è nulla contro cui lottare. La vittoria è nel Qun.
A questo, l’Inquisitrice ha sempre risposto con l’orgoglio del suo nome: Talan ebasit. Talan astaarit. Talan shokra. Qun itwasit. - La verità esiste. La verità sorge. La verità combatte. Il Qun cala.
L’Inquisitrice onora il suo nome, specie nelle dolci ore di pace che le sono care…
In battaglia però, è il suo cognome a prendere il sopravvento: Adaar, il cannone sputafuoco montato sulle grandi navi, la funzione che suo padre espletava come Saarebas. Come suo padre, anche Tâlan è una maga: formalmente una strega apostata per l’ordine dei templari al servizio della chiesa di Andraste, poiché è cresciuta lontano dalle loro catene e dal loro zelotismo più irrazionale. Un bene probabilmente, dato il modo in cui l’odio tra maghi e templari è dilagato…
E poiché la chiesa di Andraste non riconosce davvero i Qunari come meritevoli, o capaci, di redenzione, mai nessuna autorità aveva avuto alcun desiderio di vederla vivere: anzi, decisamente l’opposto. Diventare l’Inquisitrice ha fatto di lei un terribile imbarazzo e un allettante bersaglio per molti…
Ancora una volta però, Tâlan non ha lasciato che le difficoltà della sua nuova fama, e il compito a cui era chiamata dal fato, le fossero d’intralcio: anzi, vi si è dedicata con caparbia ostinazione, dimostrando di avere almeno le capacità necessarie a non essere travolta dall’ordalia terribile della necessità. Forse, in questo la natura le è stata d’aiuto: a chiunque la incontri è subito evidente quanto Tâlan abbia bevuto avidamente alla coppa del suo popolo, non i qalaba Qun, ma i Kossith.
Con una statura di più di sette piedi, crescendo le è diventato sempre più difficile trovare scarpe e stivali adatte a lei, al punto da dover prendere a prestito alcuni costumi degli elfi dei boschi, e smettere di indossarne. Un’abitudine a cui, diventata adulta, non sa più rinunciare, nemmeno ora che eserciti e nazioni si piegano ai suoi ordini. E per quanto sia stato sempre dagli schivi dalish che Tâlan ha appreso veramente la maestà e i pericoli della magia, lei, così come del resto i Saarebas del suo popolo e come anche suo padre, non usa alcun bastone magico in battaglia, preferendo invece forgiare da sé i propri foci nella foggia di schinieri, bracciali, mitteni, anelli e tiare, incastonandoli con gemme e rune, e con tutti quei materiali adatti a meglio canalizzare la magia. Affrontarla in battaglia, significa scontrarsi con una gigantessa dalla pelle d’argento, dalle grandi corna ritorte e ornate, e con una particolare fascinazione per il fuoco. Il suo ardore nell’assalto e la ferocia con cui lo persegue hanno lasciato più di un nemico troppo stupefatto per reagire in tempo: sono ben pochi i maghi e gli stregoni che scelgono di affrontare fisicamente il proprio avversario quando possono bersagliarlo da lontano. Ma come Tâlan insegna a coloro che criticano il suo barbaro approccio, è più difficile schivare una colonna di fuoco dopo aver ricevuto uno schiniere sul volto… quando, ovviamente, si è ancora in grado di sentire qualcosa. Sul campo di battaglia, i nemici imparano presto a temere quella combinazione terribile di rapidità e forza, mentre i suoi compagni sanno da tempo di poter contare sulla sua dedizione e cura: non c’è chi, tra i suoi, non abbia avuto salva la vita grazie ai sortilegi protettivi dell’Inquisitrice e ormai in troppe occasioni per poterle ancora contare. Dato il suo impeto nella battaglia poi, nessuno dei suoi compagni è rimasto davvero sorpreso dalla scelta di Tâlan di praticare la via dei cavalieri incantatori: un’antica élite, il cui approccio al combattimento completa perfettamente quello dell’Inquisitrice. Al punto che la sua grande spada spettrale, per quanto non lo strumento che più usa in battaglia, è ora diventato uno dei suoi attributi più famigerati.
Non che tuttavia non rimanga anche una nota di timore fra coloro che le sono vicini: purtroppo però, questo è nella natura delle cose e Tâlan ha imparato ad accettarlo. Chi non ha ragione di temere almeno un poco una strega fiera come la tempesta, tanto potente quanto apparentemente priva di molti dei freni che, erroneamente ma frequentemente, sono associati alla “civiltà”? Specie quando possiede la forza di tre uomini, la pelle d’argento e corna sopra la testa? Non è senza consapevolezza di sé che Adaar parla cortesemente o si è imposta di adottare maniere impeccabili. O di evitare accuratamente di ricorrere alla magia, che pur adora, di fronte ad estranei. O di muoversi troppo rapidamente, lei che ha falcate fatte per divorare le distanze: come Inquisitrice, un contegno modesto, ma mai sottomesso, è il suo modo di presentarsi agli emissari e nobili in visita a Skyhold…
Ma se qualcuno di loro pretende ciò che non gli è dovuto, credendo che ad una stupida donna-bue si possa dire qualunque cosa quando ha i capelli in trecce eleganti, è facile per Tâlan mostrargli il suo errore: di solito, le basta alzarsi in piedi.
 
Chi osserva Thom Rainier dall’altro lato delle sbarre però, non è né la irenica Inquisitrice accomodata in una bassa poltrona, né l’indomita vincitrice dei campi di battaglia, anche se ne porta tutti gli attributi. Tâlan è bardata per la guerra, e la lunga giubba, fortificata sia con la magia sia con mezzi più terreni, si distingue nella semi oscurità della prigione per i colori che le sono più cari: il caldo ocra del deserto, col più cupo verde ad ornarlo. Si è perfino applicata il vitaar, la maschera di veleno che rende la pelle dura come pietra, a cui solo la sua gente è immune: eppure, anche se i suoi lineamenti sono deformati dall’oro brillante del veleno dei tezpadam, quelle creature che perfino i più saggi tra i nani temono, i suoi occhi tradiscono per la prima volta un sentimento che Blackwall non ha mai scorto. Nelle sue iridi d’oro in sclere nere, c’è un’intensità che Thom non ha mai visto: una tempesta incomprensibile, responsabile del poco controllo che Tâlan ha sulla sua magia. Perché sono le fiammelle che le ardono attorno e il gelo che le incastona gli arti i responsabili del profumo che ha svegliato Thom dal suo sonno. Non è ira, o almeno, non è solo ira ad abitare Tâlan: la furia di una strega sarebbe già terribile di per sé, ma è ciò che Thom non capisce ad averlo davvero spaventato.
E a poco può servire la presenza di coloro che hanno accompagnato l’Inquisitrice a fargli visita: se gli sguardi potessero uccidere, l’odio e il disprezzo che Cassandra dimostra in quel momento verso di lui sarebbero sufficienti a fermargli il cuore nel petto. Il volto acuto dell’ultima Mano Destra della Divina è serrato e gelido: l’unica ragione per cui non ha ancora parlato sono il rispetto e la sincera amicizia che la legano all’Inquisitrice. A vederle ora, sembra impossibile credere che solo pochi mesi fa Cassandra fosse pronta a tagliare la testa a Tâlan…
Ma mentre Cassandra resta un passo indietro ad osservarlo, pur mantenendo la mano sul pomolo della sua spada, Cole si è avvicinato ancora di più dell’Inquisitrice alle sbarre: tanto da appoggiare il volto al metallo, ma il gelo di quel contatto non lo disturba. I suoi occhi di un acquoso azzurro lo osservano sotto una zazzera di capelli color paglia, come sempre spettinati. Nella luce delle torce e dell’Inquisitrice, sembra perfino più pallido di quanto Thom ricordi: quasi come il volto di un fanciullo morto nella neve. Nemmeno in lui a Thom sembra di scorgere perdono o speranza e forse è giusto così: cosa significa però per un peccatore quando perfino uno spirito di compassione che ha preso forma d’uomo sembra aver perso le speranze? Nemmeno Cole parla quando gli restituisce lo sguardo: fa però di peggio.
Lo spirito-fanciullo inizia a mormorare dietro labbra serrate il motivo di una canzone per bambini il cui solo ricordo è peggio della tortura per Rainier:
Picchio, picchio, quieto e calmo,
cosa vedi dalla cima della collina?
Vedi in alto? Vedi in basso?
Vedi la morte in tutta la città?
Se avesse mangiato, Thom vomiterebbe ogni cosa in quel momento: i suoi carcerieri però non nutrono gli assassini prima di mandarli dal boia. Una scelta dettata dal pragmatismo, più che dall’odio: nessuno vuole che lo spettacolo della forca sia rovinato dal criminale che si svuota le viscere di fronte alla folla.
E non serve di certo che mastro Varric parli per sottolineare ulteriormente la gravità della situazione a Thom: se lo fa, è perché è nella sua natura e per alleggerire l’atmosfera. Forse è quella la vera ragione per cui gli è stato chiesto di accompagnare un’apostata Qunari dall’eccessiva magia, uno spirito fuggito nel mondo reale e l’ultima discendente di una rinomata stirpe di uccisori di draghi: per essere l’unico volto amichevole tra quattro. Difficile essere intimoriti da un nano, anche quando porta a tracolla una balestra lunga quanto lui è alto:
“Già, eroe: hai proprio fatto una stronzata.” lo dice con un sorriso obliquo, senza nemmeno guardarlo: potrebbe essere il primo sorriso falso di mastro Tethras. Un’altra colpa di cui Thom deve rammaricarsi.
Lo sguardo che invece Cassandra rivolge a Varric lo dissuade dal voler provare ad accendersi la pipa che ha cominciato a caricare: scintille libere vicino ad una strega volatile sono la ricetta per un disastro. Specie con tutta quella magia che aspetta solo un modo per esprimersi:
“Ho cercato di capire.” afferma lentamente l’Inquisitrice: anche se la sua voce è calma, per Thom è come una sferzata.
“Ho cercato di capire.” ripete afferrando le sbarre, e il suono del metallo che geme riempie lentamente lo spazio tra loro: “…Cosa, di tutto questo, sia la vera causa di ciò che provo. Il tradimento, le menzogne, il sospetto che tu abbia usato l’Inquisizione per fuggire fino ad ora dalle tue colpe e dal tuo passato…”
“Io…”
Ma a Thom non è consentito di finire, perché è già stato afferrato per il bavero e sbattuto di schiena contro i sudici mattoni: l’Inquisitrice è lì con lui ora, dopo aver attraversato le sbarre e lo spazio tra loro come uno spettro. Lo ha ghermito e lo tiene sollevato da terra con un solo pugno corazzato, pieno della sua tunica e della sua barba. Nonostante questo, riesce ancora a torreggiare su di lui:
“…E a poco a poco, mentre… setacciavo ogni ragione, ho compreso quale sia quella vera. L’aver scelto di morire senza dirci addio o darci spiegazioni.” le mani di Tâlan gli ghermiscono il collo ora e la strega, che pur potrebbe arderlo fino alle ossa, comincia lentamente, inesorabilmente, a strangolarlo.
“…Contiamo così poco? Abbiamo fatto così poco assieme, da pensare che la tua morte possa esserci davvero indifferente? Che possiamo fare a meno di te? Che hai il privilegio, tu solo, di rinunciare? O siamo così inutili, da farti comunque preferire la morte?”
Blackwall però non può più già risponderle:
“…Allora lascia che sia io a dartela: è proprio come l’avevi immaginata, bas?”
Ed è l’ultima parola a farlo davvero reagire: poiché però entrambe le sue mani sono troppo occupate per tentare di rallentare quelle dell’Inquisitrice, Thom non ha nient’altro da usare se non i piedi. Il calcio di Blackwall coglie Tâlan nello stomaco e la strega gli permette di cadere di nuovo a terra, indietreggiando di un passo. Ma mentre Thom inspira violentemente a grandi boccate l’aria che gli era stata negata, non può fare a meno di capire che è stata Tâlan stessa a lasciarlo andare: l’ha vista ignorare colpi ben più terribili in combattimento.
“…Proprio quello che pensavo.” mormora e quando la guarda, il figlio del taglialegna non può fare a meno di notare il lieve sorriso che esibisce.
Cosa abbia capito, Blackwall non sa dirlo e non ha ancora la forza di chiederlo. Un solo istante però, e la cella è di nuovo vuota, mentre Tâlan lo osserva nuovamente al di là delle sbarre:
“Tu non morirai qui, Thom Rainier. L’Inquisizione ti giudicherà per i tuoi crimini: io ti giudicherò.”
E come la tempesta che ha portato, Tâlan lo lascia di nuovo nel buio, solo con quella terribile promessa.
 
***
 
Sulla piazza di Val Royeaux ha iniziato a cadere la pioggia, ma essa non riesce a bagnare la pelle di Tâlan: l’acqua evapora troppo in fretta quando si avvicina a lei. La comprensione della sua rabbia non è abbastanza per spegnerla. Questo però, non le impedisce di voler provare a fermarsi e di rivolgere il volto e le sue corna al cielo, sperando che possa almeno spegnere le fiamme del suo animo: dagli eventi del tempio delle Sacre Ceneri sono pochi quelli che ancora osano guardare ciò che resta della cicatrice nel cielo. Tâlan però, ha quella forza e quel diritto, perché sta facendo quanto è in suo potere ogni giorno da quel terribile momento per chiudere definitivamente lo Squarcio e fermare colui che l’ha provocato.
“Potevo provarglielo io.” sussurra Cole al suo fianco: “…Tu ha odiato fargli paura. Abominio, apostata, non ascoltano, non accettano, io…”
“Basta così Cole, per favore.” gli chiede non senza dolcezza: “…E poi non ci saresti riuscito. A volte in questo mondo si deve essere spietati per arrivare alla verità. Dovevo essere sicura che… Thom Rainier volesse ancora vivere.” e ora lo sa: perché un uomo che si è rassegnato al suo fato non avrebbe combattuto per restare in vita. Il resto sarebbe venuto col tempo:
“…Torniamo a casa.”
“La migliore idea che abbia sentito oggi, vostra grazia.” approva sarcastico Varric: il nano sa bene quanto poco Adaar ami i titoli che le sono stati dati.
“Prendo le nostre cavalcature allora.” afferma composta Cassandra, dirigendosi subito verso le stalle della città: che la decisione di Tâlan, questo provare a redimere Blackwall, non piaccia a lady Penthaghast non è di certo un segreto.
Ma anche a questo il tempo potrà porre rimedio, mentre l’occhiata che Adaar rivolge a Varric lo convince subito che aiutare Cassandra sia nel suo stesso interesse: Tâlan non ha la forza in quel momento di subire l’umorismo del nano, o la sua arguzia. Per quanto Cole faccia domande molto più dolorose, sono anche più ingenue e soprattutto, mirano a curare:
“…Tu temevi che sarei potuto diventare un demone, ma la Compassione non può causare castigo.”
“Non avevo alcun diritto di chiedertelo, Cole. Ognuno di voi mi è prezioso… soprattutto sono stanca di perdere quelli a cui sono legata.” gli dice, appoggiando delicatamente una grande mano sulla testa di Cole.
Sul volto dello spirito di compassione fatto carne si manifesta leggero un sorriso, destinato ad allargarsi quando Cassandra e Varric torneranno da loro tenendo le loro monte per la cavezza: anche il Nuggalop di Tâlan, il Tuonante Nocchiero, è impossibile da ignorare.


Blackwall: lo si ama o lo si odia. Non credo che ci siano molte vie di mezzo in DAI.
Tuttiavia, è certo che è difficile restare indifferenti a lui o alle sue azioni. Personalmente, il suo "tradimento" mi ha molto colpito: la ragione del perché però, spero di averla esposta abbastanza chiaramente in questa one shot. Non è tanto il gesto in sé, ma il suo voler morire senza preoccuparsi di chi ha attorno. Credo che molti di noi non prenderebbero la decisione di salvarlo, se avesse confessato i suoi crimini e avesse preso congedo dall'Inquisizione a testa alta...
In ogni caso, spero che questa one shot, così breve e specifica, vi sia piaciuta: non ho resistito alla tentazione di inserirci una (prolissa, lo ammetto) descrizione dell'Inquisitrice come la immagino...
  
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