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Autore: esmoi_pride    05/03/2017    3 recensioni
"Storie di Saab" è un medieval fantasy slash nato nel mondo di Pathfinder che racconta le vicende della famiglia imperiale dell'Alba di Saab, città devota al dio minore Saab e dalla recente fondazione, luogo di grandi promesse e di speranza. E' l'ideale se siete alla ricerca di drow poco ortodossi, elfi carini, slash andante e una misteriosa storia sulle origini del Dio e della sua città, da scoprire capitolo dopo capitolo.
E' una storia che si domanda cosa è giusto e cosa è sbagliato, e lo scopre attraverso le esperienze di Vilya Goldsmith, un ragazzo che non sa se potrà mai riuscire a diventare un uomo. Lo scoprirà proprio a Saab, città creata sotto antiche rovine secondo la missione di suo padre Azul: riunire la gente oppressa e discriminata in un solo popolo che guadagni forza e unità, e che accolga tutti quelli come loro. Intrecci tra molteplici personaggi mostreranno una città ricca di diversità, e le azioni di Vilya ci porteranno a chiederci quanto possa essere doppia la linea estrema dove le cose non sono più giuste, né sbagliate, e quanto spesso potremmo finire per percorrerla.
Genere: Dark, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash, FemSlash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie di Saab'
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Ciao a tutti! Vi avverto che in questo capitolo si trovano scene censurate per via del regolamenti di EFP per quanto riguarda l'incesto. Troverete la scena non censurata su questo link. Capirete il punto dove è stata fatta la censura perché presenta tre asterischi rossi, come questi: ***
Per il resto vi avviso che, essendo Vilya un personaggio davvero pessimo, nella prima parte troverete linguaggio spinto, pessimo gusto e sesso etero. Vi auguro una buona lettura <3





 
Cat in the Hat.








Contrariamente a quanto potesse sembrare, Vilya credeva in quello che aveva detto. Era vero che provasse attrazione per So’o, ma se si fosse fatta una lista di tutte le persone da cui Vilya era attratto si sarebbe passato un intero giorno solo a farne la bozza. C’erano tante persone che Vilya poteva portarsi a letto, ma solo un fratello per lui a questo mondo. E quel fratello era So’o.

C’erano altri fratelli al mondo, che però non erano fratelli di Vilya.
Quelli, poteva scoparseli.

Insomma: è questo che aveva capito dalle parole di papà, settimane fa. Non aveva detto ‘non farti i fratelli di nessuno’. Aveva detto ‘non farti tuo fratello’. No? Ecco. Non si stava facendo suo fratello. Si stava facendo il fratello di qualcun altro.
Con quel qualcun altro.


“Siete sicuri che resteranno via?”

Vilya entrò non appena la porta venne aperta, subito dopo la ragazza. Mani poggiate sui fianchi, naso all’insù per aria, osservava la stanza che non aveva mai visto prima. Era una cameretta adorabile: si trovava al piano superiore del loro appartamento, costruito in solido legno come il resto del palazzo. Non era affatto strano: Vilya aveva notato che gli elfi tendevano a scegliere i palazzi di legno e quelli più vicini ai giardini della città.

“Sì-” rispose la ragazza, con tono affannato mentre smuoveva un pigro ammasso di indumenti dal letto fino alla sedia poco lontana. Tipico di lei. Tirò uno sbuffo seccato. “Sono andati a commerciare alla Foresta Incantata. Ne avranno per un bel po’ con quei bruti degli elfi dei boschi.”

“Anche solo per capirsi a vicenda.” Esordì il fratello, entrando nella stanza con un movimento elegante.
Seosel era un ragazzo alto e snello. Aveva i tratti della sorella, e la sua corporatura minuta gli permetteva di assomigliarle ancora di più. Portava lunghi capelli azzurrini, e sotto i vestiti umili ma dal bel taglio elfico affiorava una pelle perlacea che rifletteva la luce più intensamente di quella umana. Distese le labbra in un sorriso ambiguo, che si rifletté nel taglio suadente dello sguardo.

La gemella, Siselen, era più bassa di lui ma ugualmente piccola. Di costituzione magra, leggera, con un po’ di carne in più sulle cosce e sul bacino, insieme ai muscoli, che le davano un’aria meno mascolina. La maglia rivelava un seno accennato, forse per via della sua età. I gemelli erano dei ragazzi, e Vilya considerò che avrebbero potuto svilupparsi ancora di più nei successivi dieci anni. Aveva capelli lisci e lunghi come quelli di Seosel ma erano invece biondi, e la sua pelle era di un rosa scuro molto simile a quello di un umano. Sul suo viso ferino albergava quasi sempre un’espressione annoiata oppure seccata, come quella di adesso.

Vilya diede un’occhiata all’angolo di stanza opposto. Una finestra aperta lasciava entrare la fresca brezza mattutina. Alcuni raggi di sole erano filtrati dall’albero che si affacciava proprio sopra, ma ciò che di essi riusciva a sfuggirvi si proiettava caldo e luminoso nella stanza. Da fuori si riuscivano a sentire i cinguettii degli uccelli mescolarsi al brusio del mercato e delle chiacchiere, non distanti dal palazzo.

Per un momento la finestra venne nascosta dalla figura di Seos che si avviava sul letto della sorella. Vilya si ritrovò a piegare le labbra in un sorrisetto compiaciuto.
Come si diceva: il mattino ha l’oro in bocca.

Si avvicinò anche lui al letto e Siss si sedette accanto al gemello, ad un lato del letto. Vilya si sentiva un ragazzo fortunato: non capitava spesso di trovare due ragazzi così carini disposti ad assaggiarlo insieme. No, spesso c’era della gelosia – per non parlare di quando si trattava di fratelli. Passò un momento a osservarli: rispetto al corpo muscoloso e scuro di Vilya, il corpo di un agile guerriero, o meglio, rissaiolo da locanda, i due erano ben diversi. Stessa cosa per i lunghi capelli scombinati del drow, che erano neri come il vero buio. Vilya lasciò andare i fianchi. Seos aveva ancora sulle labbra quel sorriso ambiguo. Vilya avrebbe voluto strapparglielo dalla faccia in un modo che gli sarebbe piaciuto molto.

“Allora.” La voce calda di Seos raggiunse le orecchie appuntite del drow. “Spogliati.”

Alle parole di Seos, Siss piegò le labbra in un sorrisetto furbo “Sì. Facci vedere quanto è grosso.”

Seos rivelò i denti e lanciò un’occhiatina languida alla sorella, che la ricambiò. Anche Vilya sorrise e all’esortazione dei fratelli si piantò con le gambe un po’ larghe. Fece scivolare le mani fino alla patta dei pantaloni e senza fretta sfilò tutti i bottoni della patta dalle asole per rivelare ai due ragazzi il pene quasi del tutto a riposo. Era un po’ più grosso: le parole dei gemelli avevano iniziato a stuzzicarlo. Si tirò giù i lembi del pantalone abbastanza per snudare fieramente le anche, mentre Siss e Seos gli guardavano il pene e inclinavano le loro testoline.

“Non è molto grande.” Obiettò Siss.

“Mh.” Mormorò Seos, le labbra premute e la fronte corrugata. Chiuse gli occhi e scosse piano il capo. “Mi deludi, Vilya. Avevo saputo che i drow erano molto dotati.”

Vilya si beffava dei commentini dei due fanciulli e non aveva sepolto il sorriso che troneggiava sulle sue labbra. Anzi, soddisfatto e contento si tenne un poco sporto per offrirsi ai due ragazzi.

“Perché non ci giochi?” Il drow sfidò Seos, con tono deliziato. “Potrebbe sorprenderti.”

Seos aprì gli occhi per inchiodarli nei suoi. Era sempre così, con gli elfi maschi! Rivalità. Piacevole rivalità… prima che iniziassero a succhiargli il cazzo.
Invece con le ragazze era più semplice: eccola, la sentì subito dopo. La mano calda di Siss che aveva iniziato ad accarezzarlo e a stringerlo tra le dita. Vilya premette le labbra e trattenne in gola le fusa di piacere. Abbassò gli occhi blu sulla mano della ragazza, che giocava con il suo pene e lo accarezzava. Lei aveva l’aria curiosa di un gatto che trovava un nuovo gioco: non aveva la malizia del fratello.

“Vediamo… come funziona questo coso?”

Man mano che lo maneggiava, il pene di Vilya si ingrossò fino a raggiungere una durezza che lo sollevò dritto verso la faccia della ragazza – una faccia troppo lontana per poterla minacciare. Siss indietreggiò e si voltò verso Seos, che ricambiò il suo sguardo.

“Ecco, vedi? Ora è duro.”

Tornò all’erezione, che teneva in una stretta leggera tra le dita. Le sue carezze si fecero presto più intense.

“Bello grosso, lo volevi così vero?”

“Hm.” Fu la risposta contrariata di Seos, con gioia di Vilya. A occhi chiusi e piegando il capo all’indietro il drow esalò un sospiro appagato, che gli uscì roco e sensuale dalla gola. Siss continuò a giocare con il suo pene, masturbandolo molto piano. Era una ragazza in piena esplorazione. Per fortuna, Vilya era certo che quello non fosse il suo primo pene e neanche il secondo. Ad un certo punto sentì una seconda mano accarezzargli i testicoli, più in basso. Li racchiuse nel palmo della mano e iniziò a massaggiarli.

“Gli piace anche così.” Sentì dire la voce di Seos, sommessa, alla sorella. Vilya emise un mormorio compiaciuto. Il suo respiro si appesantì dall’eccitazione. La mano di Seos intensificò le carezze e così anche Siss, dopo che il fratello le ebbe detto di andare più veloce. “Così?” Aveva chiesto Siss, e Seos doveva aver annuito. Vilya riportò il viso in basso per controllare. Siss stava fissando la sua erezione, e vedeva il glande inturgidirsi sempre di più e farsi umido sulla piccola apertura. Anche Seos lo studiava, ma molto più riflessivo. “Posso leccare?” Sussurrò lei al gemello, ma non attese la risposta. Si sporse verso il glande e tirò fuori la lingua, piatta, e portandosi il pene davanti passò la lingua sulla punta, lì dove era bagnato. Vilya si fece sfuggire un roco gemito languido, e Seos guardò Siss. “Di che sa?” Chiese a lei. Vilya si rese conto, con ilarità, che i ragazzi stavano esplorando nuove frontiere del sesso interrazziale alla scoperta dello sperma di drow. Ah, che divertenti i ragazzi. Lei si passò la lingua sul palato, e poi si strinse nelle spalle. “Il solito.” Rispose. Diede al glande un bacio che emise un piccolo schiocco. “Mh.” Gemette Vilya a quel contatto, con un sorriso compiaciuto sulle labbra. Lei continuò a masturbarlo. Fu Seos a fermarsi per primo. “Facciamolo stendere.”

“Oh, sì.” Rispose Vilya gasato, smuovendosi subito. Si strattonò i pantaloni e in poco quelli gli scivolarono di dosso. Inutile dire che quello fosse il suo unico indumento. Si distese supino sul letto e ragazzi non tardarono a ricoprirlo con i loro corpi. Erano caldi e morbidi attraverso la stoffa. Con ogni braccio il drow cinse i fianchi di un gemello e adagiò la nuca sul cuscino per poi chiudere gli occhi in un’espressione beata. Sentì i primi umidi baci bagnargli il collo. Piegò il capo all’indietro per porgerlo ai due ragazzi e iniziò a strofinare le dita sui loro fianchi, da sopra la stoffa, languido. “Mh…” Siss soffocò un verso languido ed eccitato sulla pelle scura del drow.

Come due cuccioli i ragazzi succhiavano dal suo collo e scendevano man mano lungo il suo corpo. Vilya sollevò il petto in un respiro profondo, che esalò con un verso estasiato e insieme frustrato. Sentì la bocca di Siss bagnargli il petto, mentre Seos aveva racchiuso le labbra attorno al suo capezzolo per poi leccarlo lascivamente. “Uh…” Gemette Vilya, piegando il capo da un lato. “Ragazzi… così mi sciogliete come un cubetto di ghiaccio…” Siss emise uno squittìo, un risolino divertito e compiaciuto. “Ti sciogli già?” Mormorò la voce sensuale di Seos, prima che la sua bocca calasse lungo il costato. Questo rizzò i capelli di Vilya e lo fece gemere di nuovo nel fargli capire che la bocca di Seos si sarebbe trovata presto attorno al suo cazzo.

Ma Siss lo fermò.
“No.” Premette la mano sulla spalla del fratello. “Lo voglio io quello.”
Seos la guardò indispettito. “Tu l’hai avuto tutto questo tempo.”
“Scusami?” La voce della sorella si fece più isterico “Non ne ho uno mio, tu sì. Fatti da parte.”
“Se lo vuoi allora guadagnatelo, non faccio favoritismi alle ragazze.” Controbatté Seos.
Vilya aprì gli occhi e si ritrovò a fissare il soffitto con un sorriso beato sulle labbra. Ah… che bella, bellissima giornata.
“Non dovete litigare, ragazzi. Fate decidere me. Vi fidate di me?”
Siss e Seos guardarono Vilya. Incerti ma curiosi, annuirono.
“Bene.” Disse il drow. Lanciò un’occhiatina deliziata ad ognuno di loro. “Tua sorella ha ragione, Seos. Prima le signore.”

Mentre l’elfo sbuffava insoddisfatto, Siss spinse via il fratello e si sistemò a cavalcioni sopra la pancia del drow. “Ti faccio vedere io.” Si resse sullo sterno con le mani. Quelle del drow si posarono sulle cosce di lei, coperte dalla stoffa. La mano sinistra però gli venne scostata e Seos si infilò di fianco, risalendo finché la mano non ebbe raggiunto nuovamente la sua anca. Il braccio affusolato dell’elfo andò a cingergli le spalle, poggiato sulla sua clavicola, e steso sul fianco Seos iniziò a strofinare il muso perlaceo contro lo zigomo di Vilya, come un grosso gatto fuseggiante. Il sorriso si distese ancora più sereno sulle labbra del drow, che strinse Seos a sé per poi dedicarsi alla ragazza.

Siss guardava i due ragazzi. Si inarcò piano in avanti in un movimento sensuale. Prese la mano di Vilya e la portò alla sua maglia, per fargliela infilare sotto i vestiti. Vilya risalì e fece protendere l’elfa sulla propria mano finché le dita non sentirono le costole, molto vicino ai seni. La vide guardarlo da sopra, con la bozza di un sorriso malizioso e l’attesa negli occhi. Sentì che Seos aveva racchiuso le labbra attorno al lobo del suo orecchio appuntito. Socchiuse gli occhi in una smorfia di piacere e ridiscese apposta per strappare da Siss un’espressione delusa e farla sospirare. Si soffermò con la mano sulla patta dei pantaloni di lei.
Iniziò a slacciare un bottone, ma non poté proseguire: le carezze di Seos lo stavano distraendo troppo. Da che l’elfo aveva iniziato a leccargli il bordo dell’orecchio sensibile ora gli stava bagnando il collo con dei lenti succhiotti, e la sua mano, dopo avergli percorso con minuzia ogni centimetro del petto, aveva scavalcato la coscia della sorella e aveva cercato la sua erezione per tornare a stimolarla. Non si smentiva, il ragazzo.
“Mmh…” Vilya piegò il capo all’indietro, mostrando il collo e il pomo d’Adamo, piacevolmente affranto. Ma capì che Siss si stava muovendo su di lui e quando riaprì gli occhi si era liberata dei pantaloni. La maglia la nascondeva agli occhi dei due ragazzi, ma Vilya poté sentire il caldo bacino di lei aderire alla propria pelle. La guardò affamato e risalì di nuovo dalla sua coscia per infilarsi sotto la stoffa. Siss rabbrividì e le orecchie di Vilya la sentirono inspirare e trattenere il respiro, mentre lui, furbo, la faceva aspettare ancora, accarezzandole l’inguine con il pollice. Lei era troppo impaziente: iniziò a strofinarsi piano con le labbra sul suo ombelico, in un gemito languido.
Come se Seos fosse stato offeso da questo, il ritmo della sua mano attorno al pene di Vilya si intensificò per strappargli un verso di piacere tra i sospiri che già gli provocava. In risposta Vilya fece scendere la mano sinistra oltre l’anca del ragazzo e per punirlo gli strinse saldamente una natica, provocandogli un gemito.
Capitava, quando decideva di divertirsi con più persone. Era impegnativo: Vilya doveva concentrarsi, mentre i due ragazzini si divertivano a giocare con lui e a metterlo alle strette. Ma lui gli avrebbe fatto vedere che se li sarebbe potuti gestire. Affondò di più la mano oltre la maglia di Siss, tra le sue cosce. Sentì al tatto i suoi peli pubici. Lei fece uno scatto del bacino, non si aspettava il tocco. Vilya la abituò alle proprie carezze, iniziando a scorrere con le dita sulla vulva e a mettere un po’ di pressione per farle sentire il proprio tocco. Spiandola dalle fessure dei propri occhi la vide mordersi il labbro inferiore mentre assecondava le sue carezze con il bacino.
Seos intanto prese a strusciarsi contro la mano di Vilya. “Togliti i pantaloni.” Sussurrò il drow. Lo sentì scostarlo, per fargli poggiare poi la mano sulla sua pelle nuda. Il palmo aperto si godette il tatto della sua liscia pelle e tornò a massaggiargli la natica, che si protese alle sue carezze.
Tornando a Siss, la mano destra si concentrò sul clitoride. Lo strofinò piano, su e giù. “Mh…” Poteva vederla compiacersi delle dita che la stimolavano e lasciarsi andare ai tocchi che le facevano salire lentamente il desiderio. La lasciò per portarsi i polpastrelli di indice e medio in bocca e bagnarli. Lei si sollevò i lembi della maglia e se la levò di dosso. Il suo corpo era lungo ed elegante come si poteva intravedere già prima, con dei seni tondi e proporzionati a quel corpicino, forse un po’ più piccoli. Lo sguardo di Vilya cadde su di loro, mentre le dita, bagnate, scivolarono sul clitoride della ragazza e la fecero inarcare di nuovo. Lei abbassò il capo e premette le palpebre in un’espressione concentrata, le labbra dischiuse che sospiravano, e in silenzio lo lasciò masturbarla piano.
“Nnh…” Si lamentò Seos, sporgendosi contro la mano di Vilya. Si sentiva trascurato, e il drow non poteva permetterlo. Insinuò anche il medio e indice della mano sinistra tra le cosce del fratello, e strofinò languidamente sulla sua apertura. Seos lo aiutò, sfregandosi su e giù su di esse mentre gli baciava il petto. Ad un certo punto Vilya fece pressione sullo sfintere, costringendolo a rallentare, e cercò di entrargli piano dentro. Seos si irrigidì e gemette di un verso strutto, fermando la propria mano che masturbava Vilya. “Rilassati.” Sussurrò la voce sicura del drow, mentre le dita rinunciavano a penetrarlo. Non aveva intenzione di prepararlo con la saliva: non se lo meritava, la canaglia. Doveva farselo bastare.
Invece Siss era stata brava. L’aveva sentita scaldarsi ulteriormente sopra di sé, mentre continuava a stuzzicarla. Fece scivolare le dita giù, tra le labbra della vulva che si dischiusero al suo passaggio, e la sentì subito bagnata. Lei trattenne il respiro. Lui, con le dita bagnate, risalì un paio di volte sul clitoride, torturandola, poi in un movimento sorprendentemente fluido e languido le scivolò dentro e assaggiò la sua carne.
“Ah!” Esclamò lei, irrigidendo il bacino. Strinse i muscoli della vagina attorno alle sue dita, ma era troppo bagnata perché fossero un impedimento. Vilya iniziò a penetrarla muovendosi piano avanti e indietro. “Mh, mh…” Lei si resse sui suoi addominali e sollevò il bacino per accompagnarlo alle spinte di lui.
Intanto il drow era tornato a strofinare le dita sullo sfintere di Seos. Lui aveva imparato a rilassarsi, e così Vilya iniziò a penetrarlo con un dito. Sentì i suoi singulti reticenti e le sue braccia attorno al proprio collo, ma non gliene importò nulla e affondò dentro di lui per iniziare a stimolarlo da dentro. Piano piano, Seos iniziò a sciogliersi e ad assecondare l’intrusione con il bacino. Allora Vilya inserì l’altro dito e continuò a spingere. “Ah!” Lo sentì gemere accanto al proprio orecchio e irrigidirsi di nuovo, prima di tornare ad assecondarlo nuovamente. Aveva iniziato a fremere e ad emettere piccoli singhiozzi contro il suo collo, ma Vilya sapeva che gli stava piacendo e continuò così, concentrandosi di più sulla sorella.
Lei rispondeva con spinte secche alle penetrazioni delle sue dita e ormai stava godendo, con brevi, rochi gemiti appagati che facevano rabbrividire Vilya di piacere. Ad un certo punto lei si scostò e le dita di Vilya le scivolarono fuori. Scese più giù. Le sue natiche impattarono contro l’erezione di Vilya. La prese in una mano e tenendosi su Vilya con l’altra posizionò la punta della sua erezione all’inizio della vagina. In una smorfia concentrata scese piano su di essa, e Vilya sentì il calore e la sensazione bagnata della sua carne iniziare a scaldargli il glande.
Con un gemito di piacere Vilya spinse più forte le dita dentro Seos in un ritmo che lo fece sussultare ad ogni affondo. L’elfo obiettò con un urletto e continuò a farsi seviziare, mentre la sua erezione turgida si strofinava sulle lenzuola del letto e le bagnava di umore preliminare.
“Ahh…” Vilya si lasciò andare ad un verso ancora più esplicito quando finalmente il caldo corpo di Siss lo avvolse completamente. La sua erezione le pulsava dentro, durissima, stretta in quell’abbraccio piacevole. Vide Siss ansimare su di sé e ricambiare il suo sguardo, i capelli biondi scombinati le incorniciavano il viso, e prese a muoversi su di lui, facendolo scorrere su e giù. Lui accompagnò i movimenti dei suoi fianchi con i propri affondi. In poco tempo intrapresero un ritmo affiatato, e la stanza si riempì di gemiti. Seos stava subendo la sua punizione e si aggrappava al collo di Vilya, mugugnando di piacere e facendosi masturbare lo sfintere.

Le cosce e le natiche di Siss schioccavano sul corpo di Vilya, provocando rumori intimi e sensuali.
“B-Basta…” si permise di obiettare Seos, sfinito dalla tortura delle dita del drow. “O-ora tocca a me…”
“No!” Esclamò la sorella, tra gli ansiti, che stava cavalcando Vilya in un modo abbastanza discinto, considerò lui, per essere così giovane. Sicuramente sapeva quello che voleva, quella ragazza. “Devo venire…”
Vilya premette le labbra. Aveva la smorfia contratta dalla foga e si stava impegnando molto, in quel momento, a fare sentire alla ragazza tutta la sua lunghezza, riempiendola completamente quando lei affondava giù in quel ritmo affiatato e secco. “Va bene così, Siss…” si sforzò di apparire lucido. “Posso accontentare tutti e due. Spostati. Seos, vieni su.”

Siss obbedì con silenziosa reticenza e si scostò dall’erezione di Vilya, poggiandosi di nuovo sulla sua pancia. Si chinò per posare baci sul lato del collo di Vilya che non era stato tormentato dal fratello. Seos invece si mise dietro Siss, si sistemò sul sesso del drow e iniziò a impalarvisi sopra. Con una smorfia irrigidì i fianchi ma rilassò l’apertura già stimolata e lentamente il drow si introdusse del tutto dentro di lui. Quando l’apertura si fermò alla base del suo pene Vilya fece uno scatto del bacino per farglielo sentire, per vedere quanto gli piaceva. Seos lo soddisfò: si inarcò e gemette, fremendo.
Intanto sentiva Siss muoversi languida su di sé, strofinando i seni sul suo petto e leccandolo dietro l’orecchio. Socchiuse gli occhi, preso ma rilassato, e con le mani sulle anche di Seos lo guidò su di sé mentre affondava piano dentro di lui. “Ah…” Gemette l’elfo. Assecondava la guida del drow ma presto, preso dalla foga, intraprese da solo un ritmo affannato. A quel punto l’altro lo mollò, e bastò rispondergli con un affondo di reni dentro di lui ogni volta che l’elfo se lo faceva scorrere fino in fondo per prenderlo nel suo punto più sensibile e farlo tremare di piacere. Poté dedicare il resto delle sue attenzioni a Siss. Le accarezzava il corpo e infilò il muso sotto la sua testolina per baciarle il collo. Lei continuava a muoversi avanti e indietro, come se lo avesse ancora dentro, ed emetteva sospiri caldi sulla sua pelle. “Nh…”
 
 
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“Una… visita, dici?”

Mastro Maud era una halfling. Aveva capelli lunghi, raccolti in ricci che potevano quasi essere boccoli se non fosse stato per il loro disordine. Erano mori e lucenti. Più giù, la sua sagomina proporzionata era racchiusa in dei vestiti comodi e leggeri da avventuriera. Un triangolo in cuoio le proteggeva il seno sinistro, insieme a due bracciali che le percorrevano gli avambracci e a delle ginocchiere. Dal basso del suo metro e venti i suoi oc
chietti castani, facendo capolino dal viso olivastro, sbattevano le palpebre, fissi sul ragazzo ben più alto che aveva davanti.

Tenendo le mani compostamente poggiate sul grembo nella sua postura educata, So’o annuì.

“Credo che sarebbe il momento per me di visitare la Foresta vicina. So cavalcare e gli elfi dei boschi sono creature amichevoli con la nostra gente. Sarebbe un modo di farmi esplorare i dintorni del Regno.”

Maud sollevò un sopracciglio scuro. Aveva le mani poggiate sui fianchi e le gambe larghe in una postura dritta e fiera. Era sempre così quando So’o la vedeva, ovvero durante le lezioni di allenamento marziale. Sapeva che oltre a occuparsi di lui Maud allenava gli uomini al campo di addestramento, ma non ci era mai stato. Ogni tanto, guardandola, si chiedeva che spettacolo fosse vederla rimbeccare gente grossa il doppio di lei, magari anche sconfiggerli nella lotta.

“Tuo padre ne sa qualcosa?”
So’o inarcò le sopracciglia, interdetto.
“Quale mio padre?”
“Quello che crea problemi.” Replicò lei, schietta. “Imesah.”
“Ah,” So’o si raddrizzò con la schiena “no, ma pensavo che potresti convincerlo.”
So’o corrugò la fronte, apprensivo, e si impegnò con tutto se stesso per commuovere la giovane donna con i suoi occhi da cucciolo. Lei era commossa, ma sembrava resistere. Lui rincarò.
“Sono un bravo allievo. Non puoi lamentarti di me. E ho bisogno di vedere i confini!”
Maud premette le labbra in una smorfia inasprita dal conflitto interiore.
“Che sei un bravo allievo… è vero.” Gli concesse, chiudendo gli occhi e sospirando. Riaprì gli occhi e li inchiodò su di lui.
“Ragazzo, perché non affronti tuo padre e glielo chiedi personalmente?”
So’o scostò lo sguardo, con un cipiglio irritato. Incrociò le braccia al petto in un moto di rabbia – che però smorzò con il suo comportamento regale, posato.
“Mi… mi tratta come un bambino. Non mi ascolta. Se la richiesta viene da me, non vi darà peso.”
Maud piegò il capo di lato, scrutando il principe.
“Ho capito.”
So’o tornò a guardarla.
“Mi aiuterai?”
Maud annuì con decisione marziale. So’o sciolse le braccia, e sulle sue labbra affiorò un sorriso.
“Basterà una piccola scorta… e porto Vilya con me.”
“Ehi, ehi… vacci piano.” Maud sollevò un indice, in avvertimento. “Non faccio le magie, capito?”
Il mezzodrow mantenne il sorriso e scrollò il capo. “È tutto a posto. Se Imesah rifiutasse Vilya verrebbe comunque. Chiediamo solo per correttezza.” Le spiegò con sorprendente naturalezza.
La vide sbuffare e inarcare le sopracciglia, ironica. “Oh, quindi adesso sei un ragazzo disobbediente? Allora è vero che Vilya ti porta sulla cattiva strada.”
So’o dischiuse le labbra ed emise una risata divertita dalla gola. “Non è niente di pericoloso.” Lei piegò un lato del labbro in una furba smorfia e abbassò lo sguardo. So’o esitò, ma poi, stringendosi nelle spalle, decise di aprirsi un po’ al Mastro.
“In realtà mi sento più al sicuro se lo porto con me. Vilya è sempre attento che io non mi faccia male.”
Lei rialzò gli occhi su di lui e sollevò il mento, come se le sue parole gli fossero giunte piacevolmente inaspettate. La postura si smosse un poco, rilassata. “Sta facendo il fratello maggiore?”
Il principe annuì timidamente, guardando per terra, dove l’erba del chiostro affiorava dai ciottoli. Lei sospirò e abbandonò le mani dai fianchi. “Bene dunque. Se continua così, il posto di Cavaliere non glielo toglie nessuno.” Sfilò oltre So’o mentre diceva quelle parole. “Ma credo proprio che per ora sarà Imesah il tuo Cavaliere. Aspettati di vedertelo alle calcagna, alla Foresta.”




So’o si incamminò tra i chiostri. Imesah non si sarebbe fatto sfuggire l’occasione di stargli addosso e fargli sentire la propria ansia da genitore impazzito, vero, ma sperava ancora che ci fosse un modo di seminarlo. E comunque c’era la possibilità che in compagnia di Vilya si limitasse solo a ringhiare: non era così inopportuno. Magari li avrebbe lasciati godersi la foresta. Vilya diceva che sarebbe stato affascinante andare a cavallo lungo le radure della Foresta e sui sentieri che la circondavano. So’o strinse i pugni, eccitato. Non vedeva l’ora di uscire.

Aprì la porta della biblioteca e gli bastò seguire il proprio istinto: raggiunse la solita libreria, contò i dorsi dei libri con le dita fino al quarto dello scaffale e sfilò il quinto libro per accoglierlo tra le mani. La familiare copertina in pelle di serpente blu gli saltò all’occhio, con il titolo in rilievo in caratteri dorati: “L’halfling.” Si sedette su una panca di legno, ad uno dei lunghi tavoli rettangolari che riempivano la biblioteca e aprì il libro sul segnalibro che aveva lasciato l’altro giorno. In silenzio riprese la lettura.

Aveva già divorato una decina di pagine prima di venire disturbato dal suono della porta che si apriva. Alzò il viso mulatto dalle pagine per lanciare un’occhiata nella stanza e i suoi occhi verdi si posarono sulle linee sinuose degli addominali di un bel drow che a quanto pare girava mezzo nudo per il Palazzo. Abbassò il libro e gli rivolse uno sorrisetto furbo.

Vilya si guardò attorno tra gli scaffali ricolmi di libri come se fossero pregni di una massa di ciarpame a lui del tutto aliena. Gli occhi scorrevano perplessi su di essi prima di incrociare lo sguardo limpido del fratellino. Ricambiò il sorriso, sicuro, e camminò verso di lui.

“Beh?”
“Ha detto di sì.” Replicò So’o, eccitato. Il sorriso di Vilya si rafforzò.
“Visto? Non dubitare più delle mie idee.” Una volta raggiunto il fratellino si sedette sulla panca, accanto a lui.
“Non dubiterò più di alcune tue idee.” Gli concesse il mezzodrow, inclinando il capo. “Altre tue idee volevano aprire una voragine nello studio di Asia dopo che mi ero lamentato che non ci fosse abbastanza luce.”
“È una forma di protesta molto moderna,” si difese Vilya, incrociando le braccia muscolose al petto morbido con un’espressione sfacciata “che vuole vedere prevalere i poteri deboli e i loro diritti sulla luce del sole.”
“Sì,” gli concesse So’o, con tono altrettanto leggero “ma stai trascurando il diritto di Asia a vivere nelle tenebre.” Riabbassò gli occhi sul libro che stava leggendo, sollevandolo dal proprio grembo. Vilya spostò lo sguardo vagamente seccato alle pagine aperte del libro.
“Qualcuno deve soccombere, e non sarò io.” Ribatté, sfidandolo.
“Molto interessante. Raccontalo a tuo padre.”
“Credo che papà sarebbe d’accordo con me.”
“Credo che papà ti direbbe che non sei un bravo erede-al-trono.” Disse So’o, poggiando di nuovo il libro, stavolta al tavolo, e fissando Vilya, che alzò gli occhi e incrociò i suoi. Giocava a fare il duro con Vilya. Sapeva che non se la sarebbe presa.
“Credo che tu abbia un’idea molto distorta di cosa mio padre vorrebbe per il suo trono.”
“Ah, sì?” So’o sollevò un sopracciglio. L’altro gli replicò subito.
“Sì. Lo hai visto? Non vede l’ora di sterminare tutti i nobili dei regni limitrofi. Sta solo aspettando la guerra.”
“È un peccato che i regni limitrofi siano tutti grossi il doppio di noi e con forze militari più avanzate delle nostre.” So’o mescolava il crudele sarcasmo con la dolcezza della sua voce.
“Sarà per questo che ti ha fatto pensare di volere la pace.” Vilya inclinò il viso furbamente. “Non può permettersi la guerra. Se fossero tutti appena più piccoli…”
Sciolse la stretta delle braccia e premette un indice sulle pagine del libro.
“Li schiaccerebbe tutte come formichine.” Ripeté il gesto. Stavolta aggiunse un onomatopeico: “Splat.”

So’o guardò il dito scuro del fratello. Prese il respiro e strattonò via il libro da Vilya per fargli levare il dito da lì e tornare a fingere di ignorarlo – per vendicarsi.
“Il Popolo vuole la pace.” Il suo tono era definitivo. Vilya lasciò vagare la sua attenzione altrove. Diede un’altra occhiata a quel luogo estraneo che era la biblioteca.
“Allora spera di succedere presto ad Azul.”

Un accogliente silenzio scese nella stanza. Vilya sbatteva gli occhietti come un ragazzo stupido in una stanza piena di libri, e So’o si era improvvisamente immerso nella lettura e non riusciva più a staccare gli occhi dalle pagine. Ad un certo punto Vilya se ne rese conto.
“Ma la vuoi smettere di studiare? È pomeriggio inoltrato, dovresti aver finito da un pezzo!”
“Non sto studiando.” So’o alzò di nuovo il viso per trovare gli occhi blu del fratello maggiore a poca distanza. “È un libro di narrativa. Vedi?” Lo inclinò verso di lui. Vilya lanciò un’occhiata alle pagine, confuso, poi tornò a fissarlo e scosse il capo. So’o sospirò e tornò a posare gli occhi sul libro. “È molto bello, dovresti provare anche tu.”
“A fare cosa?” Chiese Vilya con tono un poco inasprito.
“A leggere.” Replicò So’o, riprendendo la sua lettura. Un silenzio ben più angosciante si creò tra i due. Anche se So’o se ne accorse solo dopo, rendendosi conto di non aver ricevuto replica. Smise di leggere e guardò Vilya. Vilya lo stava guardando con il suo sguardo imbarazzato. Lo fissava impacciato e sbatteva le palpebre, senza dire niente. So’o corrugò la fronte. Vilya guardò dall’altro lato, poi in basso, spiò il libro e poi tornò a lui.
“Vilya.” Una perplessità affiorò nella mente di So’o. “Tu… sai leggere, vero?”
Il drow premette le labbra in una smorfia e di nuovo guardò altrove evasivo. So’o, sconvolto, drizzò la schiena contro la panca di legno. Gli caddero le braccia. Il libro rimase con il dorso sull’angolo del tavolo. Quando Vilya trovò il suo sguardo basito reagì contrariato, scostandosi un poco dal fratellino.
“Non guardarmi così!” Protestò.
So’o chiuse la bocca e si portò alcune ciocche di ordinatissimi capelli biondi dietro l’orecchio appuntito. Lo indagò ancora con i suoi limpidi occhi verdi, restando in silenzio. Posò gli occhi su L’halfling, poi tornò su Vilya.

“Vuoi imparare?”
“… Eh?”
“Ti va di imparare?”
***





Valentino posò il bicchiere sulla scrivania. Era seduto ad una delle sedie di fronte ad essa, mentre dietro si trovava il padrone dello studio: Imesah. Di fronte al Cavaliere, accanto a Valentino, invece era seduto Ra’shak che sorseggiava il suo bicchiere con gli occhi rossi riflessivi, puntati in basso. Azul, in fondo alla stanza, era seduto sopra un lungo comodino che faceva da davanzale e gli permetteva di spiare dalla finestra, oltre le tende tirate per metà. Al centro della stanza c’era Miss Duval, il fabbro. Per l’occasione aveva indossato una gonna, umile come il resto dei suoi abiti ma un poco più elegante.

“Allora è deciso.” Disse il mezz’elfo, con tono fermo ma cordiale. “Altre cinquanta armature per le nostre reclute. Vi dispiace attenderci? Vorremmo finire questa bottiglia di vino, prima di guidarvi dall’Imperatrice.”
“Dovrete stabilire insieme il prezzo ideale,” aggiunse l’Imperatore, spostando lo sguardo paziente sull’umana “e dire a Mellie di organizzare i finanziamenti per ampliare la vostra officina.”
Miss Duval chinò rispettosamente il capo. “Permettetemi di aspettarvi fuori. Apprezzerò il vostro chiostro insieme alla mia amica di corte.”
Ad un cenno positivo del Cavaliere Miss Duval chinò nuovamente il capo in saluto e sparì oltre la porta, richiudendola dietro di sé.

Ra’shak abbassò il bicchiere. “Non male per una rivvil.”
“Non male per una femmina rivvil.” Aggiunse Azul, leggendo nella mente di Ra’shak. I suoi enormi occhi gialli dalla pupilla verticale si puntarono su di lui, con un sorrisetto sottile. L’altro si strinse nelle spalle.
“Però stiamo facendo progressi.” Rifletté Imesah con il suo tono neutro. Si sporse dalla sedia e si versò altre due dita di vino nel bicchiere. “Qualche anno fa non avresti mai rivolto la parola a una femmina.”
“Cosa ti facevano a Charrvelraughaust, Ra’shak?” Lo sfotté l’Imperatore. In assenza del fabbro ora si era rilassato e aveva iniziato a far ciondolare i piedi dal comodino.
“Quanto di peggio possa fare una donna, Azul.” Replicò lui con un sorriso sulle labbra “Cercavano di sposarmi.”
“E ci sono riuscite.” Valentino scostò le labbra dal bicchiere.
“Solo perché mi serviva.” Lo rimbeccò il drow con un cenno del mento. I due incrociarono gli sguardi. Ci fu un istante di intimo silenzio dove due complici sorrisi si formarono sulle loro facce. Valentino era evidentemente compiaciuto, e Ra’shak, oltre una dura corazza di timidezza, rivelò quella smorfia orgogliosa.

Il drow si sottrasse all’intimità dello sguardo del fidanzato per fissare Azul dritto negli occhi e chiarire:
“E comunque è morta.”
Valentino si smosse dalla sedia, facendosi più composto.
“Non dirlo in questo modo, Ra’shak. Così gli fai pensare che l’hai uccisa tu. Non che sia morta da sola.”
Ra’shak tornò a lui.
“Zitto, Val. È così che mi rovini la reputazione. Lasciali viaggiare con la mente e immaginarmi più grosso di quanto non sia.”
Imesah e Azul si scambiarono uno sguardo eloquente prima di tornare al jaluk.
“È questo che volevi fare al campo, quando hai spaccato la faccia della recluta?” Chiese Imesah.
“E ci sono riuscito.” Ra’shak prese il bicchiere tra le mani. Se lo posò sul grembo e inclinò il capo, osservando il liquido rosso oscillare nel recipiente di vetro. “Da allora si è fatta una bella cernita. I più deboli di carattere se ne sono andati e i più ambiziosi mi sfidano con lo sguardo.” Alzò le palpebre per incrociare gli occhi verdi del Cavaliere. “È così che si costruisce un’armata.”
“Il punto è che speriamo di non avere bisogno di un’armata.” Gli replicò Imesah, piatto.

Valentino prese un respiro e appoggiò la schiena alla sedia versandosi le ultime gocce di vino nel bicchiere.
“Noi ci prepareremo per l’evenienza. Stiamo osservando movimenti sospetti. Se qualcosa cambierà, saremo pronti.” Si zittì da solo bevendo dal proprio bicchiere. Ra’shak rifletté un istante e poi sollevò il proprio e seguì l’esempio del mezz’elfo. Azul guardava fuori dalla finestra. Ignorava gli altri. Quando il Consigliere e il Comandante finirono i loro bicchieri li poggiarono sul tavolo e l’ultimo si alzò dalla sua sedia.

“Valentino, lascia che ti accompagni con Miss Duval. Quando finirai con lei voglio portarti con me.”
Valentino inarcò le sopracciglia dalla sorpresa. Imesah guardò i due, senza trasmettere alcuna emozione. Azul continuava a guardare fuori dalla finestra. Probabilmente li stava ignorando.
“Ah, sì? Dove?”
Ra’shak si smosse dalla sua postura marziale.
“… in un posto.” Mugugnò, schivo. Il biondino sbatté le palpebre, interdetto, ma poi gli rivolse un sorriso accennato. Imesah poté intravedere dell’eccitazione nei suoi occhi.
“Sì, certo.” Poi la sua espressione tornò seria e formale. Si alzò e si voltò verso Imesah.
“Ci congediamo. Passate una buona serata.”
Ra’shak e Valentino chinarono il capo verso il Cavaliere, che fece lo stesso, e Azul tornò alla realtà per imitarli quando si voltarono verso di lui.
“Diteci il giorno.”
Ra’shak corrugò la fronte.
“Di cosa?” Chiese Valentino.

Azul guardò prima uno poi l’altro.
“Del matrimonio.”
Il jaluk venne colpito in pieno dalla battuta dell’Imperatore e si irrigidì con imbarazzo. Valentino rise e prese Ra’shak sottobraccio per trascinarselo dietro.

Il drow li seguì andare via prima di tornare a spiare dalla finestra. Imesah si alzò dalla sua sedia.
“Abbiamo due uomini validi.” Camminò lentamente verso di lui mentre parlava. “Non è scontato.”
“Valentino ha iniziato da guaritore, e Ra’shak è un jaluk forgiato dalla cultura tradizionale drowish. Razzista e poi anche misogino.” Replicò Azul, sporgendosi un poco oltre la tenda. Ma quando Imesah si avvicinò abbastanza da poter intravedere qualcosa il drow si scostò e tirò le tende in un colpo secco, impedendogli di spiare oltre. Puntò i grandi occhi di rettile su di lui. Imesah lanciò un’occhiata alla tenda, ma non cambiò espressione. Eppure sapeva che Azul poteva intuire quello che stava pensando. Vide solo, da uno spiraglio, la sagoma di So’o che camminava con dei libri stretti al petto. Non se ne curò e tornò a lui.
“Ancora di più. Nessuno meglio di loro può capire la missione.”
Azul non mosse un muscolo. Trattenne gli occhi gialli su di lui per lunghi secondi.
“Sì.” Concordò infine. “È proprio quello che intendevo.” Prese un respiro e scivolò giù dal comodino. Inarcò le sopracciglia e rilassò l’espressione, che si ammorbidì. “Ah…” sospirò. “È stata una giornata lunga e noiosa. Non vedo l’ora di andare a dormire.”
“Vieni da me.” Imesah si avvicinò di qualche altro passo. Azul dovette alzare il viso per guardarlo negli occhi verdi, data la differenza di altezza. Annuì, abbassando lo sguardo sulla sua armatura grigia. “Mh.”
Imesah allungò una mano per cercare la sua. Il drow la scostò dal comodino, su cui era appoggiato, e gliela concesse. Giocò con la mano nella sua, in un gesto intimo, affettuoso, nel silenzio dello studio del Cavaliere. Imesah lo vide rilassarsi piano, e da come Azul guardava le loro mani poteva intuire che avesse tante piccole cose per la testa. Si sporse per posargli un bacio sulla fronte. Il drow chiuse gli occhi tondi e si godette quel dolce bacio. Poi sollevò il viso verso di lui e tornò a scrutarlo.

“Sul serio, però.”
“Mh?” Imesah inarcò le sopracciglia interrogativo e scrollò il capo.
“Che aspettano a sposarsi?”
Imesah rimase confuso, con le sopracciglia sollevate. Sbatté le palpebre, mantenendo gli occhi nei suoi.
“… non lo sai?”
Il drow inclinò il capo, stupito.
Imesah dischiuse le labbra ma esitò. Lo scrutava. Era diventato titubante anche nei gesti. Smise di accarezzargli la mano e portò il busto di qualche centimetro indietro.
“Aspettano che sia tu a farlo per primo.”
Azul sbatté le palpebre. Era colpito, ma non del tutto. Si trattava di un argomento che conosceva. Imesah lo sapeva. Imesah era il centro di quell’argomento. Lo vide abbassare lo sguardo: lo evitò da subito. Come previsto.
“Allora dovrai dirgli che non si sposeranno mai…” sbuffò beffardo, in una smorfia crudele che voleva apparire divertita, e cercò di scostarlo. Imesah obbedì. Nonostante fosse un uomo ben più forte e pesante del drow, un suo gesto bastava a smuoverlo come il vento smuoveva una foglia. Anche perché quando Azul lo toccò, dentro di sé Imesah ebbe la sensazione di venire infilzato da un gambo irto di spine.

“Azul.”

Lo costrinse a guardarlo di nuovo.

“Non cercare di evitarmi.”

Il drow si strinse nelle spalle e gli diede le spalle per andare a prendere la bottiglia ormai vuota.

“E tu fai in modo che io non debba evitarti.”

“Come?” Il Cavaliere avanzò di un passo. Ebbe uno scatto di rabbia. “Fingendo che questo sia normale?” Si sorprese della sua voce tanto colorita. Se ne sorprendeva ogni volta. Non provava mai quelle sensazioni. Mai... sensazioni. Se non era per lui. E ogni volta si sconvolgeva di se stesso. Non era un tono alto, era solo una stilla di emozione: ma nella sua voce era ben più di quanto lui si concedesse di solito.
Vide Azul voltarsi verso di lui e raggiungerlo in poco tempo. Era minaccioso quando lo puntava.

“Tu assicurati di fare il bravo Cavaliere, Imesah.” Sibilò, guardandolo bene in faccia, a poca distanza dalla sua. “È di questo che ho bisogno. Saab mi ha dato un Cavaliere, non un amante. Quello lo fai solo se sei abbastanza buono.”

Imesah spostò il peso delle gambe così da fronteggiarlo, l’espressione contratta. “È questo che abbiamo costruito? Una cosa di così poco valore?”

Azul sollevò il mento, più di prima. I suoi occhi sgranati sembravano bruciare. “Cosa credi di avere tra le mani, Cavaliere? Solo polvere.” Pronunciò l’ultima parola marcandola con il movimento delle labbra carnose, che in ultimo rivelarono le gengive superiori e i denti appuntiti. Quando Imesah guardò di nuovo nei suoi occhi poté vedere l’ombra della fredda morte mentre lui si staccava piano.

“Niente di tutto questo ha senso.” Continuò il negromante, improvvisamente arido, velenoso. Aggiunse un sussurro. Il suo fiato ricordò ad Imesah l’ultimo sospiro dei mortali, che portava con sé un orribile segreto.

“Presto o tardi, morirai.

E io non voglio essere lì per te.”


Le sue labbra fremettero. Gli occhi di Azul si fecero lucidi mentre scrutavano negli occhi dell’umano. Anche le palpebre non erano pienamente in suo controllo.

Prima di potergli mostrare altro della sua debolezza il drow si voltò nascondendosi alla sua vista. Poggiò la bottiglia sul primo ripiano che trovò e se ne andò dalla stanza.




 

   
 
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