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Autore: fiammah_grace    05/03/2017    2 recensioni
[Resident Evil: code Veronica X]
"Seppur la non fisicità di Alexia, la sua presenza era rimasta come un alone costante nella vita dell’uomo che abitava oramai da solo quel vuoto castello.
Una costante fittizia, ma così viva e forte che a un certo punto lui stesso l’aveva resa reale continuando a dare un nome, un volto e un ruolo alla sua venerata e lontana sorella, muovendo uno spaventoso gioco di ruolo mentecatto in cui ella esisteva e non lo aveva mai lasciato.
Nulla avrebbe avuto importanza per lui. Avrebbe sacrificato ogni cosa al fine del benessere e del successo della sua Unica Donna, la sua Unica Regina. Persino se stesso.
Qualcuno tuttavia aveva osato disturbare la sua macabra attesa.
Claire Redfield. Il nome della donna dai capelli rossi che aveva invaso il suo cammino nel momento più prezioso. Il nome dell’infima donna che aveva sporcato l’universo perfetto di lui e Alexia, portando scompiglio nel suo territorio.
Quella formica che gli aveva dato del filo da torcere…persino troppo. Più di quanto potesse sopportare."

[Personaggi principali: Alfred Ashford, Claire Redfield]
Genere: Angst, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Alfred Ashford, Claire Redfield
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 16: attori in crisi di ruolo
 
 
 
 
 
 
 
 
“Ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?”
(William Shakespeare – Romeo e Giulietta)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Alfred…”
 
Sussurrò Claire in modo che il biondo la sentisse, osservando quell’uomo dall’apparenza aristocratica scrutarla dall’altro lato del corridoio, circondato dalle tenebre. Per colpa dell’oscurità, ella non fu in grado di interpretare il suo stato d’animo, ragion per cui stette in guardia attendendo la sua mossa.
Consapevole del tormento che albergava dentro di lui, non osava immaginare alla luce dei recenti accadimenti cosa sarebbe potuto succedere nel momento nel quale si sarebbero rincontrati.
Osservò attentamente quel po’ che riusciva a vedere della sua figura immersa nel nero, trovando misteriosamente spaventoso il fatto che fosse tornato a vestire i panni di Alfred Ashford, abbandonando finalmente la sua versione femminile.
Era come se, ferito l’orgoglio della sua Regina, il Re fosse tornato a difenderla. O forse era il semplice fatto che l’incanto era ormai finito ed il sipario era finalmente sceso su quella messinscena ingannevole.
Il tempo in cui era stato vestito da Alexia era bastato a farle dimenticare la sua autorevolezza e quell’aspetto fascinoso e signorile che lo caratterizzava. Ligio nella sua elegante divisa rossa, Alfred sapeva trasmettere superbia e irraggiungibilità allo stesso modo di sua sorella gemella.
Fu impressionante per Claire provare quel forte turbamento nel rivederlo nelle sue abituali spoglie, non potendo negare a se stessa le controverse emozioni che ormai lui aveva suscitato in lei.
Quel che aveva rapito la giovane ineluttabilmente fu quella postura rigida che si confondeva nel buio, se non fosse stato per i capelli pallidi e il colore dei suoi abiti che spiccava nelle tenebre.
Seppur fosse troppo lontano perché potesse vedergli il viso, percepiva i suoi occhi di ghiaccio puntati contro di lei, che la trafiggevano con quel rinnegato desiderio, che lo frapponeva fra l’odio e l’amore che provava.
Claire non sapeva quanto avrebbe influito sulla sua mente ciò di cui aveva letto sul diario e stava per scoprirlo.
Era nervosa, molto.
Il fatto che fosse armato non la mise in allarme. Ormai sapeva come gestire le sfuriate d’ira del biondo, inoltre la sua prerogativa in quel momento non era affrontarlo.
Avrebbe soltanto voluto che quell’incontro avvenisse in un momento diverso, preoccupata com’era per l’incolumità di Steve, il quale si trovava nell’altra stanza. Chissà se era riuscito a scappare?
I suoi pensieri riguardo al bruno, tuttavia, furono presto interrotti. Questo perché un tenue rimbombo di passi la costrinse a puntare di nuovo il suo sguardo verso Alfred.
Lentamente, il pallido comandante cominciò ad avanzare, facendo echeggiare il suono del tacco sul pavimento. Claire poteva vedere qualcosa di oscuro nelle sue movenze, che trasmettevano un che di minaccioso e angosciante.
Il suo cuore prese a battere inquietato. Seppur le circostanze non le permettessero la calma che avrebbe voluto, era comunque decisa a interloquire con lui e comprendere quanto di vero avesse appreso dalla lettura del suo diario personale.
Quando egli fu abbastanza vicino perché potesse guardarlo nelle sue iridi vuote e imperscrutabili, la ragazza ebbe come un sussulto. Sentì vacillare la sua determinazione, spaventata da quello sguardo di ghiaccio, alimentato da un istinto omicida che poteva sentire nitidamente sulla sua pelle.
Deglutì, cercando nella sua mente le parole per dialogare con lui, tuttavia percepiva quanto ormai fossero distanti l’uomo di cui aveva letto e il folle mietitore che invece aveva davanti.
L’Alfred Ashford che aveva dinanzi era un pazzo scellerato, che non era più in grado di ragionare o tornare sui suoi passi.
La sua ingenuità le impediva però di vedere quella crudele realtà, la quale era più cruda di quanto avrebbe mai immaginato. Tuttavia lei si era sempre rifiutata di credere a una sola verità, e in quel momento per lei era vitale non dimenticare quanto aveva appreso su di lui…….sul suo malefico e spietato mondo.
 
“Alfred, non ha più senso questa battaglia. Basta…”
 
Pronunciò con voce sottile, docile, sperando che il suo tono lo calmasse.
 
La vita è una lunga battaglia nelle tenebre.”*
 
Rispose lui, continuando ad avanzare ad agio verso di lei, con gli occhi di un folle omicida, consapevole del meschino significato delle parole da lui pronunciate che comunicarono nell’animo di Claire la devastazione di cui aveva letto nel suo diario, inducendola a sentire vibrare dentro di sé tutto il male che lui aveva dovuto sopportare.
 
“E’ abbastanza…tutti abbiamo sofferto abbastanza. Te ne prego, non vivere ancora in questo modo. So cosa hai vissuto, so cosa significa essere soli, abbandonati da tutto e da tutti, costretti a sopravvivere in un mondo che sembra ritorcersi contro qualunque cosa si faccia.”
 
“Chi non sopporta una croce non merita una corona.”*
 
Sembrava come se non la stesse ascoltando per nulla.
Claire aveva cercato nel suo cuore le parole adatte per rivolgersi a un animo ferito e contorto come il suo. Aveva provato a rivolgersi a lui con dolcezza, con comprensione, tuttavia era come se Alfred fosse incapace di vedere tutto questo. Egli era fermo sulla sua posizione e continuava a inneggiare il suo amore per Alexia, la croce che gli aveva fatto meritare la sua corona.
Il suo sacrificio che non sarebbe stato vano se espressione di devozione ed eterna fedeltà a colei che aveva dato un senso alla sua esistenza. Erano quei sentimenti e quei ricordi che tenevano in vita Alfred Ashford, il quale camminava a testa alta, onorato di servire e proteggere la sua Regina.
Il biondo infatti dondolò il capo, deluso dall’incapacità comprensiva della donna che aveva di fronte.
Un ghigno deformò la sua bocca sottile, rendendo la sua espressione facciale raccapricciante per via del suo viso stanco e ormai distrutto.
 
“Non troverai mai la verità se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspetti.”*
 
Disse soltanto, non avendo tuttavia più alcun interesse nel cercare di far comprendere il suo universo a quella ragazza che per qualche losca e illogica ragione era stata capace di indurlo a provarci.
Ora che la guardava con biasimo, rendendosi conto della futile ragazzina con la quale aveva inutilmente lottato, provava disgusto verso di lei e verso se stesso ed era quindi deciso a mettere un punto a quel gioco riluttante.
Scostò dunque il fucile dal suo petto, pronta a dare vita alla parte dello spettacolo che lui più conosceva: il massacro, la distruzione, la demolizione del palco.
Presto quel sipario ormai già calato, sarebbe stato macchiato dal sangue della prigioniera che aveva osato avanzare nei luoghi bui e tormentati della sua anima distrutta.
Claire Redfield, dal suo canto, ascoltò con attenzione le poche parole da lui pronunciate, cercando disperatamente un modo per non mandare all’aria quanto lei aveva in verità appreso di lui. Quell’empatia che si era instaurata e che lei desiderava comunicargli.
Tuttavia ogni vocabolo le si strozzò in gola, come se l’aura nera emanata dal biondo fosse stata in grado di freddarla e renderle impossibile ogni reazione. Si ritrovò soltanto a schiacciarsi contro la parete alle sue spalle, sperando di trovare una qualsiasi scappatoia da quel mondo labirintico di cui non conosceva assolutamente nulla.
Essendo sul baratro, decise di mettere le carte in tavola e di provare a essere più diretta, sebbene sapeva che così avrebbe urtato i sentimenti del biondo. Ad ogni modo, però, ciò era necessario se voleva al contempo stabilire un contatto con lui e avere salva la vita.
 
“Io…ho trovato il tuo diario nella tua stanza. L’ho letto.”
 
Ammise.
 
“Adesso conosco la verità. So cosa hai provato, so del legame che ti univa ad Alexia. Così come so del tuo gioco.
Sono disposta ad aiutarti se vuoi.
Non voglio distruggere le cose in cui credi, ma devi venirne fuori. Questo posto sta uccidendo anche te. Non puoi continuare a ingannarti così, credendo di non vacillare prima o poi. Credo che tu sappia perfettamente cosa sto dicendo.
Non ti giudico, non m’importa nemmeno di ciò che mi hai fatto se sei disposto a lasciare che ti aiuti. E’ un teatro folle e inumano che sta andando avanti da troppo. Lascia che…”
 
“Tu hai fatto…cosa?!”
 
Fu la reazione sconvolta del biondo a quelle parole, delle quali non comprese subito il significato essendosi fermato alla prima frase da lei pronunciata.
Parlò con un filo di voce, inorridito e terrorizzato dall’ammissione di quella colpa appena espressa con naturalità da quella donna.
Lei…..non aveva assolutamente idea di cosa significasse per lui che qualcuno avesse acceduto ai suoi pensieri più intimi, ai suoi preziosi ricordi!
Come aveva potuto dire qualcosa di simile con tanta superficialità? Come aveva osato oltraggiarlo ancora in quel modo?! Ma sopratutto…cosa intendeva quando aveva detto che ‘sapeva del suo gioco’?
Sebbene Alfred non lo avrebbe mai ammesso, la rabbia che velocemente gli lievitò in corpo fu scaturita piuttosto dal completo imbarazzo verso la possibilità che la rossa fosse venuta a conoscenza dei suoi taciti e lussuriosi sentimenti verso di lei, che lui reputava spregevoli e vergognosi.
Fintanto che erano rimasti dentro di lui, egli aveva potuto gestirli nel modo che più preferiva. Tuttavia il solo sospetto che lei per davvero ne fosse venuta a conoscenza, lo turbò a tal punto da fargli perdere il controllo ancora una volta.
La Redfield dal suo punto di vista gli aveva parlato col cuore in mano, immaginando che si sarebbe alterato, tuttavia non potendo fare altrimenti. Non conosceva altro modo per toccarlo, inoltre reputava inutile girare troppo attorno alla questione.
Alfred era un uomo che si era cresciuto da solo e che aveva poche volte guardato in faccia la realtà. Se voleva davvero aiutarlo, era ora che qualcuno lo facesse al suo posto e lei era disposta in quel momento a sbattergli in faccia la veridicità delle cose e venire in suo soccorso.
Sebbene fosse a conoscenza del fatto che la possibilità di riuscirci era scarsa, voleva tentarci.
Voleva riuscire a fare in modo che Alfred si aprisse con lei, anche un solo istante.
Quando vide, però, quegli occhi sconvolti e colmi di rancore, sbandò spaventata, comprendendo forse solo in quel momento di non essere in grado di gestire i tormenti di quell’animo crucciato.
Quel che vide in quegli occhi di cristallo, così vitrei e tristi, fu la paura di essere toccato da un altro essere umano; il terrore di approcciarsi e di essere ferito e turbato. Egli scappava inutilmente da una società dalla quale lui si sentiva dissimile, decidendo così di rinchiudersi nella sua fortezza e fare in modo che nessuno potesse raggiungerlo. Adesso che lei aveva valicato quel limite, la sua mente era andata in panne, facendo della violenza l’unico modo per proteggersi. Per proteggere lui e le sue convinzioni.
 
“Redfield…tu…”
 
Ringhiò ispirando profondamente, con i denti serrati, denigrando quanto lei avesse potuto leggere nelle pagine del suo diario. Le avrebbe dimostrato quanto di falso c’era in quegli scritti. Quanto lui amasse solo e unicamente la sua preziosa Alexia!!
Come si permetteva, anche solo ad ipotizzare, di sapere qualcosa su di lui?!
 
“…non osare insinuare oscenità simili! Chi ti credi di essere?! Ti condurrò all’inferno e annienterò dalla faccia della terra la tua irritante arroganza e ti mostrerò, come non hai ancora visto, di cosa io sia capace!!”
 
Quando tuttavia fece per premere il grilletto, una luce abbagliante punto dritto proprio su Alfred, il quale fu costretto a portare un braccio attorno ai suoi occhi per proteggersi.
Claire indietreggiò e cercò di focalizzare cosa stesse accadendo.
Vide una strana telecamera appesa al soffitto, un oggetto che prima non aveva notato per niente e che adesso era puntato proprio sul biondo. Cosa stava succedendo?
Una luce rossa prese a lampeggiare da quel dispositivo e con essa un allarme vibrò per tutto il corridoio e probabilmente anche per tutto l’edificio.
Dall’espressione stranita di Alfred, la rossa dedusse che anche lui non dovesse avere idea di cosa diavolo fosse.
Prima però che lui potesse accusarla in qualche modo per quell’inaspettato evento, ritenendola responsabile, una voce echeggiò dal nulla, ridendosela del caos appena generato nei laboratori Antartici.
 
“Ah,ah,ah. Da quanto speravo di incontrarti, Ashford. Sei cresciuto dall’ultima volta, quasi ho stentato a riconoscerti. Mi piace come hai deciso di portare i capelli.”
 
L’inconfondibile timbro vocale di Albert Wesker si diffuse nell’ambiente mentre egli, al sicuro nella sua postazione di monitoraggio, passava una mano fra i suoi capelli ordinati e tirati all’indietro in modo simile a quelli del biondo Alfred. Lo stava deridendo platealmente, godendosi lo scenario che aveva creato apposta per mettere la parola fine agli Ashford e al loro regno oramai in rovina.
 
“La fama delle tue gesta di follia ti hanno preceduto, ma non temere. Tali maldicenze presto avranno fine in quanto ho preso io possesso di questo posto, del quale farò in modo non rimarrà più nulla e voi Ashford tornerete ad essere un’antica gloriosa leggenda. E’ stato interessante giocare a guardie e ladri in casa tua.”
 
“Albert Wesker…!”
 
Ringhiò Alfred riconoscendo facilmente quella voce mai dimenticata, odiando con profondo disprezzo l’uomo dalle lenti scure che aveva osato raggiungerlo in Antartide per distruggere l’operato della sua famiglia e di Alexia. Non l’avrebbe permesso!
 
“Oh, vedo che ti ricordi ancora di me. Tuttavia non ho tempo per abbracci strappa lacrime, ho del lavoro da svolgere, fra cui cercare il posto dove la tieni nascosta. Non credo ci impiegherò poi molto. Sono sicuro che a momenti metterò le mani sul prezioso T-Veronica Virus, puoi starne certo.”
 
A quella frase il volto del biondo si pietrificò e Claire se ne accorse. Passò lo sguardo da Alfred all’altoparlante dal quale fuoriusciva la voce di Wesker, sconvolta in modo diverso tanto quanto lui.
 
“Intanto ho preparato un regalino per te…e per tutti. Un intrattenimento che spero vi piacerà.” rise l’uomo delle tenebre, dopodiché cambiò discorso. “A proposito, signorina Redfield. Il tuo caro fratellone presto sarà qui, lo sapevi?”
 
Claire sobbalzò.
 
“C-Chris?!”
 
“Esatto, tesoro. Ci siamo visti a Rockfort e suppongo fosse sulle tue tracce. Sarà davvero una bella rimpatriata. Speriamo che sarai ancora viva quando lui sarà giunto a destinazione, in ogni caso ti ringrazio per essere stata una buona esca. Grazie a te ho potuto condurlo fin qui. Ah,ah,ah!”
 
Rise di nuovo, godendo delle espressioni disorientate dei due, i quali dovettero ascoltare impotenti le sue minacce che in modo diverso colpirono entrambi toccando nel profondo ciò che avevano di prezioso. Tuttavia Wesker aveva poco tempo a disposizione per godere di quel suo trionfale momento, era arrivato il momento di salutarli.
 
“Spiacente, ma devo proprio lasciarvi. Ho già perso fin troppo tempo. Presto il “cacciatore” sarà arrivato, il suono della sirena dovrebbe averlo attirato, ormai. Ci penserà lui a tenervi compagnia. Addio.”
 
Detto questo, chiuse la comunicazione e si eclissò del tutto.
 
“Il “cacciatore”..?”
 
Ancora attonita, Claire ripeté spaesata il nome proferito dell’ex capitano della S.T.A.R.S., dopodiché rivolse lo sguardo verso Alfred, il quale aveva un volto ricolmo di dubbi e incertezze.
Era…spaventato anche lui?
Quando i loro sguardi s’incrociarono, destatasi dallo shock di quell’incubo, il biondo puntò prontamente di nuovo il fucile contro di lei, la quale alzò le mani come riflesso condizionato sperando con tutta se stessa che non facesse sul serio.
 
“Ashford! Qualche bestia famelica ci sta dando la caccia e tu pensi ancora che uccidermi sia la priorità?!”
 
“Tsk! Non m’interessa cos’abbia detto quell’uomo, sono io che comando qui! Che sguinzagli pure le sue armi migliori, ciò non mi distrarrà dai miei compiti primari!”
 
Tuttavia, nel mentre di quella frase, dei grugniti feroci si propagarono dal versante opposto della stanza ed erano ormai prossimi a loro.
Il debole ma angosciante ticchettare di unghie appuntite sul pavimento presagì l’arrivo di qualcosa di losco alle loro spalle. Il suo incalzare felpato e la pesantezza dei suoi passi agitarono Claire, che ebbe la sensazione che qualcosa di grosso stesse per attaccarli.
Inaspettatamente però, quelli che sembravano essere soltanto piccoli passi, si trasformarono velocemente in una corsa lesta ed inarrestabile, che ben presto pose la ragazza e il suo biondo nemico di fronte una nuova nemesi che non si aspettavano di avere così prossima a loro.
Claire non poté far altro che guardare impotente quella figura energumena che sfrecciava verso loro, non riuscendo a focalizzare nulla se non il suo colore verdastro e la sua pelle spessa.
Questa dimostrò fin dal primo istante una velocità impressionante che ricalcò alla perfezione la definizione di “cacciatore” detta da Albert Wesker.
Questi infatti attaccò senza indugio, con l’istinto omicida di chi vuole fare a pezzi le sue prede.
La Redfield ritrovò di fronte quella possente creatura maligna, facendo in tempo a mettersi al riparo dal suo attacco.
La stessa fortuna non ebbe Alfred che, essendo di spalle, il brevissimo lasso temporale che gli servì per voltarsi e identificare il pericolo in agguato bastò alla bestia per raggiungerlo più velocemente rispetto a Claire.
L’Hunter così ferì di striscio il comandante Ashford, tagliandolo sul braccio e su parte della guancia, dalla quale fuoriuscì una copiosa striscia di sangue che macchiò il suo volto marmoreo.
Parte del tessuto della sua divisa rossa si aprì, mostrando la camicia bianca che portava sotto.
Tuttavia sembrò che la ferita non avesse raggiunto la pelle. Fortunatamente, i decori militari che portava sulle spalle avevano attutito quel colpo, proteggendolo. Infatti alcuni frammenti dorati giacevano a terra, ormai frantumati.
Alfred traballò, mantenendosi in piedi grazie all’appoggio del muro. Premuto contro la parete, si sforzò di prendere la mira nonostante il colpo appena ricevuto e fece per sparare contro quell’essere mai visto prima.
Mentre il biondo faceva per affrontarlo, Claire ebbe il tempo per contemplare quella nuova e devastante b.o.w. .
Alta all’incirca un metro e mezzo, la pelle era coriacea e spessa. Dai pigmenti verde scuro lucente, ricordava vagamente le sembianze di un qualche tipo di rettile. Le zampe anteriori erano tuttavia molto più lunghe di quelle inferiori, costringendo l’animale a reggersi sulle gambe; ciononostante era perfettamente in grado di correre su quattro zampe e diventare un cacciatore inarrestabile.
Quel che destava spavento, oltre la sua carcassa voluminosa, erano i suoi artigli affilati, che sembravano poter trafiggere la sfortunata vittima in un singolo istante ed in modo fatale.
Claire li paragonò approssimativamente ai Lickers, le spaventose creature incontrate nel Dipartimento di Polizia di Raccoon City, chiamati così per via della loro micidiale lingua lunga e tagliente.
Ricordava ancora il loro corpo inguardabile, che lasciava scoperta la pelle nuda e i muscoli sanguinolenti, così come il loro modus operanti diabolico e insidioso.
Il “leccatore” fu una delle bestie più insidiose che si ritrovò a combattere, pericolosa per via della sua ferocia e della sua incredibile velocità, un po’ allo stesso modo dell’essere che adesso era di fronte a lei.
Avendo quindi familiarizzato con quel tipo di b.o.w. , Claire sapeva grosso modo come affrontarli. Tuttavia, fucile di Alfred a parte, nessuno dei due era equipaggiato a dovere. Sperava soltanto che il biondo avesse abbastanza colpi per abbatterlo.
Alfred intanto caricò un altro colpo, che centrò in pieno il cranio della creatura, la quale balzò in aria e si contorse dolorosamente a terra per diversi istanti prima di perdere i sensi e morire.
Il ragazzo ansimò a lungo prima di avvicinarsi e osservare finalmente l’orrendo animale geneticamente modificato che Wesker gli aveva scagliato contro. Era ripugnate!
Osservandone la natura, non gli fu difficile individuare quell’essere come uno dei prodotti del magnate Ozwell Spencer, uno dei co-fondatori dell’Umbrella assieme a suo nonno Edward Ashford, il quale sembrava abbastanza ossessionato dagli studi sul T-Virus tanto da divenire famoso per il clima asfissiante che imponeva sui suoi ricercatori. Alfred si era informato circa i loro risultati, ma al momento quell’entità così feroce sfuggiva alla sua memoria.
Alzò lo sguardo da quel curioso rettile energumeno, per nulla interessato in verità ad approfondire più di tanto la questione, e quando vide la Redfield fare per lasciare la stanza, fulmineo le corse dietro.
 
“Dove pensi di scappare, Redfield?!”
 
Urlò afferrandola per tempo per un braccio, strattonandola verso di sé, al che la ragazza si alterò e parlò ad alta voce a sua volta in preda alla rabbia e alla preoccupazione.
 
“Steve non sa di questi mostri! Devo aiutarlo!”
 
“Non ho ancora finito con te! Non vai da nessuna parte!”
 
A quelle parole, la rossa diede una strattonata così forte che Alfred fu costretto a lasciare la presa.
Egli ringhiò adirato mentre vedeva la giovane allontanarsi da lui, così presto le fu alle calcagna, intento a non fargliela passare liscia.
Poco importava che fosse ferito sul viso, o che avesse una spalla fuori uso. Se c’era qualcosa che non poteva assolutamente sopportare, questo era il suo onore macchiato e per colpa di quell’insolente ragazzina aveva fin troppe volte visto oltraggiato il suo nome.
Tuttavia dei sonori ruggiti distolsero la sua attenzione, costringendolo a vagare con lo sguardo alla ricerca del luogo da cui essi provenivano. In parallelo, Claire fece lo stesso, non accorgendosi intanto di essere proprio sotto un’altra di quelle telecamere adibite ad attirare gli Hunter.
L’allarme risuonò nuovamente, illuminando il corridoio di rosso e tormentando con il suo suono i timpani dei due.
Il biondo comandante si avvicinò alla ragazza, furioso come non mai, infierendo contro quella drammatica situazione.
 
“Stupida che non sei altro! Ancora non hai capito che sono questi dispositivi che attirano quei mostri?!”
 
“Pensi che l’abbia fatto a posta?!”
 
Battibeccare in quel momento, a ogni modo, non era l’idea migliore. Il giovane Ashford non aveva portato con sé più di qualche colpo di riserva, questo voleva dire che non era in grado di affrontare quelle bestie fameliche se si fossero presentate in massa, come faceva prevedere quel coro di ruggiti udito in precedenza.
Si voltò dunque, dando le spalle a Claire, decidendo di dare la priorità alla sua sopravvivenza.
Aveva purtroppo disattivato gran parte delle zone dei laboratori, quindi gli rimanevano pochi posti dove poter scappare. Corse quindi via, lasciando di stucco la ragazza dai capelli rossi, la quale spaesata lo guardò sparire nell’oscurità del corridoio.
Tremante e per nulla nelle condizioni di poter fronteggiare b.o.w. così pericolose con pochi colpi di pistola, decise di tentare il tutto per tutto per sopravvivere. Inseguì dunque Alfred, non potendo fare altro in quel momento, correndo più forte che poteva sperando di riuscire a seguirlo nei nascondigli che certamente lui doveva conoscere.
Quando il biondo si accorse di avere dietro di sé la rossa, una smorfia infastidita deformò il suo volto.
 
“Che vuoi, Redfield?”
 
Claire non rispose, si limitò a pedinarlo palesemente, non pensando minimamente alla possibilità di lasciarlo scappare da solo. Se si fosse messo in salvo, avrebbe dovuto mettere in salvo anche lei. Era la sua unica chance, che Alfred lo volesse o meno.
Vide il giovane fermarsi solo quando giunse davanti alla tastiera dell’ascensore, posto nel bivio che affacciava sul giardino artificiale.
Egli premette alcuni pulsanti, probabilmente per accedere a un qualche meccanismo di emergenza ma, non ricevendo risposta, questi saldò il fucile da caccia fra le mani e usò il manico per rompere una porzione del muro adiacente.
Claire osservò il viso adirato del biondo, che evidentemente doveva essere nel panico quasi quanto lei.
Dai suoi occhi color del ghiaccio, riusciva a vedere il nervosismo di chi odia essere messo i piedi in testa e in quel momento Wesker gli aveva arrecato una brutta noia da combattere.
Inoltre lui aveva accennato su Alexia, a quanto aveva inteso…allora Alfred era preoccupato per lei?
Intanto il ragazzo riuscì ad abbattere la porzione di parete posta di fianco all’ascensore, portando allo scoperto un dispositivo di emergenza alternativo del quale ovviamente solo il padrone di casa poteva aver conoscenza.
Intanto lo zampettare degli hunter a caccia di loro si fece prossimo, così Claire fece per afferrare il fucile di Alfred mentre lui cercava ancora di mettere in moto quel dannato ascensore. Ovviamente l’uomo si alterò, non avendo la benché minima intenzione di cederglielo; tuttavia la rossa, notando la sua resistenza, lo fulminò con i suoi occhi e gli parlò con una fermezza tale cui lui non poté opporsi.
 
“Aziona questo diavolo di ascensore, io tengo a bada quei mostri. Oppure preferisci che ti facciano a fette mentre ci provi?”
 
Il biondo digrignò i denti, in difficoltà di fronte quell’angustiante situazione di emergenza ove l’ultima cosa che avrebbe immaginato era avere la Redfield a coprirgli le spalle.
Preferì dunque non pensarci affatto e tornare a manipolare quel congegno in modo da svignarsela quanto prima. La rossa fu lieta che lui avesse desistito dall’obbiettare, finalmente.
Puntò così il fucile contro l’hunter oramai vicino e con un paio di colpi l’abbatté abbastanza velocemente. Quel che non si aspettava però, era ritrovarsi davanti almeno tre di loro, che cominciarono a circondare la zona pericolosamente.
 
“Ashford…quanti colpi ci sono?”
 
“Non abbastanza, Redfield.”
 
Rispose concentrato, avvertendo la tensione.
La ragazza deglutì, comprendendo che quello poteva essere un attimo decisivo. Sbirciò in continuazione verso il suo nemico, il quale sembrava agitato allo stesso modo, in preda alla fretta di attivare l’ascensore.
Nel mentre in cui gli hunter avvertirono il loro odore e si lanciarono diabolici contro di loro, le porte metalliche dell’ascensore si aprirono e Alfred e Claire vi entrarono tempestivi.
Il braccio di uno degli hunter rimase incastrato nella porta e i suoi artigli fecero ancora per allungarsi verso di loro, non permettendo così all’ascensore di mettersi in funzione essendo rimasto semi-chiuso.
Alfred prese dunque il suo fucile dalle braccia di Claire e con un colpo netto fece esplodere la sua articolazione, la quale cadde ai loro piedi e le porte di alluminio si chiusero finalmente.
Una disgustosa e copiosa scia di sangue colava dall’incastro delle due porte; anche attorno, le pareti erano schizzate dello stesso liquido organico.
La rossa ansimò, con gli occhi ancora sbarrati, facendo di tutto per recuperare la lucidità il prima possibile di fronte i pericoli in agguato che era certa avrebbe ancora dovuto affrontare. Era per di più chiusa dentro quattro pura con Alfred, non doveva dimenticarlo!
Quando buttò un occhio verso di lui, lo vide ripulire con la manica della sua giacca la ferita sulla guancia che il primo hunter cui si erano imbattuti gli aveva inferto. Il sangue sembrava sul punto di fermarsi, tuttavia era una gran brutta ferita.
Istintivamente avrebbe voluto dirgli almeno qualcosa, ma non ebbe il tempo di farlo, questo poiché quell’attimo di respiro fu bruscamente interrotto da una fortissima scossa che fece vibrare tutto l’abitacolo.
 
“Cosa è stato?”
 
Domandò lei.
 
“Maledette bestiacce! Sono qui sopra.”
 
Il biondo sparò contro il soffitto della cabina, facendo per colpire alla cieca ipotetici hunter che secondo lui avrebbero saltato quando l’ascensore si era messo in funzione scendendo verso il basso. Claire tuttavia lo fermò, consapevole di quanto fatale potesse essere sprecare colpi in una situazione di pericolo come quella.
 
“Fermati, cazzo! Se rimaniamo senza colpi, è la fine! Questi mostri vanno abbattuti con armi più potenti e la tua è l’unica che abbiamo! Con la mia sola pistola non avremo grosse possibilità di salvarci, te ne rendi conto?”
 
Quasi in risposta a quelle parole, dal foro apertosi sul soffitto per colpa di proiettili del fucile, si affacciarono le fauci terrificanti di una di quelle b.o.w. che a quanto pareva li aveva davvero inseguiti.
 
“Taci, Redfield. Se preferisci morire nonostante hai a disposizione i colpi per salvarti, fa pure. Non è come la penso io!”
 
Detto questo, sparò di nuovo contro quella creatura, la quale sparì dalla loro vista. In compenso però, l’ascensore si rimise in moto ad una velocità anomala, come se qualche filo fosse stato danneggiato.
La Redfield raccolse il capo fra le mani e sbandò violentemente quando una brusca tirata fece fermare la cabina.
Sia il signor Ashford che la rossa, caddero indietro, come se l’ascensore si fosse reclinato per qualche motivo. Scivolarono quindi entrambi non essendo nella possibilità di mantenere un equilibrio perfetto, ritrovandosi così compressi contro l’angolo dell’abitacolo.
A quel punto Alfred si alzò e fece per aprire le porte dell’ascensore ormai in tilt; per fortuna la tastiera funzionava ancora, dunque poté spalancarle senza ulteriori intoppi.
Quel che tuttavia c’era oltre queste lo sconvolse completamente.
Questo perché l’ascensore si era fortuitamente incastrato di sbieco fra le mura del tunnel ove esso scorreva fra un piano e l’altro. Era però questione di attimi prima che i fili metallici che ancora lo tenevano su si spezzassero e l’intero abitacolo cadesse così nella profondità degli abissi.
Claire si avvicinò e osservò fuori cercando di comprendere dove si trovassero. Probabilmente si erano fermati in una zona fra un piano e l’altro, per cui non c’era assolutamente nessun luogo dove poter scappare.
Soltanto in un secondo momento notò una rientranza non troppo lontana da loro.
Si trattava forse di una grossa bocca d’areazione o qualcosa del genere, fatto stava che era con ogni probabilità la loro unica possibilità di salvezza.
Si voltò dunque verso il biondo, indicandogli quella via d’uscita.
 
“Non è difficile da raggiungere, credo sia l’unico posto possibile prima che quest’affare crolli.”
 
Il ragazzo tuttavia scosse la testa, infastidito.
 
“Non troverai assolutamente nulla andando da quella parte.”
 
La rossa sgranò gli occhi, incredula.
 
“Preferisci restare qui e aspettare che l’ascensore crolli?!”
 
Infischiandosi altamente di quelle parole, il biondo caricò il fucile e lo pose fra lui e la Redfield, come se quella situazione sospesa fra la vita e la morte non avesse alcuna importanza per lui.
Nel vedere quel viso furente, per nulla cambiato in seguito ai pericoli appena scampati, gli occhi della rossa tremarono esterrefatti, impauriti dall’idea che quell’uomo fosse pazzo a tal punto.
La sua mente era così instabile da non fargli rendere conto che presto sarebbero morti entrambi se non avessero lasciato la cabina dell’ascensore al più presto?! Oppure…la detestava così aspramente da non avere importanza?
Nella sua mente era impossibile accettare che lui avrebbe preferito morire che lasciarla andare, in quel momento.
Seppur la vita di entrambi era in pericolo, Alfred non sembrava aver la benché minima voglia di desistere nell’attaccarla; e neppure di mettersi in salvo.
Claire cercò di farlo ragionare, ma più si perdeva delle sue iridi pallide come il ghiaccio, più vedeva quanto il suo animo fosse oramai devastato e inarrestabile. Egli aveva completamente perso il lume della ragione, non le avrebbe mai dato retta.
Mosse appena le sue labbra carnose, facendo per proferire qualcosa…qualsiasi cosa le permettesse di farlo ragionare o mettere in salvo la pelle. Tuttavia non riuscì a formulare alcuna frase e fu a quel punto che realizzò che non poteva che scappare. Scappare da sola. Scappare da lui.
Era la sua unica salvezza.
Dunque, nello stesso istante in cui lui posò l’indice sul grilletto, pronto a far partire tempestivamente il colpo, la Redfield si voltò e agilmente fuoriuscì dall’abitacolo, aggrappandosi fuori con tutte le sue forze.
Sbandò quando sotto i suoi piedi intravide le tenebre di una voragine che sembrava non avere fine.
La panoramica del tunnel che intercorreva fra i piani dell’edificio fu un’immagine che si cristallizzò nella sua mente e che non riuscì a dimenticare facilmente.
Un qualcosa di così devastante da poter trascinare negli abissi chiunque si fosse abbandonato alla paura della sua imponenza.
Il cuore della ragazza trasalì, mentre il suo istinto non faceva che urlare di fuggire. Tuttavia ella si sforzò di rialzare lo sguardo e non permettere al panico di controllarla. Doveva rimanere lucida e non lasciarsi sopraffare.
Afferrò saldamente le mani sugli ingranaggi esterni dell’ascensore e fece per andare via; il tutto nello stesso istante in cui Alfred fece per colpirla.
Tuttavia non accadde soltanto questo.
Nel mentre in cui il biondo l’aveva a tiro, il tettuccio dell’ascensore venne tempestivamente squarciato da un artiglio affilato, che lo divise in due creando così un varco che permise a una creatura selvaggia di penetrare.
L’hunter colpito in precedenza si era evidentemente salvato, così, più agguerrito che mai, piombò esattamente fra Claire e Alfred.
Furioso e distruttivo, il suo incalzare fece traballare l’ascensore già in bilico, portando l’Ashford a sbagliare il colpo diretto alla ragazza dai capelli rossicci.
Ella, sentendo il proiettile diretto a lei rimbalzare nella cabina metallica, si voltò verso il biondo e sgranò gli occhi alla vista di quel mostro non ancora morto.
Non essendo nella posizione di combattere, si apprestò a uscire definitivamente dalla cabina.
Muovendosi prudentemente, avanzò fra gli ingranaggi adibiti al funzionamento dell’ascensore, uscendo così fuori e facendo per raggiungere quella rientranza.
Intanto Alfred prese a combattere contro la b.o.w. agguerrita, la quale si avvinghiò contro di lui, facendo per tranciarlo.
L’uomo riuscì a scostarsi appena in tempo, con la mente ancora rivolta alla Redfield, scampata al suo attacco ancora una volta.
Tuttavia i suoi pensieri furono costretti ad allontanarsi da lei repentinamente, essendosi insinuata una nuova nemesi sul suo cammino. Deciso a scacciare quella bestia dalla sua strada, imbracciò il suo fucile da caccia prendendo la mira. Non aveva tempo per svagarsi con giocattoli simili!
Adirato, sparò contro l’hunter, che tuttavia si dimostrò più resistente e agile di quel che sembrava.
Claire osservò quella scena da lontano, mentre si aggrappava alla superficie del tunnel che circondava l’abitacolo dell’ascensore.
Con il terrore negli occhi, vide la cabina prendere a scricchiolare per colpa dell’irrequietezza di quella creatura, che non faceva che muoversi agguerrita.
Se quell’essere geneticamente modificato avesse continuato ad agitarsi in quel modo, l’intera cabina sarebbe presto crollata e, con essa, anche Alfred.
Stesso il biondo si accorse di quella preoccupante situazione, così mirò di nuovo contro quella b.o.w. .
Stavolta l’animale non deviò il colpo, che la ferì mortalmente portandola a indietreggiare verso le porte aperte dell’ascensore.
Prendendo al volo quell’opportunità, l’altolocato Ashford caricò frettolosamente un altro colpo, pronto a far cadere quel mostro giù dal precipizio, definitivamente.
Tuttavia, in quello stesso istante, la cabina dell’ascensore scivolò bruscamente verso il basso, scendendo di un metro circa all’interno del tunnel.
Il comandante fu costretto a inginocchiarsi a terra, perdendo l’equilibrio, e il proiettile gli scappò dalla mano. Agitato sia per la preoccupazione di cadere nella voragine con tutto l’abitacolo, sia per l’hunter ancora moribondo, portò il suo sguardo verso la creatura di laboratorio, aggrappandosi saldamente alla parete in bilico alle sue spalle.
La sua mente era nel panico e non sapeva quali priorità avere. Digrignò i denti con rabbia, attendendo la mossa della bestia famelica che aveva di fronte, sperando che crollasse e lasciasse finalmente libero il passaggio per uscire fuori dalla cabina prima che precipitasse.
Claire intanto, ancora avvinghiata alla sporgenza appena raggiunta, stette ad osservare la scena col cuore in gola. Vide l’ascensore scivolare ancora, emettendo dei sonori rumori metallici e agghiaccianti.
Seppur i suoi sentimenti contrastanti, la sua coscienza l’implorava di non lasciare morire Alfred in quel modo, così si sforzò di raggiungere la sua 9mm infilata nella cintura, facendo del suo meglio per prendere la mira nonostante quella scomoda posizione. Fra la ferraglia cui era aggrappata, stese il suo braccio, pronta a far fuoco.
Eseguì un colpo dietro l’altro, ferendo la b.o.w. ancorata sulla soglia della cabina.
L’hunter si contorse dal dolore e fu così costretto a lasciare la presa, cadendo finalmente in quel dirupo senza fine.
Il ragazzo dai capelli pallidi rimase a guardare interdetto, non avendo compreso cosa fosse tecnicamente accaduto. Una serie di colpi avevano inaspettatamente colpito quella creatura sulla schiena, costringendola a sprofondare nel precipizio oltre l’ascensore.
L’erede degli Ashford seguì la traiettoria dei proiettili e fu sorpreso quando si accorse che fosse Claire Redfield ad aver sparato contro il nemico.
Scrutò la rossa con il volto corrucciato in un’espressione che voleva formulare milioni di domande, mentre quell’incomprensibile donna era a qualche metro di distanza da lui, avvinghiata fuori l’abitacolo.
Il suo sguardo si posò a lungo sulla sua pistola fumante, spostandosi poi sul suo corpo longilineo, suoi lineamenti facciali armoniosi e decisi.
Gli occhi del biondo erano ammaliati e dannati dalla sua indecifrabilità, dall’inspiegabile perché dietro le sue azioni, che lo confondevano e lo turbavano fino alla pazzia; tuttavia un sonoro stridio lo costrinse a tornare alla realtà.
Era l’ascensore oramai instabile, che presagiva il suo imminente cedimento.
Non aveva tempo per indugiare ancora; Volente o nolente, doveva lasciare anche lui quell’abitacolo, ormai prossimo al crollo.
Fece così per raggiungere la stessa sponda dove Claire si stava arrampicando, la quale seguì le sue mosse in trepidazione.
Improvvisamente però, la rossa vide un’ombra innalzarsi dagli abissi.
Ella scorse l’hunter sbucare fuori ancora una volta; questo si era aggrappato al fondo dell’ascensore ed era sul punto di intraprendere un salto per attaccare Alfred.
Era un incubo! Quella creatura era davvero un cacciatore inarrestabile!
 
“Attento!”
 
Urlò e così anche Alfred si accorse che quel mostro non era ancora stato sconfitto.
Affrettò dunque i suoi movimenti, ma quando fu sul punto di raggiungere la sponda dove Claire era saltata, la cabina dell’ascensore scivolò di nuovo, allontanandosi ancora di più.
La Redfield sbarrò gli occhi, terrorizzata.
A quel punto, si affrettò a raggiungere una zona più stabile dove poter intervenire in suo aiuto. Costatò di essere a pochi passi dalla piattaforma posta dinanzi l’apertura d’areazione su cui intendeva approdare.
Con ancora quella sensazione di vuoto sotto si suoi piedi, saltò verso di essa, cercando di non pensare troppo al dirupo. Dopodiché si accovacciò a terra e allungò la mano in direzione di Alfred, sperando che lui riuscisse a raggiungerla prima di precipitare.
Non c’erano molti appigli, ma non aveva alternative. Alfred doveva correre e in fretta. La situazione stava precipitando…letteralmente.
Alfred Ashford intanto si aggrappò alle catene metalliche che muovevano la cabina dell’ascensore, cercando di risalire prima che cedessero definitivamente.
Intanto i ruggiti dell’hunter echeggiavano alle sue spalle, ma egli non vi badò e continuò ad arrampicarsi sfruttando i pochi sostegni disponibili.
Ben presto però l’ascensore si abbassò di un altro mezzo metro, limitando sempre di più la possibilità del biondo di scappare via in tempo.
Il ragazzo restò appeso a stento a quella catena per via di quella brusca tirata. Con le mani doloranti, graffiate dal ferro rugginoso, fece del suo meglio per oscillare e poggiare i piedi verso una piccola insenatura. Una volta riuscitoci, alzò gli occhi e riuscì a sollevarsi fino a raggiungere quasi la rientranza dove la Redfield era riuscita a saltare.
Rimase stupito tuttavia quando vide, a pochi centimetri di distanza, la mano della giovane allungarsi verso di lui.
Cosa diavolo stava facendo quella ragazza?
Egli rimase a guardarla per un lunghissimo istante, perplesso, al che la rossa intuì le sue perplessità.
 
“Andiamo..! Afferrala!”
 
Lo incoraggiò, comprendendo la natura contorta di quel che stava accadendo, tuttavia non era certo quello il momento per ricordare che fossero nemici. Si trattava di umanità e lei non l’avrebbe lasciato morire in quel modo.
Il biondo strinse gli occhi, come se qualcosa bloccasse rovinosamente il suo intero corpo.
Digrignò i denti e si decise ad accettare quell’aiuto solo e soltanto dopo aver lottato profondamente con se stesso.
Claire, quando sentì finalmente la sua mano calda nella sua, la strinse forte e con veemenza lo aiutò a salire. Fu decisamente ambiguo ritrovarsi a salvare la vita a quell’uomo squilibrato che aveva più volte cercato di ucciderla e non solo…
Si costrinse tuttavia a cacciare dalla sua mente tali pensieri, non era il momento per farsi prendere dai dubbi o quant’altro. Il suo cuore si rifiutava di vedere in lui un nemico; in quel momento egli era un persona da aiutare e lei avrebbe fatto il possibile per riuscirci.
Dunque strinse i denti e lo tirò su.
Alfred intanto, una volta raggiunta quella piattaforma, rimase inginocchiato per alcuni secondi, covando in corpo una micidiale adrenalina che torturava il suo spirito.
Ansimante e confuso, non gli fu subito possibile ritornare padrone di se stesso.
Il fidarsi di qualcuno era un sentimento che lui non aveva mai conosciuto.
Alexia era esente da quel tipo di discorso, perché lei era sua sorella gemella…era scontato.
Quanto agli altri esseri umani da lui incontrati, egli non si era mai fidato del suo stesso padre, il quale alla fine l’aveva usato e tradito costringendolo a quell’esistenza tortuosa e tormentata; figuriamoci dunque quale potesse essere la sua opinione a riguardo della fiducia.
La fiducia era quindi qualcosa che non conosceva e che non aveva mai riposto in qualcuno.
Aver stretto la mano di Claire ed essere stato effettivamente aiutato da lei senza indugio, andò dunque a toccare una parte della sua psiche che non aveva mai ricevuto gesti simili.
Corrucciato da quel sentimento misto al piacere e alla confusione, si alzò da terra cercando di reprimere quanto in realtà il suo cuore gli mormorava.
Un rumore assordante tuttavia interruppe i pensieri sia di Alfred che di Claire, i quali si voltarono entrambi verso l’ascensore, il quale si spostò definitivamente dalla posizione sbieca che lo teneva ancora su e stavolta cadde per davvero.
L’hunter ruggì un’ultima volta, prima che il suo verso si confondesse fra gli stridii del metallo che strisciava nel tunnel.
Infine le catene capitolarono e un boato si propagò per l’intero edificio, cui seguì una vampata di fuoco che costrinse i due a mettersi al riparo verso quella bocca d’areazione che forse rappresentava la loro unica via di fuga.
Al momento erano salvi.
Grande circa un metro e sessanta, quel varco maleodorante ostruito dalle pale metalliche e arrugginite sembrava un luogo decisamente angusto.
Una volta insinuatasi dentro, Claire aspettò che quell’esplosione si attenuasse, dopodiché si rivolse ad Alfred.
 
“Dove conduce questo tunnel?”
 
Chiese osservando quel nuovo percorso: una lunga distesa simile a una fogna.
Alfred scrutò con lei quell’ambiente desolato, come se quella domanda avesse colto impreparato anche lui. Egli sembrò abbuiarsi riflettendo su qualcosa, in seguito però la sua espressione mutò drasticamente e fece un ghigno che sgomentò la giovane che aveva accanto. 
 
“Non ti piacerà, Redfield...”
 
La rossa deglutì a quell’affermazione, interrogandosi sulle sue parole e sulla loro veridicità.
Vedendo però il biondo Ashford avanzare, decise di seguirlo senza troppo indugio.
Fu una situazione che aveva del surreale, stava davvero accadendo?
In quel momento, lui era l’unico che avrebbe saputo come muoversi in quel posto a lei del tutto ignoto, buio e labirintico, tempestato dalle insidiose b.o.w dell’Umbrella.
Suo malgrado, non poteva far altro che collaborare con lui, almeno al momento.
Anche il ragazzo sembrava essersi rassegnato, in apparenza.
Claire rifletté sul fatto che, ad ogni modo, entrambi non avevano molta scelta, feriti e mal equipaggiati com’erano.
Non poterono dunque far altro che vivere quel momento, evitando di porsi le tante domande che in modo diverso li sconvolgevano entrambi.  
 
 
 
 
***
 
 
 
Base Antartide dell’Umbrella Corporation – Sotterranei
 
 
Plic-Plic
 
L’acqua gocciolava dalle tubature, rimbombando fra le pareti arcuate di quel complesso di tunnel labirintici, umidi e angusti. La luce lampeggiava ad intermittenza, illuminando talune zone, permettendo così di proseguire in quei vicoli bui.
Claire avvertiva il peso di ogni suo passo mentre solcava la pavimentazione fradicia e muschiosa, lasciata a deteriorare chissà da quanto tempo. Di tanto in tanto si voltava in giro, in cerca di indizi fugaci che le facessero intendere dove si trovasse con esattezza.
Intanto il freddo ghiacciava la sua pelle, tuttavia cercò di non badarci avendo tutte le sue attenzioni puntate su quel luogo inesplorato.
Lanciò uno sguardo verso l’uomo che inaspettatamente aveva ritrovato accanto a sé in quella situazione di estrema emergenza. Alfred Ashford avanzava in quella distesa con il capo alto, tipico di chi possiede un temperamento altezzoso cui non intende rinunciare nonostante lo sfondo di quell’intreccio di tunnel così umidi e schifosi. Egli preservava la sua nobiltà e dignità anche in quelle condizioni, mantenendo il prestigio che egli era solito conservare.
Il volto marmoreo e imperscrutabile, la postura eretta e composta, la divisa elegante, i suoi passi decisi eppure tenui.
Fu un’immagine complessa da decifrare, che fuorviò la rossa, la quale vedeva in lui una divisione esatta fra la sua magnificenza e rigorosità, e il suo regno caduto in disgrazia, lasciato a marcire nelle sue stesse ceneri.
Osservare Alfred significava questo: combattere con due visione agli antipodi.
Una in cui lui era il Re sovrano assoluto di quel regno del male, un’altra in cui lui era il devastato servitore di una fortezza fantasma che aveva condotto verso il baratro il suo stesso creatore.
Era ambiguo per Claire non sapere più cosa vedere in lui; non lo riconosceva più in un nemico, tuttavia neppure in una persona da compatire completamente.
Questo la metteva a disagio portandola a desiderare fortemente di entrare nel suo mondo astruso e trovare i fili che ne intrecciavano l’esistenza.
Aveva conosciuto il suo passato, aveva letto dei suoi patimenti. Tuttavia ritrovarsi sola, al cospetto del “futuro” di quel “passato” di cui aveva letto, era diverso. Profondamente diverso.
Era come se l’uomo che aveva accanto fosse una persona completamente nuova, di cui lei sapeva e non sapeva nulla.
L’unica cosa di cui era a conoscenza, era che tutto era cambiato; soltanto non poteva prevedere che risvolti ciò avrebbe comportato nei fatti e nella sua mente…………e questo la spaventava.
Intanto, il biondo Ashford si accorse delle velate occhiate della giovane, le quali turbarono profondamente il suo spirito.
Guardò nella sua direzione con la coda dell’occhio, ma stette ben attento a non incrociare mai il suo sguardo. Si sentiva inquietato da quella disturbante situazione, nella quale il suo libero arbitrio era stato costretto a piegarsi alla volontà del fato, che l’aveva condotto a intrecciare il suo cammino ancora una volta con la donna che sconvolgeva i suoi pensieri.
Sebbene una parte di sé lottasse contro quell’istinto che lui rinnegava di avere, invece attratto da lei e dalla prospettiva di stabilire un contatto, un’altra era ben curiosa di conoscere gli esiti di quella vicinanza.
Il suo stomaco era contorto e la sua mente non era lucida. Sentiva il suo sudore freddo, i suoi occhi tremare. Era come se non fosse del tutto padrone del suo corpo.
Lui…era malato?
Cosa gli stava accadendo? Cosa muoveva i suoi contorti sentimenti?
Si sentiva strano, confuso…un curioso malessere lo corrucciava, come un morbo di cui lui al momento conosceva soltanto i sintomi.
Non era facile per il biondo comprendersi in quel momento, ragion per cui lasciò che gli eventi scorressero, almeno per una volta, per dare pace al suo animo sfregiato.
 
I due sedettero in un piccolo spiazzale in condizioni almeno apparentemente migliori; per lo meno non v’erano pozze d’acqua stagnante in giro.
Claire Redfield si sedette a terra esausta, non badando troppo al fatto di sembrare aggraziata o femminile. I suoi piedi reclamavano riposo ed aveva il necessario bisogno di stendersi anche solo per qualche minuto.
Il ragazzo biondo che occasionalmente aveva deciso di osservare quell’inaspettata tregua con la sua nemica, imitò la giovane, adagiandosi delicatamente sulla pavimentazione nella sponda opposta a quella di lei.
Claire fece caso al modo raffinato in cui lui si sistemò, in contrapposizione con la spontaneità e la naturalità di lei, tuttavia non vi badò.
In verità non sopportava affatto tali formalità, sebbene ancora una volta non potette evitare di notare l’eleganza di quell’uomo.
Folle, maniaco, crudele, detestabile e molesto; tuttavia estremamente rigoroso e perfezionista. Era evidente, anche solo guardandolo, il rango della famiglia dalla quale proveniva e la rigida educazione ricevuta, che gli imponeva un certo rigore persino in quel momento in cui entrambi erano allo stremo delle forze.
Ella abbracciò le gambe e stette a guardarlo in silenzio con fare discreto.
Egli appoggiò il suo fedele fucile da caccia di fiancò a sé, in seguitò portò un ginocchio al petto, adagiandovi sopra il gomito.
Sembrò fare per rilassarsi, tuttavia era evidente che per lui fosse impossibile cedere al suo bisogno di riposo. Era irrequieto, sebbene il suo stato d’animo fosse celato dalle sue apparenze regali. Tuttavia Claire se ne accorse, ma fece finta di niente. In fondo era naturale, in quelle circostanze.
Il freddo intanto si insinuava nelle sue ossa, costringendola a farsi calore quanto più poteva.
Finché aveva camminato, esplorato i laboratori e combattuto, era stata distratta da quella sensazione di gelo. Tuttavia, ora che poteva concedersi qualche minuto di sosta, era insopportabile reggere quelle temperature.
Alzò di nuovo i suoi occhi color del mare verso Alfred, il quale aveva intanto aperto la sua casacca rossa, scendendo la camicia sulla spalla, facendo per scrutare la ferita infertogli dall’hunter.
La rossa, con la coda dell’occhio, osservò con lui quelle striature livide, le quali sembravano veramente dolorose. Tuttavia almeno non c’era sangue ed era già qualcosa.
Istintivamente si sarebbe alzata e avvicinata a lui, per aiutarlo a ripulire quelle lesioni; purtroppo però le loro posizioni contrapposte la bloccavano, ragion per cui si limitò a osservarlo senza farsi vedere.
Mentre Alfred passava un candido fazzoletto inumidito su quelle escoriazioni, la sua camicia si aprì appena anche sul davanti, lascando intravedere la sua pelle pallidissima.
Claire ebbe un sussulto quando distinse una garza macchiata di rosso sulla parte alta del torace. Cosa gli era successo?
Improvvisamente poi, ricordò di quando gli aveva sparato durante quell’assurdo gioco cui lui l’aveva costretta a partecipare quando era ancora travestito da Alexia.
Allora l’aveva colpito davvero…
La ragazza torturò le sue labbra, comprendendo di provare un deviato senso di colpa nei suoi confronti.
Non poteva però dimenticare cosa lui le stava facendo passare!
Non…non era colpa sua se lui l’aveva costretta a sparare per sopravvivere.
Allora perché non riusciva a smettere di guardarlo e sentirsi così in pena per lui?
 
“Hai…bisogno di… aiuto…?”
 
Mugugnò, non trovando con disinvoltura le parole da usare.
Lei stessa si sentì ridicola nel formulare quella domanda, cui sapeva come il biondo avrebbe reagito. Era impossibile che lui avrebbe accettato la sua assistenza.
L’altolocato Ashford, infatti, sollevò il viso verso di lei, spostando gli occhi dalla ferita sulla spalla che stava medicando.
La sua espressione era indecifrabile; a metà fra indignazione e sgomento.
Corrucciò le sue iridi chiare, dopodiché tornò a ciò che stava facendo, ignorandola del tutto.
Claire si sentì offesa per non essere stata degnata nemmeno di una risposta, tuttavia decise di non fare discussioni inutili, così tornò anche lei sulle sue.
Il suo sguardo, ciò nonostante, tornava però sempre ad Alfred.
Il taglio che il ragazzo aveva sulla guancia era sporco di sangue raggrumato. Non sanguinava più da qualche minuto. Alfred lo ripulì accuratamente, sembrando piuttosto innervosito dal fatto di non disporre di uno specchio per rassettarsi come avrebbe voluto.
Alcune ciocche di capelli gli caddero sul viso, conferendo alla sua figura perfezionista un che di più ‘comune’.
Claire aveva riflettuto poche volte sul fatto che, sebbene avesse quasi dieci anni più di lei, anche lui dopotutto era un ragazzo piuttosto giovane. Aveva ventisette anni, le sembrava di ricordare.
Vederlo in quelle spoglie più scomposte lo rese improvvisamente più naturale e più vicino a lei e alla sua concezione di uomo giovane. Era forse la prima volta che lo guardava come ‘coetaneo’.
Si sentì in imbarazzo quando si accorse di trovarlo persino interessante in quel momento.
Tali pensieri la misero tempestivamente a disagio. Strinse gli occhi e cercò di tornare padrona di sé, rimproverandosi di fare allusioni simili in un momento come quello.
Intanto Alfred passò una mano fra i capelli leggermente unti per colpa dell’umidità, dopodiché finalmente rilassò la testa contro il muro, facendo per riposarsi dopo quelle ore così intense.
Distrattamente, posò il suo sguardo sulla ragazza seduta di fronte a lui, a qualche metro di distanza.
La luce era scarsa e la penombra creava delle chiazze scure sul suo volto; tuttavia ciò non gli impedì di poter ammirare la sua fisionomia aggraziata seppur mascolina.
In effetti, Claire aveva questo di particolare ai suoi occhi: quella modernità che lui non era solito notare in una donna, lui che era abituato a una certa classicità e raffinatezza.
Quei capelli dal colore vivo e brillante, raccolti in una coda di cavallo scomposta sulla fronte, l’abbigliamento in pelle e i pantaloni lunghi.
Il biondo non si era mai approcciato con una donna di quel genere, sempre inserito in ambienti d’élite.
Era inevitabile quindi che lei destasse più di qualche curiosità in lui già dall’impatto estetico.
Era tuttavia il suo viso che l’aveva letteralmente stregato, in quanto dietro quelle apparenze per nulla regali e per nulla vicine al suo concetto di bellezza, aveva visto un’avvenenza che lo aveva attratto inesorabilmente.
Cosa aveva quella donna? Perché continuava ad avere quell’effetto su di lui?
Alfred non riusciva, e non voleva, trovare risposte per quelle domande, poiché per lui era inevitabile sentirsi macchiato nel suo onore. Eppure, più guardava quel viso celato tra i chiaro scuri di quelle catacombe, più non poteva smettere di tornare a posare i suoi occhi su di lei.
Ad un certo punto vide la ragazza portare una mano dietro la nuca e tirare via l’elastico che teneva legati dietro i capelli.
Sebbene avesse comandato al suo cervello di smettere di guardarla, fu attirato dalla sua chioma rossiccia lasciata ondeggiare sulle sue strette spalle.
Questi erano spettinati e leggermente mossi visto che erano stati legati a lungo, eppure la delicatezza con la quale contornavano il suo viso e il suo collo le conferiva quella femminilità cui lui non poté smettere di togliere gli occhi.
Improvvisamente, poi, quasi sbandò quando vide la rossa alzarsi e fare per avvicinarsi.
Fu qualcosa che lo turbò profondamente.
Non fu sicuro se ella se ne fosse accorta o meno, fatto stava che la sua riluttanza nell’averla accanto sembrò mettere a disagio anche lei a un primo impatto.
Tuttavia Claire sembrò non curarsi troppo della cosa, infatti si sistemò a pochi centimetri da lui, una distanza tale che le permettesse di guardarlo negli occhi.
Ella tese un braccio nella sua direzione, allungandogli qualcosa.
Il biondo Ashford stette più tempo a contemplare la sua vicinanza che quel che lei gli stava porgendo. Era abbastanza nuovo per lui trovarsi in una situazione simile, avere a che fare con altri esseri umani che fossero estranei al suo mondo; era visibilmente disorientato.
Claire trovò tenero in qualche modo l’espressione corrucciata di lui, evidentemente a disagio, forse molto più di lei.
Alfred le rivolse le sue iridi azzurro cielo, non importandosi di essere stato immobile per diversi secondi prima di decidersi ad abbassare lo sguardo e vedere cosa lei gli stesse allungando.
Tuttavia, non appena riconobbe la copertina rigida finemente decorata che rivestiva il piccolo libricino che lei aveva fra le dita, il biondo si agitò di colpo e strappò con veemenza l’oggetto fra le mani della Redfield.
Claire sorrise velatamente nel vedere l’occhiataccia che il biondo le rivolse.
In effetti conosceva il contenuto di quel diario e non c’era da stupirsi di quella reazione.
Il ragazzo intanto strinse il suo diario fra le dita, mentre dentro di sé sentì ribollire uno strano sentimento misto alla rabbia e al senso di imbarazzo. Come aveva osato Claire rendergli quel suo prezioso cimelio in modo tanto impudente?!
Subito lo ripose dentro la tasca interna della sua giacca, dopodiché evitò categoricamente il viso della giovane.
La Redfield si sentì leggermente in colpa nell’avergli ridato il diario in quel modo, ma d’altronde non esisteva un’alternativa più ‘delicata’. Le sembrava invece più giusto che esso tornasse fra le mani del suo proprietario; tanto ormai aveva messo le carte in tavola, era inutile nascondersi dietro un dito.
La ragazza cominciò a guardarsi attorno, perlustrando in modo distratto quei sotterranei opprimenti e maleodoranti di umido dove al momento i due erano costretti a stazionare.
 
“Dove siamo esattamente?”
 
L’uomo non rispose, fu come se la rossa non avesse proferito alcuna parola.
Egli stette sulle sue, nascondendo il suo sguardo in un’espressione vaga e non curante. Claire sospirò silenziosamente, non potendo accettare in cuor suo il fatto che lui non la volesse nemmeno render partecipe di dove fossero.
Non che ci fosse molto a capirlo; si trattava di una sorta di fognatura sotterranea, o qualcosa del genere. Soltanto che non si aspettava che lui fosse algido a tal punto.
 
“Certo che si congela qui dentro.”
 
Alfred attizzò l’orecchio, sorpreso che Claire avesse ancora voglia di fare conversazione.
Non era stato difficile accorgersi di quell’approccio ‘amichevole’ da parte sua, tuttavia era inutile. Lui non aveva alcuna intenzione di interloquire con lei, qualunque cosa avesse fatto. Trovava a dir poco ridicolo anche il solo fatto che lei ci tentasse davvero.
Girò il viso, spazientito, indignato dalla sua insolenza, chiudendosi ancora una volta nel suo silenzio.
 
“Davvero tu e…Alexia…vivevate qui? Non mi sembra un posto molto accogliente.”
 
Aggiunse improvvisamente la ragazza, cogliendolo di sorpresa, dicendo quella frase dal bel mezzo del nulla.
Stava cercando di sfruttare le informazioni carpite dal suo diario per comunicare con lui? Era folle?
Alfred dapprima le lanciò un’occhiata di disgusto, tuttavia rimase silente.
Claire, dal suo canto, volle mettere in mezzo anche Alexia nel discorso, questo nella speranza che magari lui si sentisse più a suo agio.
In effetti, lei era ancora restia nel credere se quella donna esistesse attualmente oppure no, erano tanti i miseri a riguardo; ciononostante, volle dare per buono quello che il biondo aveva scritto di lei quindi cercò di fare il suo gioco.
Era curiosa di sapere se sarebbe riuscita ad arrivare a lui e farlo aprire in qualche modo, doveva solo essere perseverante; sebbene con un soggetto come Alfred fosse arduo.
Egli era chiuso ermeticamente nel suo piccolo mondo e sembrava non avere alcuna intenzione di darle ascolto.
Eppure nel suo diario egli aveva espresso più volte il suo desiderio di contatto umano…allora perché continuava ad essere così restio?
Fino a che punto si trattava solo di Alexia?
Lo osservò mentre divagava con lo sguardo, per nulla interessato a rispondere alle sue domande, e la cosa cominciò a indispettirla. Tuttavia non voleva cedere per così poco. Se Alfred credeva che sarebbe stato così facile azzittirla, si sbagliava.
Lei era una persona molto paziente e avrebbe atteso.
Voleva giocare al ‘gioco del silenzio’ ?
Molto bene, non era un problema per lei.
La ragazza così abbracciò di nuovo le gambe, portandole al petto, rimanendo vaga con lo sguardo.
Nessuno dei due proferì nulla, fu un momento molto lungo che sembrò durare un’infinità, questo proprio perché internamente entrambi provavano profondo disagio.
Tuttavia nessuno dei due voleva cedere, ragion per cui stettero immobili a lungo, ognuno in compagnia dei propri pensieri.
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Note:
 
* citazione di Lucrezio
 
* citazione di Francis Quarles
 
* citazione di Eraclito




 
  
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