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Autore: cin75    05/03/2017    4 recensioni
Quando la musica è la colonna sonora di un grande amore. Un sottofondo dalle note più gioiose a quelle più drammatiche.
E Jared e Jensen ne sono l'ispirazione e ne vengono ispirati al tempo stesso.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jared Padalecki, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Poi il vuoto.

Jensen schivò il braccio di Misha, un sguardo stentato all’altro lato verso Jared e poi quel passo, l’ultimo passo. E si lasciò cadere.
Quello che  non aveva preso in considerazione fu il gesto istintivo di Jared , terrorizzato all’idea di perderlo.
Infatti il giovane violinista agì con gesto dettato non solo dalla sua forza, ma anche dalla semplice disperazione di star per perdere Jensen in quella maniera assurda.
Il suo corpo si lanciò veloce verso quello di Jensen  e lo prese letteralmente al volo. Lo afferrò forte per un braccio e con l’altra mano lo agguanto più stretto che poteva per il polso.

Jensen penzolava nel vuoto attirato dalla forza di gravità, verso il basso. Jared, sopra di lui, faceva ricorso a tutte le sue forze per riuscire a trattenerlo. Gridò aiuto a Misha che tiratosi velocemente su dopo aver  mancato Jensen, gli fu vicino e lo aiutò a tirare su l’amico.
Lo tirarono su a forza di braccia, dato che Jensen pareva non aver più alcuna volontà o forza. Poi un braccio di Jared gli avvolse i fianchi. Il giovane puntò con fermezza i piedi a terra e in quel contraccolpo tirò verso di sè Jensen e i due caddero insieme all’indietro, verso il pavimento del terrazzo, mentre Misha scivolava con la schiena lungo il parapetto interno del terrazzo. Sfinito.

Davanti agli occhi di Misha tutto sembrava essersi svolto a rallentatore e ora vedeva i due ragazzi, allungati a terra. Uno accanto all’altro. Jared che stringeva ancora per la vita, Jensen, che invece, ancora in uno stato confusionario piangeva e continuava a dire che era colpa sua, che non meritava la felicità che stava provando.
Il bruno si avvicinò loro e aiutò Jared a rimettersi in piedi e poi tutti e due , cercarono di far alzare anche Jensen, che sembrava una bambola di pezza nelle loro mani.
“Vieni , ti porto a casa!” fece Misha, mentre Jared era ancora decisamente sotto choc.
Il violinista aveva agito, lo aveva salvato, ma era come se ancora non se ne fosse reso conto. E soprattutto era come se stesse metabolizzando il gesto che stava per compiere il compagno.
“E’ colpa mia….è colpa mia….” biascicava Jensen sempre più piano, sempre più flebilmente.
Fin quando la sua voce non divenne un sussurro. Fin quando l’effetto dell’adrenalina non scomparve del tutto e le sue gambe cedettero definitivamente.
“Oddio!” esclamò Misha che si ritrovò il peso dell’amico, svenuto, addosso.
“Tranquillo, lo prendo io.” si fece avanti Jared, che prese Jensen da sotto le braccia e lo issò, così da potergli passare l’altro braccio sotto le gambe e portarlo in braccio.
 
Vicky non aveva avuto il coraggio né di restare in strada né di raggiungerli in terrazzo e così si era fermata a metà strada. Non aveva visto penzolare Jensen nel vuoto.  E così in trepidazione attendeva davanti ai loro appartamenti.
E quando vide scendere prima Misha e poi Jared con in braccio il corpo di Jensen, si portò le mani alla bocca esclamando un “Mio Dio!!” di ringraziamento ma anche di visibile apprensione. Corse ad abbracciare il ragazzo che la consolò baciandole la fronte e carezzandole i capelli.
“Prepara qualcosa di caldo, tesoro, per favore. Sarà una lunga notte!” le disse dolcemente.

La ragazza obbedì e mentre Misha apriva la porta dell’appartamento di Jensen e faceva strada a Jared fino alla camera da letto, lei preparò delle tisane calde e rilassanti. Ritenne che non era il caso di preparare del caffè, almeno non per Jensen.
 
Quella notte passò lenta, sfiancante. Misha e Jared si alternavano accanto a Jensen che , rannicchiato in una struggente posizione fetale, era ancora incosciente. Di tanto in tanto , il suo corpo, veniva scosso, da silenziosi singhiozzi e da insensate scuse e sensi di colpa.
Verso le quattro del mattino, quando anche Vicky crollò esausta sul divano, Jared si affacciò alla camera da letto di Jensen. Osservò il ragazzo che di tanto in tanto gemeva in quel suo sonno incosciente  e poi guardò l’amico che lo vegliava.
“Posso parlarti?!” fece a bassa voce.
Misha osservò Jensen e raggiunse Jared nell’altra stanza , ma non chiuse la porta della camera da letto. Giusto per sicurezza e per avere sempre la visuale del letto in cui c’era Jensen.
“Spiegami!” fu la semplice richiesta.
“Jared io non credo di dover…”
“Ok! Ascoltami. So che stai per dirmi che deve essere lui a farlo. Che non tocca a te. Ma per la miseria, sono stato con Jensen per quattro mesi e non lo ha mai fatto quindi vuol dire che non vuole farlo e tu sembri l’unico che sa tutto. E siccome non voglio….non voglio…che una cosa come stasera succeda di nuovo…te lo richiedo: spiegami!” e la sua voce era risoluta tanto la sua richiesta.

Misha sospirò e lanciò l’ennesimo sguardo alla camera alle sue spalle.
Poi decise. Jared , dopo quell’assurda notte, aveva il diritto di sapere tutto.
“Circa tre anni fa Jensen aveva un concerto alla Casa Bianca, invito personale del Presidente. Puoi solo immaginare il suo stato d’animo e dopo essersi informato, chiamò i suoi genitori e chiese loro di partecipare al concerto. Li stremò, li tempestò di telefonate, fin quando i due , accettarono e affrontarono il viaggio. La sera del concerto Jensen era al settimo cielo. Si esibiva per il presidente degli Stati Uniti, alla Casa Bianca, su un pianoforte su cui molto probabilmente altri presidenti avevano suonato e i suoi genitori erano con lui, lì, ad essere fieri di ciò che aveva raggiunto. Quando la serata stava per finire, i genitori di Jensen si congedarono in anticipo. Ma purtroppo Jensen non poteva andarsene. Allora i due chiamarono un taxi dicendo al figlio che lo avrebbero aspettato in albergo.”, raccontò Misha, ripensando agli accadimenti tragici di quella sera che di tragico non avrebbe dovuto avere niente. “Tre isolati dopo, un rimorchio non si fermò al rosso e prese in pieno il taxi. Da quello che ci dissero in seguito , il padre di Jensen morì sul colpo…”
“E la madre?!”
“…morì sull’ambulanza. Non arrivò nemmeno al pronto soccorso!” riferì ancora dispiaciuto.
“Mio Dio!”
“La polizia informò la sorveglianza del Presidente che naturalmente, dopo averlo preso in disparte, lo informarono di tutto. Jensen non se l’è mai perdonata!”
“Fu un incidente, Misha!!Ma cosa doveva perdonarsi?” chiese stranito Jared.
“Di averli convinti ad andare a Washington, di non averli accompagnati in albergo. Di aver deciso di restare al party della Casa Bianca invece di andare con loro. Di tutto. Jensen si incolpa di tutto quello che è avvenuto quella sera.” Fu la risposta che tante volte Jensen aveva dato a quella stessa domanda.
“Perché sei andato nel panico quando hai visto le cose che aveva lasciato in giro per stanza!?” chiese poi , il giovane.
“Dopo il funerale dei suoi è diventato apatico, spento. Rifiutava di mangiare, di uscire. Aveva smesso perfino di suonare. Anzi, credo che per un po’ abbia addirittura odiato la musica. C’ho messo mesi a tirarlo fuori dal nostro appartamento di Cleveland. Ha fatto un passo alla volta ma lentamente ricominciava a vivere anche se a volte aveva i suoi momenti di depressione. Circa un anno e mezzo fa ebbe un nuovo crollo, quando gli proposero la tournè, ma riuscii a tirarlo fuori da quel nuovo tunnel, ce lo spinsi fuori quasi a calci!!”  ricordando gli ultimi anni prima della Juilliard. “E poi, quando mi resi conto che non ce la faceva a continuare, che non era ancora pronto, gli proposi l’insegnamento alla Juilliard. È andata bene e lui sembrava stare ogni giorno meglio e poi sei arrivato tu e lui….Dio!, lui era tornato ad essere il vecchio Jensen e io…ho abbassato la guardia. E come uno stupido ho dimenticato di tenerlo sotto controllo proprio questo dannatissimo giorno!” si rimproverò amaramente Misha. “Ma io…io non pensavo che questa sua felicità avesse un effetto simile sulle sue emozioni. Pensavo che il tuo amore e l’amore che lui prova per te, si sarebbero dimostrati più forti del suo stupido senso di colpa e del suo dolore.”
“Cosa posso fare per aiutarlo? Io non ce la faccio a vederlo così!” disse il giovane mentre apriva appena la porta della camera in cui riposava Jensen.
“Stagli vicino Jared. Non lasciarlo da solo. Fagli sentire che lo ami, nonostante stasera. Fagli capire che gli starai accanto.” gli suggerì con apprensione e dolcezza.
“Certo….certo che sarà così. Lo rimetterò in piedi. Mi assicurerò che stia di nuovo bene. Poi lo prenderò a pugni e poi lo rimetterò di nuovo in piedi.” provò a scherzare il giovane.
Misha gli sorrise. “Sì. Una bella bastonata gli farebbe bene!” rispose. “Sentì, io porto Vicky a casa sua. E’ distrutta. Torno tra dieci minuti!” gli disse Misha mentre  si avvicinava alla sua ragazza e la scuoteva delicatamente. “Piccola, vieni , ti porto a casa!”
“Ma Jensen??…cosa…”
“Tranquilla, sta dormendo. E poi c’è Jared con lui. Non c’è bisogno che tu stia ancora qui. Ti porto a casa così riposerai un po’!” fece amorevolmente, prendendole la mano.
 
Come detto, Misha ci mise poco più di un quarto d’ora a tornare a casa di Jensen e trovò Jared esattamente nella stessa posizione in cui l’aveva lasciato. Appoggiato allo stipite della porta della camera da letto, intento ad osservare ogni minimo movimento di Jensen.
“Dorme ancora?!” e il giovane annuì. “Vieni, ti preparo un caffè!”
Jared lasciò la porta aperta e raggiunse l’amico al bancone della cucina. Si scambiarono appena qualche altra battuta. Troppo stanchi per affrontare altri discorsi. Troppo provati per sostenere altre emozioni.
Fin quando non furono costretti a farlo.
 
Era quasi l’alba e Misha stava preparando altro caffè mentre Jared era ancora seduto al bancone della cucina.
Jensen attirò la loro attenzione schiarendosi appena la voce. Jared si voltò di scatto verso di lui e così fece Misha.
Ma fu il violinista il primo ad andargli incontro.
   
 
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