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Autore: scarletredeyes    05/03/2017    2 recensioni
Un tentativo fallito di dichiararsi alla persona che gli piace e Hayden dovrà fare i conti con qualcosa... o meglio qualcuno che prenderà la sua vita mettendola completamente sottosopra.
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Storia nata come one-shot e leggermente ampliata.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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DEAR FRIEND,

SO THIS IS HOW IT ALL BEGAN

 

Vi è mai capitato di imbattervi in sentimenti sinceri, semplici e profondi, descritti su carta con una passione tale da lasciarvi incantati? Vi è mai capitato di innamorarvi di semplici parole, innamorandovi poi anche un po' inconsciamente di chi le ha scritte? Vi è mai capitato di ricevere una lettera d'amore talmente bella da lasciarvi senza parole? E se un giorno, per caso, trovaste tutto questo nel vostro armadietto a scuola, ma leggendo attentamente vi accorgeste che in realtà il vero destinatario di tanta premura non siete voi? Cosa fareste?

 

 

 

"Vai Hayden! Questa è la tua occasione d'oro e non c'è anima viva intorno!"

Preso coraggio il ragazzino fece forza sulle gambe alzandosi dalle scale su cui si era appollaiato e si diresse poi a passo spedito verso gli armadietti di quelli del quinto anno deciso ad imbucare la sua lettera d'amore.

Non era propriamente una lettera d'amore però quella che teneva stretta fra le mani, quanto piuttosto una confidenza libera e spontanea che aveva sentito il bisogno di mettere in ordine per iscritto e che aveva sentito la necessità di recapitare all'oggetto delle sue attenzioni. Non si aspettava una possibilità dal destinatario del biglietto, né che potesse nascere alcun tipo di rapporto. Voleva solo che la persona a cui era indirizzato quel sentimento ne venisse a conoscenza. Era solo un modo piuttosto sicuro di confessarsi visto che non avrebbe mai avuto il coraggio di dichiararsi faccia a faccia. Dopotutto il ragazzo a cui aveva deciso di scrivere era solo il più popolare dell'istituto.

Brandon Raynolds aveva fatto breccia nel suo cuore già un anno e mezzo prima compromettendo per sempre la sua intera esistenza e anche la sua già scarsissima autostima. Era successo tutto per puro caso a dire la verità e mai prima di allora Hayden era stato così grato al destino. Un suo compagno di classe lo aveva invitato ad assistere ad una partita di hockey, lo sport ufficiale della scuola, supplicandolo per giorni fino a sfiancarlo. Lui alla fine aveva accettato del tutto controvoglia aspettandosi solo una rottura di scatole di alta qualità. Alla pausa di metà tempo però si era dovuto ricredere quando da sotto un elmetto era spuntata una chioma riccia e bionda che lo aveva letteralmente sconvolto. Il viso incorniciato da quei raggi di sole era così delicato, perfetto, ma al contempo mascolino e deciso che era rimasto imbambolato almeno dieci minuti con lo sguardo fisso sulla sua figura, tanto da sembrare quasi un maniaco psicopatico. Perché non si era mai accorto che esistesse un angelo del genere nella sua scuola? Lo aveva sentito parlare ai compagni con una voce profonda e appassionata che gli aveva fatto correre un brivido lungo la schiena e aveva sentito la sua anima dannarsi per sempre non appena lo aveva visto sorridere. Da allora aveva fatto di tutto anche solo per riuscire a vederlo da lontano cinque minuti al giorno apparendo dall'esterno sul serio un depravato, ma a lui non importava nulla.

Era venuto a conoscenza del suo nome solo pochi giorni dopo apprendendo soprattutto che per il diretto interessato non faceva molta differenza se a chiedergli di uscire fosse stata una ragazza o un ragazzo. Avrebbe dovuto rallegrarsi di questa scoperta, però al contrario invece che esultare, Hayden si era sentito ancora più depresso al solo pensiero di non potersi avvicinare in alcun modo a qualcuno di così popolare. Era volato via più di un anno senza che lui se ne accorgesse e senza che i suoi sentimenti fossero mutati minimamente, non era riuscito ad approcciarlo nemmeno mezza volta, ma nonostante tutto alla fine Hayden aveva deciso: gli avrebbe fatto ad ogni costo sapere che nel mezzo della marmaglia di studenti in quella scuola, c'era qualcuno che nutriva quel tipo di sentimento per lui.

Così con il cuore in gola e l'ansia di essere scoperto, voltò la testa a destra e a sinistra come minimo una quindicina di volte prima di prendere un bel respiro e decidersi a compiere l'opera che stava tentando da tempo immemore.

Le mani tremavano talmente tanto da sembrare possedute e per l'ennesima volta si ritrovò a pensare che anche questa volta l'emozione lo avrebbe fatto fallire!

"No Hayden, calma! Ce la devi fare! Sono settimane che compri ogni giorno una rosa nuova... devi porre fine a tutto questo, sennò a finire sarà la tua paghetta! Ok... lo faccio."

Prese un altro bel respiro e avvicinò la mano allo sportello. La sottilissima carta decorata aveva appena fatto in tempo a sfiorare il freddo metallo grigio, quando dei passi provenienti dal fondo del corridoio distrassero il giovane dal suo compito facendolo sussultare.

«Amico, quella deve essere davvero tosta, insomma... Megan!? Andiamo. Troppo anche per te.» diceva uno dei tre ragazzi che si stavano avvicinando pericolosamente troppo verso di lui.

"Oddio e ora che faccio!?" si chiese ormai nel pallone "Imbucala e scappa!" ordinò perentorio a sé stesso. Non poteva permettersi di rimandare di nuovo!

«Secondo me invece riesco a farmi dire di sì e anche a farmela!» rispose la voce di un altro ragazzo, sempre più vicino, ridendo sguaiatamente.

Con gesti frenetici e frettolosi, Hayden fece scivolare il foglietto nell'armadietto attraverso le piccole aperture e vi incastrò in mezzo la rosa rossa infilata in una piccola ampolla per fioristi. Poi, senza guardare indietro, schizzò via come se avesse il diavolo alle calcagna evitando per un soffio la comitiva che aveva appena svoltato l'angolo.

Una volta fuori nel cortile, tirò un profondo respiro di sollievo pensando al fatto che finalmente aveva compiuto la missione impossibile. Era riuscito a mettere i suoi sentimenti su carta, a comprare un bellissimo fiore per sottolineare l'importanza di quello che sentiva e aveva messo il tutto nell'armadietto di Brandon con successo. Un sorriso felice comparve sul suo viso e vittorioso si apprestò ad uscire dal cancello della Hamilton High School con il cuore più leggero.

Ripercorse quegli istanti passo passo nella sua mente, ancora sotto l'effetto dell'adrenalina. Non credeva ne sarebbe mai stato capace e invece sorprendendo sé stesso era davvero riuscito a imbucarla con successo. Camminando camminando stava già immaginando la faccia di Brandon mentre apriva il suo armadietto per trovare...

"Oh no!" urlarono terrorizzati i suoi pensieri facendolo bloccare sul posto come una statua di ghiaccio.

Il sorrisino man mano si trasformò in una smorfia preoccupata e giurò di poter sentire almeno una ventina di sirene d'allarme suonare nella sua testa, mentre lo stomaco si contorceva dall'ansia. "Vi prego, ditemi che non l'ho fatto sul serio!" pensò spaventato "Ho davvero sbagliato armadietto!" constatò sentendo una fitta d'ansia allo stomaco. Il guaio di cui si accorse effettivamente troppo tardi era che aveva posto il tutto nell'anta più a destra attaccata al muro, invece che in quella immediatamente a sinistra! Tutto perché era stato preso dalla foga!

"Uno sfigato, ecco cosa sono! Un emerito incapace!" imprecava mentre decideva sul da farsi.

Poteva sempre tornare dentro, ma anche bene l'avesse fatto ormai non c'era modo di poter recuperare la pagina. L'unica alternativa sarebbe stata quella di scassinare il mobiletto, ma non poteva certo permettersi di fare una cosa del genere! Se lo avessero beccato lo avrebbero espulso a pedate nel didietro. Ma il peggio doveva, in ogni caso, ancora venire perché - con tutte le persone all'interno della scuola - lui aveva appena finito per recapitare il suo più intimo pensiero al migliore amico della sua cotta, alias all'essere meno raccomandabile che esistesse.

"Dean Collins. Ho confessato il mio amore a Dean Collins!", pensò in tilt, mentre si portava le mani a coprirsi il volto desiderando di sparire all'istante. "No, ho comunque scritto il nome di Brandon... credo, ormai non sono più sicuro di niente!" osservò confuso.

Poteva solo immaginare quello che Dean avrebbe fatto una volta letta la lettera: lo avrebbero preso in giro a vita, se non anche peggio. Poco, ma sicuro. O almeno questo era quello che qualcuno come lui avrebbe pensato di fare. Poteva già vedere le fotocopie della sua confessione - con in allegato la sua foto - a tappezzare le pareti di tutta la scuola e forse anche degli immediati dintorni. Dean sarebbe stato capace di rendergli la vita un inferno e alla fine ci avrebbe rimediato una pessima figura anche con Brandon!

Rimase bloccato nella stessa posizione per almeno dieci minuti pensandole tutte, ma non trovando comunque una soluzione al suo problema. Si apprestava ad arrivare davvero un anno scolastico indimenticabile.

"Sei un idiota, Hayden. Davvero un idiota."

 

 

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Fermo davanti al suo armadietto Dean continuava a rigirarsi fra le mani quella lettera sentendo crescere dentro una specie di prurito fastidioso tale da lasciarlo per un attimo interdetto.

Fra tutte le melense, superficiali, mal scritte e vomitevoli confessioni d'amore che aveva ricevuto, quella era particolare. Forse addirittura unica nel suo genere. In breve, gli piaceva.

L'aggiunta del fiore poi era come se avesse avuto il potere di accentuare ancora di più quei sentimenti così ben scritti in quelle poche righe e non risultava affatto banale. Era più una poesia che una confessione, tanto le parole si mischiavano e si legavano fra loro unite con una grande maestria e precisione, tali da riuscire persino a colpirlo. La carta dalla grammatura pesante, la grafia leggera e svolazzante, il profumo di fiori che emanava il biglietto... tutto sembrava essere stato studiato fin nei minimi dettagli, con così tanta cura e amorevolezza da risultare quasi stomachevole. Era un vero peccato però che il destinatario di tanta premura non fosse lui, sarebbe stato bello potersi vantare di una cosa del genere... ma in fondo pensandoci bene alla fine per lui non sarebbe cambiato granché.

Dean Collins odiava le persone.

Odiava tutto dello stare in compagnia con qualcun altro e forse odiava ancora di più il fatto che grazie, o per colpa, del suo migliore amico fosse diventato un'altra specie di "idolo" a cui rompere le palle continuamente. Voleva bene a Brandon con tutto sé stesso, da quando forse avevano imparato a camminare ed era probabilmente l'unica persona che riusciva a tollerare, ma non sopportava neanche lontanamente tutta l'orda di sbavanti individui che si trascinava dappertutto e che finiva inevitabilmente per stare col fiato sul collo anche a lui.

Lui in effetti, al contrario del biondo, era il ritratto dell'esuberanza e della voglia di sbandierare tutto il suo essere nei più svariati modi rimanendo però ben distante dal resto della massa. Era spaccone, a tratti volutamente sgarbato e forse più di tutto il resto, estremamente antipatico. Brandon invece era davvero più modesto, solare e socievole, si accontentava e non si dava per niente tutte quelle arie da divo al contrario suo. Eppure nonostante non fosse comunque così estroverso, espansivo ed esibizionista, riusciva lo stesso ad attirare una grandissima quantità di ragazze e ragazzi attorno a lui che puntualmente cadevano ai suoi piedi quasi storditi.

Quello che al contrario attirava di Dean non era esattamente la simpatia. A lui non ci si avvicinava per fare conoscenza o per stringere amicizia, ma solo ed esclusivamente perché folgorati da tutto quel carisma. E praticamente nessuno poteva vantare di essere riuscito ad entrare nelle sue grazie. Amava dare sfoggio di sé, amava stare al centro dell'attenzione, ma non amava la popolarità, anzi, lui odiava proprio il contatto con le altre persone. Era legato all'idea di poter decantare le sue capacità e suscitare ammirazione negli altri, ma odiava l'attaccamento morboso nei suoi confronti.

Si definiva molto antisociale, eppure nonostante il pessimo caratteraccio, che secondo lui non era un problema suo e il suo continuo ostentare la propria superiorità, era sempre circondato da un agglomerato di individui che cercavano approvazione in tutto e per tutto. Non riusciva in nessun modo a scrollarsi di dosso quel ruolo che non gli apparteneva perdendo per sempre la possibilità di starsene tranquillo e beato per i cavoli suoi.

In effetti Dean amava la solitudine e molto raramente si interessava di quello che accadeva intorno a lui. Essere circondato da gente falsa che - nella maggior parte dei casi - non aveva nemmeno intenzione di conoscerlo sul serio non gli faceva né caldo né freddo e avere amici gli interessava ancor meno. Lui usava e sapeva di essere usato, nulla di più. Era sempre stato così, almeno da quando aveva capito come girava il mondo e aveva fatto dell'indifferenza e della diffidenza le sue armi più importanti. Niente era in grado di smuoverlo, se non quello che gravitava direttamente attorno a lui stesso, come il peggiore dei narcisisti.

Quella lettera appena trovata, invece, lo stava irritando profondamente e inspiegabilmente oltre misura. Probabilmente era stata solo la sua inattaccabile autostima a risentirne, dato che non capitava tutti i giorni di ricevere confessioni destinate ad altri e per giunta così particolari!

Prese a giocherellare col foglietto rileggendo le ultime righe e quella firma anonima che lo stava davvero facendo innervosire. Perché doveva firmarsi come "H."!? Perché una stupida iniziale!?

"O vuoi far sapere chi sei, oppure no!" pensò ancora più infastidito.

Brandon di sicuro avrebbe tenuto lo stesso quel biglietto ringraziando con lo spirito o altre stronzate del genere chiunque ci fosse dietro. Lui invece era così impermeabile e menefreghista nei confronti del resto della popolazione mondiale che lo avrebbe stracciato e gettato nella pattumiera nel giro di due millesimi di secondo accompagnando il tutto con l'imitazione di un conato di vomito - come faceva del resto ogni volta che trovava della disgustosa carta rosa nel suo armadietto -. Eppure, mai prima di allora si era sentito così combattuto.

Più guardava quella lettera e più sentiva il fastidio crescere dentro fino quasi a vibrare.

Con uno scatto secco chiuse l'anta di metallo, quasi con stizza. Guardò di nuovo il foglio pensando per una frazione di secondo di imbucarlo al posto giusto, pensando che Brandon dovesse venire a conoscenza di quella piccola perla. D'altro canto il vero destinatario era lui.

"Ma chi me lo fa fare!?" si ritrovò poi a pensare allontanandosi a grandi passi dal corridoio, dirigendosi verso l'uscita. Non avrebbe mai dato quel biglietto a Brandon, qualcosa nella sua testa gli diceva di non farlo.

Si fermò di nuovo al centro del pianerottolo guardando ancora quella firma assurda. Era estremamente curioso di capire di chi si trattasse, bruciava dentro per la prima volta la necessità di guardare in faccia l'individuo che si nascondeva dietro quelle parole, dietro quel sentimento. Era una voglia che non aveva mai sentito nemmeno per le confessioni a lui indirizzate. Però non poteva fare a meno di sentirsi in conflitto con sé stesso. Non riusciva a capire perché gliene importasse così tanto se nemmeno riguardava lui direttamente... e forse era questo il problema! O almeno credeva.

Sentì di nuovo la stizza affiorare e in quel momento decise che doveva trovare a tutti i costi il mittente e sfogare tutta la sua stronzaggine su quel poveretto che aveva appena finito per commettere l'errore più grande della sua intera esistenza.

Non era solo semplice voglia di umiliare e prendere in giro chiunque avesse deciso di compiere una mossa così azzardata fallendo miseramente come un povero scemo, c'era dell'altro e questo altro era forse ancora più terrificante.

Ci avrebbe guadagnato un bel passatempo con quella storia, ne era sicuro, dopotutto chicche del genere non capitavano mica tutti i giorni!

Il problema però restava il capire chi diavolo si nascondesse dietro quella firma, di per sé decisamente ambigua. Conosceva fin troppe persone con quell'iniziale e non era neppure sicuro che si riferisse ad un nome e non a un cognome. Probabilmente sarebbe comunque bastato fare due domande in giro per avere la risposta che cercava e una volta trovato il colpevole, avrebbe avuto inizio il vero divertimento.

Prima di uscire definitivamente dall'istituto, nascose il foglietto nella tasca della giacca piegandolo precisamente in quattro parti stando attento a non rovinarlo, guardando il fiore che teneva ancora in una mano decidendo di tenerlo. Lo avrebbe tenuto solo ed esclusivamente come pegno, come un risarcimento.

Sorrise infine soddisfatto, sicuro di aver appena trovato qualcosa di interessante con cui intrattenersi nei giorni a seguire.

   
 
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