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Autore: SemplicementeCassandra    06/03/2017    1 recensioni
Da bambina qualcuno mi disse "Ama, ama e non stancarti mai, perché nella vita non si ama mai troppo", ed io, testarda e orgogliosa fino al midollo, ho scelto di seguire il consiglio.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Amare troppo


Abbandonare questa casa è un colpo amaro, doloroso. Il profumo particolare, un misto tra panni puliti e biscotti appena sfornati, mi solletica le narici arrestando i miei passi in direzione della porta. Lascio vagare lo sguardo sulle pareti azzurrine, immacolate e spoglie, sul candido divano in pelle su cui abbiamo condiviso innumerevoli sigarette, noi due soltanto, avvolti da una nuvola di fumo con i muscoli stanchi e i corpi ancora macchiati dal sudore di una passione appena consumata.

Sospiro rumorosamente perché ripensare a quei ricordi riapre una ferita ancora fresca, che sanguina ogni volta che un profumo, un suono, un tocco mi riporta indietro ai giorni in cui ero felice.

Mi mancheranno quei muri solidi, un po' paterni, che ancora custodiscono l'eco delle nostre risate, lo schiocco di baci agognati, di quelli che consumano le labbra fino a renderle così gonfie e rosse che persino parlare risulta difficile.

Sotto la luce protettiva della Gran Madre, in una gelida serata di inverno torinese, avevamo promesso che avremmo combattuto contro tutto e tutti per non lasciarci travolgere dagli eventi, dalle malelingue o peggio ancora dagli errori del passato. I biglietti di un viaggio mai intrapreso mi sfidano dall'alto della credenza, se soltanto li avessimo sfruttati prima chissà cosa sarebbe cambiato. Ma la vita non si costruisce con i "se" e con i "ma", men che meno con i "forse". Bisogna saper affrontare gli eventi a pieno petto, sfidare la stessa vita in uno stato di natura dove non esiste pace. A volte, però, non si è abbastanza forti per mettersi alla prova, non si è pronti a mettersi in gioco fino in fondo ed io e te, caro Giovanni, siamo giunti al momento sbagliato.

Mi chiudo la porta di legno alle spalle, la mano destra trema visibilmente nel dare quel giro di chiave che ai miei occhi appare come un punto alla fine di un paragrafo, l'ultimo prima della conclusione. Quel paragrafo che si legge trattenendo il fiato perché già delinea quale strada seguirà il finale ma fa troppo male pensare che la conclusione sia priva di un lieto fine, di una pagina ancora che ci faccia sorridere e magari sognare.

La campana portachiavi tintinna nella mia presa mentre gradino dopo gradino esco da casa tua, dalla tua vita, le stesse che soltanto poche settimane fa ho creduto potessero diventare "nostre". Se qualcuno potesse vedermi in questo momento, noterebbe senza dubbio la schiena protesa in avanti che ben poco ha a che vedere con lo zaino carico di vestiti che porto sulle spalle, vestiti su cui è ancora impresso il profumo di noi. Come la felpa nera macchiata vicino alla cerniera in una sera come tante in cui, preso dalla foga, hai rovesciato un intero calice di vino rosso.

Nessun rumore mi accompagna, soltanto il silenzio in una Torino ancora assonnata. Percorre via Lagrange stringendomi maggiormente nel piumino monocolore, nessuno mi presta attenzione e non potrei esserne più felice. Un anziano signore fuma un sigaro su una panchina in pietra, dal panettiere all'angolo si diffonde nell'aria il profumo dei cornetti che tanto ami, ma lo percepisco appena così come i rumori che vengono attutiti dal un ronzio sordo nelle orecchie che da giorni non mi lascia scampo. Pochi passi, una decina al massimo, mi separano dalla tua tabaccheria, il punto fermo alla fine della pagina, duro, irremovibile, definitivo. Mi sembrano i dieci passi più lunghi di sempre, ne sento la fatica nelle gambe e per quanto il cuore mi implori di tornare indietro so che non posso, sono stata fin troppo codarda. Stringo i denti e rafforzando la presa sullo zaino trascino i piedi sulla ghiaia fino alla vetrata da cui riesco a intravedere due tuoi dipendenti assonnati ma indaffarati, come al solito in tua assenza. La porta stride distogliendo la loro attenzione dallo scaffale dei tabacchi.

<< Buongiorno, posso esserle...>> la voce del commesso, Luca, si affievolisce alla mia vista e nei suoi occhi leggo una pena e una compassione che non posso sopportare, non se il ricordo degli scherzi e delle risate insieme dopo la chiusura è ancora così fresco. Capisco che vorrebbe dire qualcosa, forse un "mi dispiace", inutile, come qualsiasi parola di uno spettatore che ha assistito alla nostra disfatta da un giorno all'altro. Ci siamo amati in silenzio e in silenzio abbiamo scelto di dirci addio, tra di noi, con uno sguardo e una carezza più tagliente di mille lame. Io e te soltanto, dal primo all'ultimo secondo.

<< Ciao Luca. Ti ho portato le chiavi, consegnale a Giovanni quando arriva, per favore >>. Mi mordo le labbra per non lasciarmi scappare l'abituale "a presto" con cui fumavamo un'ultima sigaretta prima che partissi per l'aeroporto, la domenica sera. << Ci vediamo! >> gli dico invece abbozzando un sorriso e lasciandogli cadere tra le mani quel mazzo di chiavi che avevo desiderato, idealizzato, e infine trovato impacchettato sotto l'albero di Natale. Le mie mani non sono mai state così vuote. Accarezzo un'ultima volta il bancone con lo sguardo e fuggo via a testa bassa per paura che qualcuno possa notare la lacrima che dispettosa mi macchia la guancia, prima che il freddo arresti la sua corsa vicino alle labbra.

Tra la nebbia del mattino e il freddo pungente penso, penso che nella vita si dicano un mare di stronzate. Non è vero che l'amore basta in una coppia, che finché c'è amore una relazione non finirà mai. Qualche volta l'amore è così burrascoso e potente da rompere qualsiasi argine, si trascina dietro i detriti, straschichi di cuore che non siamo stati capaci di proteggere.

Io e te Giovanni ci siamo amati, forse troppo, e quel troppo silenzioso è esploso distruggendoci. Non sono nemmeno stata capace di confessarti un "ti amo" a parole ma sono sicura che i miei gesti abbiano parlato al mio posto.

Da bambina qualcuno mi disse "Ama, ama e non stancarti mai, perché nella vita non si ama mai troppo", ed io, testarda e orgogliosa fino al midollo, ho scelto di seguire il consiglio. Ti ho amato, amato fino a non sentire più alcuna differenza tra la sua anima e la mia, ho amato senza riserve e senza respiro credendo che l'amore fosse un degno sostituto dell'ossigeno.

A dispetto delle dicerie, delle leggende popolari, ho sbagliato e ha sbagliato anche chi stringendomi la spalla mi ha consigliato. Ho amato, amato troppo, e alla fine ho perso tutto.

Cassandra:

Ogni riferimento a persone, cose, luoghi, è puramente casuale. 

Un piccolo sfogo in una sera di inverno, quando la casa diventa silenziosa e le emozioni iniziano a fluire implorandoti di essere liberate. Mi scuso per avervi sottratto del tempo, spero comunque di essere riuscita almeno a distrarvi per qualche minuto. Grazie a tutti voi che leggerete, a presto. 

  
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