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Autore: Daleko    06/03/2017    0 recensioni
Era bella, tra le più belle delle nobili della Svevia e forse anche dell'Allemagna tutta, eppure il suo viso era pensoso e intristito. Le lunghe ciglia fremevano nella brezza di fine estate e le gonfie labbra rosee mandavano, sussurrando, dolci parole alla Foresta Nera. Una voce d'uomo la colse d'improvviso, inducendola a voltarsi senza perdere l'equilibrio.
Genere: Fluff, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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3.
 
 
La cena volgeva a termine e le risate femminili s'intrecciavano sinuose con il suono degli archi. C'era un gran chiacchiericcio nella sala da pranzo e gli abiti costosi s'impregnavano del fumo che offuscava le figure. I fotografi ogni tanto chiedevano a qualcuno di posare: spalle indietro, labbra in fuori e occhi al di sopra della spalla, civettuole, in attesa che il rossetto si trasformasse in una fredda scala di grigi con cui condire i giornali. Katharine non si sentiva a suo agio tra quelle persone: pallida, ancora più bella con le labbra chiare arricciate in una smorfia infantile, sfuggì all'attenzione dei fratelli e tentò di rifugiarsi nella sala adiacente: più piccola e contenuta, appena più riservata, alla giovane ricordò l'interno di una noce. Ogni superficie era di legno e il bancone del bar l'attraeva come seno materno. Fece qualche passo all'interno della sala, osservando gli altri suoi pari rifugiatisi lì per conversazioni discrete, e i suoi boccoli biondi cominciarono ad arricciarsi fra le sue dita affusolate. Il disagio cominciava a svanire, lasciando posto a un turbamento che sperava di riuscire a dimenticare presto. Si avvicinò al bancone, schiudendo appena le labbra in direzione dell'uomo intento a riporre delle bottiglie. 
«Katharine von Hohenstaufen, Vi rifugiate lontana da Vostro fratello?» chiese una voce alle sue spalle. La ragazza si voltò lentamente, stendendo le braccia lungo i fianchi in una posa educata e sorridendo gentile. «Dai fotografi, temo. Voi quale scusa avete?» rivolse la domanda al giovane uomo davanti a sé. Di poco più grande di lei e di qualche centimetro più alto, gli occhi del suo conoscente sembravano essere anche più azzurri del solito. Alzò istintivamente la mano destra per riportarla ai capelli, ma distogliendo lo sguardo dagli occhi dell'altro, fissi nei suoi, il suo gesto venne frainteso: il ragazzo portò la gamba destra a piegarsi all'indietro in un breve inchino e la mano libera intercettò la sua. Katharine arrossì violentemente, lanciando un'occhiata intorno: aveva dimenticato di aver sfilato i guanti per poggiarli sul tavolo, dando così il tacito permesso di omaggiarla in modo formale. Le labbra del ragazzo sfiorarono galantemente il dorso della sua mano e il suo tocco era caldo e piacevole. Il baciamano terminò dopo un momento, ma il cuore della ragazza continuava a tremare. L'altro le sorrise. «Il richiamo del bourbon» rispose con tranquillità, alzando piano il bicchiere tenuto nella mancina. Katharine batté le palpebre un paio di volte: non l'aveva notato. «Oh!» soffiò con la bocca chiusa in un piccolo cerchio. Il ragazzo rise di gusto scoprendo i denti bianchi. «Guardatevi, Katharine, non siete cambiata affatto! Siete sempre la giovane donna più bella dell'Allemagna. Qual è il vostro segreto?» la prese in giro prima di riportare il bicchiere alle labbra. Non interrompeva il contatto visivo e la ragazza si sentiva sempre più imbarazzata: le gote purpuree la rendevano, se possibile, ancora più bella. «Uh, io...» balbettò per un istante. 
«Katharine, Hermann! Vedo che vi siete già incontrati» esclamò una voce. Entrambi si voltarono a guardare l'uomo in avvicinamento: sulla sessantina, vestito con eleganza nonostante il fisico poco atletico e con una tuba simile a quella di Heinrich ben dritta sul capo. Gli occhi erano appena più grigi di quelli dell'altro e i capelli ormai bianchi, ma nonostante i segni dell'età Katharine lo riconobbe facilmente come il padre del ragazzo. «Duca Konrad von Lothringen, è sempre un piacere vederVi» lo salutò rispettosamente alzando morbida la mano destra. Il duca s'inchinò in modo più elegante del figlio e le sfiorò con un soffio il candido dorso della mano. Katharine ricambiò il saluto con un rispettoso cenno del capo. «Stavo giusto parlando con Vostro fratello. È molto tempo che non si partecipa a una battuta di caccia assieme. Ricordo meravigliose giornate in compagnia di Vostro padre. Non si fermava neppure dinanzi alla neve fresca: quanto hanno patito, quei poveri cavalli» raccontò ridendo di gusto. Hermann colse al volo l'occasione. «Sarei onorato di esplorare la Foresta Nera in Vostra compagnia, Katharine. L'ultima volta che ho visitato la Svevia eravamo troppo piccoli per cavalcare» ricordò anch'egli con un sorriso. Katharine arrossì di nuovo. «Oh, Hermann, non sono poi così brava a cavallo. Ho spesso preferito visitarVi in Lorena, da bambina: i parchi della vostra magione sono unici in tutta l'Allemagna» ricambiò con un timido sorriso; il continuo contatto visivo con l'altro le scuoteva le membra. Finalmente Hermann cercò l'altro uomo con lo sguardo. «Mio padre ha una vera mania per gli animali esotici» scherzò prima di tornare con l'attenzione su di lei. Prese un altro sorso dal bicchiere quasi vuoto. «Mi avete reso davvero felice, accettando l'invito per domani. È molto tempo che desideravo rivederVi» le mormorò con uno sguardo troppo penetrante per non risultare attraente. Katharine si voltò verso Konrad, ma l'uomo si era spostato di qualche passo per salutare altre persone. Si sentì in trappola e l'aria cominciò a mancarle. «Sì, la serata, Io... Temo di non sentirmi molto bene, Hermann, perdonatemi. La testa mi duole insopportabilmente» si congedò. Aveva la fronte imperlata di sudore e una mano venne portata alla tempia. Il ragazzo scrutò lo sguardo basso dell'altra, trovandola troppo pallida per essere in buona salute. «Katharine, necessitate di aiuto? Posso chiamare...» offrì il suo aiuto, ma venne interrotto subito dall'altra. «No, Hermann, Vi ringrazio per l'apprensione. Ho solo bisogno di stendermi, perdonatemi l'improvviso congedo» concluse con un filo di voce prima di dirigersi verso l'uscita. Hermann la fissò andar via con sguardo preoccupato; sembrava non riuscire a reggersi in piedi. 

Katharine si sentiva invasa dal panico. La cacofonia di suoni, odori e colori intorno a lei si confondevano con le lacrime che le offuscavano gli occhi chiari. Procedeva a fatica nella sala da pranzo; si appoggiò debolmente a una sedia, tremando visibilmente mentre con lo sguardo cercava la scalinata. Urtando qualcuno, malferma sulle gambe, risalì le scale discese poche ore prima con un diffuso senso di nausea. Il malessere l'avvolgeva come un manto troppo pesante.
«Käthe! Käthe, stai bene?» la raggiunse la voce preoccupata di suo fratello. La ragazza si voltò a guardarlo: era appoggiata al muro, con le dita artigliate sul legno del corrimano e la mancina stretta sul petto. Il cuore le batteva tanto forte da dolerle il petto, e mentre Heinrich saliva velocemente le scale lei non poté trattenere un gemito. Erano al coperto dalla sala, quindi potevano discorrere senza badare all'etichetta. «Käthe, cos'hai? Ti senti male?» Le chiese a voce bassa e con un'espressione accigliata a corrugargli il bel volto. Le mani le afferrarono le braccia coperte, appena sotto le spalle, e la strinsero per impedirle di tremare. «Heinrich, io non posso andare a quella serata domani. Vi prego. Non posso» si lamentò deglutendo a fatica. Alzò gli occhi su quelli ghiaccio del fratello, mentre le lacrime cominciavano a bagnarle le gote. Heinrich si corrucciò ulteriormente. «Katharine, non stai andando in sposa. È solo una serata...» provò a confortarla, ma la ragazzina scoppiò in lacrime. Stupito, il moro la strinse a sé portandole una mano dietro la nuca. «Calmati, calmati! Katharine, non puoi mettermi sempre in queste situazioni difficili... Ma stai tremando? Perché stai tremando?» le chiese ancora confuso. Si sciolsero dall'abbraccio in un tentativo della giovane di andar via. Heinrich la fermò nuovamente per un braccio. «Vi prego, Heinrich, lasciatemi stare... Per l'amor di Dio, lasciatemi stare...» si lamentava fra le lacrime, un piede già sul gradino successivo e il viso rivolto verso il piano superiore. Il fratello lasciò che salisse lo scalino, seguendo il suo passo senza lasciare la presa. La mano scivolò sul braccio fino a bloccarsi intorno al polso nudo: Heinrich non usava abbastanza forza da farle male, ma sapevano entrambi che non avrebbe potuto liberarsi dalla sua presa. «Käthe, ti lascio, ma spiegami perché rifiuti Hermann in questo modo. È una persona a modo, c'è sempre stata amicizia tra voi...» tentò di parlarle ma venne nuovamente interrotto. Katharine era scoppiata di nuovo a piangere. «Eravamo bambini, Heinrich! Bambini! Non ci sarà mai alcun affetto tra noi...» gemette con gli occhi rossi dal pianto. Il fratello la fissava dal gradino più in basso; non aveva quasi bisogno di muovere il capo per guardarla dritta tra le lacrime. «Come puoi dire questo, Käthe?» le chiese con tono appena più duro. La ragazza comprese che ai suoi occhi il tutto sembrava solo il capriccio di una bambina. Singhiozzò ancora. «Perché non posso, Heinrich, preferirei andare in sposa al Signore anche subito, subito!» esclamò straziata, quasi urlandogli in volto. Il ragazzo la sentì tornare a tremare violentemente sotto la sua presa; la scosse con forza. «Katharine, sei ammattita? Ma cosa stai farneticando?!» domandò ancora con tono irato. La ragazza tornò a guardarlo, scossa dai singhiozzi ma ora in silenzio. La rabbia gli disegnava sottili rughe ai lati degli occhi, gli angoli delle labbra erano rivolti verso il basso e la mascella serrata. Sospirò un ultimo gemito, chiudendo gli occhi con la disperazione dipinta in volto. Tornò a divincolarsi. «Lasciatemi, lasciatemi, lasciatemi...» mormorò in una nenia addolorata mentre continuava a contorcersi. Entrambi i polsi erano stretti tra le mani di Heinrich e dopo qualche istante Katharine si fermò, tendendo improvvisamente le braccia verso il basso. Il fratello la guardò stupito fare un passo in avanti; il viso della giovane era troppo vicino al suo e spinse indietro il capo con un movimento brusco, facendo cadere la tuba giù per le scale. Sua sorella lo fissava negli occhi con uno struggimento d'inconfondibile amore; non riusciva a comprendere cosa stesse accadendo e vide solo la bocca di Katharine scandire un muto pensiero. «Ti prego» soffiò appena con le labbra tremanti, poi le poggiò sulle sue. Le lunghe ciglia di sua sorella erano chiuse, imperlate dalle lacrime, e il suo dolore salato stretto nell'unione delle loro labbra. Incredulo lasciò la presa e fece un passo indietro, scendendo di un gradino per poi oscillare pericolosamente. Non cadde, restando a fissare con le labbra schiuse la figura di sua sorella minore, scossa dalle lacrime, voltarsi in preda al pianto per poi correre al piano di sopra. Heinrich era impallidito; non riusciva più a muoversi. 



 

Note dell'autore ~
Spero che questo capitolo (in cui finalmente abbiamo introdotto l'incest, yay) vi sia piaciuto almeno quanto è piaciuto a me scriverlo, ossia: davvero tanto! ❤️
Ne approfitto per comunicarvi che è finalmente uscito il mio primo libro, pubblicato da Genesis Publishing a fine febbraio. Potete trovarlo qui e un po' in tutti gli store online. Enjoy! 
   
 
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