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Autore: Mrs Montgomery    06/03/2017    1 recensioni
Piemonte, 1778.
Il duca Andrea Pietrarossa fa ritorno in patria. In seguito alla morte del padre deve occuparsi degli affari in sospeso e questo lo conduce dal marchese Guerra, il quale è in procinto di risposarsi con un’amica d’infanzia del duca. Alla tenuta del marchese incontrerà Giulia, sua figlia, appena tornata da un lungo soggiorno a Verona.
Giovane, ostinata e dall’anima ribelle, Giulia si scontrerà con l’altezzoso duca, sebbene egli si dimostrerà l’unica persona in grado di aiutarla nella ricerca della libertà.
Malate passioni, verità nascoste, feste mondane e perfidi intrighi uniranno lo sfrontato duca Andrea Pietrarossa e l’indomita Giulia Guerra fino a far sbocciare quel potente sentimento che abbatte ogni ostacolo.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Il fiore sabaudo



Capitolo 6
Letture e inviti

 

«Ti hanno dato proprio una bella stanza, non c’è che dire! Non ero mai entrato qua dentro a dare una sbirciatina, ma immaginavo che fosse una delle migliori. Mio cognato… ehm… il mio futuro cognato non bada a spese con te».
Adriano se ne stava comodamente spaparanzato sul letto del duca Pietrarossa. Fissava il soffitto e rideva tra sé e sé mentre l’amico finiva di vestirsi nascosto dal separé. Il giovane borghese era piombato nella sua camera da letto alla buon’ora, gli aveva portato la colazione e ne usufruì piacevolmente.
I loro programmi per la prima parte della mattinata erano di andare a caccia e trascorrere il pomeriggio - e probabilmente anche la notte - alla locanda. Era stato Adriano a definire la loro giornata, approfittando che l’amico fosse libero dagli impegni con il marchese Pietro.
«Il marchese sa come trattare i suoi ospiti».
«
Intendi dire che sa come arruffianarseli».
Andrea rise uscendo dal separé e avvicinandosi allo specchio per annodarsi i capelli con un fiocco scuro. «Sai bene che io non sono il genere d’uomo che concede favori facilmente. Inoltre essere adulato troppo a lungo mi infastidisce. Se un uomo vuole ottenere qualcosa, deve dimostrare quanto ci tiene utilizzando il metodo più difficile che esista al mondo… la verità!»
«
Quanto sei saggio… e anche noioso» sbuffò Adriano tirandosi a sedere e fissandolo dubbioso. «Mi vuoi far credere veramente che non hai mai arruffiano qualcuno per ottenere qualcosa?»
«
Al contrario di te, caro amico, vado sempre dritto al sodo».
«
Anche con le donne?»
«
Specialmente con le donne. Amano il mio carisma e il mio fascino».
«
Il tuo fascino non durerà in eterno, sfortunatamente per te».
«Oh non temere, mi servirà per qualche tempo ancora».
Andrea abbassò il capo e sorrise per qualche attimo. Si ricompose prima che Adriano fiutasse qualcosa di strano nel suo comportamento. Si avvicinò al comodino e afferrò i guanti. Li sbattè scherzosamente sulla guancia del ragazzo dicendo: «Dunque è tutto pronto per la nostra caccia?».
Adriano balzò giù dal letto e lo seguì pimpante quanto una campana che suonava le nozze dei monarca. «Certamente! I servi ci stanno aspettando dabbasso. Pare proprio di esser tornati a rivivere i buoni e cari vecchi tempi».
«Lo dici ogni volta che organizziamo qualcosa insieme»
«Naturalmente! Mi sei mancato in questi anni in cui sei stato ovunque tranne che a Torino» continuò il borghese lanciandogli un’occhiataccia. «Quando il vostro povero padre era ancora in vita, soggiornavate tutto l’anno in città e vi recavate qui in campagna solo per poche settimane. Praticamente io, te ed Elena siamo cresciuti insieme. Non per marcare il territorio, ma abbiamo passato più tempo tu ed io» e gli lanciò un’occhiata d’intesa.
In effetti non si poteva dire che avevano passato poco tempo insieme. Andrea ricordava bene che in gioventù erano pappa e ciccia e smisero solamente quando il duca decise di viaggiare per scoprire le terre all’infuori del Piemonte. Cominciò dal Ducato di Milano, la visitò per poche settimane, era troppo noiosa per i suoi gusti.
Al contrario si stabilì a Venezia per due anni, trascorse qualche mese a Vienna e qualche a Versailles. I suoi ultimi quattro anni li passò a Napoli, dove si beò in una delle corti più maestose della penisola e conobbe il suo più fidato amico.
Nella città marittima comprò un palazzo e questo perché ormai aveva stabilito lì il suo futuro. La morte di suo padre e il dover occuparsi degli affari in sospeso dovevano essere solo una parentesi, eppure c’era ben altro a tenerlo ancora legato in Piemonte e chissà per quanto tempo ancora.
«Mi rallegra che finalmente abbiamo trovato una mattina per andare a caccia insieme!» esclamò Adriano facendolo tornare alla realtà.
«Posso ricordarti che sono qui per occuparmi degli affari con il marchese Guerra e non per gingillarmi?»
«Questo lo so, amico mio, eppure mi pare che non passate ogni pomeriggio a firmare carte o ad esaminare i terreni».
«Io e il tuo futuro cognato desideriamo ottenere un buon risultato. Motivo per cui prestiamo molta attenzione ai particolari di questo lungo accordo. Ammetto, però, che mi sto abituando all’aria di questa terra».
Adriano non si mostrò stupito. In fondo le sue parole non suonavano come una novità. «La tua idea di rimanere ha fissato i piedi a terra?»
«Può essere».
«Se così fosse, sappi che ne sarei felice. Quanto dista la tua tenuta da qui?»
«All'incirca un'ora al galoppo. Per questo il marchese Pietro ha insistito per rendermi suo ospite. Mi vuole concentrato e reperibile in ogni momento. Senza contare che è più facile mettersi d'accordo su chi debba andare in città per incontrare il notaio».
«Gli stai vendendo l'appezzamento di terra vicino alle cascate giusto?»
«Sì».
«E ci vuole quasi un mese per concludere questa trattativa?»
«Non è semplice come sembra. Ha scelto lui stesso quell'appezzamento dopo che gliene ho mostrati altri durante la prima settimana del mio piacevole soggiorno. Ho mostrato al marchese ben cinque appezzamenti e lui ha favorito quello là».
Andrea svoltò l’angolo del corridoio e iniziò a scendere le scale con molta fretta.
«Dopo domani porteremo i documenti dal notaio. Se tutto va secondo i piani, entro la fine della settimana prossima sarò libero di tornarmene a Napoli».
«Ma non avevi detto che intendevi restare?»
«Devo valutare un paio di faccende. Se si riveleranno buone, credo proprio che rimarrò».
«E potrei sapere di che faccende si tratta? E non rifilarmi ancora la storia del fiorellino» disse Adriano ammonendolo con lo sguardo.
Andrea scoppiò in una fragorosa risata, balzando giù dall’ultimo gradino. Non gli diede alcuna risposta, preferiva decisamente lasciarlo in preda alla curiosità, senza contare che era un uomo riservato e non gli avrebbe mai confidato i suoi più profondi pensieri.
«Tu sei con tue bellezze uniche e sole splendor di queste piagge, egli di quelle. Egli nel cerchio suo, tu nel tuo stelo, tu Sole in terra, ed egli rosa in cielo. E ben saran tra voi conformi voglie: dite fia '1 Sole, e tu del Sole amante, ei de l'insegne tue, de le tue spoglie l'aurora vestirà nel suo levante…»
La voce di Giulia arrestò l’intenzione del duca di uscire dalla tenuta e lo spinse a raggiungere a passo felpato il salotto. Ignorò i lamenti di Adriano e si fermò ad osservare. La luce fioca che entrava dalle vetrate pareva appoggiarsi al viso roseo della nobile fanciulla, intenta a leggere un libro a sua nonna che le sedeva affianco sul divano beige.
Le piaceva leggere, si notava, Giulia ci metteva passione, pareva vivere le stesse emozioni dei protagonisti. Ogni tanto si fermava, prendeva una piccola pausa e sorrideva a sua nonna.
La marchesa Adelaide scomponeva leggermente quell’aria da grande matrona quando stava in compagnia della sua pupilla. Era innegabile l’affetto che provavano l’una per l’altra e Andrea quasi ne fu commosso. Lo considerava un quadro tenero.
«Pare che abbiamo ospiti».
Lo sguardo da falco della marchesa Adelaide saettò sul duca Pietrarossa e poi su Adriano, il quale li fece scoprire colpendo sbadatamente la porta. Andrea chinò subito il capo in segno di rispetto.
«Signore, vi date alla lettura mattutina?». domandò Adriano entrando nella stanza mostrando un sorriso sfrontato.
«Udire mia nipote leggere è inebriante. Ha una voce melodica e mi suscita molta tranquillità… al contrario di altre persone».
«Perdonate l’interruzione, marchesa Giulia” Andrea si fece avanti, con le mani dietro alla schiena e lo sguardo intenso. «Vostra nonna tesse le vostre lodi ed ha una valida ragione. I miei complimenti più sinceri, leggete magnificamente».
Giulia abbozzò un sorriso timido e lo avrebbe ringraziato se Adriano non si fosse messo in mezzo alla conversazione.
«Be’ non è che si ha qualche talento particolare nel leggere. Chiunque sia alfabetizzato lo sa fare!»
Non fu strano che dopo tale affermazione, Adriano ebbe tre sguardi straniti che lo fissavano. La marchesa Adelaide fu la prima a distogliere i suoi occhi da quel mezzo uomo - come lo considerava lei - e si rifiutò di commentare la sua stupidità. Giulia era indecisa su quale insulto gli si accostava meglio, ma di certo non gliel’avrebbe esposto in quel momento, non con il duca presente. Fu Andrea ad interrompere quel silenzio imbarazzante, sperando che Adriano non ne avrebbe provocati altri.
«Posso domandare che cosa stavate leggendo? Le poche righe che ho udito suonano nuove alle mie orecchie»
«Si tratta de "L’Adone" di Giovan Battista Marino» rispose Giulia molto seriamente, spostando lo sguardo dall’infimo Adriano al cortese duca Pietrarossa. «Narra le vicende amorose di Adone e Venere. È un poema alquanto lungo, sebbene superi di pochissimo "l’Orlando Furioso"…»
«Il vostro libro preferito» affermò Andrea.
Lo sguardo di Giulia si illuminò. La sorprese. «Ve lo ricordate?»
«Mi domando perché quel tono sorpreso» sorrise l’uomo.
«Io mi domando perché non siamo ancora fuori per andare a caccia» intervenne Adriano.
«E io invece mi domando perché non sto più udendo le parole di questo poema!» la voce della marchesa Adelaide riportò l’ordine nel salotto. «Prego, Giulia, continua pure».
«Potremmo restare ad ascoltare?»
La richiesta inaspettata di Andrea destò distinte emozioni in ogni suo spettatore. Adriano era bloccato, con le sopracciglia inarcate e le labbra socchiuse, visibilmente scioccato. La giovane Giulia lo stava studiando con curiosità e non trattenne un sorriso lieto.
«Magnifico! Dolce nipote, sembra proprio che tu abbia acquisito un ammiratore della tua voce» disse la marchesa Adelaide aprendo il grande ventaglio porpora e nascondendo dietro il suo largo sorriso. «Duca Pietrarossa, credo che Giulia sarà lieta di rendervi partecipe della sua lettura ed io sono contenta di condividerla. Prego sedete».
Andrea prese posto sul divano di fronte e si stupì quando vide che Adriano non fece lo stesso.
«Voi non rimanete, Rossini?» chiese riprendendo l’uso del “voi” essendo assieme ad altre persone.
«Avrei preferito passare la mattinata in maniera completamente diversa, ma… perché no?!» esclamò Adriano, lanciando un’occhiata a Giulia prima di sedersi accanto all’amico. «Oh su, nipotina. Intrattienici con la tua soave voce».
La fanciulla gli mostrò un sorriso beffardo e voltò pagina di scatto. Gli augurò di non interrompere nuovamente la sua lettura o gli sarebbe volato qualcosa sulla testa. Giulia prese un respiro profondo e ricominciò a leggere, distaccando completamente la mente da ciò che la circondava per tuffarsi in quelle pagine.
La narrazione delle vicende tra Adone e Venere le fecero dimenticare la presenza di Adriano in quel salotto e le impedirono di accorgersi che l’affascinante Andrea non le staccava mai gli occhi di dosso, in tal caso il suo visino sarebbe diventato rosso come un peperone. Se la giovane nobile non se ne accorse, ciò non potè verificarsi per sua nonna e Adriano.
Il borghese era talmente annoiato dalla lettura che tra i suoi numerosi sbadigli si voltò verso l’amico, nella speranza che avesse la sua stessa reazione e invece lo ritrovò beato ad osservare l’oggetto del loro comune desiderio. No… non condividevano lo stesso desiderio. Adriano voleva Giulia spinto dalla passione, dalla lussuria, la voleva sua per non esser riuscito nell’intento di tre anni prima e perché ai suoi occhi era una preda ancor più prelibata. La permanenza a Verona sembrò giovarle e non solo culturalmente.
Andrea, invece, gradiva la compagnia di Giulia, lo divertivano le provocazioni che si lanciavano e più imparava a conoscerla più rimaneva affascinato da un nuovo lato di lei. Era partito con una serie di informazioni sul suo conto che iniziavano a sgretolarsi man mano che la conosceva. Possedeva un bel caratterino, su quello non poteva discutere, ma presa con le buone maniera Giulia era capace di donare gentilezza e generosità.
«Vi state dedicando alla lettura?»
Elena entrò nel salotto con il solito leggero sorriso sulle labbra e naturalmente infastidì Giulia per l'interruzione.
«Perdonate se vi disturbo…»
«Oh non vi preoccupate, ormai mi sono abituata a questa vostra scortesia» rispose la marchesina sbuffando col naso.
La docile Elena non rispose alla sua provocazione, preferì essere superiore e continuò a mostrarle gentilezza.
«Giulia cara, vostro padre mi ha mandata a chiedervi se questa sera potreste recarvi al ricevimento della contessa Novellis. Sfortunatamente Pietro è stato colpito dal raffreddore e non se la sente di parteciparvi. Io... io chiaramente non ne ho ancora il titolo, dunque…» era evidente la difficoltà di Elena.
Né la marchesa Adelaide e né tantomeno Giulia sembrarono volerla aiutare, questo infastidì Andrea che non trovava motivazione a tale astio. Il duca credeva che si trattasse della semplice e orrida superiorità che molti nobili provavano per chi non fosse nato nella loro stessa condizione.
Le vere motivazioni erano a lui nascoste. L’unico strumento per emettere un giudizio era la sua vista e in quel momento non metteva in buona luce la fanciulla.
«La contessa Novellis è una cara amica di vostro padre e sarebbe un peccato che nemmeno un membro della famiglia presenziasse…»
«Lasciatemi indovinare» la interruppe Giulia. Chiuse il libro, lo appoggiò sul tavolino di fianco a lei e poi alzò il capo sulla donna. «Voi volete che sia io a partecipare al ricevimento della contessa in vostra vece. Sembra che ora vi torni comodo ricordare che anche io faccio parte di questa famiglia. Non sono troppo spregiudicata per mostrarmi pubblicamente?»
«Siete la prima figlia di vostro padre e, per ora, siete l’immagine del futuro di questa famiglia».
«Se il Cielo lo vorrà sarò l’unica figlia e l’unica immagine del futuro della mia famiglia. Io sono la marchesa Giulia Guerra».
«E allora comportatevi come tale!»
Quella fu la prima volta in cui la signorina Elena Rossini sbottò. Giulia non si trovò minimamente offesa, anzi era compiaciuta di esser riuscita a dimostrare che le dava ai nervi e le erano bastati solamente cinque minuti. La nobile si alzò, ritrovandosi viso a viso con la futura matrigna.
Lo sguardo di sfida che lanciò riuscì a far abbassare lo sguardo alla donna. In fin dei conti Elena non aveva abbastanza tempra per tener testa a Giulia, sebbene ella fosse una ragazzina. Era qualcosa di impossibile, nemmeno un miracolo sarebbe stato in grado di far ribellare Elena. La sua debolezza era proporzionale alla sua bontà d’animo e Giulia la rendeva un’arma a suo vantaggio.
«E che cosa ne potete sapere voi di come si comporta una marchesa?»
«Giulia, ora stai esagerando! Tornatene qui a sedere» l'ammonì sua nonna e la ragazza tacque immediatamente, facendo esattamente come le era stato ordinato. «Elena, vi prego di perdonare l'animo incosciente di mia nipote. Non ha ancora compreso quando è il momento di esprimersi in tutto il suo ardore e quando invece tacere per il buon quieto vivere».
«Che saggezza, marchesa!» esordì Adriano con sorriso smagliante. «Si sente la vostra forte presenza in questa casa».
La marchesa lo degnò di una fugace occhiata e tornò ad osservare Elena. «Giulia sarà lieta di fare le veci di suo padre, sa bene che è un suo dovere. Questa fanciulla ha ereditato la bellezza delicata di sua madre e possiede una grazia invidiabile, certamente vi farà ottenere un'ottima figura con la società».
«
Non l'avrei mai messo in dubbio, signora Marchesa» sussurrò Elena.
«Certamente no o sareste stata una sciocca!»
«Bisogna sperare che vostra nipote non esponga poco velatamente le sue opinione a tutti gli invitati» borbottò il duca Pietrarossa, attirando subito lo sguardo fulmineo della giovane.
«Adriano potrebbe occuparsene»  suggerì Elena.
Giulia si voltò immediatamente e sgranò gli occhi. «Che cosa intendete dire?»
«Non potete presenziare da sola, avete bisogno di un accompagnatore e chi meglio di mio fratello…»
«Lui non…»
«Siete stata gentile a pensare a questo particolare» intervenne la marchesa Adelaide con molta pacatezza. «Mi auguro che vostro fratello sia all’altezza di accompagnare una fanciulla del rango di mia nipote. State pur certa che se Giulia commetterà qualche passo falso, vi riterrò responsabili entrambi. Voi Elena perché dimostrate di sopravvalutare chi avete affianco e voi Adriano perché… credo che possiate immaginare la ragione».
Il ragazzo era confuso e tentò di nascondere quell’emozione lanciando un cenno d’intesa all’anziana signora. Giulia, invece, stentava a credere alle sue orecchie. Sua nonna aveva perso il senno? Certamente lo sguardo della ragazza lasciava trasparire quel suo pensiero.
«Quindi ho il vostro permesso per accompagnare la marchesina Giulia?»
«Il mio permesso non vi serve a niente. È necessario quello di mio figlio e pare che l’abbiate, dunque tutte queste chiacchiere e interruzioni della mia lettura sono state inutili!»
La marchesa Adelaide si alzò dal divano e con un gesto blando della mano fermò l’avvicinamento di quel ruffiano di Adriano. Fece cenno a sua nipote di accompagnarla e Giulia obbedì. Intendeva chiederle spiegazioni, le pretendeva!
Le nobili Guerra attesero di allontanarsi dal salotto e da orecchie indiscrete. Andarono nella stanza della musica, una piccola sala dalle pareti bianche e dagli ornamenti floreali rosa.
Un delizioso clavicembalo era posizionato in fondo alla parete, la defunta marchesa Francesca lo suonava per allietare le amiche che venivano a farle visita o divertire la sua bimba. In quel momento Giulia necessitava proprio di una dolce sinfonia per placare il suo animo fumentino.
«Si può sapere che cos’è questa storia? Desiderate veramente che quell’essere ignobile mi accompagni ad un ricevimento che si tiene di tardo pomeriggio. Vi rendete conto che dovrò condividere la carrozza con lui?»
Giulia cominciò a camminare rapidamente per tutta la stanza mentre sua nonna s’accomodò ad una poltrona. La marchesa Adelaide ostentava pacatezza, non una singola ruga di preoccupazione solcava il suo viso non più tanto giovane. Al contrario sua nipote era sul punto di strapparsi i capelli.
«Mi auguro che voi abbiate qualcosa in mente per far saltare questo ricevimento a me o a quel bifolco!»
«Giulia, smettila di girare che mi fai venire solamente il mal di testa» commentò Adelaide portandosi due dita alla tempia.
«E indovinate chi l’ha provocato a me?» continuò Giulia, era un’anima in pena.
Allentò il passo dopo aver lanciato un’occhiata a sua nonna. Fece due respiri profondi per riacquistare la calma, ma la tensione che le scorreva in corpo le manteneva i nervi tesi.
«Nonna, cortesemente mi spiegate come fate a stare così quieta? Non vi importa più di me? Non vi ricordate ciò che quel mostro voleva e vuole tutt’ora farmi? Per caso vi ha plagiato la mente come con vostro figlio?»
«Giulia, Giulia, Giulia, ora sono le tue urla ad aumentare la mia emicrania».
«Io non urlo. Posseggo semplicemente un alto tono di voce L’ho ereditata da vostro figlio e voi dovreste saperlo bene».
«Riguardo al ballo non c’era nulla che io potessi fare. Se Pietro vuole che tu sia presente a quel ricevimento, è tuo dovere recarcisi» riprese la marchesa Adelaide utilizzando un tono stanco. «Bambina mia, sono giunta qui per proteggerti da quell’uomo, ma non posso contestare il volere di tuo padre».
«Non vi ho chiesto di contestare vostro figlio. Vi ho chiesto come avete potuto permettere che Adriano fosse il mio accompagnatore? Non potreste essere voi? Il protocollo ve lo consente in quanto siete una mia parente».
«I ricevimenti a cui partecipo a Torino sono vicini al mio palazzo e lo stesso quando trascorrevo qualche settimana a Verona per venir a trovarti. La contessa Novellis ospita il suo ricevimento nella sua villa di campagna e la strada non è delle migliori sia per la lunghezza sia per il suo stato».
«Quindi non c’è nulla che io possa fare per evitarlo?»
«Tu? No».
Giulia abbassò il capo sentendosi arresa allo stremo. Trovava incredibile che sua nonna la stesse abbandonando al suo destino. L’anziana marchesa era la seconda persona al mondo che più odiava Adriano e il suo comportamento in quel momento non poteva che lasciarla basita. Sospirò lasciandosi scivolare tutta la negatività in fondo ai piedi.
La nobile lasciò la stanza senza aggiungere parola, nella sua testa non ne circolavano di buone.
In quel castello non c’era nulla e nessuno in grado di tranquillizzarla, inoltre se avesse incontrato Adriano con quella sua faccia gongolante, quella sarebbe stata la volta buona che gli tirava uno schiaffo. Ragion per cui Giulia salì rapidamente nella sua stanza, disse a Rosalina che avrebbe trascorso il resto della mattinata fuori, prese i suoi guanti e si diresse nelle scuderie, dove si fece preparare un cavallo.
Galoppando velocemente per le strade dei boschi, la ribelle marchesina poteva dirigersi solamente da una persona. Quando il giovane fabbro del borgo la vide, con un’espressione turbata sulla soglia della sua bottega, capii che qualcosa era accaduto e nulla di lieto.
Giulia dovette attendere che finisse di battere il ferro caldo, prima di poter star in sua compagnia. Lei lo mise in conto ancor prima di partire ed era disposta ad aspettare tutto il tempo necessario. Per sua fortuna Giacomo terminò in poco tempo, poi insieme si rifugiarono alla riva del fiume che attraversava il bosco.
Il rumore dell’acqua era in grado di rilassare chiunque fosse in cerca di pace, per di più era una zona tranquilla e nascosta, perfetta per i loro incontri e per le loro riservate confidenze.
«No, Giulia! Tu non puoi assolutamente andare a quella festa insieme a quell’animale!» Giacomo l’aveva presa peggio della ragazza stessa. Il suo viso ero contratto in una smorfia furente, lo sguardo era fisso altrove e serrò le mani a pugno. «Bisogna impedire la tua partecipazione o la sua! Potremmo farlo cadere dalle scale... o potrei farlo io, sai che non mi dispiacerebbe affatto!»
«Sfortunatamente lo so» Giulia lo ammonì con lo sguardo. «Ascoltami, Giacomo, non voglio che tu finisca nei guai per colpa mia. Non faremo niente contro Adriano. Sembra che non si possa fare niente contro quel miserabile. Ha l’appoggio di mio padre e questo gli permette di muoversi a suo piacimento».
«E tua nonna? Credevo che in poco tempo l’avrebbe allontanato».
«Mia nonna mi ha dato un grande aiuto in passato e credevo anche io che si sarebbe liberata di Adriano a breve, invece sembra essersi consumata. Forse sono un’illusa, ma credevo veramente di aver le spalle parate da lei»  disse con tono sconsolato.
«Senza offesa, ma magari è solo vecchia».
Giulia alzò lo sguardo sul giovane fabbro e scoppiò a ridere. Era inevitabile. Giacomo aveva sussurrato quelle ultime parole per non offenderla e sul suo viso sudato era apparsa un’espressione tenera, sebbene la rabbia fosse ancora vivida in lui. Era un peccato che Giulia non riuscisse a destare il suo animo quanto, invece, per lei bastava la presenza del ragazzo.
«Mio caro» mormorò carezzandogli una guancia.
«Non tentare di incantarmi con quei occhietti da furba» replicò Giacomo facendola sorridere «se tua nonna non è in grado di tener lontano Adriano da te, dovrò pensarci io. Allontanerò il pensiero di spaccargli le gambe, le braccia o qualsiasi altro pezzo del suo corpo da pusillanime, però farò in modo che non ti tocchi nemmeno con un dito!»
Il ragazzo si alzò in piedi, con lo sguardo di Giulia che seguiva ogni suo movimento, e si mise a fissare le acque del fiume. Vide la sua immagine riflessa, ed era quella di uno sporco fabbro. Era quello che era. Apparteneva alla classe dei lavoratori, quelli che si spaccano la schiena per ottenere il minimo del salario.
Non era nobile come Giulia e nemmeno borghese come Adriano, ciò non toglieva che fosse colmo di coraggio e di determinazione. Volse lo sguardo verso l’unica persona per la quale avrebbe rischiato la sua stessa vita.
La vide seduta sul prato, intenta a guardarlo a sua volta, rivestita da un abito verde che metteva in risalto i suoi grandi occhi e i lunghi capelli sciolti che le incorniciavano il viso.
Per Giacomo era la creatura più innocente della terra, per questo e per altre ragioni lui sentiva di doverla proteggerla. Le dedicò un dolce sorriso, prima di inginocchiarsi e posarle un bacio sulla fronte.
«Ti voglio bene, Giulietta».
«Te ne voglio anche io».
Giacomo si rimise a sedere e poggiò la testa sulla sua casacca a terra. «Posso chiederti di quel conte di Verona?»
«Il mio amico intendi? Raffaello?»
«Sì, lui».
«Che cosa vuoi sapere?»
«Sbaglio o è lui che vuole sposarti?»
A Giulia scappò un sorriso divertito. Le parole del suo caro amico non erano del tutto errate, eppure non era tutto limpido come poteva sembrare.
«Raffaello è un ragazzo che definirei unico nel suo genere. È colto, è gentile, è molto bello… dico davvero, sembra più giovane della sua età fisicamente, però ha una testa niente male».
«Lui ti piace» tagliò corto Giacomo.
«Mi piace la sua compagnia. Sai è stato il mio primo amico a Verona e mi conosce piuttosto bene» continuò Giulia con aria spensierata. Raccolse una margherita e la portò al naso per sentirne l’odore delicato. Paragonava una margherita a Raffaello per la medesima delicatezza. «Credo che se vi conosceste, andreste molto d’accordo. Entrambi provate molto affetto per me, tanto quanto io ne provo per voi due».
«Non dire sciocchezze! Il mio affetto è più grande del tuo» replicò Giacomo facendole la linguaccia.
«Sei tu quello che dice sciocchezze» rise Giulia strappando i fili d’erba e lanciandoglieli addosso.
«Oh sì, con quelli mi hai fatto davvero male!»
«Te ne farò di più quando ti lancerò la scarpa».
Giacomo si tirò a sedere e si portò una mano al petto. «Sono sconcertato! Una marchesa del vostro rango che osa lanciare una scarpa ad un povero ragazzo come me? Signora, voi non conoscete alcuna bontà!»
Giulia applaudì la sua eccellente interpretazione drammatica e poi si buttò a terra, tenendosi la pancia dal ridere.
Quella fu una delle numerose occasioni in cui non sapeva come sarebbe andata la sua vita senza di lui. La luminosità che Giacomo elargiva riusciva ad offuscare ogni sua nube interiore.
«Vorrei vederti più spesso così».
«Così come?» domandò Giulia tirandosi su i gomiti.
«Gioiosa. Non ti sentivo ridere così forte da tanto tempo e quasi avevo dimenticato quanto fosse bella la tua risata» disse Giacomo spostandole dietro l’orecchio una ciocca di capelli. «Vedrai che la situazione migliorerà. Io sono sempre con te».«Lo so» rispose la marchesina prendendogli la mano e carezzandola tra le sue.
Giacomo l’ascoltava sempre, rideva con lei e la consolava. Di lui era certa di potersi fidare.
«Mi spiace, ma credo di dover far ritorno alla bottega» disse il ragazzo alzandosi e aiutando Giulia a sua volta. «Ti riaccompagno io alla tenuta. Non mi piace farti tornare da sola».
«Come se fosse la prima volta» commentò Giulia, con ironia.
«Sì, ma ora… ora non voglio correre rischi. Preferisco accompagnarti io. Posso lasciarti al cancello, non mi vedrà nessuno».
Giulia annuì, acconsentendo al suo volere. Saltarono entrambi sul cavallo della marchesina e si diressero alla tenuta, dividendosi al cancello.
Giacomo tornò al borgo a piedi, svincolandosi tra i vari sentieri che tagliarono gran parte del percorso, e Giulia si ritirò in camera sua, fingendo di nulla come al solito.
Doveva prepararsi per il ricevimento di quella sera, il suo primo ricevimento da quando aveva fatto ritorno in Piemonte. Gli occhi dei più pettegoli sarebbero ricaduti su di lei e sull’abito che indossava, ragion per cui necessitava di qualcosa di sobrio e al tempo stesso raffinato ed elegante.
La scelta cadde su un abito che le avevano regalato i suoi nonni materni. Era della stessa tonalità della lavanda, le decorazioni orientaleggiante erano poco più scure, possedeva una scollatura quadrata e le maniche erano strette, lunghe fino al gomito.
Come sempre Rosalina l’aiutò a vestirsi, a pettinarsi, ad agghindarsi e a questa serie di compiti aggiunse anche qualche consiglio per accecare quel disgraziato di Adriano se avesse commesso qualche mossa azzardata. Anche la cameriera era tesa per quella sera, Giulia lo percepì quando l’aiutò ad acconciarsi i capelli. Rosalina era una perfezionista riguardo le pettinature e sbagliò tre volte prima di azzeccare la forma corretta.
«Andrà tutto bene. Se è furbo come fa credere di essere, non mi torcerà un capello» disse la marchesina, tranquillizzando la sua cameriera. «Non dubito che mi infastidirà con le sue parole, ma non si spingerà oltre. Almeno lo spero».
«Oh, marchesa! Starò in pena per voi. Vi aspetterò alzata. Non chiuderò occhio fino a quando non farete ritorno».
«E invece dovresti andare a riposare. È stata una giornata stancante» continuò Giulia carezzandole una guancia.
«Assolutamente no signora! Sarà stata una giornata stancante, ma non più di altre… non intendo certo dire che voi mi date dei compiti stancanti, siete molto buona e vi voglio bene…» ogni tanto si impappinava nei suoi discorsi, eppure riusciva a ricomporsi e a trasmettere sicurezza. «Fino a quando i vostri piedi non toccheranno il pavimento di questa stanza, io non andrà a dormire. Potreste tornare anche all’alba, io non mi muovo!»
La sua testardaggine poteva gareggiare contro quella di Giacomo.
«Ti do carta bianca. Non posso fare altro» disse arrendevole Giulia «ci vediamo al mio ritorno».
Rosalina prese la sua mantella e gliela poggiò sulle spalle. «Buona fortuna, signora».
«Grazie» e con quel sussurro uscì dalla sua camera.
La marchesina camminava lentamente. Era decisamente poca la voglia di recarsi a quel ricevimento, soprattutto se Adriano era il suo accompagnatore. La certezza di dover passare gran parte della serata al fianco di quell’uomo ignobile le provocava a nausea. Pochi attimi prima aveva rincuorato Rosalina, ma la verità era che temeva che Adriano combinasse qualcosa a suo danno. Era il suo scopo.
«Sarò sempre la tua ombra. Un giorno diverrai mia».
Le parole che Adriano rivolse a Giulia, la sera del suo ritorno, erano una promessa solenne. Sancivano quell’incubo da cui pareva non esserci via di fuga. La marchesina nutriva una forte paura, ma ciò non leniva la sua tenacia e la determinazione nel raggiungere la libertà che tanto auspicava.
I ricevimenti pullulavano di nobili, molti di loro anche scapoli. Quella poteva essere la sua occasione per trovare un corteggiatore e dunque un papabile marito. Il matrimonio era la sua unica possibilità.
«Sei splendida».
Adriano le si avvinghiò al braccio.
«Toglimi le mani di dosso!»
«Perché devi essere sempre scontrosa? Faticherai a trovare un buon partito se continui con questi modi da contadina e non trovando marito non te ne andrai mai da qui… e da me» continuò Adriano divertendosi. Le stava a stretto contatto e la scortò alla carrozza che li attendeva all’ingresso esterno. «Molti uomini preferiscono una moglie silenziosa, accondiscendente e servizievole. Tu, mia cara Giulia, non sei nulla di tutto ciò. Tu possiedi un’anima infuocata e non sei facile da gestire. Lo sappiamo tutti. Quale nobile vorrebbe una donna del genere al suo fianco? Una che potrebbe sfigurarlo in società?»
Giulia lo strattonò con forza e si parò di fronte a lui. «Sei una serpe, Adriano. Tu sibili malignità per confondere le menti altrui, ma ti voglio ricordare che io non sono mio padre e nemmeno tua sorella. So bene chi sono, di certo non il genere di donna che si lascia manipolare da un essere infido come te. Sì, ho l’anima infuocata e con questo fuoco ho intenzione di bruciarti».
Lo guardava con una fermezza disarmante. Spesse volte persino lei si stupiva di ciò che riusciva a tirar fuori. Era come se la paura fosse stata abbattuta da un grosso macigno, composta dal profondo odio che provava per Adriano. Ne era contenta. Non si stava lasciando sopraffare dalla paura, come invece credeva che sarebbe accaduto.
Era fiera di sé stessa.

«Questa tua sicurezza è affascinante… e provoca in me una certa tenerezza».
«Sei ridicolo, Adriano».
«E tu un’illusa. Non ti libererai mai di me. Questa serata non è una prova sufficiente?»
«Di che prova cianci? Mio padre ha il raffreddore, tua sorella non è ancora sua moglie per farne le veci e mia nonna ha una fastidiosa emicrania» gli ricordò seccata Giulia. «Non c’è alcuna prova, ma solo sfortuna… la mia! Ora se permetti, saliamo sulla carrozza e partiamo. Non desidero arrivare in ritardo a causa tua».
La marchesina lo sorpassò, colpendolo malamente con la spalla.
«In realtà tuo padre non ha alcun raffreddore».
«Come?» si voltò Giulia.
«Il mio caro cognato Pietro non ha alcun raffreddore» ripetè Adriano esibendo la sua soddisfazione e riavvicinandosi a lei a passo felpato. «L’invito dei conti Novellis era rivolto a tuo padre e a te. Come altri nobili, hanno saputo del tuo ritorno e desideravano che fossi presente. Immagino sia stato per la curiosità e per spettegolare sul perché sei stata via per tre anni. Vedrai quante domande ti rivolgeranno stasera, sarà terribilmente entusiasmante e sono curioso di vedere come ti destreggerai tra le nobili di campagna. In fondo se sei sopravvissuta alle serpi di città, queste dovranno sembrarti topi in confronto, no?»
«Quello che dici non ha alcun senso».
«A proposito delle…»
«A proposito che mio padre non ha realmente il raffreddore. Spiegati!»
Adriano si stirò il panciotto con le mani e poi gonfiò il petto. Un’espressione maliziosa si dipinse sul suo viso. «Non sei stata attenta, mia cara Giulia. Ho detto che l’invito era rivolto a tuo padre e a te, solo a voi due, non v’era scritto il nome di mia sorella. Ragion per cui ho consigliato al marchese Pietro di non recare quest’umiliazione a Elena e fingere una leggera influenza. Sappiamo tutti quanto la mia povera sorella soffrirebbe al pensiero che non l’hanno invitata per via della sua attuale condizione sociale».
«Non dovrebbe esserne stupita. I nobili non apprezzano voi borghesi e non tutti aprono le loro porte, specialmente alle feste».
«Eppure stasera io ti accompagnerò».
«Emozionato per il tuo primo e ultimo ricevimento?» lo provocò Giulia.
Adriano digrignò i denti e quel suo maledetto sorriso scomparve. L’afferrò sgarbatamente per il gomito, trascinandola alla carrozza. In quel rapido momento, Giulia intravide Giacomo. Indossava gli abiti di un paggio, teneva i capelli scuri legati da un fiocco e sul suo capo posava il tricorno, un capello a falda larga e fermato in tre punti.
Era certa che fosse lui, sebbene non si spiegasse che cosa ci facesse lì e soprattutto vestito in quella maniera. Il fabbro toccò la punta del cappello, lanciandole un’occhiata intensa.
Improvvisamente fu tutto più chiaro. Giacomo si era camuffato per accompagnarla al ricevimento e proteggerla. In effetti Giulia si sentì più tranquilla, sapendo di averlo vicino, sebbene temesse che presto o tardi si sarebbe cacciato nei guai a causa sua.
«Eccovi!»
Adriano e Giulia si voltarono e con gran sorpresa videro il duca Pietrarossa uscire dalla tenuta. Indossava una redingote nera dalle decorazioni in ocra, abbinati ai calzoni, e un panciotto azzurro in perfetta tinta con i suoi occhi. Vestiva troppo elegantemente per una passeggiata, era chiaro dove intendesse recarsi.
«Adriano credo che per stasera ti toccherà stare qui».
«Come… come dite, duca?» chiese confuso.
«Sarò io ad accompagnare la marchesina Guerra. Vostro cognato, oh pardon! Il vostro futuro cognato mi ha domandato questo favore e mi stupisco di essermi preparato in tempo» spiegò rapidamente Andrea, mostrando un largo sorriso al ragazzo e schioccando un’occhiata a Giulia. «Sapete, ho proprio voglia di dilettarmi e per di più adoro le feste! Sono stato lontano da balli e ricevimenti troppo a lungo. In fondo il favore del marchese non mi dispiace affatto».
Adriano era piuttosto contrariato.
Il duca Pietrarossa gli sorrise, dandogli una leggerla pacca sul viso. «Non dolerti, Adriano. So bene che piuttosto di andare a questi pomposi ricevimenti, preferisci recarti alla locanda. Eccoti accontentato! Ti dispenso da far da balia a questa graziosa fanciulla e ti prometto che la proteggerò meglio di quanto fanno le guardie con il re».
«Non credo che tu possa autoinvitarti» replicò il borghese.
«Io non mi sto autoinvitando. Conosco Filippo Novellis da prima di conoscere te e sapendo del mio ritorno mi ha invitato una settimana fa» rispose prontamente Andrea. Lo scrutò per qualche attimo. «Non dirmi che desideravi veramente andare a questo ricevimento?»
«Affatto!»
Adriano tentò di nascondere il suo fastidio, ma con scarsi risultati.
«Se permetti, ora partiamo. Ti auguro una buona serata. Divertiti!» esclamò Andrea facendogli l’occhiolino e poi porse la mano a Giulia per aiutarla a salire sulla carrozza. «Dopo di voi marchesina».


 

Mrs. Montgomery
E ora che cosa accadrà al ricevimento dei conti Novellis?
Sicuramente è un occasione in cui Giulia e Andrea impareranno a conoscersi, ma ci saranno altri personaggi ad attirare la vostra attenzione e che potrete rivedere col tempo.
Nella conversazione tra Giulia e Giacomo è uscito il nome di Raffaello. Costui è un amico stretto di Giulia. Lo sentirete ancora nominare e poi... poi entrerà in scena e lo farà con stile.

Vi ringrazio per aver letto. Grazie a chi inserirà la storia nelle varie categorie e chi vorrà recensire.
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-Baci

 

   
 
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