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Autore: DonnieTZ    06/03/2017    7 recensioni
[Destiel] [Dystopian!AU]
In un universo in cui tutto è controllato - perfino l'arte e le relazioni - si racconta della leggendaria connessione che collega le anime gemelle quando esiste la possibilità concreta che il loro amore si realizzi. Cas, con la sua fede nel rigido sistema che governa tutto, è un pittore solitario; la voce che improvvisamente sente una sera qualsiasi, invece, è quella di Dean, un cantante che il sistema lo odia.
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Avrebbe voluto essere in grado di chinare la testa, di sottostare alle regole, ma c'era qualcosa nella sua anima che non voleva saperne. C'erano passioni e tormenti e incubi dietro le palpebre quando arrivava l'alba e lui andava a dormire. Cantare rendeva tutto così evidente da fare quasi male. Ma quella sera c'era il vago pensiero di dover ricacciare indietro la malinconia, perché non era solo a sentirla vibrare nella mente.
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Non aveva davvero idea di cosa stesse dipingendo, non riusciva a carpire un'immagine completa, ma sapeva che riguardava Dean. C'erano angoli più scuri, sfumature che si incupivano fino a diventare nere, ma il verde smeraldo brillava al centro della composizione, come una luce lontana.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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These violent delights have violent ends
And in their triumph die, like fire and powder
Which, as they kiss, consume


1. Una canzone per addormentarsi

Cas stava pensando al suo ultimo quadro, abbandonato in un angolo dello studio. Per la strada, un paio di piani più in basso, stava risuonando il cambio di turno, l'avviso pronunciato con voce meccanica dagli altoparlanti. Gli artisti come lui – quelli che lavoravano di giorno – dovevano rientrare, perché quello era l'inizio del loro coprifuoco. Gli artisti notturni, i musicisti o gli attori di teatro, potevano finalmente uscire. Il quartiere era sempre in movimento, con i suoi flussi e la sua creatività, ma era tutta un'illusione. Cas lo sapeva: la libertà non esisteva. Esistevano percorsi già indicati, storie già scritte, futuri prevedibili. Tutto era controllato, stabilito, verificato per mantenere il controllo e gli equilibri.
In quei giorni più che in passato, l'ordine era necessario: erano mesi che il Presidente non faceva un'apparizione sui grandi schermi che illuminavano le strade cittadine. I suoi portavoce – completi su misura e espressioni fredde – snocciolavano indicazioni e nuovi avvisi da rispettare, cercando di nascondere la preoccupazione dei loro sguardi dietro la forzata compostezza.
Castiel credeva in quel sistema, nonostante i dubbi che di tanto in tanto finivano per intossicargli la mente. Ci aveva creduto fin da piccolo, quando le prove avevano messo in luce le sue inclinazioni artistiche e lui era stato iscritto alla lista; compiuti i diciotto anni gli avevano assegnato quella stanza e lo studio dove il quadro al centro dei suoi pensieri si stava asciugando, incompleto. Per tutta la sua vita non si era mai dovuto prendere la responsabilità di una scelta, di una decisione, evitandosi così qualsiasi tipo di errore. Aveva seguito le indicazioni ed era stato semplice.
Dipingere era la sua vita, per questo quell'improvvisa difficoltà stava assumendo contorni preoccupanti. Se quello era il suo destino, cosa gli stava succedendo? Perché non riusciva a finire quel quadro?
Con quell'ultima domanda a chiudergli le palpebre pesanti, arrivò il sonno a zittirgli la mente.
 
Boy, don't you worry, you'll find yourself
Follow your heart and nothing else
And you can do this, oh baby, if you try
All that I want for you, my son, is to be satisfied
And be a simple kind of man
Oh, be something you love and understand
Baby be a simple kind of man
Oh, won't you do this for me, son, if you can
Venne svegliato da una voce. Profonda, leggermente rauca, carica dell'emozioni di ciò che stava cantando. Penetrò piano nella coltre confusa di incubi che ultimamente scuotevano Cas, per acquisire sempre più consistenza. Gli risuonò nella testa, reale e palpabile, così vicina da avere la stessa importanza dei pensieri che accompagnavano Cas fin dalla nascita.
Impiegò qualche secondo a realizzarlo, ma quando la lucidità lo strappò per bene al sonno, capì che quella era la voce di qualcuno che non era lui. Qualcuno di reale, qualcuno che esisteva, da qualche parte, e che stava cantando come se fosse importante, come se fosse fondamentale per sopravvivere.
Ne aveva sentito parlare, ma non aveva mai creduto fosse davvero possibile, fosse davvero così. I racconti sulle anime gemelle, sulle voci nella testa, venivano sussurrati solo negli angoli bui dove nessuna autorità poteva sentirli. Come per la carriera, anche le relazioni erano frutto di precisi algoritmi, di valutazioni di affinità e compatibilità, dell'importanza di mantenere ordine e equilibrio. Le credenze sulle anime gemelle erano riservate a culti segreti e le poche storie conosciute, quelle raccontate nelle fasce di cronaca sui grandi schermi, finivano tutte in tragedia.
Cas si alzò di scatto, seduto fra le lenzuola, il respiro spezzato in gola. La voce sembrava così vicina, così...
Chi sei?
Quella domanda riecheggiò, interrompendo le strofe della canzone.
“Castiel.”
Cas pensò il suo nome istintivamente, senza poter fermare la sua mente.
Cas.
La voce nella sua testa sembrò sorpresa, mentre abbreviava il suo nome come se le fosse già familiare. Parve quasi saggiare la sillaba in punta di pensiero, lievemente titubante.
Sembra che siamo proprio fottuti, Cas.
E quell'aggiunta, il modo diretto con cui quelle parole gli si erano formate in testa, pensate da un perfetto estraneo, quasi gli strappò un sorriso.
 
Dean era chiuso nello striminzito stanzino che Ellen continuava a voler chiamare camerino. Stava suonando la chitarra per verificare che fosse accordata e stava canticchiando per scaldare un po' la voce, ma la canzone lo aveva coinvolto al punto da diventare una vera e propria performance a suo personale beneficio.
Poi erano arrivati i pensieri.
Non erano suoi, ci poteva scommettere tutti i suoi crediti su quello, perché lui di certo non era tanto preoccupato da questioni come l'ordine e l'equilibrio, le due parole che le autorità si impegnavano ad instillare nei cervelli atrofizzati di tutti. Così gli venne istintivo chiedersi a chi appartenessero. E, non appena la sua mente formulò la domanda, la risposta gli arrivò, chiara e concisa.
Castiel.
Lo percorse un brivido nel sentire quel nome, perché poteva significare solo due cose: o stava impazzendo, oppure aveva appena conosciuto la sua anima gemella.
Entrambi gli scenari non gli parvero la fottuta ciliegina sulla torta che era stata la sua vita nell'ultimo periodo.
“Cas” pensò, accorciando quel nome fantasioso in qualcosa che gli sembrò subito più familiare. “Sembra che siamo proprio fottuti, Cas.”
Lo credeva davvero.
Prima di tutto, quel Cas era palesemente un uomo, vista la voce scura e graffiante che si ritrovava. Secondo: fra un mese esatto Dean avrebbe dovuto presentarsi all'Ufficio Analisi Relazionali per farsi affibbiare una compagna. La richiesta doveva essere presentata fra i venti e i trent'anni, ma a lui il privilegio di aspettare fino all'ultimo non era stato concesso. Tutto per quella storia di Benny, venuta fuori perché erano stati entrambi stupidi.
Benny? domandò la voce.
“Una storia lunga, amico” rispose Dean, con i soli pensieri, tentando di schivare l'argomento schiacciando i ricordi in punti oscuri dell'anima.
Peccato che i ricordi partirono per conto loro, finendo per mostrare a quello sconosciuto una storia fatta di lenzuola stropicciate e momenti rubati a due vite completamente diverse.
Ah.
“Non è come sembra.”
Non devi giustificarti con me...
“Dean. Sono Dean.”
Non devi giustificarti con me, Dean.
“Tutto questo è assurdo.”
Fu Jo ad interrompere quel dialogo silenzioso, bussando piano mentre già apriva la porta.
«Pronto ad entrare in scena?» gli domandò, affacciandosi.
«Sì, sì, arrivo subito.»
«C'è il pienone» concluse lei, prima di richiudere la porta e tornare a servire i tavoli.
“Devo andare, Cas.”
Non credo sia possibile interrompere questa... connessione.
“In questo caso mi sa che ti toccherà un concerto, amico.”
 
La sala era davvero piena, tutti i tavoli occupati da persone che avevano deciso di spendere i loro crediti e i loro permessi per essere lì. La questione lo stupiva sempre: avesse avuto abbastanza crediti e gli fosse rimasto qualche permesso specifico per potersene uscire la sera, di certo non li avrebbe sprecati a sentirsi cantare. Eppure si sistemò sul piccolo palco, seduto sullo sgabello, la chitarra fra le mani e il microfono davanti alla bocca, pronto a cantare. Solo lì, nei locali aperti la sera del quartiere dedicato al tempo libero, si poteva ascoltare della vera musica.
“Pronto, Cas?” pensò, ignorando quanto l'intera questione fosse assurda.
Sono pronto, Dean.
Le prime note si persero nell'aria calda, fra i respiri trattenuti dei presenti. Dean si avvicinò al microfono e fu la solita, vecchia magia.
«Mama told me when I was young
Come sit beside me, my only son
And listen closely to what I say
And if you do this it'll help you some sunny day»
L'immagine sbiadita di sua madre – capelli biondi e una canzone sussurrata prima di metterlo a letto – gli invase la mente. Sapeva di cantare per lei e la consapevolezza che Cas avrebbe visto anche quello lo fece sentire estremamente vulnerabile, esposto.
«Oh, take your time, don't live too fast
Troubles will come and they will pass
You'll find a woman and you'll find love
And don't forget, son, there is someone up above»
Dean sentiva quelle parole scavare a fondo, come una vecchia promessa. Qualcosa lo abitava fra i polmoni e lo stomaco, ogni volta che apriva una serata con quella canzone. Sapeva di essere una delusione, sapeva che la sua vita non stava andando come doveva, che né l'avrebbe mai fatto. Avrebbe voluto essere in grado di chinare la testa, di sottostare alle regole, ma c'era qualcosa nella sua anima che non voleva saperne. C'erano passioni e tormenti e incubi dietro le palpebre quando arrivava l'alba e lui andava a dormire. Cantare rendeva tutto così evidente da fare quasi male. Ma quella sera c'era il vago pensiero di dover ricacciare indietro la malinconia, perché non era solo a sentirla vibrare nella mente.
«And be a simple kind of man
Oh, be something you love and understand
Baby be a simple kind of man
Oh, won't you do this for me, son, if you can»
 
Cas era tornato a sdraiarsi fra le lenzuola. Era difficile afferrare quello che stava accadendo nella sua mente e in quella di Dean. Lui cantava e i ricordi si affollavano uno sull'altro ad ogni parola, tanto che Cas poté comprenderne solo la profonda tristezza. Cercò di mettere da parte le domande, di ignorare le paure che quella connessione aveva risvegliato, di abbandonarsi completamente alla melodia che era la voce di Dean e, lentamente, scivolò nel torpore.
Il sonno, per quella notte, fu privo di incubi. 



 
Ohi!
Allora, allora, prima di tutto GRAZIE per essere passati da qui e per aver letto questo primo capitoletto. Questa Soulmates!Au distopica nasce grazie a questo generatore di prompt di fanwriter.it che mi ha restituito l'ispirazione dopo settimane di deserto! 
Ecco cos'è uscito alla sottoscritta (se l'immagine è piccina per leggere, ma siete lo stesso curiosi, potete cliccare col tasto destro e aprire l'immagine in una nuova scheda)
...
...
Non so quanto sarà lunga (non credo troppo) e ho in mente solo qualche linea generale, ma mi ero ripromessa che - avessi scritto più di tre capitoli - avrei iniziato a pubblicare (visto che l'ispirazione per le originali che ho in corso è zero). Siate clementi, loro li ho solo ruolati un po' e ho scritto qualche drabble, mai qualcosa del genere! Però se avete consigli o critiche, non fatevi problemi a commentare!
A settimana prossima (yup, cercherò di darmi una scadenza setimanale per pubblicare).
DonnieTZ



 
   
 
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