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Autore: Makil_    06/03/2017    14 recensioni
In un territorio ostile in cui la terra è colma di intrighi e trame nella stessa quantità con cui lo è dell'erba secca, il giovane ser Bartimore di Fondocupo, vincolato da una promessa fatta al suo miglior confidente, vedrà finalmente il modo per far di sé stesso un cavaliere onorevole. Un torneo, un'opportunità di rivalsa, una guerra ai confini che grava su tutte le regioni di Pantagos. Quale altro momento migliore per mettersi in gioco?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie di Pantagos'
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Glossario della terminologia relativa alla storia (aggiornamento continuo):
 
Patres/Matres: esperti, uomini e donne sapienti indottrinati da studi all’Accademia. Ogni regno ne possiede tre, ognuno dei quali utile a tre impieghi governativi.
Accademia: ente di maggiore prestigio politico a Pantagos, vertice supremo di ogni decisione assoluta. Da essa dipendono tutti i regni delle regioni del continente, escluse le Terre Spezzate che, pur facendo parte del territorio di Pantagos geograficamente, non  sono un tutt’uno con la sua politica. Il Supremo Patres è la figura emblematica della politica a Pantagos, al di sopra di tutto e tutti.
Devoti: sacerdoti del culto delle Cinque Grazie (prettamente uomini), indirizzati nello studio delle morali religiose alla Torre dei Fiori, nelle Terre dei Venti.
Fuoco di Ghysa: particolare sostanza incolore e della stessa consistenza dell’acqua, la cui unica particolarità è quella di bruciare se incendiata.
Le Cinque Grazie: principali divinità protettrici del sud-ovest di Pantagos, proprie di molti abitanti delle Terre dei Venti e della Valle del Vespro. Tale culto prevede la venerazione di quattro fanciulle e della loro madre.
Tanverne: enormi bestie dotate di un corpo simile a quello di giganteschi rettili, abitanti il territorio di Pantagos. 
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Roshby era molto meno di ciò che Bart aveva creduto potesse essere.                                                                                                
La cittadina si estendeva sull’altura più dolce e morbida di Campo Verde, inghirlandata dalle numerose onde che l’erba fresca formava sotto le sue mura di granito. Così come un masso abbandonato da troppo tempo e ripescato dal terreno dopo un lungo inverno, tutt’attorno crescevano rovi, erbe del malaugurio, creste di edere e radici di alberi ormai trapassati da tempo, che demarcavano un forte stato di trasandatezza della città. Oltre quell’immensa barriera dello stesso colore della sabbia, svettava, più alta di tutte le altre strutture, un’aspra e disarmonica torre dalla pianta ottagonale, che sembrava essere molto più rigida e tozza di tutti gli altri edifici che le crescevano attorno.
Patres Steffon, durante la non troppo lunga cavalcata mattutina che li aveva condotti finalmente a Roshby, gli aveva spiegato che la cittadina era stata poco popolata durante tutto l’anno precedente, e che adesso, sorteggiata casualmente per ospitare l’evento più lieto degli ultimi anni, aveva dovuto riprendersi dal grave collasso che era seguito all’abbandono delle sue spoglie.
E che spoglie!” pensò Bart non appena poté scorgere meglio le discontinue punte dei tetti variopinti della cittadina, che si alzavano e si abbassavano oltre le sue mura, difesi dalla robusta pietra.
Roshby era stata costruita tempo addietro per ospitare le infinite milizie di Giardino Fiorito, seggio di casa Penflow. Negli anni in cui fu eretta, la Valle del Vespro non aveva ancora avuto a che fare con la guerra e con le colonizzazioni straniere, e pertanto quella zona su cui si estendeva era ancora sotto al dominio fragile del Flarg, che dominava dalla più remota altura della regione su tutte le Terre dei Fiori. Ma da quei tempi tutto era cambiato e tutto era stato stravolto: non esistevano più le Terre dei Fiori, ormai totalmente annesse al territorio della Valle del Vespro. Non esisteva più il Flarg, l’imponente struttura esagonale che aveva funto da sede per Flagorn Veleno dei Vivi, e che era stato raso al suolo come il grano mietuto durante la sua raccolta. Non per nulla quel gravoso evento fu presto battezzato come la Raccolta dei Fiori, in seguito alla quale, i nuovi signori posero il loro dominio sulle terre straniere, e con i loro resti ne costruirono le loro corone di petali intrecciati e giunchi morti. E allora, come un fiore sorto dall’entroterra, era stato costruito il regno di Pugno Sbocciato, ora di sede di casa Wotor, ma a quei tempi soltanto una torre di vedetta da cui ammonire i ribelli e fargli piegare la schiena fino allo spezzamento. Con il monotono susseguirsi delle stagioni, tutto aveva avuto il suo cambiamento: tutto eccetto l’Owerstock, il fiume che scorreva limpido e fresco ad ovest di Roshby, e che ne bagnava i confini lasciando fertile il terreno, facendo sì che crescessero rigogliosi i boschi.
Era stato proprio quel fiume ad indicargli la via da seguire per procedere verso la cittadina, e Ortys aveva dato ordine di camminare lungo le sue sponde per evitare di smarrire il percorso. Non appena si trovarono fuori dalle mura della città, Ortys diede ordine di montare i padiglioni, comandando ai suoi uomini di accostare quello di Bart non troppo lontano dal suo, malgrado l’insufficienza di spazio. Con la stessa intensità delle erbacce, ma forse con più vigore, nel campo sorgevano numerosissimi padiglioni, tutti appartenenti agli altri sfidanti del torneo. Padiglioni logori si contrapponevano a padiglioni mai utilizzati e ancora profumanti di fresca pelle d’animale. Padiglioni grigi e disadorni si contrapponevano a padiglioni sfarzosi e dipinti di tutte le gradazioni di colori possibili e immaginabili. E padiglioni amici si contrapponevano a padiglioni nemici, ognuno addossato sull’altro, e ciascuno legato al prossimo dalle infinite casse di vettovaglie che erano sparse sul campo come anelli di una catena. Di certo, immerso in quell’ammasso di tende, il padiglione che Ortys aveva regalato a Bart ed Esmerelle non poteva essere trovato neppure se cercato con minuziosità.

Bart ed Esmerelle avevano legato i loro cavalli all’esterno, sotto ad un salice piangente, le cui fronde cascavano abbondanti sul terreno. La loro tenda era stata innalzata accanto a quella di Darrick Sunfall, il Principe Stellato, signore di Baia della Cometa, alle spalle del padiglione di Ortys. Quando Bart era sceso finalmente dalla groppa di Lenticchia, gli era sembrato che il cavallo avesse tirato un respiro di sollievo, dal momento che era stato costretto a galoppare per molte ore al fianco dello spavaldo e ruggente destriero nero di Ortys, molto più grosso e molto più muscoloso. Nella loro tenda erano già stati portati i vasi da notte, il letto a baldacchino promessogli e la vasca d’ottone. Non era uno spazio molto ampio, ma Bart pensò che per due sarebbe stato sufficiente. D’altronde, non avrebbe potuto chiedere di meglio.                                                                                                                                      
Non appena gli allestimenti e i preparativi cessarono, Bart si slacciò il mantello madido di sudore sul colletto, e lasciò cadere fodero e spada sul letto. “Tu non mi servirai, per ora. Sarà meglio conservarti per quando dovrai essere pronta. Ho bisogno che tu lo sia .” pensò guardando Lungacrestra, che se ne stava impassibile nel suo fodero.  
«Esmerelle». Bart richiamò l’attenzione della ragazzina, la quale era intenta a scrostare il fango che aveva sotto gli stivali, seduta sull’uscio del padiglione. «Ho degli affari da sbrigare ora. Non so quando tornerò né con chi. Non muoverti da qui per nessunissima ragione. Se vuoi farti un bagno, approfitta del momento e fattene uno.»                
«E perché me lo riferisci?» fece lei con tutta l’aria di infiammare una discussione.
«Per evitare che tu ti allontani mentre io non ci sono: che non accada, signorinella! D’ora in avanti farai come ti dico; qui a Roshby non c’è più tempo per scherzare.»   
«Vedrò» rispose lei.
«Vedrai di far perdere la testa a qualcuno? Dovrai fare come ti dico d’ora in avanti, che tu lo voglia o no.» 
«No!» fece eco lei.
«Come sarebbe a dire?»
«Un “no” è semplicemente un “no”». Esmerelle lo guardò con un’indifferenza fanciullesca.     
Bartimore le voltò le spalle e fece per uscire. «Fai come ti ho detto e vivremo in pace, ragazza.»                                                                                                                                                                        
Esmerelle annuì silenziosamente. «Dov’è che vai, allora?»                                                                                                             
Bart si fermò davanti all’ingresso. Si voltò nuovamente, aprì la casacca tanto quanto bastava per infilarci dentro la mano e afferrò la missiva che gli aveva affidato Dalton Kordrum, ormai completamente spiegazzata ed accartocciata lungo tutti i lati. L’unica cosa rimasta intatta, fortunatamente, era il sigillo di ceralacca viola del suo signore.                                                          
«Devo consegnare questa ad un uomo importante». Bart agitò la lettera ripensando alle parole che Dalton gli aveva detto nel dargliela. «E a lui soltanto.»                                                                                                                                                                                   
«Vedi di non perderti» gli suggerì la ragazzina, quasi insoddisfatta della risposta. «E vedi di non perderla, allora.»      
«Certamente» rispose Bart scuotendo il capo. «Per chi diavolo mi hai preso?»                                                                            
«Per Bartimore di Fondocupo» rispose lei che per la prima volta aveva pronunciato il suo nome. Sulle sue labbra, quelle parole risuonarono dolci, soavi, sospese su delle note armoniose e delicate. «E tanto basta.»

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Note d'autore:
Finalmente siamo giunti a Roshby! 
Come sempre ringrazio tutti i miei lettori, in particolare coloro che commentano il mio lavoro continuamente e con una certa minuziosità che mi fa sempre sorridere nel momento in cui leggo. Spero che la storia vi stia piacendo, che iniziate a provare un pizzico d'affetto per i personaggi. Mantendo lo stile novellistico dell'opera, questo capitolo si è dimostrato estremamente corto, ma piuttosto pesante per il suo contenuto: spero di non avervi deluso per questo! Si tratta di un blocco di "passaggio", una sorta di capitolo in cui si ricompongono gli squilibri precedenti per proiettare il lettore verso le nuove vicende che da ora interesseranno i personaggi. Che ne pensate, a questo punto, del rapporto che sta iniziando a crearsi tra i due? Potrà mai sorgere un'intesa? 
Ci vediamo settimana prossima con un nuovo aggiornamento, corposo e ricco di azione. 
Makil_ 

 
   
 
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