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Autore: lightvmischief    06/03/2017    2 recensioni
Una ragazza.
Un gruppo.
La sopravvivenza e la libertà.
Le minacce e i pericoli della città, delle persone vive e dei morti.
Prova a sopravvivere.
Genere: Azione, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO 3
 
«Ehi, svegliati. Calum ti sta aspettando.» mi dice una voce maschile, scuotendomi.
Mi alzo sui gomiti e mi passo una mano sugli occhi per abituarmi alla luce e per cercare di capire chi ho davanti.
«Arrivo» rispondo, in modo da far andare via il ragazzo.
Quest’ultimo annuisce e mi dice un’ultima volta di darmi una mossa, prima di andarsene.
Mi stiracchio e mi metto a sedere a gambe incrociate.
Indosso la camicia sopra la canottiera, prendo lo zaino e mi alzo in piedi mettendomelo in spalla.
Scendo le scale e vedo il ragazzo di prima che mi dà delle indicazioni per raggiungere Calum.
Mi dirigo dove mi ha detto e lo trovo dentro alla stanza.
«Hai intenzione di puntarmela addosso?» lo sfido, notando che ne sta maneggiando una.
«Non ho intenzione di scusarmi.» dice per tutta risposta.
«Non è quello che voglio.»                               
Alza lo sguardo per un attimo e alza le sopracciglia, poi lo riporta all’arma.
Lo fisso per un po’; è alto, ha la pelle olivastra, i capelli neri e un corpo allenato coperto da una maglietta nera a maniche corte e jeans dello stesso colore. Ha un tatuaggio su ognuna clavicola e altri sul braccio sinistro. È piuttosto sexy, ad essere onesti.
«Che cosa devo fare?» chiedo, togliendomi lo zaino dalle spalle e prendendo la pistola.
«Quanti proiettili hai?»
«Tre o quattro. Li ho usati tutti ieri per salvare il culo del tuo amico e il mio»
Soffoca un risata e mi prende la pistola dalle mani per riempirla di proiettili.
«Adesso siamo pronti per uscire»
Lo seguo fino al portone da dove sono entrata ieri.
Lì, lui prende uno zaino vuoto e se lo mette in spalla; poi apre il portone e usciamo.
«Dobbiamo trovare proiettili, cibo e, se ci sono, anche dei medicinali. Meglio essere previdenti.» mi spiega, mentre aumenta il passo.
Non faccio fatica a stargli dietro: sono abituata a camminare velocemente.
Entriamo in città; ci dirigiamo in una via che sembra avesse anche un supermercato.
«Entriamo lì» mi fa un segno con la mano verso la struttura.
«Mi raccomando: occhi aperti» mi raccomanda, dicendolo come se non avessi mai avuto a che fare con uno zombie.
Alzo gli occhi al cielo e lo supero, entrando per prima nel supermercato.
Tengo la pistola dritta davanti a me e guardo prima a destra poi a sinistra: via libera.
Non ero ancora stata in questa parte della città: dovevo ancora finire di esplorare la parte a est.
A prima vista, sembra che nessuno sia ancora entrato qui: c’è molta roba in tutti i reparti.
Di sicuro qui non troveremo delle armi o proiettili, ma ciò non mi importa.
Mi dirigo verso un reparto davanti a me, prendo tutto ciò che può essere utile e lo infilo nel mio zaino.
Prendo cose per il loro gruppo, ma soprattutto per me; loro possono contare sugli altri, io posso contare solo su me stessa. E ho bisogno di determinate cose per sopravvivere.
Setaccio un altro reparto, prendo un borsone e comincio a riempirlo di cibo.
Entro in quello dell’igiene personale e ci trovo il ragazzo. Mi avvicino a lui e butto il borsone ai suoi piedi. Poi, alzo lo sguardo.
«Sei serio?» dico, alzando le sopracciglia.
Si gira verso di me con un pacchetto di preservativi in mano.
Scuoto la testa e rido istericamente.
«Questa è la fine del mondo e tutto ciò a cui riesci a pensare è questo, invece che renderti utile per il tuo gruppo. Complimenti, davvero.»
Mi volto, scuotendo la testa e per poco non mi viene un infarto.
C’è uno zombie a pochi passi da noi.
Non ne ho paura: finché è solo uno non me ne preoccupo. Più che altro non me lo aspettavo.
Lancio uno sguardo al tipo dietro di me, cercando di fargli capire di non fare alcun rumore, ma lui sembra capire tutto il contrario e tira fuori la pistola, pronto a sparare.
Prima che possa farlo, però gli abbasso il braccio violentemente, facendogli quasi cadere l’arma.
Mi guarda come se fossi pazza.
Mi giro nuovamente e tiro fuori il coltello che ho infilato nei pantaloni; lo tenevo nello zaino di solito perché non ne avevo quasi mai il bisogno – cercavo di passare sempre nei luoghi della città dove sapevo che non ci fossero zombie o che ne fossero pochi -, ma in questo caso mi sentivo più sicura con quello che con la pistola. Questa era una zona molto abitata, se avessimo sparato, avremmo attirato tutti quei mostri qui.
Lascio che lo zombie si avvicini e cerco di aggirarlo nel modo più silenzioso possibile, riuscendoci.
Era un uomo e non deve essersi trasformato da molto: i suoi vestiti sono ancora intatti.
Gli arrivo dietro alle spalle e, poi, gli pianto il coltello in testa.
Lui cade ai miei piedi e estraggo l’arma dal suo cranio.
«Sai, Carlos, Colton, come diavolo ti chiami, se sono riuscita a sopravvivere fino a questo punto da sola, credo che ci sia un motivo.» dico, mentre mi alzo e pulisco il coltello sui pantaloni.
«Calum. È Calum.» dice, piuttosto irritato.
Qualcosa cade.
Produce un rumore metallico, molto forte.
Questa volta, tiro fuori la pistola.
Indietreggio lentamente ed esco dal reparto; guardo oltre le casse.
«Sapere il tuo nome è l’ultima cosa di cui preoccuparmi. Credo ci sia qualcos’altro di più importante adesso.» dico, indicando una decina di zombie avvicinarsi alla porta dell’edificio.
«È arrivato il momento di far vedere se ciò che hai appena detto è vero» mi sfida, raccogliendo il borsone e mettendoselo in spalla.
I cadaveri sono alle porte.
Stanno cercando di entrare.
Devo essere pronta.
Mi sistemo bene lo zaino sulle spalle e me lo lego in vita: è diventato pesante e, una volta uccisi tutti questi zombie, dovrò correre. Non voglio che mi scivoli via. Ho dentro tutto ciò che mi serve.
Carico la pistola e la tengo dritta davanti a me, mentre mi avvicino sempre di più all’entrata.
Calum spara il primo colpo a uno dei morti che cade a terra subito.
Arrivo al suo fianco e sparo un colpo anche io, colpendo il secondo.
Mi avvicino sempre di più all’uscita mano a mano che li uccido.
Non voglio aspettare che si avvicinino altri zombie.
Calum è appena dietro di me, quando uccide l’ultimo.
Usciamo cauti, uno al fianco dell’altro.
Guarda a destra: vuoto.
Tengo stretta la pistola tra le mie mani e mi volto a sinistra.
Calum sta prendendo a pugni sul petto uno zombie; deve averlo preso alla sprovvista perché la sua pistola è a terra.
Non posso sparargli, rischierei di colpire Calum.
Faccio una corsa veloce e arrivo alle spalle del morto, tiro fuori il coltello e lo uccido.
Mi chiedo come abbiano fatto tutti loro a sopravvivere fino a questo punto.
***
Siamo alle porte della palestra; dopo aver ucciso lo zombie, Calum si è messo a correre velocemente, in direzione del loro campo.
Non era spaventato, o almeno, non lo sembrava.
Così, le sono andata dietro, cercando di non perderlo di vista.
Poi, pochi minuti fa a dire il vero, ha smesso di correre ed ha iniziato a camminare, cercando di riprendere fiato.
«Avrei potuto benissimo farcela da solo.» dice, guardando dritto davanti a sé.
«Ti ho salvato il culo. Un “grazie” non farebbe certo male.» replico.
Non ero nemmeno obbligata a farlo. Dopotutto l’avevo conosciuto solo poche ore fa.
La differenza era che io non sono ancora diventata come quei mostri. Io sono ancora umana.
«Mi chiedo cosa sia saltato in mente a Wayne. Non avevamo bisogno di un nuovo acquisto.» dice con astio, buttando il borsone a terra con violenza, una volta entrati nella stessa stanza di questa mattina.
Lì dentro ci sono anche Blaine e Mali, che buttano lo sguardo sul borsone.
«Avete trovato un mucchio di rob-»
«Sai cosa? Vaffanculo. Se avevo cominciato a prendere in considerazione l’idea di restare, ora è completamente scomparsa. Io me ne vado.»
«Pensi che andare là fuori di nuovo sia meglio?» dice Blaine, mentre apre il borsone e comincia a tirare fuori ciò che c’è dentro.
«È certamente meglio che stare con questo idiota»
Butto violentemente la pistola di Calum sul tavolo ed esco dalla porta.
Avevo ragione: non era spaventato. Era solo arrabbiato.
Era arrabbiato perché non era stato in grado di difendersi da solo, anzi, era stato salvato da una ragazza.
Che maturità.
«Quella ragazza spacca i culi. Mi piace.» lo sento dire non appena esco.
Mi lascio scappare una risata sarcastica. Non ci posso credere.
   
 
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