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Autore: Brownie Charles    06/03/2017    3 recensioni
Storia partecipante al contest "Ashes of Eden" indetto da Miky_D_Senpai.
Scott, dopo aver trascorso tutta la notte in un'infruttuosa caccia alla Stautetta dell'Immunità abilmente nascosta da Chris, decide di concedersi un breve riposo sul molo dell'isola di Wawanaka; ma una volta lì giunto, viene assalito da pensieri che da tempo covava.
Dal testo:
"«Che cosa ci fai qui?» la anticipò lui col suo solito tono indisponente e vagamente minaccioso, che però non sorprese la nuova arrivata: anche se erano compagni di squadra solo da un paio di giorni, ormai aveva imparato a conoscerlo, di conseguenza non badò alla completa mancanza di gentilezza in quella domanda così diretta: era ancora convinta che quel ragazzo, così rude all'apparenza, in realtà possedesse un grande cuore e, segretamente, sperava di diventare sua amica e confidente; perciò non si ritrasse dall'avvicinarsi ancor di più a quella figura resa malinconica dal chiarore della pallida Luna che sovrastava tutta l'area. "
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Scott, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: A tutto reality - La vendetta dell'isola
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Di ricordi dolorosi e confessioni improvvise

Storia partecipante al contest "Ashes of Eden" di Miky_D_Senpai

Era calata la notte sull'isola di Wawanaka. La Luna piena risplendeva fulgida sulle scure acque calme del mare, argentando la schiuma delle piccole onde che si infrangevano sul litorale. Dalla infida foresta limitrofa al campeggio e alla ruolette super-accessoriata di Chris McLean giungeva solo il forte russare degli animali geneticamente modificati dalle scorie radioattive.
Nell'immobilità generale si distingueva una losca figura, intenta a frugare nella cavità di un vecchio e nodoso cedro. Con mano sapiente ne ispezionava l'interno, tastandone con cura le pareti, alla ricerca di un obiettivo preciso e assai prezioso, e stando ben attento a non disturbare i pericolosi scoiattoli che lì dentro vi riposavano e che, al minimo rumore sgradevole avvertito dalle loro sensibili orecchie, avrebbero sicuramente attaccato l'ignoto aggressore, scatenando l'inferno.
Ma lì dentro non c'era nulla di valore, solo qualche ghianda e qualche noce già accatastate in prospettiva di un freddo inverno, e la mano fu presto ritratta, delusa.
Scott, sebbene molto a malincuore, dovette ammetterlo: quel maledetto presentatore da due soldi era riuscito a nasconderla proprio bene, quella dannata statuetta di legno ritraente quella sua orribile fossetta a forma di sedere.
Ma non per questo si sarebbe arreso. Quella minuziosa testimonianza di un narcisismo smisurato era di gran lunga l'oggetto con più valore in quel luogo dimenticato da Dio; il suo possessore sarebbe stato intoccabile fin quando l'avesse tenuta in suo potere.
In pratica sarebbe stato onnipotente.
E a Scott era sempre piaciuto avvertire quell'adrenalica sensazione che solo l'onnipotenza poteva garantire, sin da giovanissimo, quando l'imbracciare il fucile da caccia del padre per liberare la cucina dai suoi abituali grigiastri invasori lo facevano sentire forte, importante e soprattutto temuto da quei luridi roditori, i quali, non appena lo avvistavano prendere la mira, battevano in una disordinata ritirata e si rintanavano nei buchi scavati nella parete, in attesa di tempi migliori, preferendo i morsi della fame al piombo della canna scintillante che il rosso imbracciava con consumata maestria.
A questo pensava la Iena mentre continuava nella sua attenta esplorazione notturna, paragonando i topi di campagna che abitualmente combatteva ai suoi compagni di avventura, ghignando al pensiero che in fondo i secondi fossero ancora più facili da raggirare dei primi.
Lo dimostrava il fatto che bastava una tecnica suicida come sabotarsi spudoratamente, oltre a seminare qua e là per l'isola qualche perfetta imitazioni dell'oggetto della sua ricerca, per mandare a casa ogni sera un suo ignaro compagno di squadra.
I Ratti Tossici erano stati praticamente ridotti all'osso e ora che aveva cambiato squadra lo stesso destino sarebbe toccato alle Larve Mutanti. L'idea di nuove angherie stuzzicava particolarmente la sua fervida immaginazione, mentre nuovi piani affollavano la sua geniale mente criminale.
Ma nel frattempo la sua ricerca proseguiva infruttuosa, così Scott decise di prendersi una breve pausa, andando a rimirar le stelle sul molo. Non era un luogo sicuro, lo sapeva bene, così come sapeva che quel maledetto squalo, che ce l'aveva così tanto con lui per un motivo che non riusciva a comprendere, sarebbe potuto apparire da un momento all'altro. Tuttavia, il silenzio che regnava incontrastato su quella momentaneamente tranquilla sponda gli trasmetteva una certa sicurezza, così si mise comodo, estrasse il suo dente portafortuna dalla tasca dei pantaloni e iniziò ad intagliare un ciocco di legno che aveva raccolto in precedenza nella foresta.
E mentre le sue esperte dita lavoravano, la sua mente vagava, fatto questo abbastanza strano per uno come lui, costantemente concentrato sul presente e sulla realtà che i suoi sensi gli facevano percepire. Col tempo aveva imparato a fidarsi solo di se stesso e del suo istinto, affinando le sue abilità e mascherando i suoi difetti e soprattutto le sue debolezze, in modo che nessuno potesse più sfruttarlo.
Era un retaggio dovuto alla difficile vita campagnola, lontano dalla città rumorosa, dove vigeva una sola regola valida: o si è preda o si è predatore, e questo il rosso l'aveva imparato sin da bambino, sperimentando sulla propria pelle le cattiverie che chi è debole subisce, senza poter anche solo sperare che qualche anima benevola giunga in suo soccorso.
Quante volte suo padre lo aveva malmenato perché aveva disubbidito o, peggio ancora, non si era fatto valere? Quante volte aveva negato a suo figlio un abbraccio, una carezza, un minimo gesto di incoraggiamento?
Scott non ne aveva mai tenuto il conto esatto, e col tempo aveva imparato a non aspettarsi nulla da quell'uomo che mai aveva azzardato a chiamare “papà”.
Non aveva potuto godere di un'infanzia come quella di tutti quei bambini cittadini che vedeva ogni tanto la domenica, mentre arava i campi o nutriva i porci. Quando ne avvistava uno insieme alla famiglia subito smetteva di svolgere qualunque mansione stesse compiendo e lo seguiva, ben attento a non farsi scoprire. Così si acquattava dietro un masso, o dentro una buca, e iniziava ad osservarlo mentre mangiava rumorosamente o giocava con i propri genitori.
E mentalmente fingeva di essere anche lui parte di quell'allegra combriccola, di avere un padre che giocasse a rincorrerlo e lo portasse in giro sulle spalle. Alle volte era capace di rimanere fino al tramonto rannicchiato nel suo improvvisato nascondiglio, non preoccupandosi minimante della punizione che gli sarebbe stata inflitta non appena fosse tornato a casa, dopo essere scomparso per tutta la giornata. E non veniva punito perché i suoi genitori si erano preoccupati per lui e la sua incolumità, perché questo non succedeva mai, bensì perché non aveva portato a termine le mansioni che gli erano state affidate.
Con un improvviso scossone involontario Scott riemerse da quei pensieri, tornando immediatamente sul molo diroccato di Wawanaka. Cosa gli era successo? Lui non aveva mai fatto di quei pensieri, non aveva mai osato ricordare il suo passato.
Alzò lo sguardo verso la Luna: era grande, anche più grande di quella che scorgeva dalla camera di casa sua, e molto luminosa.
Quella visione, per qualche strano motivo, gli riportò alla mente Dawn, quella sua ex-compagna di squadra che diceva di poter leggere il futuro nelle foglie di té e che affermava di sapere vedere le “auree” altrui, qualunque cosa fossero.
Personalmente lui non c'aveva mai creduto, eppure lei, dentro quel penoso fortino di neve e ghiaccio, era riuscita a scoprire il suo passato tormentato solo grazie a un tocco della mano, senza che lui avesse mai accennato a quell'argomento talmente delicato da auto-impedirsi di rammentarlo.
Cosa sarebbe successo se lei non avesse capito in cosa consistesse il suo piano? Lui l'avrebbe comunque ingannata ed umiliata, per poi farla eliminare?
Scott non amava il mondo del “forse”, delle possibiltà non più concretizzabili, semplicemente perché erano troppo distanti dal suo modo di pensare e di agire, che badava alla sola realtà oggettiva dei fatti, senza provare mai ad interpretarne un qualche significato a prima vista celato.
Ma nonostante ciò cominciò inavvertitamente a fantasticare su una versione alternativa di quel pazzo reality, dove Dawn non lo scopriva e ad essere eliminato era stato uno tra Brick, Lightning o a mali estremi quel nerd di Sam: forse lui e lei sarebbero stati gli ultimi due Ratti ancora in corsa una volta che le squadre fossero state sciolte da Chris; forse avrebbero stretto un'alleanza per arrivare alla finale a due, dove lui avrebbe facilmente trionfato, ne era sicuro al cento per cento. O magari no, non sarebbe finita così. E se infine Scott si fosse…innamorato di Dawn? Se avesse lasciato che lei vincesse per renderla felice?
Sarebbe potuto accadere?
Un secondo fremito trasportò di nuovo Scott dal suo sogno ad occhi aperti alla banchina fatiscente dell'isola. Si diede un paio di vigorosi colpi alla testa: cosa diavolo gli stava succedendo? Prima aveva rimembrato la sua triste infanzia ed ora aveva favoleggiato su un'improbabile storia d'amore tra lui e una pallida ragazza strana che nella realtà aveva fatto eliminare senza alcuno scrupolo.
Era tutto troppo strano, e anche leggermente inquientante, pensò Scott, che stava per abbandonare la sua postazione quando avvertì eccheggiare dei passi che si avvicinavano sempre di più.
La Iena, che era un fine ascoltatore, rimase col fiato sospeso, ma non si preoccupò eccessivamente: sicuramente non si trattava di quel dannato squalo, perché mai avrebbe potuto produrre un rumore così ovattato, anche se lo avesse voluto. E non potevano essere neanche Chris, Chef o qualche assistente, perché non avrebbero mai badato ad essere così discreti. Poteva essere solo un altro campeggiatore, e dai tonfi sordi che udiva, capì che doveva trattarsi di una ragazza, una ragazza dai modi delicati che indossava delle zeppe. In poche parole, non poteva che essere lei.
Zoey.
<< Che cosa ci fai qui? >> la anticipò lui col suo solito tono indisponente e vagamente minaccioso, che però non sorprese la nuova arrivata: anche se erano compagni di squadra solo da un paio di giorni, ormai aveva imparato a conoscerlo, di conseguenza non badò alla completa mancanza di gentilezza in quella domanda così diretta: era ancora convinta che quel ragazzo, così rude all'apparenza, in realtà possedesse un grande cuore e, segretamente, sperava di diventare sua amica e confidente; perciò non si ritrasse dall'avvicinarsi ancor di più a quella figura resa malinconica dal chiarore della pallida Luna che sovrastava tutta l'area.
<< Beh…mentre dormivo ho avvertito dei rumori provenire dal bosco e mi sono innervosita. Così per distendere i nervi sono uscita a prendere una boccata d'aria…e da lontano ti ho notato. >> spiegò lei mentre si sedeva al fianco del ragazzo, accennando un timido sorriso.
Il suo chiarimento lasciò Scott di sasso: che lei lo avesse sentito? Ma come poteva essere? Col tempo e la pratica era diventato un cacciatore esperto, capace di silenziare il passo persino su un terreno cosparso di foglie secche, ed era talmente abile che spesso neache gli animali ne avvertivano la presenza. Che la rossa, dietro a quell'apparente gentilezza e tranquillità, non fosse la debole ed inerme ragazzina che dava l'idea d'essere?
Ma no…sicuramente Zoey si era immaginata di aver sentito dei rumori, non c'era altra spiegazione plausibile concluse il rosso, tuttavia quel campanello d'allarme che era sinistramente risuonato nella sua testa non lo abbandonò mai del tutto.
<< E tu, invece? Perché sei qui? >> fu la domanda della giovane a distoglierlo dalle sue nuove turbe mentali, le terze di quella notte decisamente atipica.
Scott valutò attentamente come risponderle: sin dal principio con Bella Gioia si era dimostrato gentile ed affabile, addirittura emotivo. La soluzione migliore, pensò, era continuare a recitare quella parte così frustante, in nome della sua strategia e della vittoria finale.
<< Anch'io non riuscivo a prendere sonno. E così sono venuto qui a pensare. >> mentì prontamente: guai anche solo a citare la Statuetta dell'Immunità, o il suo piano di ricerca del prezioso cimelio sarebbe saltato.
<< Davvero? E a che cosa? >> continuò ad interrogarlo Zoey, la quale, per tutta la vita, aveva desiderato vivere quel particolare momento in cui due persone iniziano a confidarsi l'un l'altra i propri tormenti, le proprie paure e le delusioni, e le speranze per il futuro. E alla ragazza fece uno strano effetto che quel qualcuno fosse proprio Scott: non che ci trovasse nulla di male in lui, semplicemente si era convinta che quella persona sarebbe stata Cameron, forse Dawn o magari, se il Ciel l'avesse voluto, Mike.
Invece no, di fianco a lei non c'era nessuno di questi tre, bensì Scott. Ma a ben pensarci era la possibilità più probabile per come la vedeva lei in quel momento, perché anche quel ragazzo sembrava solo, senza alcun amico al mondo, proprio come lo era lei, solo che a tutto ciò aveva reagito in maniera diametralmente opposta: se Zoey aveva sviluppato un'esagerata gentilezza, unita ad uno sconfortante e perpetuo complesso d'inferiorità, Scott si mostrava spesso insolente e sgarbato, oltre ad apparire enormemente convinto di se stesso e dei propri mezzi.
E a un pensiero simile arrivò lo stesso Scott: c'era qualcosa in Zoey che l'aveva colpito sin dal primo momento in cui la sua strategia gli aveva fatto posare lo sguardo su di lei, e non era solo per i motivi prettamente legati a quella competizione, ovvero approfittarsene per portare zizzania tra le Larve…no, c'erano altre ragioni, come l'odio che lui provava nei confronti di Mike, specialmente quando lo vedeva ridere e scherzare insieme alla giovane, e, soprattutto, quella strana sensazione di avvilimento che la rossa emanava da tutti i pori e che sembrava dovuta ad una giovinezza difficile, forse quasi quanto la sua.
Chissà, forse fu proprio a causa di questa similitudine che Scott iniziò a raccontare alla compagna, senza quasi rendersene conto, del suo passato tormentato e privo di gioia, facendo partecipe delle proprie difficoltà passate una persona appena conosciuta.
E Zoey ascoltò quel racconto senza proferir parola, volgendo uno sguardo sempre più afflitto e sofferente a quel ragazzo che ora le appariva sotto una luce completamente diversa: non c'era da meravigliarsi se era diventato così; ora lei capiva molte cose.
<< Sono davvero…dispiaciuta per te. Non deve essere stato facile. >> commentò una volta che Scott ebbe terminato.
<< No, non lo è stato. >> affermò di rimando il ragazzo, senza aggiungere altro.
Passò così qualche secondo di religioso silenzio, in cui i due si limitarono a scrutare la superficie piatta del mare lucente e ad ascoltare l'incessante frinire dei grilli.
Fu Scott a rompere quell'atmosfera, formulando una domanda che mai aveva pensato di poter porre, men che mai a Zoey: << E di te, invece, cosa mi racconti? Sai, qualcosa mi suggerisce che pure tu non te la sia passata così bene in passato…sbaglio? >>.
Zoey, a sentirsi rivolgere quella domanda, emise un fugace sbuffo di sorpesa mista a gioia, mentre nei suoi occhi balenava una nuova luce: non poteva credere di aver finalmente trovato qualcuno che la comprendesse e le ponesse questioni la cui risposta aveva in serbo da molto tempo.
Forse provò un po' di delusione, perché in fin dei conti aveva desiderato che quella domanda le venisse rivolta da parte di Mike, ma probabilmente era meglio così: una parte di lei, quella insicura, temeva che quell'argomento avrebbe tediato Mike talmente tanto da farlo allontare; un'altra parte, invece, era stranamente contenta che fosse Scott la persona destinata ad udire i suoi segreti, perché era certa che lui l'avrebbe capita, senza giudicarla.
<< No, non sbagli. >> rispose Bella Gioia, iniziando così a narrare la storia della propria vita, ribaltando i ruoli che si erano istaurati appena qualche minuto prima. Ora era lei a parlare incessantemente dei suoi problemi, senza alcun freno, mentre Scott ascoltava, silenzioso e molto attento ad ogni particolare che le sue orecchie carpivano: quante utili informazioni da sfruttare a proprio piacimento stava raccogliendo, eppure non gongolò a quel pensiero che solleticava la sua mente manipolatrice, o almeno non lo diede a vedere.
Ben presto la Iena scoprì il passato infelice di Zoey, la sua incapacità nel farsi amici, ad uscire per andare a divertirsi in qualche pub o a qualche festa, a sentirsi accettata dai suoi coetanei. E tutto questo l'aveva spinta a nascondere la propria forza dietro una triste maschera di mestizia e accondiscendenza, accettando passivamente le decisioni che altri prendevano per lei, senza curarsi se a lei piacessero oppure no, solo per cercare di far parte di un gruppo, di non apparire strana e asociale.
All'imposizione della propria individualità e delle sue capacità aveva preferito un gentile anonimato conformista, ma questo non l'aveva resa più felice, anzi…
Un taciturno Scott osservò gli occhi neri della giovane colmarsi di calde lacrime di rabbia e di sconforto, ma non fece nulla per interromperla: la coscienza del ragazzo, fino a quel momento della sua vita costantemente ignorata, gli suggerì che la medicina migliore, in quel caso, fosse semplicemente esserci, e nient'altro.
Infine Zoey si calmò, tirò insù col naso e rivolse un rinvigorito sorriso al suo improbabile confidente, che continuava a scrutarla sottecchi, impassibile.
<< Beh, credo di averti disturbato fin troppo! Sarà il caso che torni alla catapecchia. >> scherzò lei, tirandosi su con l'ausilio delle braccia, quindi si rivolse nuovamente a Scott: << Tu non vieni? >>.
<< Ancora no. Penso che rimarrò qualche altro minuto qui a contemplare l'infinito. >> rispose lui, alzando gli occhi verso la volta celeste e non distogliendo più lo sguardo da quella visione.
<< D'accordo…allora ci vediamo domattina. Buonanotte Scott. >> disse Zoey, la quale, senza alcun preavviso, si chinò verso il ragazzo, scoccando un fugace bacio a stampo sulla guancia destra del rosso, quindi si diresse verso il campeggio ancora immerso in un profondo sonno, decisamente più euforica di come era giunta.
Scott non rispose, non si mosse, non fece assolutamente niente: solamente continuò a scrutare la Via Lattea, immerso in quei pensieri che lo stavano perseguitando ormai da ore. Per l'occasione accantonò momentaneamente la sua estenuante ricerca della Statuetta ed aspettò che l'alba di un nuovo giorno sorgesse, beandosi del cielo che da scuro si tingeva di rosa e di altri caldi colori, per poi vestirsi di un azzurro tenue, mentre le stelle si eclissavano e la Luna cedeva il suo posto a un caldo Sole estivo.
Quindì si alzò e percorse in senso inverso il molo.
E lui e Zoey mai parlarono di quella notte così bizzarra, ma entrambi ne conservarono un geloso ricordo.


Angolo Autore
E dunque eccoci qui riuniti, al termine di una nuova storia.
Prima di tutto, voglio ringraziare Miky per aver indetto questo contest,
spero che gli altri autori che si sono iscritti pubblichino la loro idea! :)
Per quel che mi riguarda questo contest si è rivelato essere l'occasione
per andare a riprendere due cult dei bei tempi passati:
una riflessione notturna di Scott e soprattutto la cosiddetta Zott.
Se non sapete cosa sia, vi posso solo raccomandare di filtrare le storie
dove sono elencati, tra i personaggi, sia Scott che Zoey, e leggerne qualcuna:
sono davvero strepitose! :)
Beh, è tutto, spero che la storia vi piaccia! Aspetto le vostre recensioni!
Ah...e in bocca al lupo a tutti gli altri autori: sono molto curioso di leggere le vostre creazioni!
A presto,
Brownie Charles

   
 
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